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La terza guerra macedonica

Nel documento Maritima : Roma sul mare (pagine 125-127)

DALLE GUERRE MACEDONICHE ALLA TERZA GUERRA PUNICA

6.2. La terza guerra macedonica

Fra il 171 ed il 168 a.C.

Macedonica), il cui re Perseo, ergendosi a paladino del mondo ellenico, tentò di riscattare la sconfitta subita dal padre Filippo.

“benché di oscuri natali e costretto dalla forza degli eventi a combattere, Perseo seppe fronteggiare il nemico e resistergli a lungo, logorando i consolari che erano a capo delle forze romaneTP

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PT, i loro

eserciti ben equipaggiati e le potenti flotte e riportando talvolta anche delle vittorieTP

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PT“.

Il re Macedone fu anche autore di un ‘presunto’ scontro navale, di cui però palrla soltanto Plutarco, presso Oreo522: “in un’incursione navale colse di sorpresa le navi ancorate presso

TP 517 PT Polib., XXI, 11. TP 518 PT Liv., XXXVII, 31. TP 519 PT Liv., XL, 52. TP 520

PT Plut., Aemil., 9, 2: “Quando Publio Licinio invase la Macedonia, lo mise in fuga con una battaglia equestre,

uccise 2500 valorosi soldati e ne fece prigionieri 600”. Si allude qui alla sconfitta di Callinico subita da P. Licinio Crasso, console nel 171, cfr. Moralia, 197 E-F, Polib., XXVII, 9, 1; Liv., XLII, 58-62).

TP

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PT Plut., Aemil., 9, 1. TP

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Oreo requisì venti mercantili con il loro carico, altre navi cariche di grano*** quattro quinqueremi e***TP

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PT“.

Quando tuttavia le sorti della terza guerra macedonica passarono nelle mani di Lucio Emilio Paolo, le cose si risolsero al meglio.

La vittoria di Pidna sul re Perseo, mise la parola fine a ogni questione relativa alla supremazia dell’Urbe sull’Oriente europeo tra Danubio e Mediterraneo: Macedonia, Tracia e Grecia entrarono stabilmente a far parte, se pur in diversa misura, di quello che andava costituendosi come l’Impero di Roma. L’artefice del successo, in verità non tanto complicato, grazie alle

il comandante dovette comunque attendere diverse ore dopo che la vittoria si era già anifestata col consueto massacro degli avversari ormai inermi, prima di gioire per quello

ento, vi fosse un nucleo di

esitazioni e al contraddittorio atteggiamento bellico del sovrano macedone, che sarebbe morto di stenti in una prigione abruzzese, fu il console Lucio Emilio Paolo, condottiero sperimentato ed esperto, amministratore austero e integerrimo, moralmente ineccepibile e spiccatamente conservatore, già avanti con gli anni

A Pidna m

che si apprestava ad essere il suo secondo Trionfo, dopo una vittoria sui liguri quattordici anni prima; solo a notte fonda, infatti, egli vide tornare il suo secondo figlio, appena diciassettenne,

“che si era gettato all’inseguimento dei nemici senza badare troppo ai collegamenti ed era stato deviato in un’ altra direzione da quella moltitudine di fuggiaschiTP

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PT“.

La flotta romana, inoltre, comandata da Gneo Ottavio, dopo lo smacco di Oreo, contribuì efficacemente alla vittoria ottenuta dal console Lucio Emilio Paolo nella battaglia di Pidna (vicino alla costa) ed inseguì poi il re fuggiasco fino all’isola di Samotracia. La cattura di Perseo venne equiparata ad una “vittoria navale” e fece meritare a Gneo Ottavio il trionfo navale.

“Ancor più significativo, per mostrare il carattere soprannaturale della vittoria e la fortuna di Emilio, è il modo prodigioso con cui si diffuse la notizia. Quattro giorni dopo la sconfitta di Perseo a Pidna, a roma la popolazione stava assistendo ai ludi circenses: all’improvviso nelle prime file del teatro si prese a discutere su come Emilio, sgominato Perseo in una battaglia decisiva, avrebbe potuto sottomettere l’intera Macedonia. Dopo queste prime voci la notizia dilagò tra la gente e in città quel giorno esplose l’entusiasmo tra grida e applausi. Anche se priva di un solido fondamento la diceria si diffuse dovunque per poi spegnersi a poco a poco fino a scomparire del tutto. Pochi giorni dopo arrivarono notizie precise sull’esito della battaglia: grande fu lo stupore per l’essersi la notizia diffusa con tanto anticipo e per il fatto che nella voce, priva di ogni fondam

veritàTP

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PT“.

Dopo la vittoria, Emilio salpò dal porto di oricoTP

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PT fino risalire il tevere su una “nave regia a sedici ordini di remi, colma di armi sottratte ai nemici, carica di prigionieri e addobbata a festa con vessilli e stoffe purpuree***TP

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PT“; mentre la nave risaliva lentamente la corrente i

Romani godevano dello spettacolo pregustando la processione trionfaleTP

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PT.

TP

523

PT Plut., Aemil., 9, 3. Il passo è inoltre lacunoso. TP

524

PT Liv., XLIV, 44. TP

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PT Plut., Aemil., 24, 4-6: così pure Liv., XLV, 1, 1; Zonara, IX, 24, p. 319 Dindorf. Da Cic., De Nat. Deorum, II,

6 e Val. Max., I, 8, 1; la prodigiosa velocità con cui la notizia della vittoria giunse a Roma viene spiegata ricorrendo all’intervento dei Dioscuri, cfr. Flor., I, 28, 14-15). Lo stesso Plut., Aem., 25, 1, afferma inoltre che non si trattasse di una novità: “Non è questo l’unico caso del genere. La notizia della battaglia del fiume Sagra svoltasi in Italia giunse nel Peloponneso il giorno stesso”. Cfr. Cic., De nat. Deor., II, 6; Suda s.v. αληθέστερα των επί Σάγρα; Apostolio II, 12, in Paroemiographi Graeci II, p. 267, mentre il proverbio αληθέστερα των επί Σάγρα (επί των αληθων ου πιστευοµένων δε) risalirebbe a Menandro.

TP

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PT Porto al confine tra l’Illiria e l’Epiro, nel golfo di Valona, cfr. Liv., XLV, 34, 7 e Plut., Aemil., 30, 1. TP

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PT Plut., Aemil., 30, 2. TP

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In quello stesso anno (168 a.C.), Lucio Anicio era entrato con un’altra flotta in Adriatico (III guerra Illirica) e vi aveva sconfitto il re Genzio, alleato di Perseo, dopo avergli sbaragliato la flotta ed espugnato la capitale Scodra (odierna Scutari, in Albania) - ove lo stesso re cadde prigioniero -, ed avendo catturato un totale di ben 220 navi illiriche.

All’inizio del settimo secolo dalla fondazione dell’Urbe, dal 601 al 603 U.c. (anni “Urbis

conditae”, pari a 153-151 a.C.), i Romani vennero nuovamente chiamati a combattere in

Spagna, in quella durissima guerra Celtiberica che vide le prime gesta di Scipione Emiliano. I rimi decenni di quello stesso secolo furono contraddistinti dalla adamantina ed esemplare rmezza che accompagnò la conclusione delle tre maggiori guerre condotte oltremare: la III d ultima guerra Punica, conclusa nel 608 U.c. (146 a.C.) con la distruzione di Cartagine, la o stesso anno con la distruzione di Corinto, e la guerra umantina, conclusa nel 621 U.c. (133 a.C.) con la distruzione di Numanzia. Si trattava

guerra

a aveva più volte tentato di annettere il territorio

le la capitolazione di quest’ultimo.

di Roma: la guerra contro Cartagine venne

assinissa, alleato di

e da molte altre unità aperte e da trasporto. Quella flotta trasportava ottantamila fanti e quattromila cavalliTP

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PT“.

I punici fecero di tutto per evitare il conflitto in un crescendo di concessioni che andavano dalla condanna a morte dello stesso Asdrubale alla consegna di 300 ostaggi e di tutte le armi, ovvero 2.000 catapulte e 200.000 armature.

p

fe e

guerra Achea, conclusa in quell N

evidentemente di misure connotate da una forte efficacia dissuasiva, intraprese al fine di consolidare l’egemonia romana e ridurre i rischi a cui gli interessi romani oltremare erano inevitabilmente esposti a causa dei sempre possibili cambi d’umore dei vari popoli o delle personali ambizioni dei singoli sovrani o governanti. Ci soffermeremo soltanto sulla III

Punica poiché con essa si concluse il ciclo delle terribili sfide da cui sbocciò il potere

marittimo di Roma, che doveva completamente annientare non solo quello di Cartagine, ma la

stessa Cartagine.

Nel documento Maritima : Roma sul mare (pagine 125-127)