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La scomparsa, da Giustiniano in poi, dei criteri oggettivi d’imputazione della responsabilità.

E DANNI DERIVANTI DA COSE

6. Esiti dell’indagine (utili per il prosieguo della ricerca).

6.2. Assunzione del rischio come criterio d’imputazione.

6.2.1. La scomparsa, da Giustiniano in poi, dei criteri oggettivi d’imputazione della responsabilità.

Essa aveva il suo campo di operatività in ambito negoziale. Peraltro, non tutti convengono circa l’oggettività della sua rilevanza: v’è chi ritiene che essa fosse stata valorizzata quale criterio d’imputazione della responsabilità soprattutto nel periodo giustinianeo, indicando un criterio soggettivo di diligenza, quello custodiendae rei appunto177.

Nelle fattispecie di danni prodotti dalle cose, dunque, non ricorreva il concetto di custodia quale criterio di determinazione del soggetto responsabile, sebbene l’habitator o il proprietario fossero individuati in maniera non troppo dissimile dai soggetti che nel nostro ordinamento vengono qualificati custodi.

6.2.1. La scomparsa, da Giustiniano in poi, dei criteri oggettivi d’imputazione della responsabilità.

I passi in avanti compiuti a partire dal periodo repubblicano sull’eliminazione del requisito

176 M. TALAMANCA, voce Custodia (diritto romano), in Enc. Dir., XI, Milano, 1962, p. 562. 177

Cfr. Ibidem, dove viene richiamato il Bonfante per la tesi appena riportata, di tipica impronta giustinianea, secondo cui la diligenza doveva appunto essere exacta, exactissima; di diverso avviso sono coloro (tra i quali l’a. cita il Baron ed il Pernice) i quali si richiamano per lo più ad una responsabilità oggettiva, secondo la concezione del diritto classico.

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della colpevolezza (quantomeno presunta) del convenuto in alcune ipotesi di “responsabilità extracontrattuale”178

furono successivamente neutralizzati dall’opera di Giustiniano, che configurò la colpa quale “indeclinabile presupposto soggettivo sia della responsabilità aquiliana, sia della responsabilità per fatto altrui”179, influenzando in tal senso l’evoluzione giuridica successiva.

La centralità del ruolo della colpa rappresentò un’innovazione non tanto per l’illecito aquiliano180 – del quale anche precedentemente non poteva dubitarsi ch’essa fosse requisito necessario – quanto piuttosto per le ipotesi tipiche di danni da cose o derivanti da fatto altrui, che s’è visto essere fondate sull’assunzione del rischio e su un’attribuzione oggettiva181 della responsabilità.

I compilatori giustinianei, infatti, portando alle estreme conseguenze alcuni risultati della giurisprudenza di età severiana182, annoverarono tra gli illeciti colposi non solo le ipotesi di danno aquiliano, ma tutta la gamma di fattispecie di danneggiamento causato da “terzi” (persone soggette a potestà, animali, cose).

Nei secoli successivi, “glossatori, commentatori e culti non apportarono radicali innovazioni, ma si limitarono ad esplicitare ed a sviluppare”183 quanto formalmente sanzionato a livello legislativo da Giustiniano. La culpa, dopo il periodo della giurisprudenza classica, era ormai divenuta indeclinabile presupposto soggettivo della responsabilità184.

178

La nozione di responsabilità extracontrattuale non era ovviamente conosciuta all’epoca. Fu elaborata solo successivamente.

179

P. CERAMI, op. cit., p. 107.

180 Che fu riorganizzato in questi termini: nelle Institutiones la sua disciplina era contenuta nei primi 5 titoli

del quarto libro: obligationes quae nascuntur ex delicto (furtum, iniuria, damnum iniuria datum, iniuria), obligationes quae nascuntur quasi ex delicto; al contrario, nei Digesta manca un’unità sistematica della trattazione. Tuttavia, l’impostazione del libro nono dei Digesta costituisce la medesima trama tecnica che ritroviamo alla rubrica Des delits et des quasi delits (Libro III, Titolo IV, Cap. II) del Code Napoléon, nel Titolo IX del Libro IV (“Dei fatti illeciti”) del Codice civile italiano ed in altre codificazioni europee (De las obligaciones que nacen de culpa o neglicencia: L. IV, T. XVI, Capo II del codice civile spagnolo; Unerlaubte Handlungen: L. II, T. 25 del BGB tedesco).

181

Pur con le dovute cautele che si sono viste con riguardo alle actiones de effusis vel deiectis, de positis et suspensis, e nautarum, cauponum, stabularionum.

182

Cfr. amplius P. CERAMI, op. cit., p. 105.

183

Cfr. Ivi, p. 107.

184 Ibidem si individuano le seguenti tappe essenziali dello sviluppo storico della dottrina della responsabilità

extracontrattuale dai glossatori fino a Donello: “a) marginalizzazione della funzione penale dell’actio legis Aquiliae e generalizzazione della sua funzione risarcitoria; b) ridimensionamento della tipicità del danno aquiliano e conseguente configurazione dell’actio in factum ex lege Aquilia come azione generale per ottenere la damni culpa dati reparatio; c) configurazione della culpa come indeclinabile presupposto soggettivo sia della responsabilità aquiliana, sia della responsabilità per fatto altrui; d) ridimensionamento del termine erus e della connessa patrimonialità del danno aquiliano con la conseguente estensione del rimedio aquiliano all’ipotesi dell’uccisione dell’uomo libero e all’ipotesi del danno morale; e) configurazione

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Parallelamente, anche la nozione di custodia, tradizionalmente considerata un criterio di determinazione della responsabilità del debitore per inadempimento dell’obbligazione, subì un processo di subiettivizzazione, laddove, fino al periodo classico, aveva assunto una connotazione oggettiva185.

Dal quadro delineato, emerge per l’illecito aquiliano una qualche continuità con il periodo repubblicano: nella Lex Aquilia la culpa non era espressamente prevista, ma venne “ricavata” in via interpretativa dall’iniuria186

. La continuità non fu identica sovrapposizione, dal momento che i giustinianei approfondirono la nozione di culpa, in ciò differenziandosi dai periodi precedenti187.

Quanto invece alle ipotesi “speciali” di responsabilità, Giustiniano non si limitò ad ampliare gli approdi cui era giunta fino ad allora la cultura giuridica, ma operò una rottura: la culpa fu introdotta per la prima volta quale requisito di fattispecie che fino ad allora non la prevedevano e che si fondavano piuttosto sull’assunzione del rischio188.

Tale operazione venne compiuta, forse, servendosi anche dell’affermazione di Gaio che si riferiva alla culpa più come fictio iuris che come effettivo elemento ineludibile della

del damnum come elemento cardine della responsabilità civile e correlativa costruzione del binomio categoriale danno contrattuale-extracontrattuale.” Mentre i primi tre passaggi rappresenterebbero l’esplicitazione di linee di tendenza già manifestate dalla giurisprudenza classica, gli ultimi due sviluppano degli spunti che i giuristi classici si erano solo limitati ad abbozzare.

185

Cfr. M. TALAMANCA, voce Custodia (diritto romano), op. cit., p. 562, che definisce criterio oggettivo di determinazione della responsabilità quello che “addossa al debitore la responsabilità per determinati eventi, indipendentemente dalla ricerca di un nesso causale tra il comportamento del debitore e l’evento, in funzione di una valutazione tipica della possibilità del debitore di evitare l’accadimento.”

186

Cfr. P. CERAMI, op. cit., p. 113, dove si sottolinea l’introduzione dell’uso di culpa da parte della giurisprudenza di età repubblicana con la finalità di “stigmatizzare la condotta non giustificabile e, quindi, rimproverabile”. A riprova di ciò, l’a. cita la definizione formulata da Q. Mucio Scevola, secondo cui la culpa era “quod, cum a diligente provideri poterit, non esset provi sum” (in Paul D. 9, 2, 3, 1). Ed i giuristi classici suggerirono di valutare in modo rigoroso la possibilità di provideri, per scoraggiare condotte non improntate alla massima avvedutezza. Per questo Ulpiano (D. 9, 2, 44 pr.) aveva affermato che in lege Aquilia et levissima culpa venit.

187 G. CRIFÒ, voce Illecito, cit., p. 157, osserva come al diritto giustinianeo si deve un’organica valutazione

dello stato d’animo dei soggetti, ma anche la graduazione della colpa-diligenza, in base all’entità (culpa levis e culpa lata) e al carattere oggettivo e soggettivo (culpa in abstracto e culpa in concreto) del riferimento. Inoltre, è sempre dei giustinianei la paternità della differenziazione tra obligationes quae ex delicto e obligationes quae quasi ex delicto nascuntur. Per le prime era necessario il dolo quale elemento soggettivo dell’illecito, mentre per le seconde sufficiente la culpa. Secondo M. TALAMANCA, voce Custodia, cit., p. 523, invece, i giustinianei si limitarono ad un tentativo di configurazione di un diverso atteggiarsi della culpa (nei suoi gradi di lata e levis). Le estreme conseguenze di tale tentativo si devono alla sistematizzazione dei giuristi medievali.

188 Ritiene P. CERAMI, op. cit., p. 113, che la giurisprudenza romana, in materia di responsabilità per fatto

altrui, particolarmente nel campo di applicazione dell’actio damni in factum ad versus nautas, caupones, stabularios,aveva individuato il presupposto della responsabilità non già nella culpa, bensì proprio nell’assunzione del rischio (confermerebbe l’assunto il frammento ulpianeo in D. 4, 9, 7 pr. poc’anzi riportato (vedi note 110 e 173).

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fattispecie189. I commissari giustinianei accentuarono la seconda impostazione, magnificando il ruolo della culpa e condizionandone in tal modo l’ulteriore sviluppo storico.

I glossatori e i commentatori dei secoli successivi proclamarono il principio della necessaria colpevolezza per rispondere dei danni arrecati ad altri: l’assunzione del rischio, fondamento primigenio della responsabilità oggettiva, scomparve così dal raggio di operatività pratica, ma anche dalla mens giuridica dei dotti190.

Successivamente, la materia della responsabilità extracontrattuale, così come consegnata dai giustinianei e sviluppata, ma senza radicali innovazioni, dai glossatori, dai commentatori e dai culti, si ritrovò trasfusa nel De iure belli ac pacis191 di Ugo Grozio, che rappresenta al contempo “il punto di arrivo dell’esperienza post-giustinianea” e “il punto di partenza dell’ulteriore sviluppo storico che conduce alle Codificazioni moderne”192

. Nella suddetta opera, nozione centrale della responsabilità extracontrattuale è il “maleficium”193

, termine che unisce qualsiasi tipo di illecito civile: atto o fatto, proprio o altrui. Esso consta di tre elementi costitutivi: una condotta rimproverabile a titolo di colpa; il danno194; l’obbligo naturale del risarcimento.

La condotta, in particolare, può derivare direttamente al responsabile, ovvero essere a questi indirettamente riferibile in quanto derivante da persone, animali, cose sottoposte al

189

Vedi i parr. 3 e 6.2, nonché le note 111 e 175. Sebbene Gaio non avesse affermato expressis verbis che l’armatore rispondeva per colpa, tuttavia i commissari giustinianei – servendosi del suddetto brano non soltanto nel titolo De obligationibus et actionibus dei Digesta, ma anche nel titolo De obligationibus quae quasi ex delicto nascuntur (Inst. 4, 5) - iniziarono ad utilizzarlo per giustificare una prospettiva diversa: cfr. P. CERAMI, op. cit., p. 114.

190

L’opera dei glossatori e dei commentatori fu riorganizzata da Donello nei Commentaria, il cui Capo XLIII del Libro XV è dedicato alle “obligationes quae quasi ex maleficio nascuntur”. Qui , sia l’effusum vel deiectum (n. V) che l’actio in factum adversus nautas, caupones, stabularios (n. X), hanno fondamento nella “culpa” dell’habitator, dell’exercitor, del caupo, dello stabularius. Ciò in quanto l’habitator “debuit enim prospicere , ne quis ibi esset, qui posset deicere: aut si aliqui essent, debuit diligenter monere, ne quid deiecerent, aut effunderent” (n. 5); inoltre “qui ed exercendam navem, cauponam, stabulum aliquod adhibet, hoc ipso quodammodo delinquit, quod malorum hominum opera in ea re utitur, cum posset eorum quos admitteret, delectum habere, et sua fidei concreditos non fallere” (n. 12).

191

In particolare al Libro II del Capitolo XVII.

192

P. CERAMI, op. cit., p. 119, che prima lo aveva definito altresì come lo “spartiacque fra esperienza postgiustinianea ed esperienza precodicistica” nella storia della responsabilità civile.

193

Che si trovava descritto in questi termini: “culpam omnem sive in faciendo, sive in non faciendo, pugnantem cum eo, quod aut nomine communiter, aut propter ratione certe qualitatis facere debent. Ex tali culpa obligatio naturaliter oritur, si damnum datum est, nempe ut resarciatur.”

194

Che aveva un’accezione ampia (frutto dello sforzo sistematico e di comprendere l’opera interpretativa di secoli di cultura giuridica) e consisteva in qualunque forma di lesione, diminuzione o alterazione che venisse cagionata al patrimonio (dominium), all’integrità fisica (corpus, membra) o morale (fama, honor, pudicitia) di una persona.

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suo potere o controllo195. In entrambi i casi, non potrà esserci responsabilità senza colpa: ciò comporta l’assimilazione in un modello unitario di ipotesi di responsabilità e criteri d’imputazione molto diversi tra loro196

.

Ma la responsabilità oggettiva legata all’assunzione del rischio, non congeniale a Giustiniano, che l’aveva eliminata anche dalle ipotesi “speciali” di responsabilità e l’aveva sostituita con l’ineludibile culpa, non era definitivamente tramontata.

Per secoli (lungo tutto il Medioevo e poi fino al XIX secolo) rimase latente: non più formalmente normativizzata, sopita nel reticolo dei mondi giuridici possibili, ma non attuati.

Si dovette attendere fino agli ordinamenti ottocenteschi perché, grazie alla spinta propulsiva di dottrina e giurisprudenza, riemergesse dall’applicazione pratica di alcune fattispecie codificate, come un fiume carsico che termina il percorso sotterraneo e riprende quello in superficie, “alla luce del diritto”197

.

È per questo che, compiendo idealmente un salto lungo la storia dell’evoluzione giuridica, ci occuperemo della responsabilità civile negli ordinamenti tedesco e francese, nei quali si manifesta il richiamato fenomeno di riemersione della responsabilità senza colpa, con particolare riguardo all’ipotesi di danno da cose.

195 Si discorrerà alternativamente di condotta primaria o secondaria. 196

In quest’opera di unificazione v’è chi rinviene luci e ombre: P. CERAMI, op. cit., p. 121-122, è di questo avviso, perché la sostituzione della distinzione romana tra responsabilità aquiliana fondata sulla culpa e responsabilità per fatto altrui fondata sul periculum (vale a dire sull’assunzione del rischio) con l’equazione maleficium=culpa, operata da Ugo Grozio (in continuità rispetto all’impostazione dottrinale dei glossatori), ha determinato una incongrua riconduzione ad uno schema unitario di danneggiamenti e criteri d’imputazione fra loro assai diversi.

197

Ma la luce cui si fa riferimento non ha natura diversa da quella che aveva illuminato i sistemi giuridici di cui ci siamo occupati: nihil sub sole novi, verrebbe da affermare. Le nuove forme di responsabilità oggettive trovano le loro profonde radici nei fenomeni che abbiamo analizzato in questa parte: cfr. Cap. III, in particolare par. 3.4.

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CAPITOLO III

SPUNTI COMPARATISTICI: ILLECITO CIVILE,

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