CESARE CONTRO POMPEO
9.3. Il secondo sbarco in Britannia.
Dal paese dei Treviri al Tamigi, da Saint-Albans al cuore delle Ardenne, le azioni militari di Cesare relative al libro V del Bellum Gallicum, sono ampie e divergenti. In questo esse
TP
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PT Cesar., Bell. Gall., IV, 36. TP
2
PT JULLIAN, III, pp. 348-349: egli nota dall’inverno del 55 l’aumento delle ricchezze di Mamurra e Labieno, per
di più Cesare un anno dopo inizierà a costruire il suo forum.
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1
PT Cass. Dio, XXXIX, 53, 2. TP
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PT Cic., ad Fam., VII, 7, 1 TP
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assomigliano a quelle dell’anno 55, quando l’imperator oltrepassò il Reno per imporre ai Germani una tranquillità tale da permettergli di oltrepassare la ManicaTP
1
PT. Per l’anno 54 il
disegno del conquistatore era di portare in Britannia un’ offensiva considerevole; tale piano appare già dalle disposizioni dei quartieri invernali del 55 nel lato ovest della Gallia belgica, e ai bordi delle rive dei fiumi Senna, Marna e Oise affinché i soldati impiegassero l’inverno a costruire delle navi. Per di più la volontà di voler conquistare la Britannia, o almeno quelle zone di essa che immediatamente si affacciavano alle coste galliche, appare dagli effettivi che Cesare porta al suo seguito: cinque legioni, ovvero circa venticinquemila uomini, e duemila cavalieri, circa gli stessi effettivi introdotti in Gallia nell’anno 58 per combattere contro gli Elvezi e contro Ariovisto.
Ma straordinario è anche come una simile armata, marciando due giorni su tre poté percorrere dal suo punto di imbarco una distanza di circa 1200 Km in tre mesi. Un tale percorso abbracciava un largo territorio nel sud-est dell’Inghilterra, regioni che tuttavia Cesare conosceva meglio, sia per la prima spedizione dell’anno precedente, sia per il rapporto dei molti rifugiati politici consegnatisi alla sua autorità tra cui lo stesso Mandubracio, del popolo bretone dei Trinovanti, che lo incitò ad intervenireTP
2
PT. L’opinione romana si aspettava molto da
questa spedizione; l’unica differenza con la Gallia era che l’isola non offrisse, secondo i resoconti ufficiali, almeno, oro o argento, (cosa tuttavia non accertabile) ma la sua numerosa popolazione rurale valeva altrettanto come una miniera produttrice di schiavi. E’ probabile che sia questo il motivo per cui la flotta fu rimpinguata di 150 naviTP
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PT fatte costruire da
privati; esse erano senza dubbio destinate al trasporto dei futuri schiavi.
Inoltre, dalle lettere di Cicerone, sembra che a Roma qualcuno fosse informato dell’arcano commercio dell’etano; ovvero il minerale proveniente dalla Cornovaglia e trasportato dall’estuario della Loira e il paese degli Edui verso la valle del Rodano e Marsiglia.TP
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PT I
Veneti, con le loro grandi navi, sembrava avessero, il monopolio del trasporto di questo minerale sul mareTP
3
PT. Per di più già Scipione Emiliano aveva interrogato invano i trafficanti di
Narbona e di Marsiglia sulle vie segrete dell’etanoTP
4
PT. Proprio per assicurarsi il controllo di
questo traffico Cesare aveva preparato nell’autunno del 57 la doppia offensiva, nel 56, in direzione della penisola Armorica e del Cotentin: in questa chiave va anche letta la vittoria sui Veneti e i loro alleati. Una volta requisite le loro grandi navi, i vinti non avrebbero più avuto la possibilità di conservare il monopolio del trasporto dell’etano né avrebbero avuto più a disposizione i loro timonieri, catturati anch’essi e indispensabili in virtù della conoscenza delle correnti e delle maree. Nel 55, Cesare passò in Britannia con alcune sue navi da guerra e dei battelli commerciali gallici, utilizzando il tragitto più corto partendo da Wissant. Il suo disegno iniziale era probabilmente di impadronirsi del porto di Douvres. La cosa non riuscì e fu costretto a sbarcare presso alcuni lidi con gli inconvenienti già visti. Ma al ritorno scoprì il vantaggio di partire, per l’anno successivo da Boulogne; porto dove la traversata non era la più corta ma la più comoda. Questi furono i preliminari della seconda grande spedizione, in Britannia. .
Cesare, istruito dalla sua stessa esperienza, fece costruire un tipo di nave, adatta al trasporto e allo sbarco di una fanteria lorda (ovvero accompagnata da bestie da soma) bassa e larga con una carena abbastanza piatta; una sorta di compromesso tra le forme delle navi venete ed una
TP
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PT M. RAMBAUD, Iulius Caesar, cit., pp.1 sgg. TP
2
PT D.B.G., V, 20: così come farà per giustificare la sua ‘entrata’ in Germania, parlando delle richieste d’aiuto
degli Ubi, così, adesso, grazie ai Trinobanti, egli giustifica la sua azione militare sull’isola.
TP
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PTD.B.G., V, 8. TP
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PTJ. CARCOPINO, Promenades aux pays de la Dame de Vix, Paris1965 p. 23. TP
3
PT Ma ormai la flotta veneta era stata distrutta nel 56, proprio da Cesare.
TP
4
leggera imbarcazione mediterraneaTP
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PT. Cesare stesso, a quanto pare, disegnò il modello delle
navi: con la chiglia più bassa, sia perché potessero essere caricate più rapidamente, sia perché sarebbe stato più agevole tirarle a secco, infine perché potessero essere adatte alla navigazione in un mare che, a causa delle frequenti maree non aveva grosse ondate.
Cesare, lasciando i quartieri d’inverno per recarsi in Italia come faceva d’abitudine ogni anno, ordina ai legati, ai quali aveva affidato il comando delle legioni, di provvedere durante l’inverno alla costruzione del maggior numero possibile di navi e alla riparazione di quelle vecchie. Per accelerare l’operazione di carico e agevolare il sollevamento in secco le fa costruire un poco più basse di quelle che di solito usiamo nel nostro mare, tanto più che aveva osservato che per i frequenti mutamenti di marea, le onde in quei mari sono meno grandi; e per trasportare carichi e gran numero di bestie da soma le fa costruire un poco più larghe di quelle che usiamo negli altri mari. Ordina che tutte siano navi leggere, cosa che si ottiene molto bene limitando l’altezza dei bordi e delle fiancate. Comanda di importare dalla Spagna il necessario per l’armamento delle navi. (V, 1).
Le navi di nuovo tipo di cui egli dispose la costruzione avevano le caratteristiche salienti delle unità adibite, anche oggigiorno, allo sbarco anfibio: larghe, basse e leggere, per potersi avvicinare quanto più possibile alla riva della spiaggia prescelta per lo sbarco delle forze trasportate.
Le volle anche più larghe del consueto, per poterle caricare di uomini e animali e per renderle adatte ad essere manovrate con i remi. Se si ammette che 540 di queste nuove imbarcazioni portassero cinque legioni e sembra che ciascuna di esse trasportasse una cinquantina di legionari con i loro iumenta; paragonabili, quindi alle scialuppe cannoniere che Napoleone fece costruire in molteplici esemplari dal 1801 al 1804 le quali ospitavano 44 soldati, 22 marinai, e da 10 a 15 piloti ciascuna. Inoltre se da una parte in virtù delle vele latine le navi di Cesare navigassero anche col vento di traverso, la larghezza della cocca, loro malgrado, favoriva il fatto che più facilmente andassero alla deriva.TP
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PT Tuttavia, proprio perché costruite
con i bordi bassi, potevano essere mosse dai remi una volta calato il vento; remi che secondo T. Livio non erano mai più di trenta ovvero quindici per latoTP
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PT o qualcuno in meno.
Data la lunghezza del viaggio e non prestando troppa fede alle parole di Cesare ì non
intermisso remigandi laboreTP
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PT è difficile pensare, a differenza di quanto egli stesso dice, che
per ben 7 ore di fila gli stessi legionari avessero remato fino in Britannia. Terminati i preparativi e accantonata la causa dei PirustiTP
3
PT,
“Cesare ritorna nella Gallia Cisalpina e di lì parte per raggiungere l’esercito. Giunto colà fa un giro per tutti i quartieri d’inverno e trova già armate circa seicento navi leggere, del tipo che è stato sopra descritto, e ventotto di grandi dimensioni, nonostante la gravissima carenza di ogni materiale e grazie allo straordinario impegno dei soldati; entro pochi giorni avrebbero potuto essere messe in mare. Ampiamente elogiati i soldati e coloro che avevano diretto i lavori, Cesare, impartisce le istruzioni e ordina di concentrarsi tutti a porto IzioTP
4
PT, da dove sapeva che il passaggio in Britannia era più
conveniente; una traversata di circa trenta miglia dal continenteTP
5
PT”. (V, 5)
Ma la partenza ebbe altri inconvenienti: oltre alla contesa tra Induziomaro e Cigetorige del popolo dei Treviri e la tremenda morte di Dumnorige degli Edui:
TP 1 PTD.B.G., V, 1. TP 782
PTT. RICE HOLMES, Ancient Britain and the invasions of Julius Caesar, cit., p. 326. TP
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PTLiv., XXXVIII, 38, 8: naves actuarias nulla quarum plus quam triginta remis agatur. TP
784
PTD.B.G., V, 8. TP
3
PT Popolo probabilmente stanziato a nord dell’Albania che nel 54 aveva sconfinato nell’Illiria romana
sollecitando l’intervento di Cesare.
TP
4
PT Probabilmente Boulogne. TP
5
PT Poco meno di 45 chilometri ma non è la distanza minima che è di soli 32 chilometri tra Cap-Gris-Nez
“Cesare apprende che 60 navi costruite nel paese dei MeldiTP
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PT respinte dal maltempo non avevano
potuto tenere la rotta ed erano tornate indietro”TP
6
PT.
Il maltempo, infatti, fu ancora il nemico principale, almeno per la traversata della Manica, di questa seconda spedizione. In effetti oltre al prezioso tempo perduto a causa dei Treviri e di Dumonrige, si aggiunsero venticinque giorni di vento contrario, il vento che Cesare chiama CoroTP
1
PT, il quale soffia in ogni stagione impedendo la navigazione in quei luoghi; secondo le
statistiche metereologiche moderne, tuttavia, questa perturbazione persistente sembrerebbe un pò inverosimile, tanto che alcuni suppongono si tratti di una deformazione storica di Cesare. Ma non bisogna tuttavia giudicare la presenza del vento Coro in base alle statistiche attuali; i tempi climatici del Bellum Gallicum, ovvero quelli di circa duemila anni fa, appartengono ad un altro periodo climatico detto subatlantico, dove i venti e le precipitazioni erano più numerose e il clima più umido.
Tuttavia, nonostante il cospicuo ritardo Cesare partì dal porto Izio dove:
“radunò la cavalleria proveniente da tutta la Gallia, che contava 4.000 unità insieme ai capi di tutte le nazioni di questi. Stabilì di lasciare in Gallia solo quei pochi della cui fedeltà era sicuro, e di portare con sé gli altri in funzione di ostaggi perché temeva in sua assenza una sollevazione di tutta la Gallia”. (V, 5)
Il perché degli ostaggi è spiegato dalle stesse parole di Cesare: egli era in procinto di sbarcare su un’isola per di più ignota; lasciarsi nemici alle spalle significava pericolo di insurrezione durante la sua assenza e rischiare di non toccare più le coste del continente; per questo motivo decise fosse più opportuno portare, con sé nella spedizione, i più infidi tra i più influenti capi gallici, lasciandosi dietro i più fidati. Ma nonostante questo, consapevole che fidarsi è bene, non fidarsi è meglio:
“fatto ciò, Cesare lascia Labieno con tre legioni e duemila cavalieri a presidiare il porto, provvedendo al vettovagliamento, controllare gli eventi in Gallia e prendere le opportune decisioni”. (V, 8)
Così dopo 53 giorni, circa, dal tempo previsto per l’imbarco la flotta romana:
“salpa al tramonto sospinta da un lieve AfricoTP
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PT; ma intorno alla mezzanotte, caduto il vento, non
riesce a mantenere la rotta, e trasportati alla deriva dalle maree, all’alba, Cesare vede di essersi lasciato la Britannia sulla sinistra. Quindi, seguendo di nuovo il mutamento della marea, a forza di remi, si dirige verso quella parte dell’isola che come sapeva dall’estate precedente offriva un ottimo approdoTP
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PT”. (V, 8)
Come previsto le navi di Cesare erano facile preda delle correnti a causa della loro piatta carena; di conseguenza i soldati furono costretti a remare verso est con encomiabile sforzo e con grande successo: ma, alla fine, “si toccò la Britannia con tutte le navi circa alla metà del
TP
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PT La regione dei Meldi era sulla Marna: le navi raggiunsero quindi il mare dall’estuario della Senna (dopo un
percorso di navigazione fluviale) ed incontrarono le tempesta nella Manica. Verso i primi di luglio 54 a.C. (metà giugno del calendario astronomico), venne avviata la seconda spedizione navale romana in Britannia.
TP
6
PT D.B.G., V, 5: stanziati nei dintorni dell’ordierna Meaux presso la Marna in una regione ricca di legname, i
quali avevano portato le navi al mare attaverso i corsi navigabili della Marna e della Senna.
TP
1
PT Vento di Nord-Ovest, piuttosto impetuoso e freddo. TP
1
PT Vento di Sud-Ovest che, nel Mediterraneo, spira dalle coste dell’Africa, da cui il nome. TP
2
giornoTP
3
PT, senza avvistare alcun nemico”. Il secondo sbarco nell’isola, avvenuto nel 54, ovvero
nell’anno successivo al primo, è di data ancora più incerta; forse il sette o probabilmente, visti gli imprevisti che la precedettero, il 22 luglio.
Cesare si preparava ad attaccare i Britanni; stavolta, forte di ben cinque legioni e duemila cavalieri, le sue intenzioni erano rivolte alla conquista di parte del territorio britannico in modo da permettere, in futuro, sbarchi senza sorprese. Pertanto, mentre nel 55 fu attaccato addirittura prima di guadagnare la riva, ora era lui stesso a cercare il nemico, per restituirgli il favore:
“appena seppe dove erano attestate le truppe nemiche, lasciate sulla costa dieci coorti e trecento cavalieri a protezione delle navi, alla terza vigilia mosse contro il nemico […]. Mise a capo della guarnigione e delle navi Quinto Atrio.
Dopo questo primo scontro, il quale sembrava aprisse a Cesare ben due strade, tutto sembrava filare liscio quando un altro nemico indicava ai legionari la sua inesorabile presenza:
“alcuni cavalieri inviati da Q. Atrio raggiunsero Cesare con la notizia che la notte precedente, una fortissima tempesta aveva danneggiato quasi tutte le navi gettandole alla riva”. (V, 10)
Come volevasi dimostrare non solo il maltempo era nuovamente il nemico principale di questa campagna, quanto la stessa conformazione delle navi permetteva che esse fossero facile preda dei flutti.
Così la tempesta che portò alla perdita di 40 navi, danneggiandone altre, obbligò Cesare, che già inseguiva la retroguardia nemica, a sospendere la marcia ed a ritornare indietro. Per di più, tale inconveniente, rovinò l’effetto sorpresa permettendo così ai Britanni di organizzarsi per il prossimo scontro. Intanto, a causa dei lavori necessari alla riparazione delle navi, Cesare:
“sceglie dei carpentieri tra i legionari e altri ne fa venire dal continente e scrive a Labieno di far costruire, servendosi delle legioni che sono con lui, quanto più navi possibili. Egli da parte sua, per quanto la faccenda richiedesse molto impegno e fatica, ritenne tuttavia che la soluzione più conveniente fosse portare in secca tutte le navi e congiungerle all’accampamento con una sola fortificazioneTP
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PT. Impiega per queste opere dieci giorni senza far interrompere il lavoro neppure di
notte. Dunque, tirate in secca le navi e fortificato egregiamente il campo, lascia a presidio delle navi la stessa guarnigione precedente e ritorna nel luogo da cui era venuto”. (V, 11)
Dalle decisioni assunte da Cesare, si vede ch’egli manteneva dei collegamenti navali regolari con il continente, com’è peraltro confermato anche dal puntuale recapito della corrispondenza citata in alcune lettere di Cicerone al fratello QuintoTP
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PT. Tito Labieno (con tre legioni e
duemila cavalieri) era stato lasciato da Cesare sul continente per controllare la situazione, custodire i porti ed assicurare i rifornimenti necessari alle forze oltre Manica. Egli provvide alla costruzione di sessanta nuove navi, che salparono per la Britannia intorno alla metà di settembre.
TP
3
PT Non si conosce la data esatta dell’arrivo di Cesare in Britannia, ma, calcolando l’attesa del tempo favorevole a
porto Izio e le interruzioni delle operazioni di imbarco, approssimativamente, si doveva essere ai principi di agosto.
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788
PTSi è calcolato che tale cinta fortificata doveva formare un rettangolo di circa 1280 metri per 140. In sostanza
si trattava di scavare un vallum che, posto come difesa intorno alle navi, fosse unito a quello dell’accampamento.
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789
PT All’operazione romana in Britannia partecipava, quale legato di Cesare, anche Quinto Tullio Cicerone,
fratello minore del celebre oratore filosofo. Dalle lettere scritte da quest’ultimo in quel periodo, sono tratti i seguenti tre brani, da cui si può percepire come fosse “vissuta”, a Roma, la spedizione in Britannia. I tre scritti sono rispettivamente datati fine agosto, fine settembre e fine ottobre 54 a.C.: ad Quint., XX, 4.; XXI, 25; ad
L’imperator perse così altri dieci giorni per tirare a secco le navi e compiere le altre opere di fortificazione: tale imprevisto permise ai Britanni di organizzarsi per la difesa.
Nei tre mesi di permanenza in Britannia, Cesare condusse le proprie legioni fino al Tamigi (che varcò anche, per un breve tratto), sconfiggendo le forze contrappostegli per poi decidere di ritornare in Gallia per svernare nel continente.
Avendo, tuttavia, perso molte navi e per contrasto catturati molti prigionieri, fu costretto a rispedire l’esercito in due tornate attendendo le navi dal continente secondo l’ordine inviato a Labieno. Così:
“Ricevuti gli ostaggi riconduce al mare l’esercito e trova le navi riparate. Dopo averle fatte mettere in
acqua, poiché aveva un gran numero di prigionieri ..., decise di riportare l’esercito con due convogli. E il caso volle che di così gran numero di navi, sebbene impegnate in così tante traversate, né in quell’anno né nell’anno precedente ne andasse persa una sola carica di soldati, mentre quelle che vuote venivano rimandate a Cesare dal continente, che fossero di quelle del primo convoglio che avevano sbarcato i soldati, che fossero quelle che dopo la tempesta Labieno aveva fatto costruire in numero di sessanta, pochissime poterono prendere terra nel luogo stabilito, le altre quasi tutte furono respinte. Cesare, avendole aspettate invano per qualche tempo, perché la stagione non gli impedisse la navigazione, poiché era prossimo l’equinozio, fu costretto a stipare i soldati; calmatosi il tempo, essendo salpato al principio della seconda vigilia, all’alba toccò terra con tutte le navi indenni. Cesare effettuò la navigazione di rientro, con il secondo convoglio, verso fine settembre 54 a.C., conseguendo un duplice risultato: i Britanni si astennero, negli anni seguenti, dal fornire ulteriori aiuti alle ribellioni dei Galli; inoltre, vennero allacciate le prime relazioni di Roma con quelle popolazioni, ponendo le premesse allo sbarco che verrà più tardi effettuato dall’imperatore Claudio ed alla successiva romanizzazione.
In fin dei conti anche la seconda spedizione in Britannia ebbe un magro profitto: “confecta
Britannia obsidibus acceptis, nulla praeda imperata, tamen pecunia exsercitum e Britannia reportabant”TP
3
PT. Lo stesso dice Svetonio: “adgressus est et britannos ignotos antea superatisque pecunias et obsides imperavit”TP
4
PT.
Quanto ai risultati politici e militari, esageratamente celebrati da Velleio PatercoloTP
790
PT e
FloroTP
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PT, in realtà, furono altrettanto miseri. Lucano ha posto in bocca a Pompeo una dura
critica a questa spedizione:
„…Rheni gelidis quid fugit ab undis/ oceanumque vocans incerti profundis/ territa quaesitis ostendit terga Britannis“.
(Phars., II, 570-572)
Questa opinione di Lucano (assieme, probabilmente a quella di tutti gli altri) potrebbe essere l’eco di quella del ‘pompeiano’ Tito Livio e anche quella di Pollione: Tacito, invece, nell’AgricolaTP
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PT celebra Cesare come il primo tra i romani ad aver toccato quelle terre, che, a
quanto pare non erano poi così povere, visto che il mercato delle perle e quello dell’etano facevano non poca gola ai pubblicani.
Oltretutto Cesare acquisì un’esperienza marittima assai più completa di quella di Pompeo, la quale si rivelerà fondamentale nei successivi anni di guerra civile.
TP 3 PT Cicerone, Ad Att., 4, 18, 5. TP 4
PT Svet., Divus Iulius, XXV, 5. TP 790 PTV. Patercolo, II, 47, 1. TP 791 PTFloro, I, 45. TP 792