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Cesare in Britannia

Nel documento Maritima : Roma sul mare (pagine 184-192)

CESARE CONTRO POMPEO

9.2. Cesare in Britannia

Un anno dopo la guerra Venetica, Cesare ebbe il tempo di occuparsi anche dei Britanni, che avevano, fra l’altro, inviato delle forze ausiliarie alla coalizione “armoricana” in occasione del predetto conflitto.

Si era poco oltre la metà di settembre 55 a.C., secondo il calendario ufficialeTP

745

PT:

“La flotta romana, avendo costeggiato, allora per la prima volta, le spiagge di quell’ultimo mare, ha confermato che la Britannia è un’isola e, nel tempo stesso, ha scoperto e soggiogato altre isole, fino a quel tempo sconosciute, che chiamano OrcadiTP

2

PT perché l’ordine era di arrivare fin là e la stagione

avversa era imminenteTP

746

PT”.

“l’isola è di forma triangolare con un lato prospiciente la Gallia. Uno degli angoli di questo lato, che volge verso il CanzioTP

747

PT, dove approdano quasi tutte le navi provenienti dalla Gallia, è esposto ad

oriente, l’altro volge a sud. Questo lato è lungo circa cinquecento migliaTP

748

PT. L’altro lato volge verso la

Spagna ed è esposto ad occidente. Da questa parte si trova l’IberiaTP

749

PT, un’isola, a quanto si stima, più

piccola della Britannia di circa la metà, ad una distanza pari a quella che separa la Britannia dalla Gallia. A metà strada tra le due si trova un’isola chiamata MonaTP

750

PT; inoltre si ritiene che vicino alla

costa vi siano parecchie altre isole più piccoleTP

751

PT. […] Questo lato dell’isola misura settecento

migliaTP

752

PT. Il terzo lato è esposto a settentrione e non ha nessuna terra di fronte; un angolo di questo

TP

745

PT in quell’anno, tuttavia, tale calendario era sfasato, rispetto alle stagioni, di circa un mese e dieci giorni in

avanti (l’errore verrà parzialmente corretto nel 54 a.C., con una “intercalazione”, e definitivamente corretto nel 45 a.C. da Giulio Cesare, con l’introduzione del calendario giuliano): secondo il calendario astronomico, pertanto, si era ancora nella prima decade di agosto.

TP

2

PT Note ai Romani indirettamente; vi accennano Pomponio Mela (III, 6) e Plinio il Vecchio (N. H., IV, 16, 30).

Anche Tule fui intravista (Da identificarsi, probabilmente, con una delle Shetland, forse con Mainland o con Unst. Il primo a menzionare la misteriosa isola di Tule fu Pitea , cfr. Plinio il Vecchio, N. H., II, 186, che la collocò a sei giorni di navigazione dalla Britannia. Secondo Virgilio, Georg., I, 30 e Seneca, Medea, v. 379, Thule era l’ultima terra verso settentrione. Il Medio Evo la identificò con l’Islanda o con la Scandinavia

TP

746

PT Tac., Agr., X. TP

1

PT L’attuale contea del Kent, la regione che Cesare conoscerà meglio: essa era, infatti, il punto immediatamente

più facile da raggiungere sull’isola.

TP

2

PT Circa 740 km. TP

3

PT Si tratta dell’isola d’Irlanda. TP

4

PT Ovvero l’isola di Mann. TP 5 PT Le Orcadi e le Shetland. TP 6 PT Circa 1025 km.

lato, però, tutto sommato, è rivolto verso la Germania. Si ritiene che la sua lunghezza sia di ottocento miglia.TP

753

PT Ne risulta che tutta l’isola, nel suo complesso, ha un perimetroTP

754

PT di duemila miglia”.TP

755

PT

La cosa sorprendente di questo passo non è soltanto la minuzia periploica con cui Cesare informa il lettore a proposito della misura della costa bretone, (che Tacito al contrario non dà) quanto la consapevolezza che si trattasse di un’isola. Cesare infatti fu il primo romano a mettere piede, e per di più con un esercito, in quelle terre sconosciute dopo aver sfidato l’Oceano: igitur primus omnium romanorum divus Iulius cum exsercitu Britanniam ingressus,

quamquam prospera pugna terruerit incolas litore potitus sit, potest videri ostendisse posteris.TP

756

PT Prima di lui, infatti, solo le esplorazioni focesi si erano fin laggiùTP

11

PT.

Il minuzioso e preciso riferimento alle distanze ed alla misura della costa, indica non solo come la prima spedizione-ricognizione del 55 fosse stata condotta, da Voluseno, prima di Cesare, in maniera scrupolosa, quanto che, tale scrupolo, nascesse da un chiaro disegno di conquista, quanto meno rivolto sulla fascia costiera britannica.

Condotte rapidamente, ed in due direzioni opposte, ovvero oltre la Manica sulla costa del Kent contro i Britanni, e oltre Reno contro i Germani, le azioni di Cesare nella stagione militare nel 55 a.C. creano non pochi problemiTP

757

PT.

Sebbene non sia da escludere un carattere dimostrativo a questa spedizione, né tanto meno uno politico, Cesare è comunque un generale il quale sapeva che la difesa di una Gallia, in procinto di assoggettamento, implicava di conseguenza, anche per giustificarne la conquista, la difesa delle sue frontiere marittime e rivierascheTP

2

PT.

Il piano di Cesare era, dunque, agire verso ovest come, tuttavia, lo prova il territorio scelto per i quartieri invernali ovvero quello di Aulerci e Lessovi (III, 28). Nel 56, infatti, la guerra contro i Veneti non aveva permesso di completare tutti gli obiettivi; ovvero far coincidere la frontiera dell’imperium con tutta la costa oceanica della Gallia, stabilendo così un controllo romano su tutto il commercio con la Gran Bretagna. Ma la distruzione della flotta dei Veneti, voluta da Cesare assieme all’eccidio del loro senato, aveva lasciato al vincitore qualche porto vuoto, senza grandi navi da trasporto, e senza marinai o timonieri a parte quelli degli alleati Pittoni e SantoniTP

3

PT. A queste prime difficoltà, inoltre, si aggiungeva l’ampiezza dell’isola e

l’estrema rocciosità delle sue coste che sembrava non offrissero punti di approdo. Tuttavia, nonostante questo, alla fine dell’estate del 56, era apparsa la necessità di oltrepassare la Manica e di trovare una via marittima più corta. Ecco il motivo della spedizione contro Morini e Menapi. TP 7 PT Circa 1185 km. TP 754

PTCirca 2950 km, tutte le misure fornite da Cesare sono sostanzialmente esatte. TP

755

PTD.B.G., V, 13. TP

756

PTTacito, Agricola, XIII, 2. TP

11

PT All’incirca tra il 340-330 a.C., il marsigliese Pitea, spinto probabilmente dal proposito di raggiungere le

regioni, già cercate dai fenici, da cui provenivano soprattutto per vie terrestri al bacino del Mediterraneo lo stagno e l’ambra, oltrepassò le colonne d’Ercole fino a circumnavigare la stessa Britannia descrivendone gli abitanti ed il clima.

TP

757

PT J. Carcopino (Giulio Cesare, cit., p. 185) vede in esse delle “performance” per impressionare i Galli e

renderli più domi; piano che tuttavia non riuscì visto che si sollevarono da lì a poco sotto il comando di Vercingetorige. Secondo Jullian (Histoire de la Gaule, cit., III, pp. 750 -751), questa folle impresa fu animata dalla passione per la rivalità contro Crasso e Pompeo, su chi fosse degno del nome di Alessandro e, quindi, per cupidigia. Ma ciò non spiegherebbe il perché della successiva spedizione in Germania. Il passaggio in Gran Bretagna o meglio la prima spedizione sull’isola con forze sicuramente non irresistibili, e le motivazioni di questo, sembra che vadano ricercate non solo nella strategia militare ma anche nelle vie parlamentari a Roma. Secondo C.E. Stevens, l’Imperator volle, nella spedizione bretone del 55, guadagnarsi suffragi e ottenere di conseguenza la ratificazione del progetto di legge che Pompeo e Crasso, conformemente agli accordi di Lucca avevano proposto al fine di allungare per altri cinque anni il proconsolato di Cesare in Gallia (55 b.C.and 54

b.C., London 1947, p. 39: la legge di cui si di cui si parla è la famosa Lex Licinia Pompea). TP

2

PT P. TREVES, Cesare in Britannia, Roma 1969, p. 12. TP

3

Lo scopo non poteva essere allora né soltanto militare, né esclusivamente dimostrativo, ma soprattutto la ricerca delle grandi vie marittime commerciali, un tragitto più corto, ovvero quello dei viaggiatori e dei mercanti, da utilizzare come itinerario strategicamente militare ed, in un secondo tempo economico.

Ma intrapresa forse troppo tardi, la spedizione contro Morini e Menapi, i quali grazie alla loro tattica territoriale (ed a causa dei luoghi palustri dove si svolse la battaglia), riuscirono a resistere più del previsto, ed inoltre il cattivo tempo, che colse di sorpresa le legioni come abbiamo visto, fecero slittare al 55 la spedizione in Britannia;TP

758

PT spedizione che fu poi ripresa

l’anno successivo con partenza dal porto di Boulogne con forze molto più numerose trasportate non da navi venete ma requisite ai Pictoni e Santoni, così come nel 56TP

759

PT, e dai

CaletiTP

3

PT.

E’ permesso supporre che questa prima campagna non ebbe una forza comparabile a quella del 54: anche se, approssimativamente, furono impiegate quattro legioni, è opportuno notare che fu necessario però, nello stesso tempo, condurre operazioni contro i Menapi nel continente.

Si è quindi un po’ più in là della semplicistica affermazione di SvetonioTP

1

PT, ovvero che Cesare

oltrepassò la Manica spe margaritatum, cioè per collezionare quelle perle BretoniTP

760

PT che, si

diceva fossero grandi un pugno ciascunoTP

2

PT, o alla ricerca d’oro e argento.

L’esiguità della prima spedizione in Britannia fu dovuta alla mancanza di tempo che non permise di radunare una più grande flotta da trasporto. Per di più Cesare, per affrettare le cose, non attese neppure che tutto l’esercito fosse imbarcato in uno stesso punto ma, come vedremo, il suo convoglio partì prima delle altre navi da carico: soluzione che, tuttavia, avrà i suoi inconvenienti in seguito.

Infatti, il tratto che separa le coste galliche da quelle britanniche era molto più insidioso del previsto: era opportuno attendere il vento favorevole, ovvero quello di Sud-est, che non era poi cosi frequente nel mese di agosto, ovvero il mese in cui si avviò la campagna, dove dominava al contrario un vento che soffia da ovest.

In sintesi la spedizione romana del 55 era così composta: due legioni imbarcate sulle

onorariae, la VII e la fedelissima X, a cui si aggiungevano gli alarii e gli auxilia ovvero circa

altri quattromila uomini, trasportati dalle flotte da guerraTP

761

PT. Dalle forze impiegate si può

dunque intuire l’obiettivo: tale esercito non poteva certo spingersi all’interno dell’isola portandovi il ‘fuoco di Marte’, sia perché già avvicinarsi alle coste si sarebbe rivelata impresa di non poco conto e, soprattutto, perché parte di quell’esercito sarebbe dovuta restare, come

TP

1

PTContrariamente a quanto suppone JULLIAN, Histoire de la Gaule, cit., III, p. 311: i piani di Cesare, secondo lo

studioso francese, da condurre nell’anno 55, riguardavano una spedizione presso le bocche del Reno. Ma lo stesso racconto di Cesare, lascia intendere che i suoi progetti fossero sbarcare sull’isola che, fino a quel momento, aveva oltremodo aiutato i Galli contro le legioni romane. Pertanto, concordo con coloro i quali vedono, nel passaggio del Reno, durante lo stesso anno, una performance dimostrativa a cui Cesare fu costretto, come avremo modo di dire nel capitolo dedicato ai Germani.

TP

2

PT D.B.G., III, 11. TP

3

PT Stanziati tra il fiume Somme e la Senna. TP

1

PT Svetonio, Divus. Iulius, XLVII, I. TP

760

PT Ancora Svetonio (ibid.,47) illustra la passione di Cesare nel cercare perle, in Britannia, visto che amava

collezzionarle. Ciò diede a PlinioTP

760

PT il pretesto di parlare di una corazza tempestata di perle, deposta nel tempio

di Venus Genetrix, forse a ricordo delle vittorie in Britannia di Cesare.

TP

2

PT Sulle perle cfr. Plinio il Vecchio, N.H., IX, 11; Tacito, Agr., 12, 5: “L’Oceano, inoltre, genera perle, ma un po’

più scure e bluastre. Taluni ne attribuiscono il motivo alla scarsa abilità nel raccoglierle; perché nel mar Rosso vengono staccatedagli scogli vive e respiranti, in Britannia, invece, le raccolgono man mano che vengono buttate fuori dall’onda, io crederei a difetto di bellezza nelle perle nere piuttosto che a difetto di avidità da parte nostra”. Per l’accenno alle perle nel mare rubrum, cfr. Ann., II, 61 e XIV, 25; Svetonio, Divus Iulius, 47, vede addirittura nella speranza di trovare perle la causa della spedizione di Cesare in Britannia.

TP

1

detto, a presidio delle coste galliche. Tuttavia la spedizione era sufficiente a conquistare almeno un approdo sulle coste bretoni per la campagna successiva. Così:

“benchè l’estate volgesse ormai al termine,TP

762

PT poiché in quelle regioni gli inverni sono precoci, dato

che tutta la Gallia volge a settentrione, Cesare decise di partire per la Britannia”. (IV, 20)

Quasi a voler giustificare il motivo di un’ impresa tanto straordinaria e fuori dal comune, Cesare stesso, al contrario di quanto pensasse Svetonio, offre innanzitutto una giustificazione militare:

“capiva infatti che in quasi tutte le guerre combattute in Gallia, i nostri nemici avevano ricevuto di là aiuti”. (IV, 20)

ed una di carattere geografico-esplorativo:

“riteneva tuttavia che gli sarebbe stato di grande utilità raggiungere almeno l’isola, osservare che genere d’uomini la abitasse, individuare i luoghi, i porti, gli approdi”.TP

763

PT

Naturalmente prima della partenza, egli cercò di sapere qualcosa in più sull’isola: interrogò quindi i mercanti Galli, gli unici che si spingevano fin lì per commerciare. Venendo però a conoscenza di ben poco dal momento che essi non si erano mai spinti all’interno, commerciando solo con i popoli della costa, Cesare mandò allora, Gaio VolusenoTP

764

PT con una

nave da guerra in missione: “il suo incarico consisteva nel fare una ricognizione generale e tornare da lui [Cesare] nel più breve tempo possibile” (IV, 21). Ma anche questo pattugliamento della costa britannica rimase senza risultato: per cinque giorni il battello di Voluseno bordeggiò in vista delle coste bretoni, ma egli, non volendo correre il rischio di essere catturato o ucciso, si limitò a studiare la costa, le correnti, e le maree. Dal suo resoconto la costa si presentava in certi punti alta e scogliosa, in altri piana con lunghe spiagge e acquitrini.

Cesare, a quel punto, si trasferì nel territorio dei MoriniTP

765

PT poiché “è da lì che la traversata in

Britannia è più breve”TP

2

PT. E’questo ora, uno dei punti più discussi di questa prima spedizione:

infatti, se non vi è alcun dubbio, secondo Rice HolmesTP

3

PT, sullo sbarco di Cesare a Douvres e la

costa di Deal-Walmer, l’identificazione del porto da cui partirono le operazioni suscita ancora oggi motivo di dibattito. Tuttavia il Bellum Gallicum offre indicazioni precise; il porto utilizzato nell’anno 55 non è Portus Itius, presso la città di Gesoriacum dei Morini, che fu invece utilizzato nel 54 e presentato come il porto dove la traversata è meglio praticabile: “commodissimum…traiectus”. Nel 55, invece, il porto fu quello dove la traversata era più corta, “brevissimus in Britannia traiectus”; dunque così, come lo identificò R. Dion,

TP

762

PTSiamo infatti alla metà d’agosto del 55 a.C.. TP

763

PTD.B.G., IV, 20: Questa espressione mostra il vero motivo di questa prima spedizione. Essa non aveva, infatti,

un suo intento offensivo; Cesare non avrebbe mai messo in pericolo la vita dei suoi legionari, arrischiandosi in territori sconosciuti. Pertanto, l’intento dello sbarco del 55, nasceva più da uno studio delle coste e di parte dell’interno, piuttosto che per apportare un primo attacco. Gli stessi effettivi, ovvero due legioni, mostrano come l’imperator non avesse, al momento, alcuna intenzione di ‘offendere’, lasciandosi il piacere di farlo l’anno successivo con un dispiegamento di forze nettamente superiore.

TP

764

PTGaio Voluseno Quadrato era tribuno dei soldati. TP

765

PT Per navigare dalla regione dei Veneti (Bretagna meridionale) a quella dei Morini (sul passo di Calais), la

flotta romana compì un percorso di oltre 600 miglia nautiche. Il tono usato da Cesare nel riferire brevemente lo svolgimento della missione di Voluseno lascia chiaramente intendere ch’egli avrebbe auspicato una ricognizione più approfondita.

TP

2

PT Per il problema dei porti da cui Cesare partì nel 55 e nel 54, alla volta dell’isola, noi seguiremo la teoria, a mio

avviso esatta, di M. RAMBAUD, Iulius Caesar, cit., pp.7 sgg.

TP

3

presumibilmente presso la costa compresa tra il capo Gris-Nez e Sangatte. In più nel 55 sono utilizzati altri porti oltre a quello principale; un portus ulterius dove si imbarca la cavalleria ed un portus superior. Quest’ultimo non poteva che essere a nord del porto principale: per cui a quanto sembra, con buona approssimazione potremmo dire che Cesare parte dall’attuale Wissant e le diciotto onerariae da Ambleteuse. Tuttavia la rotazione del vento che permette al grosso delle navi di approdare presso Douvres o presso Walmer, fa invece deviare verso nord le 18 onerariae partite più tardi.

Dopo aver oltrepassato il Reno, Cesare era dunque pronto a compiere l’altro miracolo:

“fatte portare e radunate circa ottanta navi da carico, che riteneva sufficienti a trasportare due legioni,TP

766

PT distribuì [Cesare] le restanti navi da guerra al questore, ai legati, ai prefetti. Rimanevano

diciotto navi da carico che erano trattenute dal vento contrario a otto miglia di distanza e non potevano approdare allo stesso porto: assegnò queste alla cavalleria. Affidò il resto dell’esercito ai legati Q. Titurio Sabino e L. Aurunculeio Cotta per condurlo nel paese di Morini e Menapi che non avevano inviato ambasciatori; ordinò al legato P. Sulpicio RufoTP

767

PT, di occupare il porto con il presidio che

ritenne sufficiente”. (IV, 22).

La data del primo sbarco di Cesare in Britannia è controversa ma circoscritta ai tre giorni che corrisponderebbero, nel calendario moderno, al 25, 26, 27 agosto dell’anno 55 a.C. Il mese sembra un po’ insolito, visti i calendari militari; infatti dovremmo essere alla fine e non all’inizio di una spedizione.

Paul Treves tentò di fornire una data ben precisa: “e così l’ottavo giorno prima delle calende di settembre, anno 699 dalla fondazione di Roma, appunto il 25 agosto a quanto pare, Cesare partì alla volta della Britannia. Lo sbarco avvenne il 26 in una località nei dintorni dell’attuale Deal, fra le cinque e le sei del pomeriggio: la marea e le correnti che Cesare sfruttò per gli ultimi spostamenti della flotta, si verificano, in concomitanza con le fasi lunari, ancora oggi negli stessi giorni e nelle stesse oreTP

1

PT”.

Invece, leggendo il Bellum Gallicum, lo sbarco sarebbe avvenuto qualche ora dopo:

“presi questi provvedimenti, approfittando del tempo adatto alla navigazione, [Cesare] salpò circa alla III vigiliaTP

2

PT dopo aver ordinato alla cavalleria di raggiungere per l’imbarco il porto successivo e

seguirlo, […] Cesare toccò all’ora quartaTP

3

PT con le prime navi la Britannia e lì, schierate sulle alture

vide le truppe nemiche in armi. La conformazione del luogo era tale e le rocce si levavano così a picco sul mare che i proiettili, scagliati dall’alto potevano raggiungere il litorale. Ritenendo il luogo assolutamente inadatto allo sbarco attese all’ancora sino all’ora nonaTP

4

PT. Intanto, convocati i legati e i

tribuni militari, comunicò sia le notizie avute da Voluseno sia i suoi ordini; ammonì che ogni cosa fosse da loro eseguita al segnale e a tempo, come esigono l’arte e la disciplina militare, e soprattutto il regime del mare, instabile e soggetto a rapidi mutamenti. Congedatili, approfittò del favore congiunto del vento e della marea e dato il segnale, fatte salpare le ancore, procedette di là per circa sette miglia [~6 miglia nautiche] fino ad una costa aperta e piana, dove arrestò le navi. (IV, 23) Se, come sembra, i Britanni erano schierati tra Folkestone e Dover, Cesare, spostandosi poi di circa 10 km verso Nord, per cercare un approdo migliore, raggiunse le spiagge di Walmer Deal. Ad accoglierlo, uno spettacolo impressionante: su quelle scogliere gigantesche, che a picco precipitavano sul mare, gli ostili Britanni, a migliaia, attendevano i Romani già in armi; essi infatti, per quanto sempre in lotta tra loro, nei momenti di estremo pericolo, come era tipico dello spirito celtico, si erano coalizzati, decisi a contrastare il passo all'invasore. Per

TP

1

PTOvvero la VII e, naturalmente, la fedelissima la X. TP

767

PTAristocratico romano fedele sostenitore di Cesare e imparentato per matrimonio con la gens Iulia. TP

1

PT P. TREVES, Cesare in Britannia: cit., p. 69. TP

2

PT Verso mezzanotte, la data esatta, 27 agosto, si ricava dall’accenno, fatto più avanti (IV, 29) al plenilunio. TP 3 PT Tra le 8,45 e le 9,50. TP 4 PT Tra le 14,10 e le 15,10.

tutte le ore del mattino, Cesare stette all’ancora davanti alle scogliere studiando la possibilità di sbarcarvi ed attendendo inutilmente le navi con a bordo la cavalleria. Poi nelle prime ore

Nel documento Maritima : Roma sul mare (pagine 184-192)