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Le indagini sugli insegnanti nello studio di Cristina Lisimberti (1960-2010)

La ricerca sugli insegnanti dagli anni “Sessanta” ai giorni nostr

1.10 Le indagini sugli insegnanti nello studio di Cristina Lisimberti (1960-2010)

Nel 2012 Cristina Lisimberti conduce uno studio che ha l‟intento di recensire in maniera sistematica lo stato della ricerca sugli insegnanti in Italia, nel tentativo di comprenderne dinamiche e tendenze. La disamina condotta, che non ha la pretesa di essere esaustiva, prende in considerazione le indagini che hanno goduto di una seppur limitata circolazione nel territorio nazionale. I contributi risultati disponibili sono 179, un numero che consente di formulare riflessioni partendo da una base informativa piuttosto ampia e sufficientemente rappresentativa della ricerca sugli insegnanti in Italia. Sicuramente altre indagini sono state escluse da questa rassegna, ma molto probabilmente si tratta di studi svolti in contesti ristretti, non pubblicati o che hanno goduto di una circolazione piuttosto limitata. Cristina Lisimberti raccoglie e cataloga le indagini condotte con metodologie empiriche sugli insegnanti italiani che lavorano nelle scuole di ogni ordine e grado (scuola dell‟infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado) nei cinquant‟anni compresi tra il 1960, decennio in cui iniziano a diffondersi queste ricerche in Italia, ed il 2010, ultimo anno preso in considerazione.

Per reperire le indagini la ricercatrice prende in considerazione, in primo luogo, con procedura di ricerca a cascata, le note bibliografiche degli studi più noti sul tema, in prevalenza sociologici; procede, successivamente, con lo spoglio dei data base delle biblioteche italiane attraverso la consultazione dei cataloghi collettivi più noti. L‟interrogazione è avvenuta incrociando parole chiave come „indagine‟, „ricerca‟, „studio‟ oppure „professionalità‟ e „identità‟, con parole come „docente/i‟, „insegnante/i‟ e „scuola/e‟. Viene, infine, effettuato uno spoglio sistematico di alcune riviste che pubblicano o hanno pubblicato studi empirici/sperimentali sugli insegnanti.

Per analizzare i 179 contributi considerati, la Lisimberti procede con la recensione delle loro principali caratteristiche. Gli elementi presi in esame sono l‟anno di pubblicazione, il canale di diffusione (volume, articolo, contributo edito o inedito, diffuso esclusivamente sul web), il metodo o lo strumento di rilevazione impiegato, l‟ampiezza e tipologia di soggetti inseriti nel campione; l‟area geografica in cui si è svolta l‟indagine; le principali aree/temi indagati; l‟orientamento disciplinare prevalente (sociologico, psicologico, pedagogico, amministrativo – che include le indagini condotte o commissionate dall‟amministrazione scolastica per scopi interni).

Le prime indagini risalgono agli inizi degli anni Sessanta (Tab. 2) ove si collocano 8 contributi (4,5%); negli anni Settanta il numero aumenta in misura notevole (30, il 16,8%) sino a raggiungere i 47 (26,3%) negli anni Ottanta. Il calo registrato negli anni Novanta (36 titoli, 20,1%) è seguito da una rapida ripresa dal 2000. Nell‟ultimo decennio si concentra infatti il 30,1% dei contributi recensiti (54 titoli).

111 Lisimberti C., “La ricerca educativa in Italia. Il caso delle indagini sugli insegnanti (1960-2010)”, Paper, in Il futuro

della ricerca pedagogica e la sua valutazione, (Macerata, 2012-03-23), Armando, Roma 2012: 302-320

Tabella 2. Frequenze contributi di ricerca analizzati per anno di pubblicazione Anno di pubblicazione N % 1960-1969 8 4,5 1970-1979 30 16,8 1980-1989 47 26,3 1990-1999 36 20,1 2000-2009 54 30,1 2010 4 2,2 Totale 179 100,0

Per quanto riguarda gli strumenti di indagine (Tab. 3), nella maggior parte dei casi (110, il 61,4%) viene utilizzato un unico strumento; nel 23,5% (42) invece sono 2 e nell‟8,4% (15) dei contributi sono 3. Le ricerche che hanno fatto uso di 4 o più strumenti sono un numero marginale (9, il 5,0%). Gli strumenti (tab. 2) più utilizzati sono il questionario o il test (63,1%), seguiti dall‟intervista (12,1%); gli altri strumenti vengono impiegati più sporadicamente, molto probabilmente a causa dei tempi necessari per l‟elaborazione, la somministrazione e l‟ interpretazione dei dati. Per quanto riguarda il focus group, si rileva una diffusione crescente (6%) mentre l‟osservazione (3,9%), le metodiche narrative (3,5%) e lo studio di caso sulla scuola o su un particolare contesto sono poco comuni (2,1%). Tabella 3. Strumenti Strumenti N % Questionario/Test 178 63,1 Intervista 34 12,1 Focus group 17 6,0 Osservazione 11 3,9 Biografia/narrazione 10 3,5 Studio caso/contesto 6 2,1 Altro 23 8,2

Dato non disponibile 3 1,1

L‟analisi dei soggetti interpellati nelle indagini (Tab. 4) rivela che il campione è costituito nell‟80,5% (144) dei casi solo da insegnanti, nel 18,4% (33) sono presi in considerazione anche altri soggetti e in 2 casi (1,1%) gli insegnanti sono studiati in forma indiretta prendendo in esame solo l‟opinione di altre categorie. Come mostra chiaramente la tabella 3, la categoria più studiata è quella degli insegnanti di scuola elementare, inclusa in più della metà delle indagini (56,4%), seguita da quelli di scuola media (47,0%) e superiore (38,0%). Riguardo agli altri soggetti presi in esame, i più rappresentati sono gli studenti ed i genitori, inseriti rispettivamente nel 9,5% e nell‟8,4% dei campioni. Solo poche ricerche (4,5%) considerano esplicitamente direttori didattici e presidi.

Tabella 4. Tipologia di soggetti inclusi nel campione sul totale delle indagini (179)

Tipologia soggetti N %

Ins. Materna 34 19,0

Ins. Elementari 101 56,4

Ins. Medie 84 47,0

Ins. Superiori 68 38,0

Ins. in formazione iniziale 24 13,4

Insegnanti in genere 15 8,4

Alunni/Studenti 17 9,5

Genitori 15 8,4

Direttori/Presidi 8 4,5

Altro 8 4,5

Una particolare attenzione va data alla percentuale di indagini che riguardano gli insegnanti in formazione iniziale (13,4%). A questa categoria, infatti, si interessano diverse indagini, soprattutto nell‟ultimo decennio, in concomitanza con l‟avvio del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria (SFP) e della Scuola di Specializzazione all‟Insegnamento Secondario (SSIS); se si prendono in esame le indagini svolte tra il 2000 e il 2010, risulta infatti che quasi un terzo (18, il 31,0%) ha una connessione diretta con questi due percorsi formativi per quanto concerne la tematica indagata e/o per la composizione del campione.

Riguardo alla numerosità del campione, la situazione risulta eterogenea. In linea di massima, però, prevalgono le indagini condotte su realtà geografiche ristrette e con campioni di medie dimensioni. Per quanto attiene all‟area disciplinare che fa da sfondo alle ricerche (Tab. 5) si riscontra una distribuzione piuttosto equilibrata degli apporti delle diverse discipline, con una prevalenza della ricerca educativa dovuta ad una maggiore diffusione di questa area negli ultimi anni.

Tabella 5. Area disciplinare prevalente

Area N % Educativa 65 36,3 Psicologica 48 26,8 Psicologica/Educativa 3 1,7 Sociologica 46 25,7 Sociologica/Educativa 9 5,0 Amministrativa 6 3,4 Altro 2 1,1 Totale 179 100,0

Nella letteratura scientifica le indagini condotte in prospettiva sociologica hanno avuto sempre un certo rilievo; si pensi alle indagini nazionali condotte da alcune fondazioni e associazioni (Associazione Treelle, Fondazione Agnelli, Indagini IARD). La maggiore diffusione di tali lavori può essere ricondotta, in parte, ad un piano metodologico: i dati sono raccolti su campioni piuttosto ampi, con questionari strutturati autosomministrati e si tratta sempre di ricerche che hanno natura descrittiva e che hanno per oggetto tematiche talmente vaste e generali da garantire una maggiore riconoscibilità e diffusione. Di contro le indagini condotte in prospettiva psicologica impiegano soprattutto test, strumenti di osservazione che si rivolgono necessariamente ad un ristretto numero di soggetti. Le tematiche prese in considerazione sono più circoscritte e, spesso, molto specifiche, destinate, quindi, ad un target ristretto di ricercatori e specialisti. Per quanto riguarda la prospettiva educativa, questa paga con molta probabilità il prezzo di una debole identità della pedagogia come scienza. “È possibile individuare anche una mancanza di specificità metodologica dovuta all‟assenza di metodi e strumenti d‟indagine peculiari. Tali aspetti potrebbero concorrere a spiegare

lo scarso riconoscimento attribuito agli apporti della ricerca pedagogica e, di conseguenza, all‟impatto ridotto sul decision e policy making”112.

Per quanto riguarda l‟aspetto contenutistico, le indagini esplorano diverse tematiche, da quelle più generali riguardanti il profilo degli insegnanti, la formazione iniziale, a quelle più circoscritte come le trasformazioni dell‟identità professionale, l‟uso del portfolio come strumento per lo sviluppo di un atteggiamento riflessivo. Gli studi descrittivi a carattere generale sono molto diffusi nel periodo preso in considerazione a partire dalle prime ricerche di V. Cesareo e di Barbagli e Dei negli anni Sessanta, fino alle indagini IARD degli anni Novanta e del 2000. Si tratta di contributi fondamentali per la comprensione dell‟evoluzione della funzione docente nell‟arco del cinquantennio, ma costituiscono altresì “una sostanziale riproposizione delle questioni e delle aree indagate in prospettiva sociologica e, in parallelo, uno sviluppo limitato di piste di ricerca originali”113. La limitata attenzione rivolta alla letteratura internazionale ed a nuovi filoni di indagine, specifici ed originali, contribuisce a “rendere difficoltoso l‟affondo sulle varie questioni, che si mantengono spesso ad un livello di indagine generale ed esplorativo, il che frena di fatto lo sviluppo della ricerca”114.

Al di là della descrizione degli insegnanti e della loro condizione, numerose indagini affrontano in modo esclusivo o prevalente due aree tematiche ricorrenti; la prima riguarda l‟introduzione o l‟ipotesi di riforme circa le politiche scolastiche ( 48 delle indagini censite, il 26,8%, vi rivolge un‟attenzione specifica). L‟altra tematica, considerata soprattutto in prospettiva pedagogica, è la formazione su cui vertono ben 45 ricerche ( il 25,1%) e che ha conosciuto un particolare sviluppo nell‟ultimo decennio.

La ricerca pedagogica dovrebbe avere una funzione propositiva e orientativa per le politiche scolastiche fornendo elementi e dati informativi a decisori politici ed amministratori; in realtà, considerando i dati raccolti nelle 179 indagini svolte nell‟arco di cinquant‟anni, si ha quasi l‟impressione che la ricerca nel nostro Paese sembri inseguire il cambiamento piuttosto che anticiparlo o sostanziarlo.

Se prendiamo in considerazione le aree tematiche indagate, possiamo rilevare, in linea di massima, una sostanziale riproposizione delle aree di indagine discusse sin dagli anni Sessanta e una scarsa innovatività dovuta alla mancanza di collegamenti con la ricerca internazionale e alla difficoltà di individuare prospettive di ricerca inesplorate attraverso cui inaugurare nuovi filoni di studio.

E‟ utile tuttavia sottolineare che nell‟ultimo decennio si osserva una progressiva apertura a temi nuovi e più direttamente connessi con le caratteristiche dell‟insegnante; si pensi alle ricerche che approfondiscono il tema dell‟identità professionale o della riflessività. “ È indubbio tuttavia che tra

112 Ivi, p. 313 113 Ibidem 114 Ibidem

ricerca e stakeholders, policy e decision makers si debbano avviare nuove modalità di dialogo, collaborazione e confronto per consentire una maggiore sinergia tra due ambiti (quello della ricerca e quello del policy making) che paiono sovente distanti, incapaci di comunicare e di trarre benefici reciproci”.115

1.11 Sviluppo del filone psico-pedagogico nella ricerca sugli insegnanti in ambito

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