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Cambiamento educativo e stress organizzativo

La scuola come cultura organizzativa

3.1 Cambiamento educativo e stress organizzativo

Una delle questioni con cui occorre confrontarsi quotidianamente nel mondo della scuola è certamente quella di essere in grado di gestire in modo consapevole tutti i cambiamenti in corso. Se fino a qualche anno fa era ancora possibile schierarsi in maniera generica tra chi sosteneva l‟innovazione e chi difendeva la scuola tradizionale, adesso tutto questo non è più possibile. L‟innovazione scolastica, infatti, non è più una questione di scelta o di rivendicazione ma diviene inevitabilmente “un orizzonte che ci riguarda tutti”.216 La difficoltà maggiore sta proprio nel saper riconoscere “dove sta il muro maestro e dove le pareti mobili”217, capire, cioè, cosa sia possibile ritoccare e cosa va lasciato intatto. Ad accrescere questa difficoltà contribuisce sicuramente la scarsa memoria organizzativa delle scuole, la tendenza a non propagandare le esperienze, a non conservare la documentazione delle best practices o a conservarla in maniera inaccessibile, trascurando, così, quelle procedure sistematiche che permettono di riconoscere che cosa ha avuto successo, cosa ha funzionato in passato. In altre parole, quando si parla di scuola è bene considerare la questione da un duplice punto di vista, in grado di coniugare due prospettive necessarie per capire l‟esperienza scolastica: quella degli studi di organizzazione e quella pedagogica.

Negli ultimi anni nel sistema scolastico italiano sono cambiati alcuni elementi portanti del quadro di riferimento tradizionale, e tutto ciò è avvenuto attraverso una serie di provvedimenti legislativi che hanno ribaltato la situazione precedente e che riflettono un cambiamento delle attese sociali nei confronti della scuola. In primo luogo la richiesta sempre più forte di una progettazione autonoma; in secondo luogo, le crescenti attese di differenziazione locale e il rifiuto di un sistema controllato quasi completamente a livello centrale ed, infine, la tendenza, da parte degli utenti, sempre più determinati a sostenere le proprie scelte, a rigettare percorsi fissi e rigidi. La rottura delle attese di uniformità riguarda, talvolta, aspetti meno formali di quelli legislativi ma altrettanto importanti e più immediatamente percepibili. Si pensi, per esempio, ai nuovi valori della differenziazione pubblicizzati nella campagna delle iscrizioni che ogni anno mobilita dirigenti, docenti e genitori. Che cosa determina la scelta di una scuola piuttosto che di un‟altra? Questa decisione non si gioca soltanto sul piano della qualità dell‟insegnamento e del clima lavorativo, ma anche e soprattutto

216 Petrucci C., Culture organizzative e apprendimento, La Nuova Italia, 2000, p. 7 217 Ivi, p. 8

sulla capacità da parte della scuola di offrire percorsi flessibili e di saper andare incontro alle esigenze delle famiglie, attraverso attività opzionali o aggiuntive, quali l‟insegnamento delle lingue straniere, dell‟informatica, o di corsi pomeridiani. La scuola che non è in grado di organizzarsi in modo tale da essere competitiva agli occhi degli utenti viene rifiutata e questo ha un peso enorme in termini organizzativi perché può influire sulla sopravvivenza o meno di interi istituti.

Nei confronti della scuola è venuto meno il cosiddetto “patto mitico”, un concetto introdotto dagli studiosi delle organizzazioni per indicare la disponibilità, da parte degli utenti, a dare credito illimitato ad alcune organizzazioni istituzionali di servizio (Sanità, Scuola, Sicurezza), la cui stessa esistenza basta a farle ritenere utili e necessarie. Dal momento che queste istituzioni rispondono ad alcune esigenze fondamentali non affrontabili per altra via, la loro esistenza è legittimata a ricevere credito in modo indipendente dalle loro effettive capacità di funzionamento. Fino a qualche tempo fa, tra gli utenti era comune l‟opinione per cui i benefici dovuti all‟esistenza di queste organizzazioni fossero comunque superiori ai rischi di cattivo funzionamento delle stesse. In verità, accadeva spesso che, dipendendo queste organizzazioni da un sistema istituzionale più generale, dedicassero le loro energie a salvaguardare i rapporti con tale sistema piuttosto che a soddisfare le esigenze reali dei destinatari del servizio offerto218. Nella società attuale, i nuovi utenti sono portatori di nuove richieste, si parla infatti di stakeholders, e sono molto determinati a farle valere. Il cambiamento delle attese sociali ha provocato nella scuola un vero e proprio rovesciamento di valori, rischiando di trasformare in disvalori quelli che un tempo erano considerati valori fondamentali, come la stabilità, la prevedibilità, l‟uniformità; per questa ragione occorre ponderare bene qualsiasi tipo di scelta onde evitare una differenziazione troppo spinta dei percorsi e delle opportunità che potrebbe risultare ancora più dannosa dell‟omologazione tradizionale. Diventa quindi necessario cercare un nuovo equilibrio tra vecchi e nuovi principi. L‟aprirsi di nuove possibilità, la necessità di capire ciò che va salvato delle esperienze passate e l‟esigenza di ripensare il proprio modo di essere e lavorare, sono elementi che senza dubbio contribuiscono a creare delle situazioni di stress che occorre saper gestire, come direbbe Albert Bandura, in maniera efficace. Quando una situazione lavorativa è sottoposta a modifiche più o meno radicali, lo stress dei singoli nasce da questioni organizzative e costituisce esso stesso un fatto organizzativo. In psicologia del lavoro si parla di “sanità” o “patologia” organizzativa, per indicare il livello di salute psicosociale che un dato contesto lavorativo riesce a mantenere. Nel caso dei tanti cambiamenti che stanno investendo la scuola, uno degli errori che generalmente si fa è rappresentato proprio dal fatto che chi decide le politiche scolastiche dia per scontata l‟accettazione positiva dei cambiamenti in corso e trascuri di mettere in conto una certa dose di naturale resistenza al cambiamento da parte di chi

opera nella scuola, senza preoccuparsi di mettere in atto “le necessarie strategie di autoprotezione organizzativa”219. Queste ultime devono rispondere a tre esigenze fondamentali:

- Conoscere gli scopi e gli esiti del cambiamento, riducendo l‟incertezza su quello che accadrà. Lo strumento più efficace a questo scopo è la diffusione delle informazioni (se si tratta di cambiamenti legislativi bisogna far conoscere i testi dei provvedimenti; se si decide di far intervenire un esperto, occorre che sia in grado di fornire esempi pratici sulla possibile gestione del cambiamento in corso).

- Effettuare una ragionevole valutazione di quel che si perde e di quel che si può guadagnare. - Necessità di vedere riconosciuto il lavoro fatto fino a quel momento.

Attraverso l‟informazione, occorre identificare gli aspetti più rischiosi e capire le ragioni delle proprie insicurezze; identificare i rischi effettivi e capire quali elementi di vulnerabilità sono dovuti a dati permanenti e quali invece si possono modificare e in quale maniera. E‟ importante costruire una rete di relazioni, di scambio di comunicazioni, attraverso strutture di reciproco aiuto che servano a non restare soli davanti ai problemi.

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