E DANNI DERIVANTI DA COSE
2. La Lex Aquilia de damno.
2.3. Elementi evolutivi rilevanti nell’applicazione giurisprudenziale; conferma dell’assenza della responsabilità oggettiva nell’illecito aquiliano.
S’è osservato poc’anzi che l’ambito originario di rilevanza delle fattispecie, ai fini della configurabilità dell’illecito aquiliano, era ristretto a quelle condotte che si manifestavano in un facere positivo e concreto e che realizzavano un damnum corpore corpori datum, venendo escluse le ipotesi di causalità omissiva.
Successivamente, l’interpretatio giurisprudenziale portò alla concessione dell’actio ex lege
Aquilia “oltre i confini del danno arrecato direttamente e fisicamente”89; fu questa, probabilmente, la spinta propulsiva per l’emersione90 di criteri d’imputabilità del danno che tenessero conto dell’elemento soggettivo91
che connotava la condotta del danneggiante.
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G. PUGLIESE, op. cit., p. 472.
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Ovvero, se l’iniuria come culpa era un’accezione originaria, per una maggiore esplicitazione.
91 Osserva in proposito G.I. LUZZATTO, voce Colpa penale, cit., p. 615: “in sede di concessione dell’actio, già
la giurisprudenza classica, oltre ad introdurre, per taluni casi, la nozione di danno indiretto, aveva indubbiamente aperto la porta ad una valutazione del contegno soggettivo, e ad un superamento della nozione oggettiva di culpa, così come era considerata nell’ambito originario di applicazione dell’actio legis Aquiliae.” L’opinione è condivisa da G. PUGLIESE, op. cit., p. 472, che nella medesima direzione scrive: “è, infatti, in relazione al requisito dell’antigiuridicità del danno che la giurisprudenza elabora, verosimilmente già in età tardo repubblicana, la nozione di culpa come criterio soggettivo di attribuzione della responsabilità che, a differenza del dolo, prescinde dalla volizione dell’evento dannoso.”
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V’è chi qualifica tale opera interpretativa della giurisprudenza repubblicana come “intensissima e geniale”92
; in ogni caso, l’opera del pretore portò a modificazioni di notevole impatto pratico.
Per l’estensione dell’applicabilità della Lex alle ipotesi di causalità omissiva fu prevista un
actio in factum ad exemplum legis Aquiliae; fu anche concessa un actio utilis per il
superamento del requisito della materialità del danno e dell’azione dannosa.
Per chi ritiene che la nozione soggettiva di iniuria non fosse originaria, essa fu il prodotto di questa poderosa opera interpretativo-innovativa; il risultato fu allora “la formazione di una nozione di damnum inuria ben più generale e vicina a quella moderna che non quella originariamente prevista dal plebiscito aquiliano”93, con la considerazione della negligenza della condotta dell’agente.
Un’altra innovazione fu rappresentata senza dubbio dalla costante “depenalizzazione” dell’actio legis Aquiliae. L’illecito aquiliano rimase comunque un delictum, cioè un illecito di diritto penale privato, ma ciò che derivava dall’accertamento del damnum subìto fu ritenuto sempre più un risarcimento94 in favore del danneggiato, piuttosto che una mera
poena o un’afflizione nei confronti del danneggiante95. Tale fenomeno evolutivo rappresentò un inevitabile approdo rispetto ad una sempre più accentuata esigenza di affrancarsi “dall’originaria concezione indiscriminatamente penale dell’illecito”96
: da una “rozza concezione totalitariamente e indiscriminatamente punitiva”, si passò ad una “più moderna, elastica e discriminante visione”, il cui esito finale fu l’eliminazione di ogni concezione penale dal diritto privato. Un simile mutamento, del quale si è già sottolineata
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Così B. ALBANESE, voce Damnum iniuria datum, cit., p. 111.
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Ibidem. Secondo l’a., tale elaborazione si compì tutta in età classica; l’elaborazione post-classica e giustinianea aggiunse ben poco, di fatto, a questi risultati. Invero, G.I. LUZZATTO, op. cit., p. 615 ritiene che siano i compilatori ad aver inquadrato la responsabilità aquiliana nelle categorie della culpa e della diligentia formulate in età postclassica. Essi estesero altresì (attraverso l’actio generalis in factum legis Aquiliae) la colpa extracontrattuale al danno indiretto, non corpore corpori illatum, o al danno dovuto ad omissione, negligenza o mancata previsione.
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Cfr. S. LAZZARINI, voce Responsabilità extracontrattuale nel diritto romano, cit., p. 295.
95 Difatti, fu gradualmente ammesso anche il concorso tra l’actio aquiliana e un’eventuale azione penale
pubblica, avendo la prima ormai prevalentemente una funzione di reintegrazione patrimoniale dell’offeso, laddove la seconda aveva il fine di punire il reo: vedi G. PUGLIESE, op. cit., p. 473. Osserva l’a., inoltre, che “già in questo periodo si pongono dunque le premesse per il passaggio dalla concezione della obbligazione ex delicto come diretta a colpire il colpevole con una poena alla concezione moderna della obbligazione civile da atto illecito come diretta a risarcire alla parte lesa il danno subito.”
96 B. ALBANESE, voce Illecito, cit., p. 85, dove si aggiunge che la stessa “storia evolutiva del diritto privato
romano, sotto il profilo dell’illecito, potrebbe concepirsi come la storia di una degradazione progressiva delle penalità.” Viene rilevato dall’a. il nesso tra quanto appena descritto e altri fenomeni, quali l’introduzione – sul suggerimento sostanziale dell’originalissimo sistema dei capi I e III della Lex Aquilia - della poena (in simplum) risarcitoria.
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la gradualità, iniziò irrevocabilmente già nel periodo classico e proseguì nelle epoche successive, ma non arrivò alle sue estreme conseguenze nell’ambito del diritto romano97
. Un grande passo in avanti fu compiuto dalla riforma giustinianea98, che eliminò ogni distinzione tra actio legis Aquiliae, actio utilis ex lege Aquilia ed actio in factum ad
exemplum legis Aquiliae, gettando le basi per le moderne formulazioni, tipiche dei nostri
ordinamenti continentali attuali, delle figure generali di illecito extracontrattuale produttivo di effetti risarcitori99.
A questo punto, si può osservare come la valorizzazione del requisito dell’iniuria nella doppia accezione di antigiuridicità e di colpevolezza – e ciò a prescindere dalla risposta al quesito se l’elemento soggettivo fosse ab origine strutturalmente legato all’iniuria o fu il frutto dell’interpretazione pretoria successiva100
– rende centrale nell’illecito aquiliano il momento della rimproverabilità del comportamento dell’agente.
Pertanto, alla base dell’illecito aquiliano doveva esservi necessariamente un atto umano doloso o colposo. Ciò consente di individuare uno dei motivi strutturali dell’impossibilità per la Lex Aquilia di prevedere e disciplinare ipotesi di responsabilità per fatto delle cose, in cui un atto umano difetta in radice.
Pur essendo il plebiscito aquiliano di cruciale importanza per il sistema della responsabilità extracontrattuale nel diritto romano ma anche nei sistemi successivi, esso tuttavia non esauriva la responsabilità da fatto illecito, né più in generale le forme di tutela per i danni subiti nel diritto romano.
Tra le altre e variegate ipotesi di danno cui l’ordinamento reagiva con previsioni di tutela, interessano in particolare in questa sede quelle riguardanti i danni prodotti da cose. Si tratta di fattispecie che, non trovando previsione alcuna nella Lex Aquilia, furono disciplinate da altri istituti e previste da altri strumenti di tutela, sui quali adesso si concentrerà l’attenzione. Si cercherà di delinearne presupposti e struttura, individuando quegli elementi utili alla comprensione della fattispecie attuale del danno da cose in custodia.
97 Cfr. Ivi, p. 65. Osserva, in proposito, oltre (p. 87) l’a., che si è trattato di un “gran cammino, certo non del
tutto compiuto neppure in età giustinianea; ma, pure, già in età classica, ormai, avviato in senso irrevocabile: dalla poena, universale dominatrice, alle origini, nel settore dell’illecito, si passa alla scoperta ed alla progressiva espansione della rei persecutivo (ai danni della poena) nel diritto privato; e si pongono le basi della moderna pertinenza esclusiva, o quasi, della poena al diritto pubblico.”
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Considerata da taluno una vera e propria alterazione nell’assecondare una tendenza in realtà estranea alle fonti originarie romane. Cfr. G. LONGO, op. cit., p. 799 e ss..
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Cfr. B. ALBANESE, voce Damnum, cit., 110 e ss.. Impedisce l’assimilazione, però, il permanere nel diritto giustinianeo di un relitto della pena privata. Cfr. G. CRIFÒ, voce Illecito, cit., p. 156.
100 Evoluzione giurisprudenziale che, peraltro, si sarebbe sviluppata in tal senso ben presto rispetto
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