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DELLA FATTISPECIE DI CUI ALL’ART 2051 C.C.

5. Il limite del caso fortuito.

5.2. Nozioni soggettive del caso fortuito.

Veniamo ora alle concezioni soggettive del caso fortuito, secondo le quali il custode, per andare esente da responsabilità, ha l’onere di dimostrare il suo comportamento diligente,

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La formula dubitativa è d’obbligo, non potendo essere certi delle intenzioni dell’a..

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Così M. COMPORTI, Fatti illeciti, cit., p. 276. Con riferimento alle fattispecie di responsabilità da lui definite presunte (tra le quali rientra quella per danni da cose), l’a. specifica che, pur considerando rilevante la maggior parte della dottrina (ma la tendenza, rispetto al tempo di redazione dell’opera, è mutata) la prima, è di gran lunga preferibile la prima; con ciò egli vuole naturalmente giustificare la propria tesi sul fortuito, impostata su basi oggettive.

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Sulle quali, comunque, si dedicherà ampio spazio nel prosieguo del lavoro (vedi Cap. IV, par. 2).

252 Il riferimento è a Cass. civ. 15 ottobre 2004, n. 20334, in Rep. 2004, voce Responsabilità civile, secondo

cui “si ravvisa il caso fortuito anche in presenza di alterazioni dello stato dei luoghi repentine e non prevedibili che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere.” Ora, se si accoglie la tesi della natura oggettiva del fortuito, quale evento estraneo alla cosa ed interruttivo del nesso di causalità con il danno, non si può poi riferirsi al profilo della condotta del custode e dell’inesigibilità di un determinato comportamento. La verità è che, se un evento estraneo non si è verificato, non può esonerarsi il custode da responsabilità per il solo fatto che egli non possa intervenire per modificare l’alterazione dello stato della cosa. Invero, concernendo la decisione richiamata un caso di responsabilità della P.A. per omessa manutenzione di beni demaniali, la questione qui è complicata dal fatto che la giurisprudenza mostra spesso di adottare criteri diversi allorquando il custode sia un ente pubblico piuttosto che un soggetto privato. In realtà, proprio la massima riportata adombra una concezione che sarà al centro dello sviluppo degli elementi invarianti della fattispecie quali esiti della ricerca. Tutti i presupposti e le conseguenze di tali situazioni, nonché gli esiti delle ricerche applicative, verranno abbondantemente trattati infra, al Cap. V, Sez. II.

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che deve essere tenuto in relazione al potere fisico sulla cosa, nonché al conseguente dovere di custodia che dallo stesso potere deriva.

Alcune tesi tra le più autorevoli nell’ambito dell’impostazione soggettivistica, pur giungendo a conclusioni diverse rispetto alle tesi oggettive, partono sempre dal concetto di imprevedibilità e inevitabilità: tali caratteristiche, tuttavia, non vengono ricondotte ad una

vis maior cui resisti non potest253, ma alla inesigibilità di una certa condotta in capo al

custode254. In altre parole, “accertare se l'evento dannoso è imprevedibile e inevitabile, vuol dire proprio accertare l'assenza di colpa del danneggiante, accertare che questi non poteva prevedere il danno sulla base delle conoscenze normalmente richieste in relazione al tipo di attività esercitata né poteva evitarlo impiegando le cautele normalmente idonee in relazione alla medesima.”255

Altri autori contestano la tendenza a “togliere qualsiasi rilevanza alla condotta diligente del custode”256

: la visione soggettivistica del fortuito, tuttavia, è in questo caso stemperata dal rilievo secondo cui la prova della diligenza del custode potrebbe non essere sufficiente a produrre l’effetto liberatorio257

.

Una dottrina un po’ più risalente, aderendo alla nozione soggettiva del fortuito, addirittura lo considera sussistente solo se basato sulla estraneità “alla volontà e all’intelligenza del soggetto responsabile”258

.

Pur dimostrando argomentazioni coerenti a suo sostegno, la nozione soggettiva di fortuito presenta in radice alcuni limiti difficilmente superabili. Il più insormontabile tra tutti risulta il dato testuale delle disposizioni legislative: una simile concezione del caso fortuito, pur

253 E forse ciò si rivela più coerente, stanti i rilievi critici poc’anzi mossi a quelle concezioni oggettive del

fortuito che tuttavia fanno riferimento ad inevitabilità e imprevedibilità del fatto estraneo. A conferma di tale assunto, l’a. cui ci si riferisce, C.M. BIANCA, Qualche spunto critico sugli attuali orientamenti (o disorientamenti) in tema di responsabilità oggettiva e di danni da cose, in Giust. civ., 2010, 1, p. 19, lavoro in cui si riprendono le tesi già esposte più ampiamente in ID, Trattato di Diritto Civile, cit., p. 690-718, osserva argutamente che “questa nozione si ritrova anche nelle sentenze che, pur ribadendo la responsabilità oggettiva del danneggiante, ravvisano il caso fortuito nell'evento recante i caratteri della imprevedibilità e inevitabilità.”

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Sempre alla stregua della diligenza richiestagli. Cfr. C.M. BIANCA, Qualche spunto critico sugli attuali orientamenti (o disorientamenti) in tema di responsabilità oggettiva e di danni da cose, op. ult. cit., p. 19.

255

Ibidem.

256

F.D. BUSNELLI, voce Illecito, cit., p. 25.

257 Pur potendo “fornire un preciso elemento di presunzione (ex art. 2729 c.c.) atto a identificare una causa

estranea, anche se non individuata nelle sue concrete modalità”: così F.D. BUSNELLI, voce Illecito civile, cit., p. 25. Nel medesimo senso della tesi esposta dall’a., Cass. civ., 1 agosto 1954, n. 2897, in Giur. It., 1955, l, aveva confermato una decisione dei giudici di merito che, esclusa qualsiasi negligenza del proprietario nella custodia del fondo, avevano “per via presuntiva identificato la causa del sinistro nell’azione di qualche imprudente, e quindi nel fatto del terzo”.

258 A. DE CUPIS, Il danno, cit., p. 2. Si tratta, evidentemente, di una delle posizioni che più delle altre

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nelle diverse sfumature delle varie tesi, concentra l’attenzione sulla condotta del custode, richiedendo che questi provi di aver adottato comportamenti improntati a diligenza. Invero, ciò sembra più aderente alle prove liberatorie richieste in altre fattispecie di responsabilità civile: l’art. 2048, sulla responsabilità dei genitori, tutori, precettori e maestri d’arte, prevede la possibilità di liberazione dalla responsabilità di questi soggetti qualora provino “di non avere potuto impedire il fatto”; l’esercente un’attività pericolosa (art. 2050 c.c.) può andare esente da responsabilità provando “di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”; nella responsabilità per circolazione di veicoli il conducente può provare “di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno” (art. 2054, I comma, c.c.). Sembra proprio che la descrizione del fortuito soggettivo sia ricalcata su queste fattispecie. Tuttavia, la disposizione sulla responsabilità da cose in custodia259 non ha una previsione del medesimo tenore sulla prova liberatoria, richiedendo piuttosto la prova del fortuito. Considerare quest’ultimo alla medesima stregua delle norme sopracitate appare un’interpretazione che tradisce gli elementari principi di ermeneusi del diritto, che richiedono la preminenza del criterio letterale, a prescindere dalla ratio che voglia riconoscersi alla norma in esame. Gli approfondimenti successivi sul momento applicativo della norma consentiranno all’indagine di sviluppare maggiori argomenti a sostegno di questa tesi.

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