alla fine del VI sec a.C.
3.6. Il trattato di ‘Filino’ e la responsabilità
Si apprende da PolibioTP
269
PT che secondo Filino nel 264 a.C. anno in cui i Romani invasero la
Sicilia, vigeva tra Roma e Cartagine una convenzione in base alla quale la prima si era mpegnata a non interv ire
i
Megalopoli, dal canto suo dichiara che una s Metodologicamente sembrerebbe opportuno pa
TP
267
PT H.NISSEN, Die romisch-karthagischen Bundnisse, cit., p. 323. TP
268
PT Come lo stesso H.NISSEN, Die romisch-karthagischen Bundnisse, cit., p. 326 suggerisce. TP
269
PT Polib., III, 26. TP
270
PT Su tale modo di procedere sembra non essere d’accordo Taubler (E.TAUBLER, Imperium Romanum, cit., p.
274), secondo cui egli afferma che il quadro politico, diffilmente ricostruibile appieno, di conseguenza non può dare notizie attendibili.
possibilità di un trattato intermedio) a quello del 306 (riportato, come detto, tanto da Polibio che da Livio e Diodoro).
Detto questo, il trattato del 306 mostrerebbe anche un altro tipo di problema che sarebbe, ora, o della prima punicaTP
271
PT.
‘commerciale’, quest’ultimo, come si vedrà, al contrario pare che determini un limite o delle
in particolar modo la presunta ‘invasione’ (264 a.C.) da il pretesto punico sulla ‘responsabilità mana’ dell’inizio delle ostilità, allo stesso modo la presenza di navi cartaginesi nel golfo di
ncora nel I sec. a.C., infatti, (come accennato nel paragrafo introduttivo al capitolo) Livio
rice, ricordate le vicende del conflitto, combattuto per terra e per mare er ventiquattro anni. Allora non era al comando questo ragazzo ma suo padre Amilcare, che era, a
TP PT
Entrambi gli autori riportano, come è evidente, l’uno in maniera più raffinata (per bocca proprio di un aristocratico punico) l’altro in maniera suppositiva, la questione della presunta
il caso di affrontare: la ‘responsabilità’ sullo scoppi
Se i trattati (tre) immediatamente precedenti a questo sembrano contenere clausole puramente di tipo
‘bellico’ tra le due grandi potenze e un riconoscimento dei ‘territori’ (o quanto men sfere d’influenza) l’una dell’altra.
Quando la prima guerra punica ed
parte di Roma della Sicilia (‘territorio’ cartaginese) fu ro
Taranto (272 a.C.) fu il pretesto romano sulla ‘responsabilità punica’.
Non bisogna affatto sottovalutare il fatto che entrambe le grandi potenze sembrino ingaggiare anche una battaglia ‘storiografica’ in modo da ‘scrollarsi di dosso’ ogni possibile responsabilità per quanto concerne il loro inevitabile scontro.
A
presenta Annone che nel 218 a.C., difende i patti con Roma con queste parole:
“Ricordate le isole Egadi e l’E p
giudizio di costoro un altro Marte. Ma non avevamo rispettato i patti, non ci eravamo tenuti lontani da Taranto, ovvero dall’Italia; così come ora non ci asteniamo dall’attaccare Sagunto. Perciò vinsero i Romani; gli dèi e gli uomini vinsero; e quanto alla questione, di cui si discuteva a parole, quale dei due popoli avesse infranto i trattati, l’esito della guerra, come giusto giudice, diede la vittoria aquella parte che aveva per sé il dirittoTP
272
PT”
questo era dunque il punto di vista romano.
Ancor prima lo stesso Catone diceva che i Cartaginesi nel 218 sextum foedere decessere cioè per sei volte infransero i patti: ovvero
1) Proibizione sbarchi in Sardegna (trattato 348)TP
273
PT
2) Affondamento da parte punica di navi italiche che recavano aiuto ai ribelli sardi (anno 238).
3) Azione di Amilcare e Asdrubale in Spagna contro le colonie massaliote (anno 231) 4) Azione di Amilcare e Asdrubale in Spagna contro le colonie massaliote (anno 226) 5) Azione di Annibale (anno 218)
6) La ‘dimostrazione’ punica a Taranto (anno) 272 274
TP
271
PT S.MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, Milano 2003, p. 86 sgg. TP
272
PT Liv., XXI, 10, 7-9. l’azione del 272 a.C. nelle acque di Taranto che Livio assieme a tutta l’annalistica romana
attribuisce ai Cartaginesi, potrebbe anche essere una costruzione annalistica (WUILLEUMER, Tarente, 1939) ma
anche in tal caso essa fu costruita per giustificare da parte romana la prima guerra punica, presupponendo che l’annalistica romana conoscesse l’esistenza del trattato di Filino.
TP
273
PT Bisogna tuttavia premettere che questo ragionamento delle decessiones è solo indiziario (Taubler, p. 270 e
Beloch, Rom. Gesch., p. 308); Per quanto riguarda la sesta infrazione è da tener presente infine che il periodo in cui Catone scrive era il tempo in cui si rinvangarono, proprio per stabilire le responsabilità, i vecchi trattati. Era il tempo della polemica polibiana. Catone che conosceva molto bene la storiografia greca probabilmente aveva sentito quelle notizie che l’annalistica romana trascurava, ma non la storiografia greca, sulla spedizione romana in Corsica ed in Sardegna. A questo punto Catone avrebbe potuto considerare legittima la spedizione romana in Sardegna e illegittima l’imposizione da parte dei Cartaginesi del trattato del 348 (il secondo polibiano).
TP
274
‘infrazione punica’ nel 272 quando alcune navi si presentarono davanti al golfo di Taranto. A queste ‘accuse’risponde Cartagine per bocca di Filino/Polibio:
“C’erano accordi tra Romani e Cartaginesi, secondo cui i Romani dovevano tenersi lontani da tutta la Sicilia e i Cartaginesi dall’Italia; e i Romani trasgredirono gli accordi e i giuramenti quando fecero il primo passaggio in SiciliaTP
275
PT”
La cosa piuttosto imbarazzante che emerge dai due resoconti è che per Polibio, la questione della ‘responsabilità’ della prima punica da parte dei Romani si riduceva a questo ‘trattato di Filino’ di cui egli, ostentando anche una certa sicurezza, negava addirittura l’esistenzaTP276PT; per
sservato che i Cartaginesi violarono un trattato, allora in vigore, quando mandarono nel 272
clausola di reciproca non-ingerenza. Essi non esitarono a chiamarla, infatti, in un caso in cui essa metteva cartagine dalla parte del torto. Eppure non
violazione del trattato, se si fosse risolta in un
di salvare taranto solo mediante un’azione navale, può
rze armate romane. Roma, invece, nel 264 a.C. spinse il suo intervento in Sicilia proprio fino a quel punto: attaccando le forze cartaginesi impegnate nell’assedio di Messina, diede inizio a quella che doveva essere la tremenda duplice guerra del 264-201 a.C.
Impazienti di dichiarare Cartagine colpevole della violazione dei patti del 272 a.C., gli annalisti romani non si erano soffermati a riflettere che con ciò essi ammettevano implicitamente la ben più grave infrazione allo stesso trattato commessa dal loro paese nel 264 a.C.TP
278
PT.
l’annalistica romana, invece, confluita in Livio, la medesima questione della responsabilità proprio sull’esistenza di quel trattato, interpretanto l’azione della flotta cartaginese nel 272 a.C. come una violazione, appunto, del trattato di Filino.
Nell’epitome del perduto XIV libro dell’opera liviana, si dice, infatti, che lo storico aveva o
a.C. una squadra navale a Taranto con lo scopo dichiarato d’impedire all’ultimo momento che la città cadesse in mano a RomaTP
277
PT. Questo passo mostra che gli annalisti romani erano al
corrente dell’esistenza di un ri
si accorgevano che, denunciando la trasgressione cartaginese, finivano per ammettere la ben più grave colpa di cui si era macchiata Roma. Senza dubbio la spedizione navale cartaginese a Taranto nel 272 a.C. avrebbe rappresentato una
vero e proprio intervento; questa considerazione di ordine diplomatico, insieme con l’impossibilità – sul piano militare –
spiegare in parte perché Cartagine non riuscì (in tal modo riscattandosi) a spingere la violazione del trattato fino al punto di entrare in conflitto con le fo
TP
275
PT Polib., III, 26, 3-4. TP
276
PT S.MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, cit., p. 87. TP
277
PT Il trattato in question sarebbe quello di Capo Lacinio concluso tra Roma e Taranto. Cfr. G.P.GIVIGLIANO, Dai sanniti a Thurii. La prima guerra italica, in G.P.GIVIGLIANO (a cura di ), In Calabria…Riflessi di una storia
“minore” al centro del Mediterraneo, ESI, Napoli 2005, p. 150 e n.: “In tal senso, è possibile che questo trattato,
escludendo Roma dal golfo di Taranto, possa intendersi come la risposta tarantina a quella romano-cartaginese del 306, che, secondo la prospettiva cartaginese, avrebbe assegnato l’Italia a Roma; altro motivo di preoccupazione per Taranto è, sicuramente, proprio fra il 307 e il 305, l’avvio dei rapporti fra Roma e Rodi”. POLIBIO, XXX, 5, 6-10; A.DONATI, I Romani nell’Egeo, in Epigraphica, fasc. 17, 1965, p. 5 ss.
TP
278
PT M.CARY, A forgotten Treaty between Rome and Carthage, cit., p. 73, fa notare come le accuse di violazione
dei trattai che i Romani e i cartaginesi si lanciarono reciprocamente alla vigilia dello scoppio della prima guerra punica presuppongano l’esistenza di una clausola di reciproca non ingerenza. Polibio non menziona l’arrivo di una squadra navale cartaginese a largo di taranto nel 273 a.C. e il suo silenzio può essere spiegato solo in via ipotetica. Forse egli non avrà ritenuta autentica questa presunta azione cartaginese (secondo J.H.THIEL, A
History of Roman Sea-Power before the Second Punic War, cit., pp. 129-130 essa fu inventata dai romani per
provare come i cartaginesi fossero i primi a contravvenire a un obbligo di reciproca non-ingerenza, che pure i Romani, in altre circostanze, negarono esistesse). Alternativamente la presunta azione cartaginese sarebbe realmente avvenuta, ma tuttavia Polibio, pur essendone a conoscenza, avrebbe ignorato questo episodio perché si rendeva conto che incolpare Cartagine di una violazione del trattato del 272 a.C. avrebbe significato accusare implicitamente roma di una violazione molto più grave nel 264 a.C. se questa fu la ragione del silenzio di Polibio dovremmo dubitare della sua sincerità quando afferma che la pretesa clausola di reciproca non ingerenza era
Se ne conclude di conseguenza che, tanto Polibio (per quanto involontariamente) quanto la
E che, ertanto, Il trattato del 306 fosse “non più un trattato di navigazione ma politico279”.
a è che nel 306 né Roma era signora d’Italia né Cartagine era padrone dell’Italia
come si vedrà, sembrano confermare l’esistenza di un simile trattato:
l genereTP PT.
ione ricordata da Filino fosse autentica e
le condizioni di fatto, in cui quel trattato fu stipulato e per ui doveva necessariamente stipularsi, considerandosi ormai insufficienti gli obblighi contratti
anni embra essere abbastanza chiara.
avi che si rivelarono ondamentali nella battaglia contro i Cartaginesi .
.
tradizione annalistica romana riconoscessero l’esistenza di un trattato che a quanto pare inibisse ai Romani qualunque azione militare in Sicilia e ai Cartaginesi in Italia.
p TP PT
“Il problem
nonostante il trattato di Filino parlasse e riconoscesse la reciproca influenza delle due città nei rispettivi settori territorialiTP
280
PT”.
Anche le fonti letterarie,
andando, più in là nei secoli pare anche che lo stesso Servio, il tardo commentatore di Virgilio, conosce una ‘clausola’ de 281
Sicuramente non esistono validi motivi per considerare come fittizio il trattato del 306 a.C. ed accettare l’affermazione di Polibio.
H. NissenTP
282
PT, su questa scia, suppone che la convenz
che costituisse una delle nuove clausole del trattato del 306 a.C.TP
283
PT
“I moderni, che si son posti il problema dei trattati tra Roma e Cartagine, hanno riconosciuto pur nella varietà e disparità di opinioni, che l’esistenza di un trattato stipulato nel 306 è innegabileTP
284
PT”.
Ed è proprio a questa data che si cercherà di ricollegare la stipulazione del trattato di FilinoTP
285
PT.
Ma se nel 306 a.C. i Romani e i Cartaginesi avvertirono la necessità di stipulare un trattato, quali furono le ragioni? Quali erano
c
nel precedente trattato?
Pur nella frammentarietà dei dati la situazione politica romano-punica relativa a quegli s
All’inizio del 307 a.C. Agatocle era in Africa, deciso a un’offensiva contro i punici, e occupava Utica e Diserta con l’appoggio dalla lega etrusca con diciotto n
286
f TP PT
Di conseguenza sembra evidente che nel 307 a.C. funzionasse un’alleanza tra la Lega etrusca (Roselle, Vetulonia e Populonia) e Siracusa
falsa; la ragione potrebbe anche essere che forse lo storico avrà pensato che gli annalisti romanio non avevano alcuna legittima giustificazione per servirsi, come in effetti facevano, di questo incidente a scopo propagandistico, cercando cioè di far apparire cartagine colpevole di una violazione dei patti anteriore allo scoppio della guerra nel 264 a.C.
TP
279
PT S.MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, cit., p. 107. TP
280
PT S.MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, cit., p. 109. Evidentemente siamo difronte al concetto di
pre-imperialismo o di egemonia caro a Fabio Pittore: tale concetto prevedeva l’accordo reciproco della continuità territoriale nelle zone di espansione prevista considerando anche l’assoluta rinunzia della Corsica dichiarata neutra tra le due potenze. Roma rinunciando a ogni pretesa sulla Sicilia e sulla Corsica rinunciava in definitiva a raccogliere l’eredità della Lega etrusca (che pur controllava). L’urbe a quanto sembra rinunciò di bguon grado probabilmente preferendo anziché continuare l’avventura piratesca degli etruschi in Sicilia o in Corsica, garantirsi una base coloniale nel continente.
TP
281
PT Serv., ad Aen., IV, 628. TP
282
PT Italiche Landeskunde, cit., p. 326. questa ipotesi viene accolta da J.H.THIEL, A History of Roman Sea-Power bifore the Second Punic War, cit., pp. 129-130 e da L.P.HOMO, L’Italie primitive et les dèbuts de l’imperialisme
romain, Paris 1925, p. 353. TP
283
PT Le due tesi di Nissen vengono accettate da Werner, (Der Beginn der romischen Republik, cit., p. 367, n. 2). TP
284
PT S.MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, cit., p. 88. TP
285
PT Per quanto riguarda la letteratura sui trattati cfr. Momogliano, in “St. doc. hist. Iur.”, 1936, 373, 12; cfr.
Giannelli, Roma nell’età delle guerre puniche, 1938, p. 45 sgg.
TP
286
Fallite poi nell’anno successivo, le operazioni militari di Agatocle in Africa, mentre un’armata cartaginese era ancore impegnata nell’assediuo di Siracusa. Cartagine avrebbe potuto essere ben presto libera d’intervenire in Italia se Roma non fosse giunta ad un accordo con essa, prima che Agatocle avesse scoccato l’ultima freccia al suo arcoTP
287
PT.
Dalla parte romana, invece, l’Urbe era impegnata in quegli anni nelle guerre sannitiche che dopo la sconfitta di Caudio videro l’entrata in scena anche degli Etruschi in essa (anno 309 a.C.)TP
288
PT sottolineata da De Sanctis:
“Il movimento unitario, come nel Lazio e nel Sannio, così s’era rinvigorito in Etruria; ed ora per la prima volta i Romani si trovavano a fronte non più due o tre Stati etruschi ma l’Etruria interaTP
289
PT”
Per questo motivo la vittoria di Fabio Rulliano e di Publio Decio Mure nel 307, seguita dalla pace quarantennale con Tarquinia e con tutta la lega etrusca, fu decisiva.
“L’eco di una così patente dimostrazione dell’impotenza dell’intera lega etrusca contro Roma doveva ripercuotere fortemente in tutta la penisolaTP
290
PT”
Roma era, pertanto, chiaramente sul punto di costringere i Sanniti alla pace dopo un lungo periodo di guerra iniziato intorno al 316 a.C. che l’aveva vista estendere ampiamente la sfera delle sue operazioni militari e politiche; anche se l’ormai imminente trattato di pace avrebbe lasciato al Sannio la sua integrità territoriale, l’Urbe stava per emergere da questa vicenda
rittime del Mediterraneo occidentale, sembravano essere invertite; Se
ente, pertanto, il trattato del 306 sembra essere più che motivato.
come la massima potenza dell’Italia peninsulare.
Sarebbe stata una mossa abile, da parte di Cartagine, anticipare l’epilogo della guerra romano sannitica, ormai quasi inevitabilmente a favore di Roma, rinegoziando il trattato prima che quest’ultima avesse libertà d’azione in Italia. Al contempo, sarebbe stata una mossa abile, da parte di Roma, assicurarsi il riconoscimento cartaginese della posizione di predominio che essa avrebbe assunto in italia, proprio mentre le forze sannitiche erano ancora schierate in campo.
Riassumendo, dunque, nel 307 è in azione un’alleanza tra Agatocle e la lega etrusca contro i Cartaginesi. Nello stesso anno Roma combatte e vince contro gli Etruschi. Si conclude che nel 307 Cartaginesi e Romani avevano lo stesso nemico: la lega etrusca.
Nonostante, infatti, nel 306 a.C. Cartagine avesse stipulato un trattato di pace con Agatocle, probabilmente il pericolo della pirateria etrusca era ancora incombente.
n fondo le relazioni ma I
anche da prima della battaglia di Alalia Cartaginesi ed Etruschi costituivano un nemico comune per i Greci di Sicila, ingranditasi in seguito l’eparchia punica sull’isola, gli Etruschi cominciarono a divenire alleati scomodi ai Punici soprattutto se in combutta con Agatocle. A questo punto un’alleanza con Roma si rivelava fondamentale; innanzitutto ciò avrebbe garantito che l’Urbe non avrebbe raccolto l’eredità della pirateria etrusca e per di più sarebbe stata una buona alleata all’interno della penisola.
Cronologicam
TP
287
PT Un’ulteriore considerazione è svolta da H.NISSEN, Italiche Landeskunde, I-II, Berlin 1883-1902, pp. 326-
327 (cfr. O.MELTZER, Geschichte der Karthager, I, Berlin 1897, p. 415). Egli rileva che fra il 312 a.C. e il 307
a.C., gli Stati etruschi erano passati dall’uno all’altro alleato nel conflitto tra Cartagine e Siracusa. Nel 312 a.C. 1.200 mercenari etruschi combattevano al servizio di Cartagine (Diod., XIX, 106); nel 307 a.C. una squadra navale etrusca venne in soccorso di Siracusa (Diod., XX, 61). In seguito, degli Etruschi combattevano accanto a sanniti e celti al servizio di Siracusa (Diod., XX, 64; XXI, 9, 10). Nel 311 a.C. si verificò un attacco etrusco contro l’ager Romanus, che i Romani riuscirono a respingere. Come rileva Nissen, uno degli aspetti più significativi del trattato romano-cartaginese del 306 a.C. consisteva nel fatto che con esso i Romani si sostituivano agli Stati etruschi quali alleati di cartagine in Italia.
TP
288
PT G. DE SANCTIS, Storia dei Romani, II, p. 328, sgg; G. GIANNELLI, La Repubblica romana, cit., p. 225 sgg. TP
289
PT G. DE SANCTIS, Storia dei Romani, II, p. 329. TP
290
Resta invece da definire la situazione geografica relativa alle ‘sfere d’influenza’ delle due alleate. Probabilmente ‘il fondamentale’ aiuto dato dalla Lega etrusca (le famose diciotto navi) ad Agatocle indusse i Tirii a fare in modo che Roma con la sua egemonia tenesse
Romani per mare. Nessuno costringa gli equipaggi a sbarcare se non
295
C.
notizia è
la tradizione serviana riporta
lontana la lega etrusca dalla Sicilia.
“È legge eterna che i vincitori accolgano l’eredità dei vintiTP
291
PT” e pertanto dopo la vittoria di
Roma sulla lega etrusca, Cartagine aveva ben motivo di temere che la pace con Tarquinia e la lega tirrenica ben presto si sarebbe trasformata in una minaccia romano-etrusco-siracusana contro le sue postazioni siciliane. L’alleanza con Roma doveva essere sugellataTP
292
PT
Il trattato del 306 pertanto offre una possibile ricostruzione anche dei trattati precedenti e successivi. Si prenda ad esempio il terzo trattato polibiano, stipulato in occasione della campagna di Pirro, prima che i Cartaginesi sostenessero la guerra poer la Sicilia. Nel 278 a.C. Magone giunse a RomaTP
293
PT
“In questo patto conservano tutti i dettami dei precedenti accordi, ma a questi aggiungono le seguenti clausole: se le parti contraenti stipulano un trattato con Pirro devono farlo per iscritto e congiuntamente, in modo tale da poter essere libere di venire l’una in aiuto dell’altra nel territorio della parte che venga aggreditaTP
294
PTquale dei due avrà bisogno d’aiuto siano i Cartaginesi a fornire le
navi e per l’andata e per il ritorno, ma ciascuno si paghi i propri soldati. In caso di necessità i artaginesi portino aiuto ai
C
voglionoTP PT”.
Non è facile dedurre quali fossero queste precedenti convenzioni a cui nel 278 si aggiungeva la clausola in occasione della guerra contro Pirro; si comprende che tali convenzioni fossero
uelle del trattato immediatamente precedente, ovvero quelle del 306 a. q
Si conclude che il trattato del 306 non può assolutamente essere il ‘secondo trattato polibiano’ il quale si pone come un semplice trattato commerciale, ma sicuramente il ‘trattato di Filino’ che riconosceva la netta settorializzazione dei territori tra le due contraenti la quale
confluita anche indirettamente nella tradizione annalistica liviana (discorso di Annone) e nel commentatore virgiliano Servio. In base alla testimonianza di Polibio/Filino esisteva un trattato che precludesse ai Romani qualunque intervento in Sicilia e ai Cartaginesi in Italia; nel discorso di Annone riportato in Livio si corregge una clausola da cui si può trarre che in un precedente trattato i punici dovessero Italia abstinere; infine
un trattato in cui in foedere cautum fuit ut neque Romani ad litora Carthaginiensium
accederent neque Carthaginienses ad litora Romanorum…
Questo era il trattato del 306; trattato che non era pertanto “una semplice convenzione di carattere commerciale ma chiara delimitazione di sfere di espansioneTP
296
PT” (come il secondo
della lista polibiana); un patto di reciproca non–ingerenza da parte delle contraenti nelle rispettive sfere d’influenza e che nel 278, considerando il comune pericolo, fu modificato con una ‘clausola’ aggiuntiva.
“Proprio per questa ragione si devono escludere la tesi di Mommsen, secondo cui il trattato del 306 a.C. si identificherebbe con il secondo trattato polibiano, ed anche la tesi di altri studiosi (da ultimo
TP
291
PT S.MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, cit., p. 92. TP
292
PT S.MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, cit., p. 92, afferma che un noto frammento dello storico