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ANCHE QUELLI INTERNI SONO

MIGRANTI

Pubblicato sul sito web della Casa della Cultura il 19 ottobre 2018.

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interessanti sono proprio le relazioni tra i trasferimenti per studio e quelli per la- voro: in parte coincidono, perché spesso i giovani in formazione trovano davvero alcune opportunità occupa- zionali nelle città sedi univer- sitarie dove hanno studiato, impoverendo così il capitale umano delle regioni di pro- venienza. Ma vi sono anche divergenze: in particolare, il Veneto e la Liguria attirano lavoratori ma esportano stu- denti, mentre per l’Abruzzo vale il flusso contrario.

Un altro aspetto, forse un po’ misconosciuto, del- le migrazioni interne italiane riguarda i trasferimenti dei lavoratori stranieri entro i nostri confini nazionali. Ci si riferisce in prevalenza a lavoratori del settore agri- colo, solitamente occupati in attività stagionali, che ne incentivano la mobilità ter- ritoriale. L’articolo di Fran- cesco Carchedi prende in considerazione due conte- sti rurali specifici, ovvero la Bassa mantovana (in Lom- bardia) e le zone di Saluzzo e di Canelli (in Piemonte). La mobilità territoriale a cui ci si riferisce riguarda pertanto i diversi siti agricoli dove il lavoratore si reca secondo le stagioni, cambiando abi-

tazione e spesso utilizzando quotidianamente mezzi di trasporto individuali o collet- tivi. Nel mantovano si tratta in buona parte di marocchi- ni che svolgono vari lavori per più aziende, anche a notevoli distanze tra di loro e con pernottamento in vari luoghi. In Piemonte si lavora nei campi quasi tutto l’an- no nell’ortofrutta a Saluzzo, mentre a Canelli ci sono brevi picchi di disponibilità di lavoro per chi viene da fuori durante le vendemmie. Tali picchi sono gestiti da “cooperative senza terra” che intermediano una mano d’opera prevalentemente straniera proveniente da lontano, la portano a lavo- rare su pullman e la fanno dormire in capannoni, spazi abitativi forniti dalle aziende o altri alloggi precari.

Un ulteriore contributo, scritto con taglio disciplina- re antropologico da Roberta Clara Zanini, tratta della mo- bilità territoriale nelle zone alpine. Le terre alte sono state notoriamente interes- sate da massicci fenomeni di spopolamento, ma si può notare che nel tempo questi processi non sono stati con- tinuativi. Al contrario, nell’ul- timo ventennio si sono os- servati trasferimenti in con-

trotendenza. Le categorie sociali interessate al ripopo- lamento alpino, però, hanno caratteristiche sensibilmen- te diverse rispetto a quelle autoctone. Agricoltori, al- levatori e boscaioli italiani, infatti, sono stati in parte so- stituiti da turisti e pensionati sia italiani sia stranieri. Due forme di mobilità territoriale ben rappresentate nell’arco alpino sono il pendolarismo per motivi di lavoro o di stu- dio (normalmente di raggio più limitato) e la stagionalità (anche di più lungo raggio) legata alla diffusione delle seconde case.

Dalla rapida rassegna dei temi trattati in questo volume si evince che cia- scun autore ha affrontato con larga autonomia gli argomenti a lui più conge- niali, senza che si ravvisi un forte disegno complessivo unitario della ricerca. Non per caso, l’ordine logico qui seguito per la presentazio- ne dei singoli contributi non corrisponde a quello che si riscontra nell’indice del libro. Naturalmente le migrazio- ni interne e l’Italia costitui- scono fin dal sottotitolo del libro due motivi conduttori, anche se non rigidamente vincolanti: il saggio conclu- sivo infatti allarga come si è sferimenti multipli per dura-

ta e distanza, così come le aggregazioni e le disaggre- gazioni delle famiglie. Arric- chendo i registri centralizzati si facilitano inoltre le analisi socio-economiche dei di- versi gruppi di migranti, per esempio sul loro grado di istruzione, salute e occupa- zione.

Gli altri contributi pubbli- cati nel libro privilegiano le dinamiche migratorie inter- ne più recenti e si riferiscono ad ambiti territoriali inter- medi, rispetto a quelli finora considerati, ovvero all’Italia nel suo complesso oppure alle regioni del Nord.

Il saggio introduttivo di Corrado Bonifazi, Frank Heins, Francesca Licari e Enrico Tucci si focalizza in- fatti sui cambiamenti quasi momentanei intervenuti in Italia nel 2013-2014, pur premettendo un quadro di riferimento relativo ai decen- ni precedenti. Un aspetto interessante preso in esa- me dagli autori è l’articolarsi dei sistemi locali del lavoro (SLL), le unità statistiche territoriali recentemente in- trodotte per superare il for- malismo delle tradizionali ripartizioni amministrative, privilegiando i bacini gravi- tazionali reali delle attività

economiche. Si osserva in particolare che molti trasfe- rimenti avvengono all’inter- no del medesimo SLL e che un quinto di essi si concen- trano nei SLL di Roma e di Milano. Il centro-nord del Paese è sempre attrattivo di flussi migratori, ma con forza ultimamente ridotta. Il Sud e le isole invece hanno sempre saldi negativi, più accentuati nei territori inter- ni e più ridotti sulle coste, presumibilmente grazie al turismo. Nel loro comples- so queste migrazioni interne sono modeste in ciascun anno, ma possono generare effetti importanti se cumula- te col passare del tempo.

L’articolo di Roberto Impicciatore introduce un argomento specifico, cer- tamente marginale in altre epoche, ma oggi assai con- sistente: quello della mobili- tà degli studenti universitari in Italia, soprattutto quelli più promettenti. Tali trasferi- menti in genere interessano in uscita le regioni periferiche (Sud, isole e Trentino - Alto Adige) e in entrata le restan- ti regioni del centro-nord. I motivi dei trasferimenti sono per lo più legati al prestigio della sede universitaria scel- ta e alla previsione di migliori sbocchi lavorativi. Molto

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visto la prospettiva all’intera Europa, mentre la mobili- tà italiana contemporanea comprende anche gli spo- stamenti di stranieri all’inter- no dei confini nazionali.

Sebbene piuttosto ete- rogeneo, il quadro emer- gente è molto interessante e non di rado originale. Nu- merose informazioni fornite sono tra le più aggiornate disponibili. Alcuni dei pro- cessi di mobilità territoriale esaminati sono emersi solo di recente e quindi la lettera- tura sull’argomento è scar- sa. Il proposito manifestato nell’introduzione dai due curatori dell’opera, Michele Colucci e Stefano Gallo, di sostituire nel futuro a que- sti Rapporti pluridisciplinari una serie di studi tematici su problematiche più omo- genee appare quindi piena- mente condivisibile: senza nulla togliere all’interesse, all’aggiornamento e al rigo- re dei contenuti, si potrebbe in questo modo ridurre il ri- schio di pubblicare capitoli più giustapposti che coor- dinati.

Note

1 Alberoni F., Caratteristiche

e tendenze delle migrazioni interne in Italia, Milano, Vita

e Pensiero, 1963.

2 Arru A. e Ramella F. (a cura di), L’Italia delle migrazioni

interne: donne, uomini, mobilità in età moderna e contemporanea, Roma,

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il quale mi è stato chiesto un commento - desidero affidare a questo mio scrit- to non solo un’analisi delle molte interessanti e inno- vative riflessioni sviluppate nei cinque capitoli in cui è articolato il libro, ma anche esporre alcune personali considerazioni legate alla mia quarantennale attività di architetto e professore alla Facoltà di Architettura di Genova che la lettura di questo testo ha suscitato, oserei dire quasi provocato.

Architettura e democra- zia. Paesaggio, città, diritti civili è un libro che racco-

glie alcune lezioni svolte da Salvatore Settis sul tema del paesaggio all’Accademia di Architettura dell’Univer- sità Svizzera di Mendrisio. Nell’attività didattica rivolta agli studenti di Architettura, Settis ha dovuto affronta- re - come lui stesso scrive - “categorie interpretative,

linguaggi e prospettive”

differenti da quelli “del suo

ambito di formazione che è l’archeologia classica e la storia dell’arte”. Così, nello

sviluppare il tema del pae- saggio - di centrale impor- tanza nel nostro tempo -, fin dall’inizio del libro si interro- ga su “cosa intendiamo per

paesaggio” e indirizza l’at-

tenzione del lettore su alcu- ne ben note problematiche dei nostri territori: sull’esten- dersi dei tessuti urbani in periferie indefinite nei confini e prive di identità nei rappor- ti spaziali, sul diffondersi nei contesti agrari di infrastrut- ture, capannoni industriali, centri commerciali, sull’in- discriminata espansione dell’urbanizzato che investe i territori e interferisce, de- gradandoli, con i patrimoni storico-culturali e con gli equilibri ambientali. La sua risposta al quesito posto ai lettori è una riflessione che prende in considerazione le difficoltà che si incontrano quando si devono indivi- duare le differenze nell’uso comune dei tre termini pae-

saggio, territorio e ambien-

te: tutti termini che indicano lo spazio che ci circonda e in cui si svolge la nostra vita quotidiana, ma al quale, nel- la storia e nella cultura delle società che lo ha plasmato e trasformato nel tempo, sono stati attribuiti differenti significati o valori - geografi- ci, storico-culturali, scientifi- ci o giuridici - per i numerosi e differenti problemi che lo caratterizzano e lo coinvol- gono. Ne sono derivate con- siderazioni sulle varie com- petenze che investono tute-

la, salvaguardia e gestione

ora del paesaggio, ora del

territorio, ora dell’ambiente,

che sono state attribuite a differenti amministrazioni, statali o regionali. Per richia- mare alla memoria l’origine dell’attribuzione delle varie “competenze” Settis ricor- da, ad esempio, come con il progressivo emergere, nel secolo scorso, della cultura ambientalista, la nozione di

ambiente abbia iniziato a

riferirsi alla protezione delle risorse naturali del territorio, al regime dei suoli e del- le acque, alla salvaguardia dell’aria dall’inquinamento, e nel tempo anche alle va- riazioni del clima e a molto altro ancora.

Nel 1967, la Commis- sione Franceschini riferen- dosi alla categoria dei beni sia culturali che ambientali, ha messo in evidenza, l’im- portanza di “un’interpreta- zione storica e geografica globale (…) della complessa realtà culturale di cui strut- ture e forme del paesaggio umanizzato sono l’espres- sione”. Vent’anni dopo la legge Galasso, per superare la considerazione prevalen- temente estetica dei pae- saggi di riconosciuto valore, ha individuato ed esteso tra le zone da assoggettare a