DALLA FONDAZIONE DELLA REPUBBLICA ALLA GUERRA TARANTINA
2.2. Le prime esigenze marittime dell’Urbe
La prima flotta di cui si parla nella storia di Roma è quella che, circa quattro secoli prima della fondazione dell’Urbe, approdò sul litorale laziale, ove sbarcarono i profughi troiani guidati da Enea, il mitico progenitore della stirpe regia di Alba Longa e, quindi, di Romolo, nonché della stirpe Giulia. Quanto quella stessa flotta venne incendiata dal nemico, la Madre
egli dei volle assicurarne l’immortalità: le navi v d
analoghe alle Nereidi, che rimasero in quelle acque per proteggervi i naviganti; e non vi è motivo di credere che se ne siano mai allontanate. Gli antichi, pertanto, ebbero la possibilità di annoverare quella soprannaturale benevolenza fra i primissimi fattori del potere marittimo della nascitura Roma.
Il 21 aprile 753 a.C., secondo la ben nota tradizione, Romolo fondò Roma tracciandone i confini iniziali sul Palatino ed estendendola poi al Campidoglio, collocando in tal modo il cuore della Città Eterna sulla riva sinistra del Tevere, in corrispondenza dell’isola Tiberina, a breve distanza dal mare. Quella posizione si è dimostrata del tutto privilegiata, per il suo clima ideale, per la sua centralità (nella Penisola italiana e, quindi, nel Mediterraneo) e per quella sua particolare natura marittima efficacemente illustrata da Cicerone:
“Avrebbe forse Romolo più felicemente potuto assicurarsi i vantaggi di una città marittima, ed evitarne al tempo stesso i difetti, che fondando una città sulle rive di un fiume perenne e costante, che si getta in mare con un’ampia foce? La città poteva ricevere dal mare tutto quello di cui aveva bisogno e dare, per la stessa via, ciò di cui aveva abbondanza. Per mezzo del fiume, essa non solo importava dal mare le cose necessarie alla vita, ma riceveva anche quanto era trasportato per via di terra; così che a me sembra che fin d’allora egli prevedesse che questa città sarebbe diventata un giorno la sede e il centro di un immenso imperoTP
94
PT“.
Per il collegamento fluviale fra la Città e il ma
TP
90
PT F.TAMBORINI, La vita economica nella Roma degli ultimi Re, cit., p. 319. TP
91
PT T.FRANK, An Economic History of Rome, N.Y. 1920, p. 32. TP
92
PT T.FRANK, An Economic History of Rome, cit., p. 33. TP
93
PT F.TAMBORINI, La vita economica nella Roma degli ultimi Re, cit., p. 459. TP
94
PT Cic., De rep., II, 5; da “Marco Tullio Cicerone, Dello Stato”, A.RESTA BARRILE (a cura di), Zanichelli
colonia di Ostia, “facendo sì che Roma divenisse città non solo continentale, ma anche
marittimaTP
95
PT“.
I commerci navali, indubbiamente avviati fin da quel secolo, raggiunsero sul finire del VI secolo a.C. un’estensione già significativa agli occhi di una potenza marittima di prima grandezza come Cartagine: fu infatti nel 509 a.C. - l’anno in cui fu console Lucio Giunio ruto, il fondatore della Repubblica - che venne stipulato il primo dei Trattati navali96 fra
merciali contro gli attacchi dei 97
a.C., e dal Trattato navale 98
ic e per le
al 508 a.C., secondo
solo piccole quantità di provviste per mezzo del fiume”, i consoli decisero “di inviare
quei primissimi anni, quindi, si verificarono svariate e reiterate contingenze che costrinsero
o ento, fu necessario
B TP PT
Roma e Cartagine.
I Romani, quindi, avevano già allora dei ben precisi interessi sul mare: oltre alle esigenze di controllo della fascia costiera laziale, avevano traffici marittimi estesi alle isole maggiori ed al Nord Africa; sembra che essi si avvalessero anche, come suppone Polibio, di qualche nave da
uerra, verosimilmente per la protezione di certe rotte com g
piratiTP PT. Circa un secolo e mezzo dopo il traffico mercantile romano doveva già interessare
buona parte del bacino occidentale del Mediterraneo e, verso oriente, il mare Ionio, come isulta dal secondo Trattato navale con Cartagine, ratificato nel 348
r
bilaterale stipulato con TarantoTP PT qualche decennio prima (la data è incerta, ma risulta
collocabile nella prima metà del IV secolo a.C.).
’esigenza del commercio marittimo per i rifornimenti vitali dell’Urbe - in part olar L
necessità alimentari primarie del popolo (l’annona) - si presenta con particolare drammaticità fin dai primi anni della Repubblica, essendo i Romani perennemente costretti a difendersi
alle agguerrite popolazioni confinanti. Il primo esempio risale proprio d
anno della Repubblica.
“Poiché tutta la campagna era in potere dei nemici, e nessuna provvista veniva portata in città per via i terra, ma
d
ambasciatori a Cuma ... e alle città della pianura pontina, per chiedere di conceder loro di poter importare il grano di lì”: per il trasporto dei rifornimenti, questi legati romani si avvalsero di un gran
numero di navicelle “a cui, dal mare, fecero risalire il TevereTP
99
PT“.
Pochi anni dopo, nel 492 a.C., per fronteggiare un’altra gravissima carestia, i consoli provvidero ad acquisire il grano inviando navi in tutte le direzioni
“non soltanto nell’Etruria lungo i lidi a destra di Ostia, e a sinistra nel territorio dei Volsci fino a Cuma, ma anche in Sicilia: tanto lontano l’ostilità dei vicini costringeva a cercare aiutiTP
100
PT“.
In
Roma a far affluire i propri rifornimenti di frumento per via marittima.
In seguito, per far fronte alle esigenze della popolazione urbana in continu aum “
ricorrere ad importazioni regolari, che già in età repubblicana furono organizzate nel sistema dell’annonaTP 101 PT“. TP 95
PT Dionis. Hal., III, 44, 1-4. TP
96
PT Polib., III, 22-26; da “Polibio, Storie”, Carla Schick (a cura di), Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1988. TP
97
PT A. FLAMIGNI, Il Potere Marittimo in Roma antica dalle origini alla guerra Siriaca, Rivista Marittima
(Supplemento al n. 11, Novembre 1995), Roma, 1995.
TP
98
PT App., Samn., 7; da “Le Storie Romane di Appiano alessandrino, volgarizzate dall’Ab. Marco Mastrofini - Le
Guerre Esterne”, coi tipi di Francesco Sonzogno e Compno, Milano, 1830 (2 volumi).
TP
99
PT Dionis. Hal., V, 26, 3-4. TP
100
PT Liv., II, 34; da “Tito Livio, Storia di Roma”, testo latino e versione a cura di Carlo Vitali, Zanichelli Editore,
Bologna, 1974-1971-1970-1980 (4 volumi; includono i Libri I-X).
TP
101
PT O.HOCKMANN, La navigazione nel mondo antico, Garzanti, Milano, 1988 (titolo originale: Antike Seefahrt;
Lo sviluppo di traffici marittimi romani, fra il VI ed il V secolo a.C. deve necessariamente essere stato accompagnato da misure intese a contenere il rischio di intercettazione delle navi mercantili da parte dei pirati: fra tali accorgimenti, quello più convincente era evidentemente costituito dalla disponibilità di qualche nave da guerra. Si è già visto che Polibio ammette tale
o a.C.: nel 394 a.C., dopo le vittorie di Marco Furio Camillo su eio e Faleria, una , equipaggiata con “la ciurma miglioreTP
103
PT“, venne inviata
al Senato in Grecia, nel golfo di Corinto, per portare un’offerta al santuario di Apollo elfico. La nave romana fu dirottata dalle triremi dei pirati nel porto di Lipari; ma non appena
religiosa di quel viaggio, l’unità venne trattata con tutti tera durata della traversata. Questo è peraltro il solo
importazioni marittimeTP
104
PT‘, che
oma ebbe per la prima volta l’esigenza di dover respingere dei nemici sbarcati lle coste laziali da una flotta greca di provenienza incerta, forse appartenente, come dice
possibilità fin dal VI secolo; Tito Livio, citando alcuni antichi annali in cui “si parla anche di
un combattimento navale che avrebbe avuto luogo, presso Fidene, con i Veienti”, nel 426
a.C., non esclude la possibilità che Roma possedesse qualche nave da guerra in quegli anni (V secolo a.C.), ma considera che lo svolgimento di una battaglia navale su quel tratto del Tevere risulti
“incredibile per la ristrettezza del fiume ... a meno che, per ostacolare la traversata del fiume ai nemici, si sia ricorso ad alquante imbarcazioni; concorso che venne poi ingrandito, come spesso avviene, da coloro che aspiravano all’onore infondato di una vittoria navaleTP
102
PT“.
Lo stesso Tito Livio e Plutarco riportano invece senza riserve l’utilizzo di una nave da guerra romana agli inizi del IV secol
nave da guerra
V d D
i Capitolini resero nota la motivazione li onori, ivi inclusa la scorta per l’in g
incidente con i pirati riferito dagli storici di quel periodo: se ne potrebbe desumere che le precauzioni adottate per la sicurezza del traffico mercantile romano riuscissero a contenere l’incidenza degli attacchi dei pirati entro livelli ritenuti normalmente accettabili.
Prescindendo quindi dai pirati, Roma non aveva ancora sperimentato, fino agli inizi del IV secolo, alcuna diretta minaccia dal mare. La Città aveva effettivamente beneficiato dei già
ccennati vantaggi della propria posizione, adatta a ricevere ‘ a
Tito Livio riferisce con le seguenti parole (attribuite a Marco Furio Camillo nell’ambito del celebre discorso pronunciato nel 390 a.C.). Ma se l’Urbe stessa era al riparo dalle incursioni navali, lo stesso non poteva certo dirsi per il litorale marittimo di diretto interesse dei Romani: nel 349 a.C., R
su
Tito Livio, a “tirannelli siciliani”. Il comando di quella “guerra marittima” venne assunto dal console Lucio Furio Camillo: i Greci, tenuti per molto tempo “lontani dalle spiagge, non
potendo rifornirsi nemmeno di acqua nonché di tutto il resto indispensabile alla vita, abbandonarono l’ItaliaTP
105
PT“.