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La collaborazione fra collegh

Capitolo quarto La nuova identità docente

4.10 La collaborazione fra collegh

Affinché nella scuola si possano conseguire degli obiettivi e si possa operare in un clima di benessere che consenta di far crescere tutti professionalmente, è indispensabile mantenere buoni rapporti professionali. Le grandi organizzazioni moderne possono sopravvivere solo se sono in grado di creare e promuovere climi di collaborazione. Come sostiene Kets de Vries430, in un libro dal titolo significativo L‟organizzazione irrazionale, “le organizzazioni che sanno usare bene i gruppi di lavoro possono ottenere performance straordinarie dai dipendenti”431.La collaborazione tra colleghi va perseguita, dunque, non per motivi moralistici, quanto per motivi pragmatici, essendo uno strumento fondamentale per il buon funzionamento istituzionale. La sua mancanza

427 Ibidem 428 Ibidem 429 Ivi, p. 28 430

Kets de Vries M., L‟organizzazione irrazionale. La dimensione nascosta dei comportamenti organizzativi. Raffaello Cortina Editore, 1998, Milano.

danneggia il clima organizzativo e le relazioni tra persone ed abbassa la qualità del lavoro, impedendo molte volte il pieno raggiungimento degli obiettivi.

La capacità di collaborare, anche nella scuola, diventa una necessità vitale per lo svolgimento del lavoro educativo che non si esaurisce nella gestione diretta del gruppo classe e del singolo allievo, ma prevede un lavoro a monte di coordinamento tra colleghi. Un buon insegnante è tale se ha alle spalle un buon gruppo di colleghi; un buon lavoro pedagogico deve essere gestito ed erogato in modo integrato.

A questo punto viene spontaneo chiedersi cosa si può fare per migliorare le relazioni professionali. Sicuramente c‟è bisogno di una leadership che sia all‟altezza della situazione: il leader di un gruppo è il primo responsabile della promozione di buone relazioni. Chi svolge una funzione di guida deve giocare il suo ruolo su tre aree:

- La prima è quella del compito o dell‟obiettivo; chi gestisce una unità organizzativa o un gruppo di lavoro è tenuto a perseguire dei risultati in termini di prodotti o servizi.

- La seconda area è quella relazionale; chi gestisce deve presidiare le interazioni all‟interno di un gruppo.

- Nell‟ambito di questa area relazionale, chi gestisce un gruppo o un‟unità organizzativa, si trova a dover interagire con singole persone, diverse le une dalle altre, dotate di capacità, sentimenti, affetti ed esperienze differenti.

E‟ possibile fare, forse in maniera azzardata, un parallelo tra il capo d‟istituto ed il docente. Entrambi sono tenuti, secondo livelli e responsabilità differenti, alla gestione di un gruppo; un buon capo d‟istituto non è quello che ottiene solo risultati, ma è quello che presidia il clima scolastico e le risorse individuali, perché la loro noncuranza danneggerebbe a lungo andare l‟organizzazione; ma anche un buon insegnante che ha come obiettivo principale quello di trasmettere cultura e promuovere lo sviluppo di competenze, deve essere in grado di gestire il gruppo classe ed il rapporto con ogni singolo allievo.

“E‟ un cattivo insegnante colui che sa tutto della letteratura italiana o dell‟insiemistica o della chimica e non capisce niente, o si disinteressa, di ciò che succede nella sua classe, perché non è minimamente in contatto con ciò che accade nell‟interazione manifesta e inconscia del gruppo, non avendo nessuna attenzione e sensibilità per i bisogni, le capacità e le potenzialità dei singoli allievi. Così come è un cattivo dirigente colui che si occupa solo delle circolari e delle procedure, tutto attento alla burocrazia scolastica e completamente privo di sensibilità e attenzione per le dinamiche interne della sua unità organizzativa e per i bisogni e le potenzialità del personale docente e non docente”.432

La cooperazione tra colleghi mette in gioco fattori esterni di tipo socio-organizzativo e fattori interni di tipo psicologico e relazionale. Per promuovere la collaborazione è necessario dunque individuare e lavorare sui fattori che la facilitano e su quelli che la ostacolano.

4.10. 1 Fattori che ostacolano la collaborazione

Tra i fattori esterni, di tipo ambientale-organizzativo, in grado di ostacolare la collaborazione tra docenti e tra docenti e dirigenti, troviamo:

1. Le incongruenze organizzative: quando si promette, con parole, collaborazione ed autonomia, ma si vuole ottenere , nei fatti, solo ubbidienza e conformismo.

2. L‟intolleranza della diversità: nel modo di pensare, di lavorare, di essere. 3. L‟eccessiva scarsità di mezzi e risorse.

4. Le interazioni forzate.

5. L‟eccessiva tensione. Benché la tensione in un gruppo sia inevitabile, i conflitti vanno riconosciuti ed affrontati apertamente.

6. Assenza di reciproca fiducia; per rivalità nascoste, invidie represse o problemi di potere. 7. Accaparramento di funzioni di controllo o di potere: il mancato coinvolgimento di tutti nelle

decisioni indebolisce il livello di coesione o di partecipazione.

8. Pressioni al conformismo: quando si impedisce di esprimere pareri contrari perché visti come attacchi al lavoro. Tutti devono pensare come chi comanda e chi non è d‟accordo viene visto come un nemico. E‟ un atteggiamento tipico del leader paranoide che ottiene facili consensi facendo leva sul suo autoritarismo, sulla dipendenza acritica dal capo e sulla manipolazione delle persone e della verità.

Accanto a questi ostacoli di natura socio-organizzativa, vi sono poi fattori, ancora più problematici, di ordine interno; Meltzer ed Harris433, due psicoanalisti inglesi, parlano di forze distruttive della mente, presenti in ognuno di noi che giocano un ruolo importante nella vita quotidiana e nelle relazioni di lavoro. Queste forze distruttive definite anche “funzioni emotive negative” possono essere identificate nelle seguenti quattro funzioni:

- Suscitare odio. Vuol dire attaccare tutto ciò che unisce, fare leva su sentimenti di frustrazione, creando gruppi di lavoro intenzionati ad attaccare altri gruppi; si creano dei

433 Meltzer D. - Harris M. (1983), Child, Family and Community: a psyco-analytical model of the learning process,

Organisation for Economic Co-operation and Development, Paris (tr. it. Il ruolo educativo della famiglia, Centro scientifico Torinese, Torino, 1986)

leader informali che fomentano l‟odio e giocano sul piano della minaccia: chi non è con me è contro di me e va combattuto.

- Seminare disperazione. Si sviluppa un clima di lavoro avvelenato che porta ad un comportamento stereotipato e sterile. Il lavoro si concentra su aspetti secondari e burocratici, diventa rituale ed induce i membri alla demotivazione.

- Trasmettere ansia persecutoria. Quando qualcuno, all‟interno del gruppo, già particolarmente predisposto all‟ansia persecutoria che lo porta a sentirsi continuamente minacciato, trasmette l‟angoscia agli altri, agitando spettri o ventilando pericoli vari, come un peggioramento delle condizioni di lavoro o della situazione economica.

- Creare confusione. Quando qualche bugiardo all‟interno del gruppo semina confusione, attraverso la menzogna o la diffusione di notizie e informazioni false o manipolate. Le bugie creano sfiducia, diffidenza e insicurezza e nella confusione non si capisce più chi ha torto e chi ha ragione.

A monte di questi quattro fattori, in realtà, vi è l‟invidia, un sentimento che coinvolge due persone e consiste in un senso di rabbia perché l‟altro possiede quelle qualità che noi desideriamo. Alla base di questo sentimento vi è appunto l‟istinto di rubare o danneggiare quelle qualità. La presenza dell‟invidia, in un gruppo, impedisce ogni iniziativa innovativa, frustra ogni istinto creativo e spegne ogni entusiasmo o motivazione. A scuola, l‟azione dell‟invidia emerge quando vengono sabotate le iniziative che qualcuno prende o propone e quando si persegue, in nome di una fantomatica uguaglianza, un appiattimento che mira soltanto a soddisfare quel senso di invidia che avvelena il clima scolastico.

4.10.2 Fattori che favoriscono la collaborazione

Tra i fattori che favoriscono le buone relazioni di lavoro, possiamo elencare:

1. La definizione di obiettivi di lavoro chiari e condivisi. Se gli obiettivi non sono chiari, il livello di motivazione e di impegno cala bruscamente.

2. La predisposizione di risorse adeguate ai compiti da svolgere. Non si possono fare grandi progetti se non si hanno le risorse sufficienti per attuarli.

3. Una pianificazione del lavoro concordata, a fronte di compiti, ritmi, scadenze imposte dall‟alto senza possibilità di discussione.

4. Una selezione dei membri dei vari gruppi di lavoro coerente con le capacità, le motivazioni e le predisposizioni individuali. Affinché vi sia una buona collaborazione, è necessario che ognuno faccia ciò che è in grado di fare e ciò che desidera fare.

5. L‟accettazione di opinioni diverse che possono rappresentare più una ricchezza che un limite.

6. La condivisione di una cultura di gruppo e dei rispettivi valori. Perché vi sia una vera collaborazione tra i membri di un gruppo di lavoro, occorre chiarire i valori di riferimento di base.

7. La fiducia reciproca. Creare fiducia all‟interno di un‟organizzazione vuol dire assicurare collaborazione. Come osserva Kets de Vries, la fiducia reciproca semplifica la vita di un‟organizzazione ma è anche “un antidoto alla proliferazione di regole e regolamenti”434. 8. L‟orientamento alla creatività e alla risoluzione dei problemi, attraverso una comunicazione

franca e aperta. Questo vuol dire non aver paura di esprimere le proprie emozioni o le proprie difficoltà interne, perché la loro esternazione può aiutare a sciogliere situazioni conflittuali.

Per quanto riguarda i fattori emotivi che favoriscono le buone relazioni nei gruppi di lavoro, Meltzer ed Harris distinguono quattro funzioni mentali positive, simmetricamente opposte a quelle negative:

- Generare amore. Il leader aiuta i membri del gruppo a tollerare il fatto che sono bisognosi, concedendo loro spazio di dialogo e tempo per maturare.

- Infondere speranza. Quando prevalgono forze positive a livello personale e di gruppo. Il leader deve aiutare a tenere vivo l‟ottimismo e la speranza anche nei momenti critici

- Contenere la sofferenza depressiva. E‟ necessario che vengano contenute la sofferenza e la frustrazione affinché il gruppo non si frammenti dando vita a forme di egoistico individualismo.

- Pensare. Intendendo con ciò la capacità di essere in contatto con i propri sentimenti al fine di contribuire a costruire relazioni sane ed autentiche.

Per implementare questi fattori che favoriscono la collaborazione, è necessario essere pienamente consapevoli del proprio modo di entrare in relazione con gli altri, di come funziona la propria mente nel momento in cui si coopera con gli altri:

“L‟insegnante che lavora con lo studente e i colleghi, così come il dirigente scolastico, dovrebbe sempre domandarsi, prima di ogni cosa, come si pone, cosa sente, come si sente, mentre interagisce con loro. Domandarsi cioè non solo che cosa fa, ma come lo fa”435.

434 Kets de Vries M., L‟organizzazione irrazionale. La dimensione nascosta dei comportamenti organizzativi. Raffaello

Cortina Editore, Milano, 2001, p. 164.

435

Blandino G., Granieri B., Le risorse emotive nella scuola. Gestione e formazione nella scuola dell‟autonomia – Raffaello Cortina Editore, Milano, 2002, p. 76.

Lo sviluppo delle capacità relazionali degli insegnanti è conseguente alla loro maturità emotiva la quale si concretizza sostanzialmente in quei comportamenti che favoriscono le buone relazioni:

“Attenzione per gli altri e capacità di osservazione della realtà esterna a noi e interna a noi. Ascolto degli altri e ascolto di noi stessi e dei nostri sentimenti nelle relazioni con gli altri. Capacità di essere in contatto con i sentimenti e quindi tolleranza dei sentimenti difficili quali la paura, la depressione e la confusione. Disponibilità, infine, a riflettere insieme agli altri sulle proprie esperienze professionali che significa anche accettazione delle critiche”436.

La gestione della scuola non è solo una questione operativa, burocratica e normativa, ma è frutto di un‟attitudine emotiva in cui giocano un ruolo fondamentale aspetti quali la motivazione ma anche le paure irrazionali e inconsce di chi vi lavora. E dal momento che “la scuola è vista come un‟organizzazione dinamica chiamata a produrre apprendimento e formazione attraverso la progettazione collettiva e mirata dei bisogni formativi specifici di un determinato territorio, la libertà di insegnamento non può più essere invocata per allontanare il dubbio e il confronto con gli altri”437.

L‟efficacia e l‟efficienza devono fondarsi sulla capacità da parte del personale docente e non docente di interagire con i colleghi, con gli utenti e con tutti i professionisti che operano in un determinato territorio, al fine di offrire risposte flessibili a tutti gli stakeholders.438

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