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Le altre fattispecie: teoria del rischio e responsabilità oggettiva Ipotesi affini alla responsabilità da cose; cenni sulla figura del custode.

FIGURA DEL CUSTODE IN FRANCIA E GERMANIA

2. Responsabilità extracontrattuale e danni da cose nell’ordinamento tedesco.

2.3. Le altre fattispecie: teoria del rischio e responsabilità oggettiva Ipotesi affini alla responsabilità da cose; cenni sulla figura del custode.

Le fattispecie tipiche di responsabilità, contenute nel BGB o disciplinate dalla legislazione complementare, sono considerate estensive ed integrative dell’area delle ipotesi di danno risarcibile104. Prima di metterne in rilievo gli elementi costitutivi, ci si chiede se i caratteri generali e più importanti dell’illecito, cristallizzati dal § 823 BGB, ove non espressamente richiamati né tantomeno derogati dalle altre disposizioni, siano da considerare requisiti anche di queste particolari ipotesi normative. L’esame di ogni singola fattispecie farà emergere la risposta al suddetto interrogativo, la cui maggiore incertezza riguarda l’elemento soggettivo: non essendo prevista expressis verbis nelle singole disposizioni la necessità di dolo o colpa dell’agente – o del responsabile, laddove questi non coincida con chi abbia agito – queste ipotesi hanno costituito la base sulla quale mettere in discussione, negli ultimi decenni del secolo scorso, il principio nullum crimen sine culpa105. Gli studiosi e gli operatori pratici del diritto, così, hanno conferito un rilievo sempre maggiore ad un’impostazione oggettivistica nell’interpretazione di queste fattispecie, giustificandola alla luce della così detta teoria del rischio.

Il § 831 prevede la responsabilità di chi si avvalga dell’opera di un altro soggetto, per il danno che questi dovesse cagionare illecitamente. Anche in questo caso, presupposto della responsabilità è l’illiceità del danno, vale a dire la violazione del diritto oggettivo o di una situazione giuridica del danneggiato che il legislatore non sembra qualificare, neanche implicitamente, come diritto assoluto. Non è presente neanche un riferimento esplicito

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Cfr. Ivi, p. 68.

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Scrive in proposito M. COMPORTI, Fatti illeciti, cit., p. 6: “nella letteratura giuridica di lingua tedesca, negli ultimi decenni del secolo scorso, con la crisi della Pandettistica, veniva in discussione egualmente il principio nullum crimen sine culpa, particolarmente esaltato, com’è noto, da Jhering. Da un lato, nuovi studiosi come Karl Binding e Adolf Merkel tentavano di criticare l’impostazione tradizionale sul collegamento unitario tra la responsabilità penale e la responsabilità civile, insistendo sia sulla necessità di scindere i problemi dell’illecito-sanzione da quelli relativi al risarcimento del danno, sia sulla opportunità che colui che profitta di talune attività ne subisca anche tutti i relativi oneri, compresi i danni provocati a terzi. Tali iniziali idee apparivano poi variamente sviluppate dagli autori successivi, fra i quali è opportuno ricordare Mataja che, sempre sotto il profilo giuridico-economico, sosteneva che la legislazione doveva far ricadere l’obbligo di risarcimento dei danni su coloro che appaiono più idonei a sopportarne il peso secondo le esigenze di giustizia e l’assetto economico degli interessi.”

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all’elemento soggettivo: tuttavia, il “titolare dell’affare”, per andare esente da responsabilità, può provar di aver osservato “la diligenza richiesta” o che “il danno si sarebbe verificato anche con l’impiego di tale diligenza”. In quest’ultimo caso, sembrerebbe concedersi al convenuto quasi una prova del fortuito o di forza maggiore. La possibilità di dimostrare la diligenza, prevista nella prima ipotesi di prova liberatoria, rappresenterebbe invece l’indice formale della presenza necessaria dell’elemento soggettivo della colpa alla base della responsabilità, stando almeno ad un’interpretazione letterale della norma: se il potenziale responsabile prova di essere stato diligente, ovverosia di non aver posto in essere un comportamento colposo, allora andrà esente da responsabilità.

Struttura analoga al paragrafo precedente presenta il § 832, che obbliga al risarcimento chi è tenuto alla sorveglianza – ex lege o per contratto – di un altro soggetto, per minore età o infermità mentale o fisica di quest’ultimo. Anche qui il danno dell’ “incapace” deve essere arrecato “illecitamente”, mentre il soggetto tenuto alla sorveglianza può liberarsi nei medesimi termini visti per la fattispecie precedente, ovverosia provando l’assolvimento dell’obbligo di diligenza o che il fatto si sarebbe comunque verificato.

Di particolare interesse è il § 833, che prevede la responsabilità di “colui che tiene animali” (tierhalter). Si tratta di una disposizione che sembrerebbe prevedere, stando al suo tenore testuale, due forme diverse di responsabilità. Il primo comma obbliga “colui che tiene animali” al risarcimento del danno (morte, lesioni o danni a cose) cagionato dagli stessi: non è prevista alcuna prova liberatoria, né in termini di caso fortuito-forza maggiore, né di assenza di colpa. Diversamente, il secondo comma chiarisce che se il danno è cagionato da “un animale domestico che è destinato a servire al lavoro”, allora colui che lo tiene può liberarsi fornendo la prova liberatoria della diligenza adottata (assenza di colpa) o della circostanza per cui il danno si sarebbe comunque verificato (forza maggiore).

Provando ad esplicitare ciò che il presente paragrafo non enuncia espressamente, ma sembrerebbe lasciare intendere, si osservi come il primo comma, contrariamente al secondo, prevede la responsabilità di animali che “non servono al lavoro”: ebbene, in questo caso sembra esservi una vera e propria responsabilità oggettiva. La prima, e come vedremo anche l’unica, desumibile già dalla littera legis nel BGB. Diversamente, nel secondo paragrafo la prova della diligenza adombra una responsabilità colposa, come nelle fattispecie precedentemente esaminate.

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Il § 834 disciplina invece la responsabilità del “guardiano” di un animale, ovverosia di colui che tiene animali (tierhalter) per conto di un altro, assumendone pertanto (il rischio del)la sorveglianza: egli ha un potere di fatto sull’animale stesso. In questa ipotesi, il guardiano è responsabile del danno cagionato dall’animale, ma può liberarsi provando la propria diligenza, cioè l’assenza di colpa: come nel secondo comma del paragrafo precedente, ma diversamente dal primo comma dello stesso.

Ebbene, se il § 834 chiarisce che il guardiano sorveglia l’animale per conto di “colui che lo tiene”, allora quest’ultimo non potrà che essere una figura assimilabile a quella del possessore-proprietario dell’animale stesso. Ai fini della responsabilità, requisito necessario delle fattispecie considerate è il potere di fatto e di governo, che può sussistere in capo al possessore-proprietario, ovvero può da quest’ultimo essere trasferito ex

contractu ad un sorvegliante. Nella prima ipotesi, al potere di controllo si affianca il potere

d’uso per conto proprio. Nel secondo caso, il “guardiano” deve limitarsi a “sorvegliare” l’animale: viene meno l’uso per conto proprio, ma rimane il potere di governo. È proprio questo l’elemento rilevante ai fini della responsabilità e che fa trasferire il piano della stessa responsabilità per danni dall’uno all’altro soggetto.

Il § 836 obbliga al risarcimento del danno derivante dal crollo di un edificio o di un’altra opera collegata ad un bene immobile o dal distacco di parti dell’edificio o dell’opera il possessore del bene, purché il crollo o il distacco sia la conseguenza di costruzione difettosa o di cerente manutenzione. Il possessore, tuttavia, può liberarsi fornendo la prova di aver adottato la diligenza richiesta dal traffico giuridico per evitare il danno. Se il danno si verifica entro un anno dal trasferimento del possesso, obbligato sarà il precedente possessore.

Direttamente collegate a questa disposizione sono quelle immediatamente successive: i §§ 837 ed 838. Il primo prevede il sorgere della responsabilità in capo al titolare di un diritto reale sui beni, se si tratta di soggetto diverso dal possessore; il secondo individua il responsabile in colui che abbia assunto l’obbligo di manutenzione del bene in luogo del possessore.

In tutti i casi menzionati, comunque, la formulazione normativa prevede la prova liberatoria della diligenza, assimilabile all’assenza di colpa.

A ben vedere, le fattispecie sin qui passate in rassegna presentano delle evidentissime analogie con quelle previste nel nostro codice civile italiano, pur con una con una differenza che emerge ictu oculi: la presenza, nelle ipotesi previste dal BGB e diversamente

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dalle norme omologhe del codice civile italiano, della possibilità per il responsabile del danno di fornire una prova liberatoria inquadrabile come “assenza di colpa”, trattandosi di dimostrare di aver adottato la diligenza richiesta nel caso di specie.

Si pensi all’art. 2049 c.c. sulla responsabilità di padroni e committenti, speculare rispetto al § 831 ma che non presenta alcuna possibilità di prova liberatoria; o ancora all’art. 2048 c.c., che prevede sì la possibilità della prova liberatoria consistente nel “non aver potuto impedire il fatto”, ma che è decisamente più difficile da fornire rispetto a quella dell’omologo § 832; ancora, l’art. 2053 c.c. sulla rovina di edificio prevede la prova liberatoria della non derivazione della rovina stessa da difetto di manutenzione o vizio di costruzione, ma non consente al responsabile di liberarsi provando la propria diligenza, diversamente dai §§ 836, 837, 838 BGB sulla rovina di immobili.

Anche la responsabilità per danni prodotti da animali (art. 2052 c.c. versus §§ 833 ed 834

BGB) presenta le medesime differenze, tranne che per “colui che tiene animali” non

domestici.

Sembrerebbe, stando alle fattispecie supra esaminate e a questo sommario quadro sinottico, che vi sia una netta differenza tra le fattispecie previste dall’ordinamento italiano, da considerare ipotesi di responsabilità oggettiva, e quelle del BGB poc’anzi esaminate, da ritenersi invece assoggettate al principio della necessaria colpevolezza.

Dunque, i casi di responsabilità extracontrattuale presenti nel BGB sarebbero tutti basati sulla colpa (Verschuldenshaftung); l’unica eccezione potrebbe essere rappresentata dal § 833, comma 1106.

Tuttavia, per individuare l’effettiva forma di responsabilità in queste ipotesi, il loro fondamento ed il criterio d’imputazione – in altri termini, per conoscere l’effettivo momento applicativo di queste fattispecie – occorre considerare gli altri formanti dell’ordinamento, volgere cioè lo sguardo all’interpretazione di dottrina e giurisprudenza, per come si è sviluppata nel corso del tempo.

Potrà così riscontrarsi come l’affermazione della natura oggettiva di responsabilità nelle fattispecie di cui ai §§ 832 e ss. BGB rappresenta non già una voce isolata, bensì una lettura condivisa dell’impianto normativo tedesco107, tanto che si afferma come “oggi in

Germania si riscontra […] un sistema binario della responsabilità civile, il c.d. Giano

106 Che riguarda la responsabilità di colui che tiene animali non domestici. Cfr. K. LARENZ, Lehrbuch des

Schuldrechts, I, Munchen und Berlin, 1964, p. 458.

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Nonostante quanto l’interpretazione letterale delle norme poc’anzi considerate lascerebbe intendere e sebbene il sistema codicistico vigente in Germania è “strenuamente preoccupato della centralità della colpa”, secondo l’espressione utilizzata da C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 313.

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bifronte secondo un suggestivo suggerimento di Markesinis: i §§ 823 e 826 fondano la responsabilità su elementi soggettivi mentre il § 831 e la legislazione speciale presentano ipotesi di responsabilità oggettiva.”108

La responsabilità per colpa rimane fondamentale, ma un’importanza sempre crescente assume quella basata sul rischio, per via della necessaria interpretazione in chiave evolutiva di numerose fattispecie presenti già nel BGB: spesso, la prova liberatoria del comportamento diligente è intesa in senso fortemente restrittivo, a fronte dell’esigenza di garantire un congruo risarcimento ai soggetti danneggiati109.

Difatti, l’ostacolo maggiore ad un’interpretazione delle norme in chiave oggettiva è la formulazione legislativa, che consente al danneggiante di dimostrare di aver adottato un comportamento rientrante nei canoni della diligenza per andare esente da responsabilità. Ma l’accezione di tale prova liberatoria maggiormente diffusa in giurisprudenza ne sfuma i contorni soggettivistici: il risultato è l’elaborazione generalizzata dei così detti

Verkehrspflichten, quali doveri di particolare diligenza la cui inosservanza genera

inevitabilmente l’obbligazione risarcitoria.

Essi sono stati sviluppati estendendo il dovere di osservare la im Verkehr erforderliche

Sorgfalt zum Zwecke der Abwendung der Gefahr di cui al § 836 BGB sulla rovina di edifici

a diverse altre fattispecie. Il principio enucleato è il seguente: “chiunque introduce o lascia perdurare nella sua attività rispetto agli altri una fonte di pericolo, deve adottare tutte le misure di sicurezza necessarie secondo la situazione alla tutela delle altre persone.”

I Verkehrspflichten non sarebbero altro che doveri di conformazione della condotta per impedire che una situazione sotto il controllo di un soggetto (o da questi creata) possa sfociare in una lesione della sfera giuridica altrui; formalmente, si tratta di un paradigma di concretizzazione della diligenza, che tuttavia crea non poche incertezze in sede di applicazione pratica110.

108

G. ALPA, M. BESSONE, op. cit., p. 164, che richiamano l’espressione di B. MARKESINIS, A comparative Introduction to the German Law of Torts, III ed., Oxford, 1994.

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Non sono mancate critiche, tuttavia, ad una tale struttura duale della responsabilità civile. Sono stati avviati anche alcuni progetti di riforma, laddove, a livello giurisprudenziale, a volte le Corti si sono ritrovate ad anticipare i risultati della legislazione speciale. Cfr. G. ALPA, M. BESSONE, op. cit., p. 164.

110 Cfr. C. CASTRONOVO, La nuova responsabilità civile, cit., p. 314. L’a.. ritiene che tale assunto sia

confermato dalla dottrina, nel momento in cui sostiene che le Verkehrspflichten hanno la funzione di ridurre l’incertezza riguardo a ciò che veramente sia “lesione antigiuridica e colposa”. “Ma la definizione di Verkehrspflichten […] più che una concretizzazione è l’indicazione della necessità di concretizzazione, poiché anche riguardo ad essa si evidenzia la difficoltà insita nelle espressioni di tipo clausola generale non appena ci si chieda ex ante quali siano le SicherungsmaBnahmen che, in relazione alla situazione, devono essere adottate da chi ha creato o comunque governa la situazione di pericolo.” Quella delle Verkehrspflichten, peraltro, rappresenta una categoria difficilmente percepibile dall'interprete straniero, «per la tensione

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È evidente, infatti, che inquadrare la responsabilità da violazione di Verkehrspflichten come mancata prevenzione di una lesione evitabile è di per sé conforme al criterio della colpa; ma “in pari tempo la concretizzazione della diligenza che ne viene fatta, in relazione alla specifica situazione, la fa diventare una responsabilità oggettiva del caso per caso.”111 Questa costruzione concettuale della giurisprudenza tedesca, al di là della discussione sui vantaggi pratici in termini di tutela di particolari situazioni, trova origine, forse, nel numero formalmente limitato di ipotesi normative di chiara impronta oggettivistica nell’ordinamento tedesco (Gefährdungshaftung); ciò avrebbe indotto la giurisprudenza a “rimediare” nei termini suddetti, per garantire una tutela adeguata alle esigenze di giustizia distributiva dei tempi moderni112.

Alla base di tale ricostruzione c’è – si ribadisce – l’assunto per cui chi crea o mantiene lecitamente una fonte di pericolo a danno di terzi deve assumersi conseguentemente la responsabilità per i danni effettivamente verificatisi, anche qualora rispetto ai rischi potenziali egli abbia adottato un comportamento diligente e non gli si possa muovere alcun rimprovero. “Si tratta con ciò di una responsabilità civile oggettiva che prevede un elevato senso di responsabilità per una determinata sfera di rischi. Motivo della responsabilità non è la violazione, ma l'attribuzione del rischio, dovuto al danno, a colui che, in linea di massima, sia in grado di controllare il danno.”113

I principi della tradizione, cristallizzati dalle disposizioni del BGB, sono stati dunque superati: affiancando la nozione di responsabilità per rischio (Gefährdungshaftung) alla dottrina delle Verkehrspflichten, la responsabilità oggettiva è riuscita ad approdare

irrisolta che da sempre le attraversa tra la violazione del dovere di diligenza che sembra essere il loro elemento costitutivo e gli esiti di responsabilità oggettiva che ad esse la giurisprudenza e la dottrina tedesche fanno di fatto conseguire.”

111

Ivi, pp. 316-317. Tale impostazione presenta un’evidente similitudine con l’art. 2050 c.c., in cui l’esercente un’attività pericolosa deve “adottare tutte le misure idonee ad evitare il danno”, in un campo di rilevanza giuridica dei fatti non sempre interpretati dalla giurisprudenza in modo da consentire una facile allocazione di questa forma di responsabilità nell’alveo della responsabilità per colpa.

112

In proposito, Ivi, p. 312 viene rilevato dall’a. come nell'ordinamento tedesco “la Gefährdungshaftung sempre più appare costituita da una serie troppo limitata di ipotesi di responsabilità oggettiva, come prova il risultato di un diritto giurisprudenziale costretto a nascondere sotto le spoglie delle Verkehrspflichten quella che nella sostanza è una responsabilità senza colpa, non fosse altro perché lo standard di condotta che si dice violato è determinato a posteriori dal giudice.”

113 K. LARENZ, Lehrbuch des Schuldrechts, cit., p. 451. L’a. argomenta in tal senso, facendo precedere le sue

conclusioni dalle seguenti considerazioni: “responsabile è principalmente colui che in generale, seppure non necessariamente, controlla la fonte del rischio e in questo caso il decorso del danno provocato senza trarne alcun profitto anche transitorio. La legge parla di un imprenditore come pure di detentore di un animale o di un autoveicolo. Costui è responsabile per eventuali rischi verso terzi derivanti da un soffitto esercizio che si configura nell'uso di animali od autoveicoli. Ove il rischio si verifichi per un incidente, sarà opportuno, in base alla giustizia distributiva, che sia imputata a colui che ha causato il danno, nel suo interesse, la responsabilità generale”.

154 nell’interpretazione delle fattispecie codicistiche114

. Di certo, non si giunge a ritenerla sinonimo di responsabilità per mera causalità; è stata semplicemente superata l’antica concezione della responsabilità come evento negativo e sanzione morale per un atto dannoso, giungendosi a considerarla come valido strumento di ripartizione del rischio “tra quei soggetti che sono in grado di meglio controllarlo.”115

Quanto alla responsabilità da cose, si osservi come non esiste nel BGB una fattispecie analoga all’art. 2051 c.c., quindi allo stesso art. 1242 del Code Napoléon. Tuttavia, di sicuro interesse in proposito è la lettura combinata dei §§ 833 e 834 BGB sulla responsabilità per danni cagionati da animali: essa fornisce validi spunti di riflessione e di ricerca sulla figura del custode, pur non riguardando direttamente la responsabilità da cose. Come già osservato, il tierhalter, cioè “colui che tiene animali”, risponde del danno da quelli cagionato ai sensi del § 833 BGB. La sua responsabilità deriva da un doppio requisito: potere di fatto sull’animale stesso, cioè possibilità di sorvegliarlo; uso dell’animale per conto proprio, con possibilità di farne derivare anche un profitto. La responsabilità è oggettiva, senza possibilità di liberarsi provando la diligenza. Non solo, ma il § 833 è l’unica disposizione del Titolo XXVII BGB dalla quale, ancor prima dello sviluppo della giurisprudenza sulle Verkehrspflichten, poteva già dalla littera legis desumersi una responsabilità oggettiva legata alla custodia del bene-animale, non essendo possibile fornire prova liberatoria della diligenza per i casi di animali non domestici (§ 833, comma 1).

Invero, chi mantiene l’uso dell’animale potrebbe anche “trasferirne per contratto la sorveglianza”: in quest’ultimo caso, disciplinato dal § 834 BGB, tenuto a risarcire l’eventuale danno sarà il nuovo “guardiano”. Egli avrà sicuramente la sorveglianza, id est il potere di fatto. Potrà eventualmente servirsi dell’animale, quindi esercitare anche un potere di “uso”; quest’ultimo avrà comunque una natura diversa rispetto all’uso che rimane in capo a colui che gli ha trasferito il potere di fatto. Così, anche in capo al guardiano potrebbero essere ricondotti tanto il potere di controllo, quanto “l’uso” dell’animale. Tuttavia, mentre il potere di controllo si sarà certamente trasferito in capo al “nuovo guardiano”, ciò non avviene necessariamente per l’uso.

Allora, ai fini del sorgere della responsabilità, elemento ineludibile è il solo potere di controllo; l’uso, da intendersi eventualmente come profitto, potrebbe o meno essere presente anche nel “sorvegliante per conto di chi tiene gli animali”, senza che ciò incida su

114 Valicando i confini della legislazione complementare (vedi par. 3.2). 115

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una sua eventuale responsabilità. Quest’ultima, tuttavia, ha un regime meno rigido per il “guardiano” di cui al § 834 BGB il quale, diversamente da quanto è previsto dal primo comma del § precedente, ha la possibilità di liberarsi dimostrando la propria diligenza. Altre ipotesi di responsabilità da “cose”116 nel BGB sono quelle di cui ai §§ 836-838, che obbligano al risarcimento del danno dovuto al crollo di edifici o altre opere collegate a beni immobili o al distacco di parti degli stessi. Per la configurazione di queste fattispecie normative in termini oggettivi, non solo vale quanto già osservato sulla dottrina delle

Verkehrspflichten; viepiù, è proprio dal § 836 che la giurisprudenza ha tirato fuori –

successivamente generalizzandola ed estendendola alle altre ipotesi normative – la im

Verkehr erforderliche Sorgfalt zum Zwecke der Abwendung der Gefahr, che ha consentito

un’oggettivizzazione del dovere di diligenza, con conseguente fuoriuscita dal’ambito della colpa.

Inoltre, tali fattispecie individuano il “possessore” (besitzer) quale soggetto responsabile, senza riferimento alcuno alla titolarità di diritti sui beni.

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