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Il fenomeno del burnout: aspetti teoric

Dalle cause dello stress e del burnout al benessere organizzativo

2.5 Il fenomeno del burnout: aspetti teoric

Il termine inglese “burnout” può ricordare qualcosa che sta bruciando (burn) fuori (out), qualcosa di interiore che esplode all‟esterno e si manifesta. Verso la fine degli anni ‟30 l‟espressione viene adoperata per designare il fenomeno per il quale un atleta, apparentemente molto dotato, dopo alcuni successi non riesce a dare più nulla sul piano agonistico. Nel 1974, lo psicanalista statunitense Herbert J. Freudenberger, in un articolo sulla rivista Journal of Social Issues,158 utilizza il termine burnout per descrivere l‟esaurimento fisico ed emotivo sperimentato dagli operatori di una struttura psichiatrica. Egli dà una prima descrizione dei segni e dei sintomi specifici che ritiene compaiano dopo il primo anno di lavoro, osservando che vi è una maggior incidenza negli operatori più motivati e che noia e routine influiscono sulla sua insorgenza. Il burnout viene definito come uno “stato di frustrazione nato dalla devozione ad una causa, da uno stile di vita, da una relazione che ha mancato di produrre la ricompensa attesa”. Ben presto questo termine cominciò ad imporsi sempre più e svariati furono i modelli teorici elaborati nel corso degli anni successivi (Cherniss, Maslach, Pines e Aronson, e, in Italia, Del Rio, Contessa, Sirigatti, Stefanile, ecc.).

Dopo una diffusione di letteratura prevalentemente descrittiva sull‟argomento, spesso basata su storie di vita, iniziò a partire dagli anni Ottanta una fase di concettualizzazione e di ricerca empirica

156 Farber B. A. (a cura di), 1983. Stress and Burnout in the Human Service Professions, Pergamon Press, New York. 157

Ivi.

soprattutto grazie all‟introduzione del Maslach Burnout Inventory, un questionario agile ed efficace per misurare il grado di burnout159.

La sindrome del burnout, può essere descritta in generale come un tipo di risposta allo stress che conduce ad una sensazione di esaurimento e si esplicita con atteggiamenti di nervosismo, apatia e indifferenza nei confronti del proprio lavoro. Pur essendoci definizioni diverse, gli studiosi concordano nel considerarla non un evento, ma un processo che si sviluppa diversamente a seconda delle peculiarità soggettive e del contesto sociale.

Fin dagli inizi emergono due aree di ricerca: una legata alla dimensione “clinica” che pone enfasi maggiormente sulle dinamiche individuali (Freudenberger, Edelwich e Brodsky); una seconda che si focalizza, invece, su paradigmi psico-sociali e pone maggiore interesse sulla necessità di studi empirici. Quest‟ultima si rifà ad autori come Christine Maslach e Cary Cherniss che si soffermano in particolar modo sul ruolo degli elementi organizzativi del lavoro come causa della depersonalizzazione nella relazione con l‟utente e dell‟esaurimento dell‟operatore.

a) Il modello di Edelwich e Brodsky

Il modello di Edelwich e Brodsky160 considera gli aspetti soggettivi ed i vissuti che generalmente accompagnano l‟evoluzione della sindrome; in questo modello prevale l‟aspetto della disillusione che sopraggiunge dopo anni di investimenti in vista di aspettative ed obiettivi spesso idealizzati ed utopistici.

Edelwich e Brodsky identificano quattro stadi di burnout:

- Entusiasmo - Stagnazione - Frustrazione - Apatia

Nella fase dell‟Entusiasmo idealistico è presente la voglia di fare qualcosa per migliorare il mondo; le aspettative risultano molto elevate e caratterizzate da un senso di onnipotenza e di grandiosità. Alla grandiosità corrisponde, tuttavia, una svalutazione di numerosi aspetti realistici, come i limiti personali che si possono avere, le capacità concrete di cambiamento, la necessità di lunghi periodi di tempo per ottenere risultati tangibili.

Nella fase della Stagnazione l‟operatore continua a lavorare, ma si accorge che il lavoro non soddisfa del tutto i suoi bisogni. L‟individuo ha la sensazione di aver dato, in termini di impegno, di

159 Maslach C. e Jackson S. (1981), Maslach Burnout Inventory Manual, Palo Alto, Consulting, Psychologist Press

(trad. It. The Maslach Burnout Inventory – Adattamento e taratura per l‟Italia a cura di Sirigatti e Stefanile, O. S., Firenze, 1993).

160 Edelwich J., Brodsky A. (1980). Burn-out: Stages of Disillusionments in the Helping Professions, Human Science

risorse, di tempo e di investimento personale, molto più di quanto è riuscito a ricevere in cambio. Cominciano ad affiorare i rimpianti per il disinvestimento nella vita privata e la delusione tende ad acuirsi dinanzi alla consapevolezza del basso salario che si percepisce o nel confronto con i salari di alcuni colleghi. L‟individuo rischia così di passare da una situazione di investimento ad una di disinvestimento totale.

Nella fase della Frustrazione l‟operatore comincia a pensare di non servire a nulla e che il suo lavoro non serva più. Sorge un senso di impotenza personale e la percezione di una mancanza di corrispondenza del servizio ai bisogni reali dell‟utenza. Il senso di impotenza nasce dalla caduta dell‟onnipotenza e dalla constatazione dell‟inutilità del proprio intervento. Comincia a farsi strada una sensazione di esaurimento emotivo, di stanchezza, di irritabilità.

Nella fase dell‟Apatia compare un progressivo disimpegno emozionale, conseguente ad una situazione di frustrazione. L‟atteggiamento diviene rassegnato, pessimista e infelice e le aspettative si abbassano, così come l‟impegno. All‟empatia subentrano la noia, la nausea e l‟apatia che si configurano come una difesa dalla frustrazione; scompare il desiderio di aiutare gli altri e si fa strada il desiderio di fuga.

b) Il modello di Cary Cherniss

Cherniss riprendendo il modello dello stress di Selye, definisce il burnout come un “processo transazionale”, caratterizzato da tre fasi:161

- Lo stress lavorativo, ossia uno squilibrio tra le richieste e le risorse disponibili;

- la tensione o strain, che è la risposta emotiva immediata e di breve durata allo squilibrio, con sensazioni di ansietà, nervosismo, affaticamento ed esaurimento;

- la conclusione difensiva (coping), ovvero l‟accomodamento psicologico, caratterizzato da una serie di cambiamenti nell‟atteggiamento e nel comportamento (rigidità, cinismo, ritiro, distacco emotivo dall‟utenza)

Il burnout viene visto come una strategia di adattamento che ha ripercussioni negative sia sulla persona che sull‟organizzazione; si tratta di una modalità errata di adattamento allo stress lavorativo, messa in atto da operatori che non dispongono delle risorse appropriate per fronteggiarlo; è una sorta di “ritirata psicologica” dal lavoro, in risposta ad una eccessiva condizione di stress, per cui ciò che un tempo era sentito come “vocazione” diventa soltanto un lavoro. L‟incapacità di fronteggiare lo stress è determinata sia da elementi personali che da variabili riguardanti il lavoro in sé e la sua organizzazione. Le caratteristiche della situazione lavorativa in cui, secondo Cherniss, vanno ricercate le origini della sindrome sono: una struttura organizzativa

caratterizzata da una rigida normatività formale e da una struttura di ruolo contraddistinta da conflitto e ambiguità.

Le possibili manifestazioni del burnout secondo Cherniss162 possono essere divise in quattro tipologie:

- Sintomi fisici: fatica e senso di stanchezza, frequenti mal di testa e disturbi gastrointestinali, raffreddori e influenze, cambiamenti delle abitudini alimentari, insonnia e uso di farmaci. - Sintomi psicologici: senso di colpa, sensazioni di fallimento ed immobilismo, alterazioni

dell‟umore, irritabilità, scarsa fiducia in sé, scarse empatia e capacità d‟ascolto.

- Reazioni comportamentali: alta resistenza ad andare al lavoro, assenteismo e ritardi, tendenza ad evitare o rimandare i contatti con gli utenti, ricorso a procedure standardizzate. - Cambiamenti di atteggiamento con gli utenti: chiusura difensiva ai contatti, cinismo, perdita

di disponibilità all‟ascolto, distacco emotivo, indifferenza, colpevolizzazione; utilizzo di misure di controllo del comportamento come l‟uso di tranquillanti; atteggiamenti sospettosi o paranoidi.

Questi sintomi si configurano, secondo la definizione di Cherniss, come la «risposta data ad una situazione di lavoro sentita come intollerabile»163. Il burnout è la reazione ad uno stato di tensione e di insoddisfazione che inizia a svilupparsi quando il soggetto crede che lo stress che sta provando non possa essere alleviato con una soluzione attiva dei problemi da fronteggiare; il risultato di questa convinzione è il tentativo di fuggire psicologicamente dalla situazione e di allontanare ulteriori tensioni e disagi attraverso atteggiamenti di distacco e comportamenti di evitamento.

c) Il modello di Christina Maslach

Christina Maslach, docente di psicologia all‟università di Berkeley, in California, già in un contributo del 1976, parla di burnout come di una «forma di stress interpersonale che comporta il distacco dall‟utente»164 causato dalla continua tensione emotiva derivante dal contatto con persone che portano una richiesta di aiuto.

Nel 1982 scrive un testo, Burnout: the cost of caring165(“La sindrome del burnout. Il prezzo dell‟aiuto agli altri”), in cui descrive il burnout come una risposta emotiva ad uno stress cronico; un fenomeno che è caratterizzato da tre dimensioni tra loro relativamente indipendenti:

L‟esaurimento fisico ed emotivo (emozional exhaustion and fatigue), cioè la sensazione di sentirsi emotivamente inariditi dal rapporto con gli altri in conseguenza del fatto che si percepiscono le

162 Cherniss C. (1980) Staff Burnout: Job Stress in the Human Services, trad. It. La sindrome del burnout: lo stress

lavorativo degli operatori sociosanitari, Centro Scientifico Torinese, Torino.

163 Ivi, p. 18.

164 Maslach C., (1976) Burned out, Human Behaviour, Vol. 9, pp. 16-22.

165 Maslach C., Burnout: the cost of caring, Collegeville, Pa., Pa. (trad. It. “La sindrome del burnout. Il prezzo

richieste come eccessive rispetto alle risorse disponibili. L‟operatore si sente svuotato delle risorse emotive e personali ed avverte l‟impressione di non avere più nulla da offrire a livello psicologico. L‟esaurimento emotivo è, quindi, la sensazione di aver oltrepassato i propri limiti sia fisici che emotivi, sentendosi incapaci di recuperare e ormai privi dell‟energia per affrontare nuovi progetti o persone.

La depersonalizzazione (depersonalization and cynical attitude) è la risposta negativa nei confronti delle persone che ricevono la prestazione professionale. Le richieste degli utenti diventano più gestibili se questi ultimi vengono considerati oggetti impersonali. In questa condizione l‟operatore cerca di evitare il coinvolgimento emotivo con un atteggiamento burocratico e distaccato, e con comportamenti di rifiuto o di indifferenza verso gli altri. Questi atteggiamenti negativi di distacco, cinismo, freddezza e ostilità costituiscono il tentativo di proteggere se stessi dall‟esaurimento e dalla delusione, riducendo al minimo il proprio coinvolgimento nel lavoro.

La ridotta realizzazione personale ( lack of personal accomplishment), cioè la sensazione che nel lavoro a contatto con gli altri la propria competenza e il proprio desiderio di successo stiano venendo meno. L‟operatore si percepisce come inadeguato e incompetente sul lavoro e perde la fiducia nelle proprie capacità di realizzare qualcosa di valido. La motivazione al successo cala drasticamente, l‟autostima diminuisce e possono emergere sintomi di depressione. Una situazione lavorativa caratterizzata da richieste opprimenti che contribuiscono all‟esaurimento e al “cinismo” andrà probabilmente ad erodere il senso di efficacia dell‟individuo.

Le tre dimensioni sono valutabili con il “Maslach Burnout Inventory”, un questionario di 22 items sviluppato da Maslach e Jackson nel 1981. Il questionario era in principio rivolto alle professioni di aiuto ma, in risposta all‟interesse per il burnout da parte degli insegnanti, fu in seguito prodotta una versione per le professioni educative. Raffrontando il modello con gli studi precedenti sull‟argomento, Maslach rilevò che la depersonalizzazione appare come la dimensione distintiva del burnout e forse la meno analizzata nelle ricerche sullo stress. Pertanto, una delle conclusioni a cui giunse è che ciò che rende il burnout una sindrome specifica, e distinta dallo stress, non sono tanto le sue cause e le reazioni di tensione o insoddisfazione, quanto piuttosto i sintomi legati ai rapporti interpersonali che si creano nelle relazioni di aiuto, come il distacco dagli utenti o l‟indifferenza.

Successivamente, Folgheraiter166 introduce un quarto elemento descritto come perdita della capacità del controllo, vale a dire smarrimento di quel senso critico che consente di attribuire all‟esperienza lavorativa la giusta dimensione. La professione finisce per assumere un‟importanza smisurata nell‟ambito della vita di relazione e l‟individuo non riesce a “staccare” mentalmente, tendendo a lasciarsi andare anche a reazioni emotive, impulsive e violente.

166 Folgheraiter F., “Introduzione all‟edizione italiana”. In G. Bernstein e J. Halaszyn, Io, operatore sociale: Come

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