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Il fenomeno dello stress: aspetti teoric

Dalle cause dello stress e del burnout al benessere organizzativo

2.1 Il fenomeno dello stress: aspetti teoric

Lo stress lavorativo e la sindrome del burnout colpiscono i lavoratori delle cosiddette helping professions o comunque di quelle professioni “high tach”, a stretto contatto con altre persone. Dal momento che il lavoro dei docenti rientra perfettamente in questa tipologia di categoria professionale, mi è sembrato opportuno analizzare, in modo approfondito, le cause e le conseguenze di questi due fenomeni ancora poco conosciuti, ma i cui effetti deleteri cominciano a farsi sentire seriamente. Alcuni studiosi ritengono che il malessere lavorativo dipenda dalle caratteristiche personali dell‟individuo, dalle sue modalità di reazione alle pressioni esterne, dal suo senso di autoefficacia o dal suo locus of control; altri, invece, sostengono che lo stress negativo ed il burnout dipendano in particolare dal contesto lavorativo in cui si opera e da una serie di discrepanze esistenti tra la natura del lavoro e la natura della persona.

Partendo da questi presupposti, c‟è da chiedersi quale delle due interpretazioni possa essere più valida o se, invece, entrambe possano contribuire a spiegare la comparsa dello stato di malessere sul lavoro. Bisogna chiedersi, inoltre, perché il burnout, un tempo legato in particolar modo alle professioni sanitarie, oggi pare affliggere così pesantemente il contesto scolastico e se esiste una relazione tra i profondi cambiamenti verificatisi nell‟ultimo quarantennio nell‟ambito scolastico, e nelle richieste della società in generale, e l‟attuale condizione di crisi vissuta dagli insegnanti. Se, infine, il burnout è così diffuso, e così potenzialmente dannoso non solo per l‟individuo ma anche per l‟organizzazione di cui fa parte, si può supporre che la comprensione chiara delle cause di disagio possa costituire, al contempo, se non una soluzione, almeno una pista da seguire per un più efficace funzionamento delle istituzioni scolastiche?

Nel secolo scorso, il termine stress veniva adoperato, nel campo della fisica e dell‟ingegneria, per indicare lo sforzo cui erano sottoposte le strutture in metallo di una costruzione, come i ponti , al fine di verificarne la capacità di sostegno. Successivamente fu impiegato, nell‟ambito delle

scienze biologiche e psicologiche, per indicare una serie di stimoli (gli stressors) che agiscono sull‟individuo a livello fisiologico, psicologico e comportamentale.

Nel 1936 la rivista Nature pubblicò un articolo in cui Hans Selye, fisiologo di origine austriaca, identificando lo stress come “la risposta non specifica dell‟organismo ad ogni richiesta effettuata ad esso”134, sosteneva che agenti stressanti diversi (la fatica, l‟eccesso di caldo o di freddo, i traumi, le emorragie) provocano nell‟uomo una reazione di difesa dell‟organiamo che egli definì Sindrome Generale di Adattamento (General Adaptation Syndrome). 135

In presenza di stressors, il corpo risponde in maniera unitaria con una reazione generale ampia, e pertanto aspecifica, che ha il preciso scopo di superare o neutralizzare lo stressor.

La SGA comprende tre fasi:

- Fase di allarme. L‟individuo si prepara all‟azione attraverso una maggiore produzione di sostanze, come l‟adrenalina, che inducono alla mobilitazione generale delle risorse energetiche dell‟organismo, necessarie a potenziarne le difese ed a prepararlo all‟azione. - Fase di resistenza .L‟individuo si pone come obiettivo quello di raggiungere una condizione

di adattamento; reagisce e si difende nei confronti dello stimolo stressante, opponendosi e cercando di riportare l‟organismo ad una condizione di equilibrio; ne esce rafforzato e pronto ad affrontare nuovi stimoli.

- Fase di esaurimento. L‟individuo può non essere in grado di far fronte in modo adeguato agli stimoli, può cedere, esaurire le proprie risorse, diventare vulnerabile e indifeso, sia per le scarse capacità di reagire che per l‟intensità dello stimolo.

A sua volta la reazione di allarme comprende ancora tre fasi: la fase preliminare, la fase acuta di allarme e la fase di ripresa.

Nella fase preliminare o di shock avviene un calo delle funzioni vitali; l‟organismo subisce passivamente, sia per limitare gli effetti nocivi dello stressor, assorbendolo senza opporre resistenza, sia per organizzare le difese e far fronte allo stato di allarme. Segue la fase acuta di allarme, una fase di contro-shock in cui la mobilitazione delle difese diventa generale; in questa fase, in genere, le difese allertate sono sufficienti a neutralizzare o ad allontanare la causa nociva. Alla fase acuta di allarme segue poi la fase di ripresa, con intervento del sistema parasimpatico che ha lo scopo di attivare una rigenerazione energetica e di riportare alla normalità man mano che l‟eccitazione del simpatico decresce. Esaurita la reazione di allarme, se in tempi relativamente brevi la causa nociva non è stata del tutto neutralizzata dai sistemi difensivi di pronto intervento, si attiva

134 Selye H.,A sindrome produced by diverse Nocuous agent, in:„ Nature‟, n.138, 1936; p. 30-32

135 Cfr. Dallo stress alla malattia Fonte: Paolo Pancheri, Stress Emozioni Malattia - introduzione alla medicina

psicosomatica, Mondadori - Milano 1980

http://www.stress-lavoro.com/index.php?option=com_content&view=article&id=33:ripristino-data-base- 42&catid=13&Itemid=125&showall=1&limitstart=

la fase di resistenza o adattamento nella quale l‟organismo organizza più stabilmente le sue difese. Se anche la fase di resistenza non è in grado di metabolizzare l‟agente stressante, i meccanismi omeostatici, logorati dall‟accumulo dei vari stressors, vanno incontro ad una fase di esaurimento in cui ricompaiono, aggravati, i segni della reazione di allarme, che possono raggiungere i livelli di shock irreversibile.

Lo stress viene visto da Selye come “ una reazione aspecifica136 dell‟organismo a qualsiasi stimolo esterno e interno, di tale intensità da provocare meccanismi di adattamento e riadattamento atti a ristabilire l‟omeostasi”, cioè, l‟equilibrio in cui tende a mantenersi un organismo. Questi stimoli, considerati come delle situazioni critiche, sono da lui definiti “stressors” (agenti stressanti).

Nel suo volume, dal titolo Stress without Distress, Selye descrive lo stress come uno stato fisiologico normale che non può e non deve essere evitato:

Contrariamente a quanto si pensa di solito, non dobbiamo, e in realtà non possiamo, evitare lo stress, ma possiamo incontrarlo in modo efficace e trarne vantaggio imparando di più sui suoi meccanismi, e adattando la nostra filosofia dell‟esistenza a esso137.

Per far fronte agli stimoli esterni, gli individui dispongono di un “serbatoio di energie”, in base al quale si determina il livello di resistenza al fenomeno. Tale serbatoio può esaurirsi facilmente quando l‟agente stressante è particolarmente intenso, quando più fattori stressanti agiscono contemporaneamente, o ancora quando l‟azione degli agenti stressanti si prolunga nel tempo. In tutti questi casi si avrà come conseguenza una situazione di stress negativo, causa di patologie sia psichiche che organiche; mentre, quando una situazione di stress si risolve positivamente, producendo nell‟individuo una sensazione di gratificazione e agendo da rinforzo positivo per simili situazioni future, l‟energia del serbatoio aumenta.

E‟ necessario, dunque, fare una distinzione tra condizioni di stress acuto o momentaneo e condizioni di stress cronico, nelle quali le reazioni di stress finiscono per perdurare al di là degli stimoli. Nella letteratura esistente, per stress acuto, detto anche stress costruttivo, adattivo o eustress (nel greco antico il prefisso eu significava “bene”), si intende la complessa reazione dell‟intero organismo a stimoli ambientali che lo mettono nella necessità di intervenire e agire con prontezza, concentrazione, efficacia, in tempi relativamente brevi; mentre, per stress cronico, detto anche distress (dal greco dys che significa “male”) si intende quella reazione per cui le condizioni di stress, e quindi di attivazione dell‟organismo, permangono anche in assenza di eventi stressanti,

136 Per reazione aspecifica, Selye intende tutte quelle azioni che hanno la funzione di adattamento agli stimoli cui

siamo esposti (agenti stressanti), per poter ristabilire la normalità. Richiede quindi l‟adattamento a un problema. Es.: se ci troviamo esposti al freddo, rabbrividiamo per produrre calore e i vasi sanguigni della pelle si contraggono per diminuire la perdita di calore dalla superficie corporea; se mangiamo troppo zucchero e il livello di zucchero nel sangue supera la normalità, ne bruciamo una parte e ne espelliamo il resto, in modo che il livello torni normale.

137 Selye, H. (1974). Stress without Distress. New York, J.B. Lippicott, trad. it. “Stress senza paura”, Milano. Rizzoli,

oppure che l‟organismo reagisce a stimoli di lieve entità in maniera sproporzionata, come se fosse in presenza di situazioni altamente pericolose.

2.2 Lo stress come interazione tra fattori psicologici e ambientali: il contributo di Richard S.

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