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PARTE TERZA

7. INCONTRI E PERCORS

7.1 Convergenze e divergenze

7.1.5 La strada della cooperazione decentrata

Nella scelta del progetto Turismo e Qualità Ambientale come caso di studio ha avuto un peso determinante – come già raccontato nell‟introduzione – la possibilità di studiare la cooperazione decentrata.

Questa più recente forma di cooperazione non è alternativa rispetto ad altre forme di cooperazione, non vuole sostituirsi a loro e non le esclude; si aggiunge e rende il quadro

639 «Nel mondo ci sono circa 200.000 cooperanti espatriati, di cui almeno 6.000 (ma forse molti di più) italiani.

Un mercato del lavoro globale e molto avanzato. Un settore importante, che gestisce decine di miliardi di dollari ogni anno» (RUFINI 2008, p. 11).

640 MOYO 2010, p. 97. 641 Ivi, p. 225.

generale più ricco e complesso. Del resto, nella pratica – anche, per esempio, nell‟esperienza sarda642 – la cooperazione decentrata si concretizza spesso nella concessione di contributi, messi a disposizione da Enti Locali, a ONG e associazioni di volontariato del Nord, già attive nei PVS643. Le diverse forme di cooperazione, in altre parole, si riconoscono e collaborano. La cooperazione decentrata però non può e non deve limitarsi ad un trasferimento di fondi verso ONG o enti già attivi perché non venga meno il suo carattere forse maggiormente innovativo, ovvero il partenariato Nord-Sud costruito col coinvolgimento di soggetti alternativi a quelli più tradizionali.

La cooperazione decentrata «trova la sua ragione profonda proprio nella capacità di mobilitazione del territorio e di costruzione di reti e partenariati territoriali, al Nord come al Sud, secondo direttrici diverse e più complesse da quelle classiche della cooperazione Nord- Sud»644.

Smontando il classico rapporto donatore-beneficiario, deve promuovere partenariati tra territori e fare degli attori del Sud dei protagonisti e non dei semplici beneficiari degli interventi proposti645. Deve farsi percorso e strumento di incontro.

Evidentemente, la costruzione del partenariato è tutt‟altro che semplice.

«Coordinare le relazioni tra chi partecipa al progetto al Nord e stimolare l‟associazione con la comunità partner al Sud richiede un notevole dispendio sia in termini di tempo sia di risorse finanziarie. Creare “reti progettuali” significa, infatti, investire nella costruzione di rapporti di fiducia, confrontandosi con posizioni e istanze che spesso riflettono schemi culturali profondamente differenti»646.

Perché il partenariato possa funzionare c‟è bisogno di tempo per conoscersi; lavorare in contesti diversi presuppone inoltre una buona conoscenza dei sistemi territoriali nei quali si interviene e i tempi dei progetti non sempre consentono di dedicarsi all‟apprendimento e all‟approfondimento di tematiche non strettamente connesse al progetto sul quale si sta lavorando.

Anche Turismo e Qualità Ambientale racconta di questi sforzi, dell‟impegno profuso nel dare solidità al partenariato e delle difficoltà nel coinvolgimento delle amministrazioni locali. Non va dimenticato che «al Sud la cooperazione decentrata si trova a interloquire con enti locali ancora deboli»647 e nel caso tunisino ciò risulta estremamente vero e provato dai fatti.

Nonostante criticità e difficoltà, il consorzio sardo-tunisino è comunque riuscito a realizzare le attività previste dal progetto e dal partenariato sono nate nuove idee progettuali, a testimonianza del fatto che la collaborazione è realmente sfociata in un incontro.

642 REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA 2008. 643

I motivi di questa scelta sono diversi. Gioca un ruolo importante il fatto che le ONG abbiano spesso un‟esperienza consolidata e una conoscenza dei contesti dell‟azione che permette loro di intervenire con maggiore efficacia, rispetto a quanto farebbero gli enti locali.

644

DANSERO 2008, p. 10.

645

La cooperazione decentrata «opera una riarticolazione del rapporto nord-sud attraverso la centralità data ad una partnership nuova, intesa come un rapporto non più verticale e unidirezionale, ma orizzontale, bidirezionale e circolare, tra attori e territori, collegati da un certo grado di affinità economiche, sociali, politiche o culturali» (IANNI 2004, p. 146).

646 BIGNANTE, SCARPOCCHI 2008, p. 86.

Per la loro debolezza, o anche perché talvolta dotati di strumenti e competenze insufficienti (o inferiori), gli attori del Sud non sempre vengono coinvolti nelle fasi di progettazione di un intervento. Pensare che si possa lavorare costantemente, in ogni fase, sullo stesso livello non è sempre realistico; allo stesso modo, un obiettivo fondamentale dei cooperanti deve essere quello di rafforzare il partenariato e fare in modo che non si riduca «a incontri formali e scambi di visite tra delegazioni o a interventi portati a termine nel corso di brevi missioni che gli stessi protagonisti definiscono inadatte per procedere a un‟adeguata conoscenza reciproca, a un monitoraggio effettivo degli interventi e a un accompagnamento progressivo del partenariato»648.

Le differenze, anche in termini di competenze e di efficienza, non devono scoraggiare la costruzione del partenariato perché se la cooperazione decentrata non sollecita «i diversi attori a partecipare, sulla base delle rispettive specificità, ad un comune progetto di sviluppo il cui asse è rappresentato dal territorio»649 manca uno dei suoi obiettivi fondamentali.

Ci sono poi almeno altri tre aspetti importanti – tra i tanti – legati alle opportunità della cooperazione decentrata che è bene evidenziare e sui quali è importante riflettere.

In primis, il suo rapporto col decentramento. Nel mettere i territori al centro dei processi di sviluppo, la cooperazione decentrata può indubbiamente sostenere il rafforzamento delle realtà locali anche in termini istituzionali, aumentarne le competenze favorendo lo scambio, supportarne la crescita – tanto al Nord quanto al Sud650. Il decentramento non porta necessariamente ad un miglioramento della macchina amministrativa e non è garanzia di buon governo651; ciò nonostante, è lecito pensare che la pratica di una buona cooperazione possa incidere positivamente sulla qualità dei processi di decentramento.

Il secondo aspetto sul quale si vuole richiamare l‟attenzione, soprattutto alla luce di

Turismo e Qualità Ambientale, riguarda ruolo e coinvolgimento dell‟Università. È evidente il

contributo estremamente prezioso che, potenzialmente, può arrivare alla cooperazione dall‟Università e dai centri di ricerca, in termini di competenze e di saperi.

È altrettanto ricco di opportunità il processo contrario: il coinvolgimento in progetti di cooperazione può dare nuova linfa a chi si occupa di ricerca, in termini di stimoli e di conoscenze che crescono e vengono poi trasmesse in quelle che rimangono ancora sedi privilegiate del sapere. Si tratta di aspetti e di dinamiche difficilmente quantificabili ma il loro valore è innegabile e non andrebbe sottovalutato. Si parla poi spesso della necessità che ci sia, al Nord, un ritorno più netto dei benefici della cooperazione: incidere sull‟Università lavora sicuramente in questa direzione.

648 Ivi, p. 85. 649

IANNI 2004, p. 146.

650 «Il decentramento assume importanza soprattutto per i paesi in via di sviluppo, dove nei decenni postcoloniali

la sopravvivenza dell‟autoritarismo si esprime con un forte centralismo che si traduce in elevate spese militari, ridotti stanziamenti per l‟area sociale e un uso dell‟aiuto internazionale che si concentra su opere infrastrutturali» (IANNI 2004, p. 45).

651 «[…] data la varietà e ambiguità delle sue forme, non costituisce di per sé una garanzia, né al nord né tanto

meno al sud, di una riduzione delle disparità sociali, che possono anzi tendere ad aumentare se non è accompagnato dall‟adozione di misure compensative per le zone più svantaggiate, di standard minimi nazionali che non permettano agli squilibri territoriali di superare una soglia determinata, dal trasferimento effettivo di risorse e funzioni, da una partecipazione più ampia ai momenti decisionali» (Ibidem).

C‟è infine un terzo aspetto, legato alla possibilità che la cooperazione decentrata – forte del suo potenziale di rinnovamento – diventi un laboratorio di buone pratiche e di innovazione, un riferimento per la cooperazione nel suo complesso.

Se la cooperazione decentrata riesce a distinguersi e a rispondere alla propria missione, convogliando le energie di un territorio verso uno sforzo congiunto votato allo sviluppo, alla crescita, alla valorizzazione dei propri saperi e alla promozione di buone pratiche, allora può realmente giocare un ruolo importante a favore di dinamiche che non limitano i propri effetti al solo livello locale. Ad un livello più elevato, può aspirare a diventare uno strumento di quello che Carrino chiama il nuovo multilateralismo.

«Così è chiamata, da molti, la ricerca di una nuova alleanza strategica tra i governi degli stati, le Nazioni Unite, i governi delle comunità locali e gli attori sociali del Sud e del Nord. Quest‟alleanza, che dovrebbe coinvolgere anche università, strutture pubbliche, associazioni, Ong, imprese che assumono la loro responsabilità sociale, sindacati e altri, dovrebbe avere lo scopo dichiarato di prendere sul serio la piattaforma mondiale di sviluppo emersa dai grandi vertici Onu degli ultimi quindici anni e dall‟Assemblea del Millennio»652.

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