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Capitolo quarto La nuova identità docente

4.4 La ricerca riflessiva

La ricerca riflessiva comincia nel momento in cui il docente deve far fronte ad una situazione problematica nuova che viene fuori come evento inatteso, come una sorpresa che mette in crisi le sue conoscenze consolidate, il suo repertorio di risposte consolidate, quelle azioni didattiche e quei principi metodologici che precedentemente si sono rivelati efficaci.

Il docente ricercatore di fronte ad una situazione inedita, sulla scorta del repertorio di risposte appartenenti alle sue esperienze precedenti, formula delle ipotesi che vengono poi sperimentate e valutate attraverso l‟azione e portano a formulare una nuova teoria del caso unico.

In alternativa alla “Razionalità Tecnica”, Schon propone la riflessione nel corso dell‟azione.

“[…] sia la gente comune sia i professionisti spesso riflettono su ciò che fanno, a volte persino mentre lo fanno. Stimolati dalla sorpresa, tornano a riflettere sull‟azione e sul conoscere implicito nell‟azione. […] C‟è qualche fenomeno enigmatico, problematico o interessante che l‟individuo sta cercando di affrontare. Quando egli cerca di coglierne il senso, riflette anche sulle comprensioni implicite nella sua azione, che fa emergere, critica, ristruttura, e incorpora nell‟azione successiva.”363

Occorre studiare la specificità dell‟epistemologia della pratica esperta che svela un‟attività cognitiva molto più estesa di quanto si riesca ad esprimere. E, soprattutto, diventa importante saper cogliere quegli elementi di sorpresa che connotano le situazioni di “incertezza, instabilità, unicità e conflitti di valore”364. Quando un ragazzo, per esempio, compie degli errori particolari a scuola, l‟insegnante professionista non deve esitare a lasciar emergere un‟aria di sorpresa, di perplessità e persino di confusione, riflettendo sul fenomeno di fronte al quale si trova e cercando il senso che sta dietro all‟errore; un simile atteggiamento gli consentirà di diventare un ricercatore che opera nella pratica, che fa esperimenti, non separando il pensiero dall‟azione e costruendo una “teoria del caso unico”.

Molto spesso si tende a non dare la giusta importanza alla riflessione nel corso dell‟azione ed a far coincidere, in maniera limitata, il professionismo con l‟expertise, cioè la competenza tecnica. In realtà, descrivendo la riflessione nel corso dell‟azione, Schon ne parla in termini di alternanza tra il fare e il pensare, un‟alternanza che dipende da una “conversazione riflessiva con la situazione”.

363

Schon D. A., Il professionista riflessivo. Per una nuova epistemologia della pratica professionale, Edizioni Dedalo, Bari, 1993, pp. 76/77.

“[a causa della complessità della situazione] le azioni del progettista tendono, fortunatamente o sfortunatamente, a produrre conseguenze diverse rispetto a quelle desiderate. Quando questo accade, il progettista può tener conto delle modificazioni non intenzionali che ha prodotto nella situazione generando nuovi apprezzamenti e comprensioni e operando nuove scelte. Egli modella la situazione in conformità con il proprio iniziale apprezzamento di essa, la situazione “replica”, ed egli risponde alla replica impertinente della situazione. In un valido processo progettuale, tale conversazione con la situazione è riflessiva. Il professionista, riflettendo su tale replica, può trovare nella situazione nuovi significati che lo portano ad una nuova ristrutturazione”365.

Tali fenomeni sono particolarmente evidenti nelle professioni che hanno a che fare con “oggetti” che non possono essere completamente plasmati dall‟uomo (si pensi all‟insegnamento). La realtà oppone una certa resistenza alla volontà dell‟uomo, soprattutto nel passaggio cruciale dal progetto alla sua realizzazione. Gli studi di Schon si soffermano sui momenti della progettazione e della realizzazione di ciò che è stato progettato. Si tratta di una situazione sperimentale descritta come processo conversazionale, in cui domande e risposte si alternano.

“la situazione tipica della pratica non è né argilla da modellare a piacere né un oggetto di studio indipendente, autosufficiente, dal quale il ricercatore prenda le distanze. […] Questi modella la situazione, ma in conversazione con essa, cosicché i propri modelli e apprezzamenti sono anch‟essi foggiati dalla situazione. I fenomeni che egli cerca di capire sono in parte sue elaborazioni; egli è nella situazione che cerca di comprendere. […] l‟azione attraverso la quale egli verifica la sua ipotesi è anche una mossa attraverso la quale cerca di realizzare un cambiamento intenzionale nella situazione cercando di modificarla, e considera i cambiamenti che ne risultano non come un difetto del metodo sperimentale ma come l‟essenza del suo successo”366.

La pratica diventa una ricerca vera e propria in cui le soluzioni vengono ipotizzate, sperimentate e valutate, laddove, nell‟ottica della Razionalità Tecnica, la realtà viene analizzata in modo oggettivo, univoco, indipendentemente dai valori e dai punti di vista del professionista. In realtà, come sostiene Schon, il professionista fa parte della situazione in cui deve intervenire e che cerca di comprendere, e può comprenderla pienamente solo se cerca di trasformarla in un„altra, assumendo l‟atteggiamento di uno sperimentatore.

Nel momento in cui l‟esercizio della professione si riduce ad essere una somministrazione ripetitiva di tecniche a problemi sempre uguali, il lavoro diventa noioso e poco appagante; mentre quando si diventa ricercatori nella propria pratica professionale, il lavoro diventa fonte di soddisfazione e di rinnovamento continuo.

365 Ibidem 366 Ivi, p. 85

Quando si rifiuta la tradizionale visione del sapere professionale, riconoscendo che i professionisti possono diventare ricercatori riflessivi in situazioni caratterizzate da incertezza, instabilità, unicità e conflitto, si ricompone il rapporto fra ricerca e pratica. Perciò, in questa prospettiva, la ricerca è un‟attività da professionisti. Essa è innescata dai caratteri distintivi della situazione, intrapresa sul campo, e immediatamente legata all‟azione.367

La ricerca riflessiva può riguardare il modo di strutturare i problemi, l‟analisi dei metodi di indagine e delle teorie dominanti riguardo alla comprensione del fenomeno. I professionisti, spesso inconsapevoli di quali strutture utilizzano, devono assumere consapevolezza dei diversi possibili modi alternativi di impostare la realtà dell‟azione pratica e dei modelli e delle norme cui si è data priorità. Nasce così una nuova “scienza dell‟azione” che studia situazioni caratterizzate da “unicità, incertezza e instabilità, le quali non si prestano all‟applicazione di teorie e tecniche derivate dalla scienza alla maniera della razionalità tecnica”368; una nuova scienza dell‟azione che mira allo sviluppo di temi a partire dai quali i professionisti possono costruire teorie e metodi personali. Spesso gli insegnanti, per spiegare il comportamento di alcuni alunni, preferiscono adoperare categorie stereotipate, del tipo “non vuole studiare”, “ è il solito ribelle”, piuttosto che farsi vedere confusi o inadeguati alle situazioni; questo accade perché hanno paura di sperimentare nuove strategie di azione. Il professionista, invece, mentre pensa nel corso dell‟azione, è attraversato da un complesso di emozioni, sensazioni di vario genere, sentimenti riguardanti il compito che sta svolgendo, su cui dovrebbe riflettere e che dovrebbe ascoltare.

Sarebbe interessante,369 dunque, mettere a fuoco questo groviglio di sentimenti presenti nel corso dell‟azione, osservando qualcuno mentre imposta un problema, intervistandolo, chiedendogli di pensare ad alta voce. La pratica riflessiva consente di contribuire ad una demistificazione dell‟expertise professionale, perché mostra come un sapere straordinario, specialistico può e deve essere immerso in valutazioni e giudizi connessi a valori umani, interessi sociali, economici, politici di parte, giudizi personali basati su vicende più o meno compromesse del passato. Tutto questo porta a non accettare più “in modo acritico la pretesa del professionista di possedere mandato, autonomia e abilitazione all‟esercizio della professione”370, ed a sostenere quei professionisti che riflettono nel corso della loro azione sui propri modelli e sulle proprie strutture valutative.

Lo strumento principale utilizzato dal professionista nella conversazione con la situazione, al fine di esplorarne le sue potenzialità e di raggiungere i suoi scopi, è quello che Schon definisce la “metafora generativa” , il “vedere come”.

367 Ivi, p. 312 368 Ivi, p. 322 369 Riva M. G., op. cit.

Quando le due cose viste come simili sono in origine assai differenti l‟una dall‟altra, ricadendo in quelli che usualmente sono considerati differenti domini di esperienza, allora il „vedere come‟ assume una forma che definisco “metafora generativa”. In questa forma il „vedere come‟ può assumere un ruolo cruciale nell‟invenzione e nella progettazione371.

Il professionista dialoga con la situazione, servendosi del repertorio di saperi e di esperienze a sua disposizione. La sua strategia consiste nel vedere la situazione come qualcosa che è già presente nel suo repertorio, senza però includerla in una categoria o in una regola consueta. La situazione consueta fa da precedente, da esempio; il “vedere come” consente di mettere in relazione l‟esperienza passata con il caso presente. Tale relazione, tuttavia, non è rigida, ma ha una natura così fluida da non trasformare un esempio, che serve solo come stimolo , in un modello da riprodurre. E‟ la metafora generativa che consente di trattare i problemi come unici e non adattabili a regole predefinite.

Come può un ricercatore usare ciò che già conosce in una situazione che considera unica? […] Vedere questo luogo come quello non significa includere il primo in una categoria o in una regola consuete. Piuttosto, significa considerare la situazione non consueta, unica, allo stesso tempo simile e differente rispetto a quella consueta, senza essere fin dall‟inizio in grado di dire simile o differente rispetto a che cosa. La situazione funge da precedente, o da metafora […] E‟ la nostra capacità di “vedere come” e “agire come” che ci consente di avere una sensibilità per i problemi che non si adattano a regole esistenti372.

Secondo Schön lo strumento principale che il professionista utilizza nella conversazione con la realtà, per esplorarne le potenzialità e raggiungere i suoi scopi è la “metafora generativa”, il “vedere come”. Il docente nell‟affrontare l‟imprevisto cerca di individuare cosa c‟è di simile rispetto alle esperienze che ha affrontato in precedenza, dialoga con la situazione nuova e utilizza il suo repertorio di saperi e di pratiche. Individuando, così, analogie e differenze rispetto a situazioni “normali”, risolvibili cioè con strategie consuete, si apre alla “generazione” di soluzioni nuove.

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