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PER UN RITORNO AL DISEGNO

DELLA CITTÀ

Pubblicato sul sito web della Casa della Cultura il 25 maggio 2018.

Dello stesso autore, v. anche: Fare piazze (10 marzo 2016).

Sul libro oggetto di questo commento, v. inoltre: Giuseppe Imbesi, Viaggio interno (e intorno) all’ur-

banistica (21 luglio 2017); Anna Laura Palazzo, La forma dei luoghi nell’età dell’incertezza (3

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con il riproporre un modello di città nel quale sia di nuo- vo l’individuo, cioè l’abitante con le sue reali esigenze e desideri, ad essere l’oggetto del lavoro degli urbanisti: il modello della città postmo- derna. In questo, pur con i noti limiti (visioni di breve pe- riodo, la città-collage, valori individuali dello spettacolo e del consumo), pure si “(…)

pone alla ribalta un elemento decisivo della progettazione urbanistica contempora- nea: la ricomposizione dello stretto rapporto tradizionale tra architettura e spazio ur- bano, la riproposizione del tracciato stradale, in altri termini, come regola d’im- pianto per la costruzione della città, ricostruendone i codici compositivi, il ruolo e la distribuzione delle emer- genze, la strutturazione delle sequenze spaziali, la gerar- chia delle trame. Lo spazio pubblico ritorna ad essere concepito come un luogo urbano, come uno spazio tridimensionale che riassu- me quel valore formale e simbolico che il Movimento moderno aveva attribuito ai volumi edilizi e ritorna ad esser al centro della proget- tazione urbana” (7).

Nel nuovo secolo la controrivoluzione si conso-

lida secondo alcuni “prin-

cipi base del nuovo ordine formale: il ricompattamento della città, la ricomposizione dell’immagine urbana attra- verso sequenze di emergen- ze, nodi e assi, la ricostru- zione dello spazio pubblico come trama di spazi chiusi e delimitati tra gli edifici”

(8). Principi base che vanno tradotti, nella progettazio- ne urbana (9), in tre principi compositivi guida: “la cen-

tralità dello spazio pubblico e del verde nella compo- sizione urbana (…); l’arti- colazione dei volumi edilizi, pur assumendo come ele- mento di riferimento l’isolato tradizionale (…); e, infine, l’aggancio dell’area, attra- verso la graduazione delle volumetrie e l’innesto, sugli assi viari esistenti, ai brani insediativi circostanti, così da divenire elemento di ri- composizione e di identità di un’intera porzione di cit- tà” (10). Principi compositivi

che possono senza alcun dubbio essere ricondotti a quelli che per secoli hanno presieduto alla formazione e trasformazioni delle città. Ma che devono ora essere declinati (adattati e rigene- rati) nella contemporaneità: “La differenza rispetto al

passato è rappresentata da

due nuovi elementi. Il primo è che in luogo di una gran- de emergenza - il palazzo, la basilica - che costituiva l’oc- casione per la riformalizza- zione dello spazio antistante - una piazza o un sistema di piazze - ora si tratta di un complesso, di edifici e di spazi urbani, che costituisce l’occasione per la riforma- lizzazione e per la ricom- posizione (…). Il secondo è che accanto ai grandi assi stradali e ai viali alberati, che costituivano nella città storica l’elemento di con- nessione delle emergenze, gli ultimi veni anni hanno vi- sti l’ideazione di una grande varietà di spazi pubblici, so- prattutto attraverso l’irruzio- ne del verde come elemento formale nella scena urbana (…)” (11). Dunque, una ri-

valutazione della storia, del passato urbano che non va inteso come “serbatoio di

immagini” al quale attingere,

ma “(…) piuttosto una sin-

tassi del linguaggio spaziale che va, da un lato, rielabo- rata ed attualizzata perché la specificità della città stori- ca europea non si dissolva, e dall’altro, va riattivata e messa in campo con nuovi caratteri spaziali, che pro- ducano nuovi schemi di or- ganizzazione e di figurabilità

assai poco di questo tema, ben venga un libro come questo di Roberto Cassetti che lo pone come centrale.

Nella prima parte, il libro tratta i caratteri della cultura rivoluzionaria della città ide- ale del Moderno, la cui im- magine è caratterizzata da tre “pilastri”:

- “(…) la proiezione della

città nel territorio attraverso una successione di blocchi edificati strutturati in grap- poli o lungo direttrici prefe- renziali” (3);

- Una immagine costitu- ita da “(…) masse edificate

uniformi, graduate per den- sità, in cui i nuovi centri ur- bani ad alta densità creano un poderoso sistema di se- gni emergenti nel panorama urbano” (4);

- “(…) una nuova poetica

architettonica, imperniata su volumi puri, e un nuovo co- dice di composizione del tessuto insediativo - basato sul contrappunto dei volumi edilizi tra loro - che crea due nuovi tipi di spazio urbano, uno, compatto, articolato su più livelli e delimitato dalle architetture, nei nuovi cen- tri urbani; ed uno aperto, fluente tra gli edifici, solcato da percorsi ridotti a nastri bidimensionali nei quartieri residenziali” (5).

Conseguenze: “L’imma-

gine urbana si astrattezza per la perdita di relazio- ni strada-costruito, per la scomparsa ogni relazione con i caratteri fisici del luogo e i caratteri urbanistici del contesto circostante, per l’ampia gamma di impianti liberi che possono scaturire dalla sola negoziazione tra orientamento e contesto, tra orientamento e tipologie scelte e per l’assenza di for- me e di statuti degli stessi spazi verdi. Così lo spazio urbano può essere solo un programma di attrezzature le cui superfici di pertinenza sono articolate in superfici costruite, superfici non co- struite e rete stradale” (6).

Questo modello di città è pervasivo e prevalente per tutto il periodo del secon- do dopoguerra, fino agli anni ‘80 del XX secolo. Ma è anche dotato di una forte inerzia culturale, tanto che ancora oggi parti di città sono edificate secondo quel modello.

Un primo ripensamen- to, una prima reazione a questa astratta città ideale degli urbanisti (che però si concretizza con tutti i suoi difetti nelle realtà urbane), una prima affermazione della controrivoluzione si ha

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cipale del progetto della città. E assume viceversa importanza centrale l’orga- nizzazione delle funzioni ur- bane - della residenza, dei servizi, degli uffici, dell’indu- stria, del verde, a ciascuno dei quali viene attribuito uno spazio separato nella città - che diventa l’unico soggetto del piano” (13). Questa città

dilatata, compartimenta- ta, poco accogliente, poco attraente provoca la con- trorivoluzione che chiede il ritorno alla composizione urbana.

Ma perché questo ritor- no? E quale composizione urbana, allora? Quali principi di grammatica e di sintassi della composizione occor- re seguire? Il ritorno della composizione urbana come strumento di progetto dello spazio urbano è, così come si sta configurando nelle ri- flessioni e nelle sperimenta- zioni recenti ed attuali, una conseguenza della consa- pevolezza della necessità, per l’urbanistica, che occor- ra soddisfare le esigenze di qualità dello spazio pubblico che gli abitanti desiderano e richiedono e che nelle parti di città costruite negli ultimi settanta anni è carente se non assente. Una controri- voluzione, dunque, che na-

sce dal considerare come obiettivo e base per il pro- getto urbanistico la soddi- sfazione di alcune esigenze fondamentali degli abitanti nel vivere nello spazio urba- no. Che, almeno per quan- to riguarda quel che può fare l’urbanistica, possono essere definite come le esi- genze di abitare uno spazio urbano dotato delle qualità di accoglienza, di urbanità e di bellezza. Accoglienza in uno spazio urbano per tutti, sicuro, accessibile, comodo, con sole e ombre da godere, dotato di buone qualità ambientali di aria, acque e suolo. Urbanità in quanto spazio urbano dota- to di servizi e di spazi pub- blici. Bellezza: argomento complicato e difficile (14), sul quale tornerò tra breve. Qui, intanto, posso dire che trattandosi di bellezza della città, occorre parlare della bellezza di uno spazio ur- bano conformato secondo regole di grammatica e di sintassi della composizione urbana, ma anche di bellez- za di uno spazio urbano in quanto accogliente e ricco di urbanità. Tutte qualità che gli abitanti possono avere a disposizione e apprezzare prevalentemente nello spa- zio pubblico: nelle piazze,

nei viali, nei giardini e parchi. Dunque, una composizione urbana, o meglio una pro- gettazione urbanistica che attraverso la composizione urbana “(…) tende a ricerca-

re un nuovo catalogo dello spazio urbano costruito sul- le relazioni che, nell’urbanità contemporanea, devono intercorrere tra case, servizi, strade, viali, piazze, parchi, giardini e natura. È a questa scala che lo spazio urbano si impone come l’obiettivo primario del nuovo piano urbanistico, quello che tiene insieme tutti gli altri: la quali- tà urbana, la riqualificazione residenziale, l’integrazione delle attività, l’integrazio- ne sociale, la sicurezza, la bellezza, ecc.” (15). Questo

significa in primo luogo che la progettazione urbana, e la composizione che ne è parte integrante e necessa- ria, deve essere considerata una disciplina che fa parte a pieno titolo dell’urbanistica, ma con suoi metodi, con- tenuti e principi autonomi e originali. Una disciplina che si pone come snodo tra la scala della pianificazione urbana e il progetto di ar- chitettura e che definisce regole, indirizzi e azioni sia nei confronti della prima che del secondo. Una disciplina

per lo spazio pubblico con- temporaneo” (12).

Seguono, come detto, le due ultime parti del libro che, trattando dei casi di studio di Londra e Parigi, dettagliano e spiegano con esempi di studi, piani e in- terventi le riflessioni e af- fermazioni formulate nella terza parte (“L’uscita dalla

postmodernità e i nuovi codici della composizione urbana”).

Il libro è assai ricco, ar- ticolato e complesso, e rie- sce molto bene a cogliere e esplicitare i presupposti culturali, sociali ed econo- mici delle diverse idee di città che ne determinano le forme nei tre periodi propo- sti, così come a individuare gli elementi fondamentali dei caratteri di quelle forme (i codici compositivi). Come detto all’inizio, indice della buona qualità di un libro è anche la capacità di provo- care stimoli e idee nel lettore che invoglino a qualche ap- profondimento, e anche a tentare piccoli passi in avan- ti rispetto ai contenuti del libro stesso. Così - e spero non me ne voglia l’autore - proprio in quanto stimolato dal suo lavoro, provo ad aggiungere qualche consi- derazione e ragionamento,

che però ritengo del tutto integrati e complementari a quei contenuti, a proposito dei nuovi codici del disegno urbano proposti dal libro. Forse andrò anche oltre le idee e intenzioni dell’autore, ma con l’intento di seguirne il cammino tracciato e ten- tando anzi di rafforzarlo.

Parto da quello che mi sembra il punto fondamen- tale sul quale si fondano i nuovi codici: il ritorno, nel lavoro degli urbanisti, del disegno urbano, o meglio della composizione urbana, caratterizzata dal “(…) ri-

compattamento della città, la ricomposizione dell’im- magine urbana attraverso sequenze di emergenze, nodi e assi, la ricostruzione dello spazio pubblico come trama di spazi chiusi e de- limitati tra gli edifici”. La ri-

nascita della composizione urbana è uno dei primi effetti della reazione al modello di città proposto e attuato dalla cultura del Moderno. Con la rivoluzione del Movi- mento Moderno “cambiano

(…) i contenuti del progetto urbanistico. Scompare il di- segno, l’immagine spaziale della città e il relativo ruolo strutturante del tracciato viario, che nell’Ottocento costituiva l’ingrediente prin-

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no più significativi. Ma ogni mappa individuale non sarà del tutto diversa dalle altre. Alcune parti della mappa (alcuni luoghi della città) si ritroveranno presenti in più mappe; a volte in un gran numero di mappe. Che è come dire che alcuni luoghi nella città saranno presenti nelle mappe mentali anche di una maggioranza, spesso un’ampia maggioranza, di abitanti (17). Il che significa che quei luoghi sono fre- quentati spesso e più volen- tieri, e che sono quelli che più evidentemente posseg- gono qualità di accoglienza, di urbanità e di bellezza. O, se preferite, posseggono evidenti ed emergenti valori sociali, funzionali e morfo- logici. Così che l’insieme di quei luoghi, che sono edifici ma soprattutto spazi pub- blici, costituisce l’ossatura, l’asse vertebrale, ovvero la struttura urbana di un’area della città. Si può definire la struttura urbana come il sistema primario degli spazi pubblici e delle attrezzature di una parte di città.

Dall’ipotesi di considera- re la struttura urbana come sistema dei luoghi della qualità urbana, come viene percepita dagli abitanti, de- riva una serie di conseguen-

ze decisive a proposito dei principi e contenuti della di- sciplina della composizione urbana. Conseguenze che, tra le altre, riguardano tre aspetti o questioni: la scala, la bellezza, gli strumenti.

Anzitutto sulla scala. Che è la scala della piccola dimensione urbana, quel- la della parte di città. Parte che può essere centrale o periferica, ma per la cui dimensione, per capirci im- mediatamente, possiamo prendere come riferimen- to quelle dei quartieri. Che possono, in generale, esse- re definiti come ambiti urba- ni identificabili, rispetto agli altri ambiti urbani circostan- ti, sia dagli abitanti, che indi- viduano con vari criteri i loro confini, sia dagli urbanisti, attraverso gli strumenti delle letture storico-morfologiche. Ambiti che per la dimensio- ne, possiamo comprendere dentro un intervallo dimen- sionale anche ampio: da qualche centinaio di abitanti fino a qualche decina di mi- gliaia, anche in relazione alla dimensione della città. La piccola dimensione è quella nella quale sono effettiva- mente percepibili e apprez- zabili le qualità di accoglien- za, di urbanità e di bellezza dello spazio urbano, cioè

dello spazio pubblico in par- ticolare. La dimensione nella quale è possibile sperimen- tare una sequenza di spazi pubblici, e percepire i valori positivi o negativi (i pregi o i difetti sociali, funzionali e morfologici) di una piazza, di una strada di un giardino pubblico, della presenza di attrezzature e servizi e della loro qualità. In questo modo si forma, nella memoria di ciascuno degli abitanti, una mappa mentale di quella parte di città che è orga- nizzata (strutturata) dall’in- sieme o sistema di spazi e attrezzature pubbliche e pri- vate che più si apprezzano, e che per questo saranno più profondamente incisi nella mappa (la struttura ur- bana). Mentre saranno sfu- mate o non memorizzate le parti che meno posseggono qualità emergenti. Quelle qualità che nella grande di- mensione urbana (la scala di una intera città) non sono apprezzabili: tanto più si al- larga la dimensione urbana di riferimento, tanto più di- ventano astratti e schema- tici i riferimenti scritti nelle mappe mentali dei cittadi- ni, che saranno articolate per grandi zone, per gran- di infrastrutture, per grandi servizi e grandi spazi verdi nella quale deve essere pre-

valente l’attenzione verso la piccola dimensione, la di- mensione cioè delle “case,

servizi, strade, viali, piazze, parchi, giardini e natura”,

componendo tra loro questi elementi per dare una forma allo spazio urbano e dotarlo delle qualità di accoglienza, urbanità e bellezza.

Ritorno a questo punto sul tema della bellezza nella e della città. Questo appare appena affiorante nei conte- nuti del libro, ma ne percorre sottotraccia tutta l’intera tra- ma. È un tema che non può non essere compreso tra gli obiettivi della progettazione- composizione urbana. Di- sciplina che dovrà dunque avere, tra i suoi contenuti, principi e indirizzi per tentare di ottenere anche la bellezza dello spazio urbano. La for- ma di uno spazio urbano al- tro non è se non la forma del paesaggio urbano compo- sto da case, servizi, strade, viali, piazze, parchi, giardini e natura, composto cioè dagli spazi pubblici e dalle case che questi spazi con- tornano. E la qualità di uno spazio urbano è data dalla qualità del suo paesaggio, così come viene percepito dagli abitanti che lo vivono e attraversano (16).

Dunque, può essere definito bello un paesaggio urbano di una parte di città in quanto percepito come tale dai suoi abitanti. E, ri- petiamolo ancora una volta, vivere entro un paesaggio bello è certamente una delle esigenze da soddisfare per un buon abitare. Allora sono soprattutto le percezioni del paesaggio degli spazi pub- blici nei quali ci muoviamo (sequenze di percezioni) e che viviamo quotidiana- mente o saltuariamente che sono alla base del giudizio estetico che possiamo dare su una parte di città. Perce- zioni intese come sensazioni provenienti dai cinque sen- si (e tra i quali la vista sarà quello più importante), ma sottoposte a elaborazione personale (sensibilità, cultu- ra, emozioni, eventi, memo- rie…). Le percezioni imme- diate, le diverse percezioni che muovendoci nello spa- zio urbano continuamente proviamo, siano uniche o saltuarie o ripetute quotidia- namente, vengono memo- rizzate e selezionate nelle nostre memorie. Memorie con le quali ciascuno degli abitanti, a poco a poco, co- struisce delle mappe men- tali nelle quali saranno rap- presentati i luoghi per ognu-

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cioè per la composizione del paesaggio urbano (18). Principi utilizzabili, è bene ri- levare, non solo per progetti di nuove espansioni urbane, ma anche e soprattutto per interventi di riqualificazio- ne-rigenerazione sulla città esistente. Riqualificando spazi pubblici già esistenti con pedonalizzazioni, pavi- mentazioni, alberature, ar- redo urbano, o creandone di nuovi per formare sistemi di spazi e servizi in grado di realizzare una forte struttura urbana capace di identifica- re, dare carattere e bellezza a una parte di città che at- tualmente ne è priva.

I principi per la bellezza nella città possono essere raccolti in cinque famiglie, articolate al loro interno da numerose regole e indirizzi (di grammatica e di sintassi della composizione urba- na): gerarchizzazione, con- formazione dello spazio, articolazione e variazione, correlazioni con il contesto, narrazione (19). Sono prin- cipi che possono coesistere tra loro ed anzi si rafforzano l’uno con l’altro nella pos- sibilità di produrre bellezza. Qui posso solo accennarne il senso, in grande sintesi, leggendoli sotto l’aspetto degli effetti sulla percezione.

La gerarchizzazione vuol dire la capacità di un sistema di spazi pubbli- ci e di servizi pubblici e privati di far percepire un centro, da definire come tale rispetto all’ambito urbano che dal centro stesso viene organiz- zato e strutturato. Vale come esempio il caso di alcuni quartieri che sono identificati e identificabili anche da una sola piaz- za, o da un viale, o da un parco, che ne sono il centro per socialità e funzione, oltre che per emergenza morfologica.

Il principio di confor-

mazione dello spazio richiede la percezione di uno spazio chiuso, o comunque delimitato. Il che presuppone attor- no o lungo quegli spazi pubblici una continuità di margini, non neces- sariamente edilizi. L’arti- colazione e variazione è un principio che presie- de al necessario bilan- ciamento della perce- zione tra unitarietà della sequenza degli spazi e variazione. Un bilancia- mento che deve evitare gli estremi della mono- tonia da una parte, per eccesso di ordine, e del

disordine dall’altra, per eccesso di diversità, og- getti, riferimenti.

La correlazione con il sito domanda che sia sperimentata la perce- zione di essere in un “luogo”, dove possano essere percepibili tut- ti i caratteri del luogo stesso e anche tutte le relazioni possibili con l’intorno immediato e il territorio circostante. La si ottiene con la va- lorizzazione dei caratteri orografici del sito, delle visuali, dei materiali ve- getali e minerali, del già esistente. E soprattutto valorizzando il contribu- to dei suggerimenti degli abitanti per l’uso e la tra- sformazione del luogo.

La narrazione comporta

la percezione spaziale e temporale di una se- quenza di spazi, eventi, riferimenti ben composti tra loro. Ma anche un senso, un significato di quella sequenza che sia in grado di comunicare agli abitanti i valori so- ciali, funzionali ed este- tici che devono essere posti alla base dell’inter- vento.

Due osservazioni su questi principi per la composizione indefiniti. La città, nell’imma-

ginario degli abitanti (nell’im- magine che della città si fan- no gli abitanti), è uno sfondo generico, nel quale spicca- no nitidamente alcune parti urbane (alcuni quartieri), due o tre, che sono quelle della casa, del lavoro, del tempo libero, dei valori simbolici, quelli nei quali si svolgo- no le vite quotidiane. Vite nelle quali lo sfondo viene attraversato o usato saltua- riamente. Perché la città è fatta anche di quartieri. Nel-