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TECNOLOGIA (E POLITICA) PER

MIGLIORARE

IL MONDO

Pubblicato sul sito web della Casa della Cultura il 13 luglio 2018.

Dello stesso autore, v. anche: Città e paesaggi:

traiettorie per il futuro (8 dicembre 2017).

Sul libro oggetto di questo commenti, v. inoltre: Alberto Clementi, Un nuovo paesaggio urbano open scale (12 ottobre 2018); Corinna Morandi,

Risorse virtuali e uguaglianza territoriale (23 no-

vembre 2018).

Del libro di Carlo Ratti si è discusso alla Casa della Cultura - nell’ambito della VI edizione di Città Bene Comune - martedì 22 maggio 2018, alla presenza dell’autore, con Alberto Clementi, Corinna Morandi, Giampaolo Nuvolati.

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che la tecnologia riduca le disuguaglianze facendosi accessibile a tutti. Tale as- sunto, che in buona parte rispecchia un’ottica neo- liberista fondata sulle capa- cità dei singoli di sfruttare le risorse a proprio vantaggio, potrebbe distogliere l’atten- zione da processi di riequi- librio sociale più tradizionali, basati su variabili socio-eco- nomiche e, più specificata- mente, sul potenziamento del welfare. Insomma, la strada che vede nella tecno- logia la salvezza di tutti i mali sembra ancora piuttosto lunga da percorrersi. L’ag- gettivo senseable (al posto di smart) che accompagna il termine city nella intitolazio- ne del Laboratorio del MIT guidato da Carlo Ratti, già testimonia dell’attenzione di quest’ultimo per una città a misura d’uomo (anche dei più deboli), dove la quali- tà della vita sia garantita al maggior numero di individui. È però fondamentale tenere alta l’attenzione nei confron- ti dei processi possibili di esclusione sociale cui solo la politica può dare rispo- sta pur con il supporto della creatività tecnologica.

Forse potremmo con- cludere osservando che la tecnologia sarà sem-

pre più necessaria ma non sufficiente per migliorare il mondo. In questa direzione vanno peraltro tutte le rap- presentazioni distopiche del futuro che soprattutto certa cinematografia ci trasmette: città fortemente tecnologiz- zate ma dove le differenze di classe tendono a riprodursi ed emergono forme di pro- fonda marginalità e devian- za. Se le visioni di Ratti risul- tano forse troppo ottimiste, queste ultime sono ecces- sivamente pessimiste, oltre che più letterarie e forse non scientificamente fonda- te. Ciononostante meritano attenzione laddove realtà e finzione tendono spesso a trovare momenti di conver- genza.

Riferimenti bibliografici

Gershuny J. e I. Miles, 1983,

The New Service Economy: Transformation of Employment in Industrial Society, London,

Frances Printer.

Jacobs J., 1961, The Death

and Life of Great American Ci- ties, New York, Random House

(ed. it. 2009, Vita e morte

delle grandi città. Saggio sulle metropoli americane, Torino,

Einaudi).

Mingione E., 1983, Urbanizza-

zione, classi sociali, lavoro in- formale, Milano, Franco Angeli.

Toffler A., 1980, The Third

Wave: The Classic Study of Tomorrow, New York, Bantam

Books.

L’esercizio dell’intelli- genza però, come sopra menzionato, è impegna- tivo, richiede formazione, aggiornamento continuo, concentrazione nel rap- portarsi non in chiave em- patica ed emozionale con altre persone ma in forma puramente strumentale con una serie di sistemi esperti, tecnologicamente avanza- ti e fortemente neutri. Nei frangenti in cui riscontriamo la nostra inadeguatezza, e dunque corriamo il rischio di commettere errori, non ci resta che accettarci per quello che siamo, con tutti i nostri limiti. Perché, però, sopra menzionavo la fine imminente di questa autoin- dulgenza? Se la società pre- supporrà il moltiplicarsi delle forme di autoproduzione del bene/servizio è altrettanto probabile che, in caso di er- rori, si ridurranno di molto le scorciatoie o le vie di uscita per rimediare agli errori stes- si, pena un ulteriore e forse insostenibile aumento del nostro impegno nel trovare (si badi: sempre da soli) la soluzione.

Questo circuito chiuso è ben rappresentato dalla crescente difficoltà se non impossibilità di parlare con operatori in carne ed ossa

nel caso di défaillance. A una nostra telefonata con richie- sta di soccorso risponderà infatti una voce metallica re- gistrata che ci invita a trova- re la soluzione consultando il sito web dell’azienda che presta il servizio. Paghere- mo dunque in modo molto salato la nostra imprepara- zione e di conseguenza po- tremo sempre meno essere tolleranti verso noi stessi. La pervasività e la complessità della tecnologia - che peral- tro richiede continui aggior- namenti per essere sfruttata al massimo - lasciano poco scampo a chi abbia proble- mi nel rapportarsi ad essa e fanno presagire situazioni crescenti di angoscia e mar- ginalizzazione, di cui Ratti non sembra tenere partico- larmente conto. Probabil- mente egli considera questi aspetti facilmente risolvibili attraverso una tecnologia

user friendly o comunque

molto meno rilevanti rispet- to agli elementi positivi le- gati alla tecnologia, quale l’aumento delle opportunità e una maggiore libertà di azione.

Il futuro è dietro l’angolo ma ancora non lo conoscia- mo bene. Certo, la città del domani non potrà essere fondata solamente sull’idea

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- Quale ruolo può gio- care il governo del territorio a livello locale e regionale in questa ridefinizione?

- Come muoversi senza snaturare il valore aggiunto delle produzioni e dei terri- tori locali che, nonostante la crisi e varie problematiche, continuano a essere fonti in- sostituibili di creatività, idee, tradizioni, singolarità?

Partendo dal Veneto, l’obiettivo del volume è far comprendere come il gover- no del territorio sia chiama- to oggi a fronteggiare sfide nuove e dirompenti, costrui- re scenari di sviluppo armo- nici ed equilibrati, delineare strategie coerenti dell’azio- ne pubblica. I processi in atto ormai da un decennio dovuti alla crisi economica mettono in discussione gli stessi strumenti di lettura, interpretazione e possibile progettualità dei territori. A livello regionale l’industria- lizzazione diffusa che, nella sua fase iniziale avveniva spesso in deroga o in as- senza di strumenti urbanisti- ci, è stata tollerata e favorita poiché “limitava i problemi che i governi locali doveva- no affrontare e perché man- teneva le funzioni integrative svolte dalla famiglia e dalla comunità locale” (1). Nel

Veneto, in particolare, l’in- tervento politico di program- mazione è sempre stato ri- dotto al minimo e spesso ha svolto una funzione più sim- bolica che sostanziale poi- ché il compito di regolare lo sviluppo è stato affidato alla capacità di autoregolazione spontanea della comunità locale. Oggi però la questio- ne si presenta in forme di- verse: se il ruolo del privato è unanimemente accettato, il problema che si pone è come ridefinire il pubblico interesse, in una regione dove, osservando il dibat- tito locale, spesso sembra essere in discussione l’idea stessa di ‘pubblico’ come soggetto dotato di autorità e di forme di legittimazione rispetto al privato.

Con processi di globa- lizzazione sempre più spinti e accelerazioni delle dina- miche in atto, il rischio più grande sta nel fatto che l’urbanistica sia costante- mente in ritardo, rincorra continuamente l’evoluzione economica e sociale, non sia in grado di prevedere scenari, non riesca a ricono- scere come la dotazione di potenzialità esistenti possa divenire motore di oppor- tunità economiche. Proprio in un territorio dove l’impor-

tanza delle interazioni tra sviluppo economico loca- le, assetti politici e culturali e ruolo (o non ruolo) delle istituzioni è stato da tempo rilevato come un caratte- re peculiare, questo lavoro aggiunge un tassello inter- pretativo importante e pone nuovi interrogativi in “tempo reale”. Tutto ciò per evitare un divario sempre più ampio fra intenzioni e una realtà governata da strumenti ur- banistici concepiti e appro- vati generalmente in epoca pre-crisi e con previsioni che in pochi anni si sono rivelate vecchie e superate.

Il libro è organizzato in tre sezioni con le qua- li il curatore ha cercato di focalizzare l’attenzione su tre ambiti caratterizzati da dinamiche che oggi sono è difficile interpretare in un quadro che si caratterizza per incertezza, indetermina- zione, scarsa progettualità e debole fiducia nel futuro. La prima sezione denominata “Questioni territoriali” cerca di mettere in evidenza non solo i processi che si stanno verificando e che incidono in modo determinante su usi e consumi del territorio, dina- miche economiche e prati- che sociali, ma soprattutto le realtà che con il governo