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La terza guerra punica

Nel documento Maritima : Roma sul mare (pagine 127-129)

DALLE GUERRE MACEDONICHE ALLA TERZA GUERRA PUNICA

6.3. La terza guerra punica

Fin dall’inizio della terza guerra Macedonica, l’attenzione di Roma era stata richiamata sui Cartaginesi, accusati da Massinissa (nel 172 e 171) di voler costruire una grande flotta. Ma i Romani iniziarono realmente a preoccuparsi della possibile rinascita della potenza navale punica a partire dal 155, pungolati dalle reiterate esortazioni di Marco Porcio Catone.

Nel 150 a.C., all’ennesima provocazione di Massinissa, il quale dopo il pressoché completo disarmo di Cartagine dopo la sconfitta di Zam

punico a quello di Numidia, Cartagine rispose con un esrcito di 60.000 uomini.

Il giorno prima della battaglia Scipione, giunto in Africa, assistette allo scontro tra Massinissa e Asdrubale guardando da un col

Rotta, pertanto, una clausola del trattato secondo cui a Cartagine non era permesso muovere guerra senza il consenso di Roma, dopo aver inviato ben tre legazioni in Africa, il Senato si convinse della necessità dell’intervento

ufficialmente dichiarata nel 149 a causa di una duplice violazione del trattato di pace: l’anno precedente, infatti, come detto, Cartagine aveva dichiarato guerra a M

Roma, ed aveva costruito più navi da guerra del massimo numero consentito (10 triremi). Alla dichiarazione di guerra, Cartagine decise subito di arrendersi: le venne imposto di consegnare subito 300 ostaggi e di aderire alle ulteriori direttive che i consoli, L. Marco Censorino e Manio Manilio avrebbero impartito in loco.

I consoli salparono per l’Africa, con una “flotta costituita da cinquanta quinqueremi, da

cento imioli

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Approdati ad Utica, i consoli richiesero ed ottennero immediatamente la consegna di tutto il materiale bellico di Cartagine: la flotta punica venne così incendiataTP

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PT.

Giunse infine il momento di rendere nota la terza ed ultima clausola, quella che, più di ogni altra, interessava i Romani: lo spostamento della città nell’entroterra, a “non meno di

diecimila passi [~15 km] dal mareTP

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PT“ (raffinata interpretazione del più brutale “Carthago delenda est” di Marco Porcio Catone), in modo da inibire per sempre il risorgere del potere marittimo cartaginese. Ma i Cartaginesi, sentita l’enormità della richiesta, optarono per la

sti nelle mani cartaginesi, inviando rifornimenti via mare e via

d, dove si trovavano il mercato ra, la Byrsa, ovvero la cittadella, una

e tribuno militare, mossero l’assalto

e fu, a sua volta, messo in difficoltà dagli attacchi della

re più a oriente, per di più, il blocco risultava vano e gli assediati erano ben lungi

i censorino alla volta di roma, evidenziò ulteriormente le difficoltà

guerraTP

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PT.

Mentre Censorino e Manilio stazionavano a Castra Cornelia, il luogo dove Scipione aveva svernato una volta sbarcato in Africa, convinti di poter entrare passeggiando in una città priva di difese, i cartaginesi sotto la guida di un nipote di Massinissa, di nome Asdrubale, si gettarono a capofitto nella costruzione di nuove armi “supplendo alla mancanza di bronzo e

ferro con le riserve d’oro e d’argentoTP

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PT“, mentre Asdrubale spaziava con 20.000 uomini tra i

pochi centri della regione rima terra.

Per il resto i punici si affidarono alla difesa della città che contava su una triplice cinta muraria alta 14 m e larga 10 m lungo l’Istmo che, a ovest collegava alla terraferma la penisola entro la quale sorgeva l’abitato; per il resto, a nord e a est, la lingua di terra dirupava nel mare rendendo impossibile sia l’approdo che la scalata, mentre a su

cittadino, il porto e, in posizione più arretrata e su un’altu

sottile lingua di terra (l’odierna Kherredine) difesa anch’essa da solide mura delimitava quello che adesso è il lago di Tunisi.

I consoli, nel cui esercito si era trasferito Scipione com

nel 149 a.C.; Censorino, a capo della flotta, pose il campo a sud, lungo la lingua di terra, Manilio a ovest lungo l’istmo per ostacolare i rifornimenti che, grazie ad Asdrubale, pervenivano dall’interno, ma dov

cavalleria cartaginese comandata dall’abile Imilcone Famea. Iniziò così l’assedio, marittimo e terrestre, di Cartagine.

L’attacco congiunto dei due eserciti consolari ebbe un esito positivo solo nel settore meridionale, dove i Romani riuscirono ad abbattere un tratto di muro, solo per scoprire, il giorno seguente, che i difensori lo avevano ripristinato.

Il resoconto di Appiano attesta che in tale circostanza Scipione, rendendosi conto che i legionari penetrati nelle brecce non ancora riparate erano destinati a morire sotto i colpi dei Cartaginesi assiepati sulle alture.

Iniziò, dunque, un assedio in piena regola, ma di scarsa efficacia, perché Asdrubale e Famea vessavano in continuazione i Romani lungo l’Istmo, e Censorino si trovava a disagio nel clima malsano delle paludi circostanti il lago, tanto che dovette progressivamente spostare la flotta semp

dall’essere costretti dalla fame: ben 800 erano i villaggi su cui cartagine poteva contare nelle immediate vicinanze per i rifornimenti. L’ultima parte dell’anno, con il solo Manilio presente al fronte per la partenza d

dell’assedio romano; non più pressati a sud, i cartaginesi operarono una sortita notturna contro l’accampamento del console, che Manilio aveva fatto disporre in una posizione troppo esposta e priva di difese: caddero in molti tra i romani e le cose circostanze sarebbero state ancora

TP 530 PT Flor., I, 31, 7. TP 531

PT Liv., Per., 49; da Tito Livio - Storie, Libri XLI-XLV e Frammenti, a cura di Giovanni Pascucci, U.T.E.T.,

Torino, 1971 (include le Periochae 46-142).

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PT A. FREDIANI, I Grandi generali di Roma Antica, I volti della storia, cit., p. 104: “gli stessi ambasciatori

cartaginesi, subito dopo l’annuncio, vennero lapidati dal popolo reso folle dalla disperazione”.

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peggiori se Scipione Emiliano non fosse riuscito ad assalire gli avversari da tergo con la cavalleria.

L’attacco punico indusse il console a spostare il campo più a nord, sull’altura costiera di Sebkhet er-Ariana, in una posizione che le fortificazioni fatte immediatamente erigere rendevano inespugnabile.

A poco a poco ci si convinse che gli sforzi degli assedianti dovessero essere concentrati sull’estinzione delle fonti interne di approvvigionamento e mosse contro gli eserciti nemici con 12.000 uomini. Ad attenderlo trovò Famea che, degno del migliore Cunctator,

Tunisi; ma il primo scese in l mpestivo intervento del tribuno militare Scipione a scongiurare il disastro.

’abilità dell’Emiliano ebbe modo di manifestarsi quando morto Massinissa, Roma scelse roprio lui per occuparsi dell’eredità del re numida, il quale ‘aveva figli un po’ ovunque’.

nel fianco ell’esercito romano, a passare dalla parte dell’Urbe con 2.000 suoi cavalieri, dietro la

frica e, in particolar modo,

dei Cartaginesi.

i trovava in posizione

e delimitavano la città verso il mare, erano pronti a mmergere di massi gli assedianti. Mancino “era già sul punto di precipitare quando

Megara (i Cartaginesi si ritirarono perciò nell’area del porto e nella cittadella, chiamata Birsa)

ridimensionò ogni velleità del console.

Perseguendo la sua strategia, il console Manilio tentò un attacco contro le posizioni di Asdrubale appostate presso Neferi, all’altro capo del Lago di

battaglia su un terreno sfavorevole, racconta Polibio, lasciandosi alle spalle il fiume. Fu i te

L p

Ma il vero colpo diplomatico del tribuno fu di convincere Famea, la vera spina d

promessa del perdono senza porre condizioni.

Ancora una volta,seguendo la politica dell’Africano, Scipione Emiliano capì che la risoluzione della guerra stava nell’isolare Cartagine dal resto dell’A

dalla Numidia.

Probabilmente la guerra avrebbe trovato una rapida conclusione già nel 148 a.C. se l’incapacità dei consoli Ostilio Mancino e Calpurnio Pisone, che perseguirono la sterile strategia dei predecessori, ottenendo la sola resa di NeapolisTP

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PT.

Stando così le cose, anche la Numidia con a capo Golussa, passò dalla parte

6.4. “egli è il solo che ha senno; gli altri sono ombre che vagano

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