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Caratteristiche del lavoro educativo: la professionalità relazionale

Capitolo quarto La nuova identità docente

4.9 La dimensione relazionale

4.9.2 Caratteristiche del lavoro educativo: la professionalità relazionale

La scuola sta cambiando, ma il cambiamento riguarda, innanzitutto, chi la scuola la fa giorno per giorno, cioè gli insegnanti, e non è soltanto un fatto di strutture, di programmi e di norme. Perché si realizzi un‟innovazione davvero incisiva, è necessario affiancare al cambiamento organizzativo, un ripensamento del modo di gestire il processo educativo che consenta di comprendere quella che Blandino definisce “la fatica emotiva insita nella responsabilità gestionale”419.

L‟idea di fondo è che la qualità della scuola non dipenda esclusivamente dall‟efficienza organizzativa, dalla disponibilità di risorse economiche, dalla modernità degli strumenti didattici o delle materie insegnate, ma sia strettamente connessa con i modelli relazionali messi in atto dagli insegnanti, dai dirigenti e da tutti coloro i quali vi operano. Una scuola moderna deve essere caratterizzata da “un buon clima interno impostato al rispetto reciproco e al dialogo, all‟ascolto e ad una collaboratività che non esclude conflitti, ma ha la capacità di riconoscerli ed elaborarli per metterli al servizio dello sviluppo.” 420 Blandino ritiene che la qualità della scuola sia direttamente collegata alla “buona qualità dei rapporti interpersonali” e che questi ultimi siano possibili solo in presenza di “soggetti e gruppi emotivamente maturi, cioè capaci di essere in contatto con i propri sentimenti, capaci non solo di pensare razionalmente, ma anche di sentire”421.

Si tratta di sapersi porre in rapporto con gli altri con uno stato mentale adulto che si caratterizza per il rispetto dell‟interlocutore e per la tolleranza della frustrazione e del dissenso, con l‟intenzione di lavorare insieme per trovare soluzioni ai problemi e per dialogare, non certo nella prospettiva di stare insieme per difendersi o attaccare qualcosa o qualcuno.

Una delle peculiarità del lavoro degli insegnanti, come pure di quello del dirigente, è la gestione della dimensione relazionale; benché le relazioni vengano, in genere, vissute come elemento di fastidio o come qualcosa da tenere sotto controllo, in realtà rappresentano l‟ambito in cui si manifestano i problemi più difficili da gestire. Se si vuole migliorare la gestione della scuola, occorre agire sul piano relazionale; la corretta gestione delle relazioni è lo strumento per costruire e mantenere un buon clima organizzativo.

418

Cambi F., Le pedagogie del Novecento, Laterza. Roma-Bari, p. 192

419 Blandino G., Granieri B., Le risorse emotive nella scuola. Gestione e formazione nella scuola dell‟autonomia –

Raffaello Cortina Editore, 2002, p. 3

420

Ibidem

Nel lavoro dell‟insegnante entrano in gioco due fattori importanti: la dimensione prescrittiva e quella discrezionale. La prima rappresenta l‟aspetto normativo del lavoro, le regole, i vincoli, i limiti all‟interno dei quali muoversi ed è la parte del lavoro che non dipende dal docente, ma viene data e non può essere evitata. La seconda, invece, è la parte più libera, più creativa, riguarda l‟area dell‟autonomia e della decisionalità, la cui gestione dipende direttamente da noi e di cui diventiamo responsabili sia nel bene che nel male.

“La discrezionalità del lavoro aumenta con l‟aumentare del potere, della responsabilità e dell‟autonomia”422. Etimologicamente, l‟aggettivo discrezionale, deriva dal francese “discretionel” che a sua volta deriva dal termine tardo latino discretio- onis, dal verbo discernere e vuol dire distinguere, separare. La capacità discrezionale indica dunque saper operare dei distinguo; invece il termine decidere, deriva dal latino de-caedere, ossia, “tagliar via”, quindi implica scegliere un‟alternativa ma anche rinunciare alle altre. Il problema della decisione comporta ansia, perché non si può sapere se la scelta compiuta è giusta e poi perché implica sempre una separazione da qualcos‟altro. Ogni lavoro gestionale comporta sempre un travaglio interiore, una inevitabile incertezza. Un sociologo, Thompson, studioso delle organizzazioni, nel saggio L‟azione organizzativa423, dice: “l‟incertezza rappresenta il problema fondamentale delle organizzazioni complesse, e il far fronte all‟incertezza è l‟essenza del processo amministrativo”. Non si può gestire l‟autonomia nella scuola se non si è disposti ad imbattersi e ad affrontare l‟ansia che inevitabilmente l‟autonomia comporta. “In caso contrario i prezzi che si pagano sono il ripiegamento burocratico e il finto cambiamento”424.

Per queste ragioni, le capacità relazionali sono fondamentali nel processo educativo e gli insegnanti devono acquisire una “professionalità relazionale”.425 Il termine capacità, da un punto di vista etimologico, fa riferimento al concetto di “capace” che implica l‟idea del contenimento; parlare di capacità relazionali vuol dire parlare di contenimento, ovvero della capacità di comprendere, capire. Del resto, come ci ricorda lo stesso Blandino, “ancora etimologicamente, comprendere e capire significano un “prendere con”, ovvero sono funzioni che implicano un assumere. Il pensiero corre subito al problema dell‟assunzione delle responsabilità che è uno dei problemi, se non il problema principale di chi svolge funzioni gestionali o di comando”426.

Il termine relazione, poi, deriva dal latino relatio-onis, che, a sua volta, deriva dal verbo referre che significa “riportare indietro, volgere”, quindi in modo più ampio, ricondurre a sé; il termine allora

422 Ivi, p. 23 423

Thompson J. D., Organizations in Action, McGraw-Hill, New York 1967 (ed. It. L‟azione organizzativa, Isedi, Torino, 1988)

424 Blandino G., Granieri B., Le risorse emotive nella scuola. Gestione e formazione nella scuola dell‟autonomia, op.

cit., p. 25

425

Ibidem

comporta dunque “un movimento di andata e ritorno: mettersi in relazione vuol dire portare „altro a sé e poi anche rimandare all‟altro”427.

La relazione è un raccontarsi all‟ altro ed implica un rapporto. Il lavoro dell‟insegnante è dunque un lavoro ad alto tasso di relazionalità, un lavoro psicologico, parallelo a quello più strettamente professionale.

In definitiva, “La professionalità relazionale comporta la capacità di gestire l‟incontro con l‟altro in tutto il suo divenire e di gestire la fatica e la sofferenza emotiva che lo accompagnano. E‟ capacità di sentire, di essere presenti nella relazione, di saper entrare in contatto con l‟interlocutore, comprenderne le richieste, i bisogni e il punto di vista.”428

La capacità di relazione si configura, quindi non solo come capacità di trasmettere, quanto come disponibilità a ricevere e a dare spazio all‟interlocutore; tale capacità non dipende dall‟apprendimento di teorie, ma da uno sviluppo interiore, dall‟acquisizione della maturità emotiva e della consapevolezza del funzionamento dei propri pensieri inconsci. In ultima istanza, la capacità relazionale rappresenta:

“la capacità di gestire la complessità interpersonale e quindi di presidiare il clima del gruppo di lavoro, di attivare la comunicazione nelle varie direzioni, di negoziare i conflitti, di non manipolare le persone spacciando i propri interessi come interessi superiori dell‟organizzazione. […] la capacità relazionale tiene conto non solo dei compiti ma anche delle persone che invece normalmente vengono ridotte a “risorse”, come se fossero cose!”.429

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