alla fine del VI sec a.C.
3.3. Il secondo trattato romano-punico e la battaglia dell’Artemision
Nel secondo (348 a.C.) si ribadiscono piu’ o meno le stesse clausole, ma accanto a Cartagine compaiono anche i popoli di Utica e di Tiro.
“[l] Successivamente a questo fu stipulato un altro trattato in cui i Cartaginesi inclusero anche i Tirii e gli abitanti di Utica. [2] In esso fu aggiunto al promontorio Bello anche Mastia Tarseum, al di là delle quali località i Cartaginesi stabilirono che i Romani non pirateggiassero, ne fondassero città. Il testo era più o meno il seguente: [3] “A tali condizioni sia amicizia fra Romani e i loro alleati, e il popolo di
Cartagine, di Tiro e Utica e i loro alleati: [4] I Romani non facciano pirateria, ne commercio, né fondino città al di là del Promontorio Bello, di Mastia Tarseum. [5] Se i Cartaginesi prendono nel Lazio una città non soggetta ai Romani, si tengano beni e gli uomini, ma consegnino la città (ai Romani). [6] Se qualche Cartaginese cattura degli uomini di una popolazione con la quale i Romani hanno stipulato una pace scritta, ma che non è soggetta ad essi, non li sbarchino in un por Romani. Ma se dovesse esservi sbarcato, egli sia libero, nel caso che un Romano lo tocchi. [7] Anche i Romani osservino le stesse norme. [8] Se un Romano prende acqua o vettovaglie in un territorio sottomesso al dominio cartaginese, con queste provviste non rechi danno ad alcuno di quelli con i
TP
171
PT Polibio non menziona nessuna di queste cinque località nel riassunto del secondo trattato, ma nel
commentario egli nota che in esso compariva “di nuovo” una clausola che obbligava Cartagine ad astenersi dall’attaccare quattroi dei cinque siti menzionati nel primo trattato (e cioè tutti meno Lavinio; in ogni caso il nome Laurentes può essere caduto accidentalmente nel testo del commento al secondo trattato, oppure secondo l’ipotesi di Werner (Der Beginn der romischen Republik, pp. 330-332) il termine αρεντίνων emendato in Λαρεντίνων presente nel testo poliziano del primo trattato, può costituire un’interpolazione.
TP
172
PT A.J.TOYNBEE, L’eredità di Annibale, cit., pp. 663-664. TP
173
[14] Anche in questo trattato i Cartaginesi persistono nel dichiarare di loro proprietà la Libia e la SardegnaTP
174
PT e nel precludere tutti gli accessi ai Romani. [15] Della Sicilia invece parlano sempre
soltanto della parte a loro assoggettata. [16] In modo simile i Romani circa il Lazio vietano che i Cartaginesi commettano ingiustizie nei confronti di Ardea, Anzio, Circeo e Terracina. Queste sono le città sulla costa del Lazio che il trattato riguarda.”TP
175
PT
Polibio non data questo secondo trattato, il che creerebbe già un primo problema.
TP PT condo la cronologia romana tradizionale essa aveva ottenuto nel 358 a.C.
una grande vittoria su una nuova ondata di invasori gallici entrati nel Lazio nel 361 a.C. e insediatisi sui colli AlbaniTP
181
PT. Nello stesso anno la Confederazione latina aveva ripreso ad
osservare gli ordini militari stabiliti dal foedusTP
182
PT; gli Ernici erano stati costretti a fare
altrettantoTP
183
PT inoltre era stato creato probabilmente col consenso dei coloni latini un nuovo
distretto tribale di coloni romani la tribù pontinaTP
184
PT sul territorio della colonia latina di
In base al suo resoconto del secondo trattatoTP
176
PT gli unici “sudditi”TP
177
PT di Roma ivi menzionati
erano alcuni dei Latini, ciò che peraltro si desume solo implicitamente. I termini effettivi del trattato concernono, infatti quei Latini che non siano soggetti a RomaTP
178
PT; questo trattato
accorda a Cartagine la facoltà, rispetto a Roma, di saccheggiare qualsiasi città latina non soggetta a quest’ultima e di trattenere gli uomini catturati e i beni mobili depredati, a condizione di consegnare poi la città stessa ai RomaniTP
179
PT. Se nel primo trattato polibiano
qualora i Cartaginesi avessero attaccato una città sotto l’influenza romana avrebbero dovuto restituirla ‘intatta’, nel 348 la situazione sembrava essere mutata a svantaggio di Roma.
Ora, c’è nel primo trattato polibiano, l’immagine dell’impero cartaginese d’Africa e Sardegna, e della zona cartaginese in Sicilia da una parte; dell’ espansione romana nel Lazio e sulla costa da Ardea e Terracina dall’altra. Passa poi tutto il V secolo. Roma cercava di ricostruire a poco a poco l’antica potenza che aveva nel primo trattato; ed è infatti abbastanza evidente come le ‘limitazioni’ del secondo trattato, molto più nette rispetto al primo, siano il sintomo della lenta ripresa dell’Urbe.
La pace con la città marittima di Ardea nel 444, la vittoria su Veio del 396, davano la sensazione dell’espansività dello stato romano. I rapporti tra Roma, Marsiglia e Lipari sono una chiara prova in questo senso.
Ma in seguito alla sconfitta dell’Allia e all’espugnazione della città da parte dei Galli (390- 380) Roma, le cose cambiarono radicalmente e l’urbe nei trent’anni successivi fu costretta a riprendersi180. Se
TP
174
PT Lo stesso Catone, considerando ‘legittima’ la spedizione romana in Sardegna riteneva ‘illegittima’
l’imposizione da parte dei Cartaginesi del trattato del 348 (il secondo polibiano). S.MAZZARINO, Introduzione
alle guerre puniche, cit., p. 110. TP
175
PT Polib., III, 24;Traduzione di B.SCARDIGLI, I trattati Romano-Cartaginesi, cit., pp. 94-95. TP
176
PT Polib., III, 24. TP
177
PT Il termine utilizzato da Polibio è υπήκοοι ovvero ‘sudditi’. Il trattato è concluso non solo a nome delle parti
contraenti, ma anche dei loro alleati; quando però esso giunge a occuparsi del territorio su cui roma rivendicava la sua sovranità, il termine che viene usato non è alleati ma sudditi. Non c’è motivo di credere, comunque, che i due termini si riferiscano a differenti gruppi di Stati (R.WERNER, Der Beginn der romischen Republik, cit., pp.
335-337). Si può avanzare l’ipotesi che nella clausola la quale limitava la libertà d’azione dei Cartaginesi nella sfera di influenza romana, Roma abbia deliberatamente scelto il termine ‘sudditi’ per puntualizzare che non si trattava di comunità indipendenti e che quindi esse non avevano il diritto di stabilire separatamente e per proprio conto accordi diplomatici con Cartagine.
TP
178
PT “Una città del Lazio non soggetta ai Romani”. Questa è l’unica menzione del Lazio nel secondo trattato
polibiano.
TP
179
PT Werner, (Der Beginn der romischen Republik, cit., pp. 335-337) ritiene che gli unici Stati del Lazio non
soggetti a Roma nel 348 a.C. fossero Anzio e Satrico. In verità, anche la Confederazione latina, per quella data, non era soggetta a Roma.
TP 180 PT Polib., II, 18. TP 181 PT Liv., VII, 9-15. TP 182 PT Liv., VII, 12. TP 183 PT Liv., VII, 15. TP 184 PT Liv., VII, 15.
Pometia, che era sopravvissuta solo per un breve periodo prima di essere presa e distrutta dai
VolsciTP
185
PT. Sempre secondo la cronologia romana tradizionale, un’altra orda di Galli era stata
sconfitta dai Romani nel 349 a.C., l’anno precedente a quello della conclusione del trattato
romani in Sardegna più o
mediterranea della penisola iberica. Una di queste clausole indica i
rima
romano-cartagineseTP
186
PT.
È nota anche una spedizione ‘romana’ in CorsicaTP
187
PT intorno al 300TP
188
PT o meglio,
probabilmente avvenuta tra il 353, l’anno in cui Cere entrò definitivamente nell’orbita romana, e il 300. DiodoroTP
189
PT parla poi di una spedizione di coloni
meno qualche anno dopo quella in Corsica.
Comunque è certo che queste due spedizioni, nonché la conquista di Cere, riproponevano ai Cartaginesi la necessità di un’intesa, commerciale, almeno, con Roma. Così si venne al trattato del 348.
Roma aveva fatto, dall’incendio gallico al 353 un lungo e trionfale cammino: lega coi Latini, guerra contro Falisci ed Etruschi, controllo su Tivoli e Preneste, trattato coi Sanniti, vittoria su Cere e le spedizioni in Corsica e Sardegna.
L’annalistica, la quale non poteva ricordare il primo trattato intorno al 509 a.C. considerò questo del 348 come il primo trattato: ed in verità esso era come il primo di questa nuova Roma, così diversa dalla vecchia città semi-etrusca dei Tarquinii e di Porsenna e di M. Orazio appena uscita, rinvigorita e forte, dalla seconda crisi gallica (358).
Nel 348 a.C. Roma era dunque di nuovo una potenza di cui occorreva tener conto, anche se la supremazia esercitata sugli alleati e i sudditi, che essa era tornata a controllare, rimaneva ancora incerta. Cartagine, dal canto suo, introdusse nel trattato due clausole che salvaguardavano il suo monopolio commerciale nell’Africa nord-occidentale e lungo la parte sud-occidentale della costa
confini, nell’Africa nord-occidentale e nella penisola iberica, oltre i quali i Romani devono astenersi dal commerciare o dallo stabilire insediamenti. Con un’altra clausola i Romani si impegnano a non stabilire insediamenti né in Sardegna né nell’Africa nord-occidentale come anche a non commerciare in queste regioni, ad essezione della stessa città di Cartagine, dove saranno liberi di svolgere i loro traffici. Per più di 200 anni Cartagine aveva combattuto p per arginare il crescente flusso verso occidente dell’espansione marittima greca nel Mediterraneo e poi per respingerlo. All’epoca del trattato, essa era riuscita ad impedire ai
TP
185
PT K.J.BELOCH, Romische Geschichte bis zum Beginn der punischen Kriege, Berlin-Leipzig 1926, p. 357; data
la distruzione di Pomezia dopo la disfatta gallica. Alternativamente la si potrebbe datare al periodo precedente la conclusione del foedus cassianum nel 493 a.C.
TP
186
PT Liv., VII, 25-26. Questa terza invasione gallica è posta da Polibio (II, 18) nel dodicesimo anno dopo quella
che egli considera la seconda e che corrisponde a quella datata da livio al 358 a.C. secondo F.W.WALBANK, A
Historical Commentary on Polybius, I (Libri I-VI), Oxford 1957, p. 186 e Werner, (R.WERNER, Der Beginn der
romischen Republik, cit., pp. 79-82 e 484), che concordano nel respingere le datazioni liviane e nell’accogliere
favorevolmente quelle polibiane, le vere date di queste due invasioni sarebbero rispettivamente il 356 e il 344 a.C. se le datazioni di Polibio, così interpretate, sono corrette, di contro alla cronologia romana tradizionale seguita da livio, la seconda vittoria dei Romani sui galli potrebbe essere stata posteriore alla conclusione del trattato romano-cartaginese del 348 a.C.; in tal caso essa non deve essere stata uno di quei successi romani che avevano fatto apparire opportuno a cartagine il rinnovo degli accordi diplomatici con Roma.
TP
187
PT Ciò farebbe pensare che la talassocrazia punica non arrivasse fin lì; tanto che come sarà più chiaro nei
paragrafi successivi, la Corsica diventerà terra di nessuno tra le due grandi potenze.
TP
188
PT Teofr., Hist. Plant., V, 8. TP
189
PT Diod., XV, 27, 4. egli pone la spedizione intorno al 378 nonostante la data sia da correggere al 353-350 e non
al 378 (cfr. Momigliano, in “St. doc. hist. Iuris”, 1936 p. 395. una spedizione in Sardegna nel 378 avrebbe senz’altro procurato la reazione abbastanza accesa cartaginese. Cosa che sembra non essere avvenuta visto il trattato del 348. sembrerebbe più probabile che questa spedizione fosse diretta conseguenza della vittoria romana sull’etrusca Cere di cui ereditò anchel’interesse verso le isole tirreniche. Nella narrazione diodorea la spedizione romana in Sardegna si connette con la rivoluzione dei sardi contro i Cartaginesi che Diodoro erroneamente pone nel 379 ma che in verità avvenne dieci anni dopo (cfr. J. BELOCH, Griechische Geschichte, III, 2, 375;
Momigliano, p. 396.). la notizia di questa spedizione non è tramandata dall’annalistica; o per lo meno non si trova in Livio a conferma che questa notizia risalisse da una fonte greca.
Focei, ai loro coloni Massalioti e a tutti gli altri Greci l’accesso a quella parte della costa mediterranea della penisola iberica che era situata a sud-ovest di capo Palos. Dopo aver respinto i greci da quell’area, Cartagine era naturalmente impaziente di assicurarsi che non vi penetrassero i RomaniTP
190
PT.
Quando nel 348 i Cartaginesi ritennero necessario stipulare con questa Roma un trattato di navigazione e di commercio, il controllo romano sulla maggior parte del Lazio pareva evidente; notevole la rete romana di alleanze; una potenza come Cartagine non poteva fare a
lle città alleate.
vi eventi,
ancora in grado di dettare
guerra latina stabilì il definitivo controllo di Roma sul Lazio; nel 335/334
ad opera di
ica e nel commercio italico, imponendo loro il poter fare ‘pirateria’ in Italia
ni rappresentato dalla città di
nuova potenza emergente romana, il
oco forza,
meno di fissare, nel trattato, i suoi rapporti con Roma rispettivamente alle città latine ad essa soggette, a quelle altre latine che non ne riconoscevano la supremazia e a
E non sbagliò Cartagine nello stipulare questa alleanza. Il 348, infatti, sembrava il momento propizio per la città tiria di stipulare un trattato; l’Urbe, appena rinvigorita dai nuo
non era ancora in grado d’imporsi come potenza del Mediterraneo, dal momento che a stento era riuscita a riconquistare i territori perduti. Essa pertanto non era
condizioni ma solo di accettarle (il che chiarirebbe le limitazioni imposte a Roma nel 348) cosa che invece probabilmente non avrebbe potuto fare qualche anno dopo, quando nel 340/338, la
l’incorporazione di Capua e di altre città campane; nel 326 la lega con Napoli; la grande guerra contro i Sanniti, che fu anche guerra contro gli Etruschi; per non parlare dell’energica azione di Fabio Rulliano fino al Trasimeno e la conclusione della guerra etrusca
Decio Mure nel 308 impressionarono i Punici.
Anticipando i tempi, Cartagine nel secondo trattato, nonostante sembri comunque riconoscere un certo ‘dominio’ romano nel Lazio, non limita affatto la propria sfera d’influenza nella penisola ital
restituendo tuttavia la città ‘saccheggiata’ ai Romani (qualora essa si trovasse nel Lazio). Ciò che inoltre è da segnalare, a proposito di queste limitazioni, è la menzione, oltre che del Promontorio Bello, di un secondo ‘confine’ imposto ai Roma
Mastia Tarseion.
Il discorso di Mastia (colonia dei Tartessi di Andalusia) apre una questione ancora più complessa: i rapporti tra le varie potenze del Mediterraneo occidentale.
Non sfugga il fatto che oltre a Cartagine e alla
Mediterraneo occidentale conoscesse un’altra grande potenza marittima: Marsiglia. Ovviamente non è il caso di affrontare la storia della colonia greca, tuttavia essa, gi entrò ben presto a contatto con la città tiria e con quella capitolina.
Mazzarino mostra chiaramenteTP
191
PT come, intorno agli inizi del V sec. a.C., la potenza
massaliota andò a scontrarsi, o meglio a ‘cozzare’, contro Cartagine per il dominio sulle coste spagnole.
Il concetto di epicrazia (che sembra essere più che ‘dominio territoriale’ una sorta di ‘influenza territoriale’), di cui si parlerà in seguito anche a proposito della SiciliaTP
192
PT, risulta
fondamentale per comprendere i fatti relativi al secondo trattato romano-punico.
TP
190
PT M.SORDI, I rapporti romano-ceriti e l’origine della civitas sine suffragio, Roma 1960, pp. 94-96, richiama
l’attenzione su due presunte imprese coloniali romane in sardegna e in Corsica, che possono aver indotto i Cartaginesi a includere nel trattato del 348 a.C. il veto alle attività dei Romani in Sardegna. Nel 378-377 a.C., si sarebbe verificato, secondo una notizia di Diodoro (XV, 27, 4) l’invio di 500 coloni romani in sardegna. Teofrasto, scrivendo nel 314 a.C., ricorda che i romani una volta avevano mandato una squadra di venticinque navi in Corsica per fondarvi una colonia (Hist. Plant., V, 8, 2). La Sordi sostiene che queste presunte imprese marittime di Roma sono autentiche e che si era trattato, in realtà, di interventi congiunti romano-cartaginesi, diretti non contro l’impero cartaginese ma contro quello siracusano. F.CASSOLA, I gruppi politici romani del III
sec. a.C., Trieste 1962, Appendice I, Cronologia dei trattati con Cartagine, pp. 32-33) concorda con la Sordi.
Schachermeyr, (Die romisch-punischen Vertage, cit., p. 358, n. 1) e Thiel, (A History of Roman Sea-Power
bifore the Second Punic War, Amsterdam 1954, pp. 54-56 respingono come priva di valore storico la notizia
diodorea di un insediamento romano in Sardegna. Thiel (A History of Roman Sea-Power bifore the Second Punic
War, cit., pp., 19-20) è scettico anche sulla notizia di teofrasto a proposito di una spedizione romana in Corsica. TP
191
Si può notare, infatti come tanto Cartagine quanto Marsiglia, Roma e le città greche del
stò sempre il controllo solo della parte occidentale dell’isola pur ponendo all’Urbe di non intervenire in tutta l’isola.
dell’Andalusia.
nto il trattato sia posteriore alla battaglia tra
si lanciano come se dovessero attaccarli; ma non attaccano subito, sì invece assano attraverso le navi avversarie, operano una conversione e si lanciano sulle navi nemiche che sì vengono prese di fianco… i Massalioti, ben ricordando l’attacco che all’artemision dicono fosse pera di Herakleides Mylaseo di origine, e per accorgimento eccellente tra gli uomini del suo tempo, , sse attraversato la prima linea, a mpo opportuno e restando sempre nell’ordine prestabilito, investissero le navi avversarie che pi pur
oti e
Mediterraneo, nello stipulare i loro trattati attuassero spesso e volentieri delle clausole di non- ingerenza che limitassero la libertà d’azione (militare e a volte commerciale) dell’altro contraente.
Il trattato del 306, come si vedrà, tra Roma e Cartagine, costituisce un esempio molto chiaro. Per epicrazia s’intendeva, come detto, il riconoscimento di una determinata zona d’influenza entro la quale l’altro contraente non avrebbe dovuto interferire.
Quando Cartagine chiede a Roma il riconoscimento della sua epicrazia in Sicilia, ciò non vuol dire affatto che la città tiria fosse completamente padrona di essa, che fosse un suo dominio; a Cartagine, infatti, re
im
Nel 348, pur non essendo padrona della costa occidentale iberica, la città tiria aveva il diritto d’impedire ai Romani l’accesso a quelle coste considerandole propria epicrazia.
Intorno al 490, infatti, Cartagine aveva conquistato parte
Importante è, a questo punto, la riflessione di Mazzarino sul frammento di SosiloTP
193
PT e sulla
battaglia dell’ArtemisionTP
194
PT, come indizio per ricostruire la cronologia del secondo trattato
romano-cartaginese; il confine iberico imposto nel trattato del 348 a.C. ai Romani (ovvero Mastia Tarseion) sembrerebbe presupporre che, ta
Cartaginesi e Massalioti (ovvero posteriore al 490TP
195
PT) quanto il primo trattato polibiano
(datato dallo storico intorno al 509/508), il quale non menziona questo importante confine, di fatto sembrerebbe anteriore alla battaglia stessa. Dice Sosylos:
“doppio fu lo svantaggio dei Cartaginesi per il fatto che i massalioti tenevano presente la manovra speciale propria di essi. Accadde infatti che i Fenici, quando si trovano schierati contro avversari che
loro rivolgono le prore, a
p co o
diedero ordine di schierare in fronte le navi della prima linea, ma altre dietro a queste lasciarne in riserva a distanze simmetriche, affinché queste, quando il nemico ave
te
si avvicinavano….TP
196
PT”
Le vicende del 490 a.C., anno in cui terminò la battaglia dell’Artemision, stabilirono, quindi, un rapporto di equilibrio nella regione spagnola; la pace tra Cartaginesi e Massali l’affermazione di un’epicrazia punica in AndalusiaTP
197
PT.
Mutata, pertanto, la situazione punica, Cartagine forse non tanto preoccupata dei rapporti Roma Marsiglia, quanto piuttosto di imporre il nuovo ‘confine’ al crescente commercio romano, tra Capo Kalos Mastia, propose e impose un nuovo trattato, prima che la città capitolina assurgesse a una potenza più rilevante.
TP
192
PT Si tratta di una formula punica di stipulazione dei trattati. I trattati con Agatocle prevedevano un
‘riconoscimento di sfere d’influenza reciproche in Sicilia; lo stesso trattato del 306, riconoscerà a roma e a Cartagine determinate sfere d’influenza, per non parlare, infine, del trattato dell’Ebro.
TP
193
PT Sosilo, FgrHist, 176. TP
194
PT Il frammento di Sosilo ha dato via a una serie di possibili identificazioni: come la celeberrima battaglia del
480 a.c. combattuta presso l’Artemision euboico tra Greci e Persiani, o un’altrimenti ignota battaglia combattuta presso un omonimo sito di Caria (sempre V sec.), sembra da collocarsi nella penisola iberica presso il Dianium iberico, odierno Cap de la Nao, promontorio che sporge dalla costa orientale della Spagna e che chiude a sud il Golfo di Valencia, quasi a metà strada tra i siti di Cartagena e di Sagunto.
TP
195
PT La datazione è basata sulla vita dell’abilissimo ammiraglio Eraclide di Mylasa che fu protagonista della
battaglia.
TP
196
PT Per la traduzione cfr. S.MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, cit., p. 51. TP
197
Tutto, dunque, porta a ritenere che il secondo trattato polibiano sia identico a quello che Diodoro e Livio pongono nel 348 a.C. ma se Polibio ha ragione contro Diodoro nell’affermare che c’era stato un altro trattato romano-cartaginese anteriore a questo, non ne consegue, necessariamente, né che egli abbia ragione nel datare questo precedente trattato al 508 a.C. né
be gli
trattato di Polibio e qui la zona proibita viene ulteriormente precisata fissando un secondo limite, Mastia, nel territorio dei TartessiiTP
202
PT.
Si tratta di una località sulla costa mediterranea della penisola ibericaTP
203
PT vicina alla futura