FIGURA DEL CUSTODE IN FRANCIA E GERMANIA
3. Esiti generali della ricerca all’esito dell’indagine comparatistica.
3.1. Quadro sinottico dei sistemi considerati sulla responsabilità civile in generale.
L’indagine sui modelli tedesco e francese ci ha consentito di mettere in evidenza alcuni profili di convergenza nel settore della responsabilità civile, in particolare sul danno da cose in custodia, utili ai fini della ricerca.
Sembra opportuno prendere le mosse, per l’analisi del quadro in chiave sinottica, al sistema generale dell’illecito civile.
Guardando ai sistemi codicistici di responsabilità da illecito in Francia e Germania in maniera superficiale, verrebbe da pensare che essi siano alquanto divergenti tra loro nella selezione degli interessi rilevanti e quindi nella relativa disciplina dell’illecito civile: la formula ampia ed onnicomprensiva, che abbiamo riscontrato sussistere in Francia, appare contrapporsi in maniera netta alla disciplina tedesca, in cui la norma principale, prevedendo espressamente che ai fini della responsabilità civile devono essere lesi la vita, la salute, l’integrità fisica, la proprietà ed ogni altri diritto della vittima, delinea un contesto normativo caratterizzato da una chiara partizione casistica.
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In realtà, l’approfondimento dell’evoluzione ermeneutica negli ordinamenti considerati ha mostrato scenari ben diversi da quelli che la formulazione letterale delle disposizioni lascerebbe immaginare.
La differenza tra i due sistemi, guardando a tutti i formanti che contribuiscono a qualificarli, finisce con il consistere “nel menzionare anche nella formula generale l’elemento oggettivo dell’antigiuridicità, o il lasciarlo sottaciuto. Rispetto alla formulazione scelta per il § 823 BGB, ciò che distingue il sistema francese non è l’avere una formula generale piuttosto che una mera elencazione, ma l’avere una formula generale in cui si parla solo di colpa o dolo e di danno.”120
Difatti, guardando prima di tutto alla fattispecie generale di responsabilità civile in Francia, essa presenta una particolare dissociazione tra quanto espresso dalla formulazione legale e quanto sostenuto dagli studiosi e concretamente applicato dai giudici: la formula della legge, per quanto chiara e precisa, “enuncia solo una parte rispetto al tutto che è contenuto nelle esplicazioni messe in pratica dai suoi interpreti.”121 Si genera così una particolare figura, una sorta di “sineddoche”122, secondo la nota tesi del Monateri123. La “parte per il tutto” rinvenibile nella fattispecie generale di responsabilità civile nell’ordinamento francese consisterebbe in ciò che “quando si va a studiare quali sono i fatti che danno luogo a responsabilità, si osserva che non bastano gli elementi enunciati [dalla formulazione legale, ma] occorre un elemento in più consistente nella violazione d'un diritto, nell'infrazione d'una legge o d'un regolamento, o nella contrarietà ai coutumes et
usages consacrès par les juges.”124
Si è già avuto modo di constatare come la littera legis dell’art. 1240 cod. civ. richieda ai fini del sorgere della responsabilità solo i seguenti elementi: fatto dell’uomo, danno, colpa, senza che nessuno di questi riceva dalla legge alcun tipo di qualificazione. Tale formula è chiaramente onnicomprensiva. Ma si è anche dato atto che l’interpretazione della norma ad
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P.G. MONATERI, La Sineddoche, cit., p. 73.
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Ivi, p. 9.
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La sineddoche è una particolare figura retorica della nostra lingua, della quale ci si serve quando, in maniera ricercata, si indica una parte volendo in realtà riferirsi all’ insieme più ampio cui detta parte si
riferisce. Alla voce Sineddoche, in Enciclopedia Treccani online
(http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/sineddoche/), si specifica che essa “risulta da un processo psichico e linguistico attraverso cui, dopo avere mentalmente associato due realtà differenti ma dipendenti o contigue logicamente o fisicamente, si sostituisce la denominazione dell’una a quella dell’altra. La relazione tra i due termini coinvolge aspetti quantitativi, cioè i rapporti parte-tutto (una vela per la barca), singolare-plurale (lo straniero per gli stranieri), genere-specie (i mortali per gli uomini), materia prima- oggetto prodotto (un bronzo per una scultura in bronzo)”.
123 L’a.. ha raccolto il frutto dei suoi studi nella nota e sopracitata opera La Sineddoche, cit. 124
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opera di dottrina e giurisprudenza, già all’entrata in vigore del Code Napoleon125
ed ancora oggi126, considerava quali elementi strutturali il fatto, il danno, la colpa, più un “elemento oggettivo in più”127, vale a dire l’antigiuridicità derivante dalla violazione d'un diritto della vittima o dall'infrazione d'una legge posta a presidio della stessa vittima128. Detto elemento in più si risolve in una particolare accezione: sia del danno, che così diventa “ingiusto” per la sua contrarietà al diritto; sia della faute, che non può più intendersi come mera negligenza, ma contiene in sé un quid di antigiuridicità.
Il risultato pratico è il seguente: il quid pluris della necessaria lesione di un interesse meritevole di tutela per l’ordinamento è un elemento nascosto, non individuato dalla legge né dalle enunciazioni dei giuristi129, tuttavia esso “guida le soluzioni messe in opera dai giudici”130
.
In Germania, viceversa, non si assiste ad una dissociazione (id est al fenomeno della sineddoche) tra formule di ampio respiro e regole operazionali più stringenti, con la previsione di un requisito ulteriore. L’ordinamento tedesco risulta compatto tra i vari formanti e tra i vari livelli, cioè dalla norma generale all’ipotesi più specifica. “Non solo
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Ciò che renderebbe questo particolare fenomeno di dissociazione tra formanti alquanto singolare, a dire del Monateri, risiederebbe proprio nel fatto che esso non si è sviluppato nel corso del tempo, come fisiologicamente accade negli ordinamenti, ma era già presente e si manifestava sin dall’entrata in vigore del Code Napoleon.
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E con l’unica, peraltro dubbia in termini di esiti concreti, eccezione rappresentata dal periodo in cui dominavano le idee di Toullier, che sembravano far riconvergere l’interpretazione e la formulazione legale.
127 Esso è qualificato come elemento ulteriore “muto” della fattispecie, che consente di far scaturire il dato
operante della fattispecie, quale frutto di un’interazione tra un silenzio ed un parlato, da R. SACCO, Il diritto muto. Neuroscienze, conoscenza tacita, valori condivisi, Il Mulino, 2015, p. 60. La realtà estranea al testo rappresenterebbe così l’elemento silenzioso dettato dalla “convinzione degli interpreti”, che “introduce nell’elenco degli elementi costitutivi la non conformità a diritto del fatto umano”: proprio dall’interazione tra gli elementi individuati dalla disposizione di legge e la realtà estranea al testo scaturisce la “norma operante”, consistente nella sussistenza della “responsabilità per il danno se c’è fatto dell’uomo non conforme a diritto, colpa, nesso causale, danno”. La contrarietà al diritto del fatto dannoso, non presente nella formulazione letterale dell’art. 1240 cod. civ. ma considerata dagli interpreti elemento ineludibile della fattispecie, è in definitiva un “pezzo di norma”, silenziosamente idonea a creare diritto insieme alla parte esplicitata dall’ordinamento vigente. Tale ricostruzione rappresenta l’esito della formulazione della teoria del diritto muto, cui si farà specifico riferimento al par. 3.3 di questo Capitolo, per fornire una chiave di lettura rispetto ai fenomeni che interessano l’inquadramento della figura del custode.
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Tale “scarto” che dà vita alla sineddoche è originato dalla circostanza per cui, con grande naturalezza, “i vari autori francesi aggiungono elementi alla formula legale, e applicano regole che si basano su elementi taciuti dagli articoli del Codice”: così ivi, p. 9.
129 La stessa dottrina non ha sempre riconosciuto espressamente tale fenomeno, che tuttavia è identificato
da autorevoli interpreti: qualcuno di essi ha affermato che questo elemento, nascosto ma certamente presente ed influente, “est, pensons nous, sous-jacente à toutes les décisions relatives à cette matière, alors même que celles-ci ne l'enoncent pas expréssément”: così B. STARCK, Droit civil. Les Obligations, Parigi, 1972, n. 95, p. 47.
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Ed infatti, le decisioni giurisprudenziali sono comprensibili solo tenendo conto ed ammettendo “la necessità della lesione di un interesse legittimo giuridicamente protetto»”, cui però i giudici spesso non fanno esplicito riferimento: così P.G. MONATERI, La sineddoche, cit., p. 66.
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norme più di dettaglio sono in accordo con norme di maggiore generalità, ma anche lo studio dei vari interpreti dottorali non mostra alcuna divergenza tra formanti dottrinali e formante legale, né appare una dissociazione tra questi due ed i formanti giurisprudenziali.”131
In conclusione – e riprendendo quanto si è già avuto modo di osservare supra – nonostante l’apparente divergenza tra la littera legis dell’uno e dell’altro ordinamento, in entrambi i sistemi non basta il mero danno cagionato con colpa o con dolo per integrare la responsabilità: è necessario l’elemento dell’antigiuridicità, quale lesione del diritto o di norma protettiva della vittima132.
Questa convergenza delle ipotesi in cui sorge l'obbligo di riparare il danno trova la sua origine in alcuni fenomeni cui si è già accennato: per un verso, si pensi all’opera estensiva in Germania degli operatori del diritto, consistita nel ritenere meritevoli di tutela quei diritti che via via sono emersi nel corso dell’evoluzione giuridica, economica e culturale; per altro verso, si consideri il meccanismo di selezione delle situazioni giuridiche meritevoli di tutela così come attuato in Francia, mediante il criterio discretivo derivante dall’utilizzazione dell’ “elemento oggettivo nascosto” quale requisito della fattispecie133
. Operazionalmente, sembrerebbe non residuare una netta differenza. “Anzi, si può notare come il contenuto interpretato dalle norme tedesche reprima una serie di ipotesi molto vicine per estensione all'area dei casi repressi in Francia per mezzo della tutela risarcitoria. Non è affatto vero che il sistema tedesco sia più stretto di quello francese. E non è neanche vero che esso sia meno duttile.”134
La vera differenza risiede in ciò che “mentre nel sistema tedesco i vari elementi che danno origine al sorgere della responsabilità civile extracontrattuale sono tutti esplicitamente enunciati, ciò non avviene nel sistema francese”135, dove essi, pur essendo presenti, sono “sottaciuti”.