alla fine del VI sec a.C.
3.4 Il problema della datazione dei primi due trattat
Si potrebbe tentare di datare il primo trattato polibiano, cercando di sfruttare le prove intrinseche, desumibili dai termini dello stesso trattato riassuntici da Polibio, tenendo, tuttavia presente che la conoscenza delle vicende romane diventa più incerta quando più si risale indietro nel tempo oltre alla conquista romana di Veio (primo decennio IV secolo a.C.). Fortunatamente, però, si è meno all’oscuro circa le vicende cartaginesi contemporanee. Se R.L. BeaumontTP
198
PT avesse ragione nell’identificare il capo Bello polibiano con uno dei
promontori della costa africana ad est di CartagineTP
199
PT come fa lo stesso Polibio nel suo
commento, allora la clausola che vietava ai Romani e ai loro alleati di navigare oltre Capo Bello converrebbe certo alla situazione internazionale del Mediterraneo nel 508 a.CTP
200
PT.
Una zona proibita, posta al di là di un promontorio ad est di Cartagine, comprendereb empori situati lungo la costa di quella che oggi è la TripolitaniaTP
201
PT comunque molto ricchi e
pertanto, tutelati dalla città punica.
Tuttavia la teoria di un limite ad Est di Cartagine potrebbe essere forse accettata se il primo trattato polibiano si presentasse isolato nella tradizione; ma Capo Bello ricompare nel secondo
TP
198
PT In un articolo postumo apparso in “Journ. Rom. St.”, XXIX, 1939, parte I, pp. 74-86. TP
199
PT IB., p. 79. TP
200
PT A.J.TOYNBEE, L’eredità di Annibale, cit., p. 667. TP
201
PT È vero che quella costa fu proprio in quell’epoca oggetto di un’accanita contesa tra i Cartaginesi e i greci. Il
fallito tentativo del principe spartano Dorieo di fondare un colonia greca nella regione del fiume Cinipe (Erod., V, 42-48) aveva avuto luogo attorno al 510 a.C. Tuttavia anche se questa clausola si riferisse alla tripoliutania, quindi a un limite ad Est di cartagine essa non potrebbe fornire un terminus ante quem per il primo trattato polibiano; infatti i tentativi compiuti da Cartagine per impedire la intrusione nei suoi domini della Tripolitania di altre genti non cessarono alla fine del VI sec. a.C., ma, al contrario, continuarono fino alla fine della storia della città. Fu anzi, fra l’altro, proprio l’energica reazione cartaginese nel II sec. a.C. alle intromissioni del re numida Massinissa in questa regione ad offrire a Roma uno dei pretesti per scatenare la terza guerra romano-cartaginese.
TP
202
PT Walbank, (A Historical Commentary on Polybius, cit., pp. 341-342) e Werner (Der Beginn der romischen Republik, cit., p. 313); Questa città di Mastia del territorio dei Tartessii (più o meno corrispondente all’attuale
Andalusia) non è riportata dalle fonti di cui si servivano tanto Plinio quanto Strabone i quali parlano di una città di Calpe (Strab., III, 1, 7) “a 40 stadi (7, 4 km) la città di Calpe, famosa e antica, un tempo base navale degli Iberi”, detta anche Carteia o Calpe Carteia sorgeva tra Gibilterra e Algesiras. Più o meno a 1.400 stadi da Munda (Strab., III, 2, 2). Sempre Strabone (III, 2, 11) sottolinea come secondo Eratostene “la regione contigua a Calpe (Fr. III B 122) si chiamava Tartesside”. Plinio il Vecchio dal canto suo (III, 2, 14) dice che “Alcuni chiamano l’attuale Carteia Tartesso” e inoltre (III, 4, 1) “Si dice che dal Calpe, il monte presso le colonne e Carthago Nova la distanza sia di 2.200 stadi (407 km)”. Secondo Mazzarino, (S.MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche,
cit., p. 60) il territorio di mastia tarseion corrisponderebbe a quello di Cartagena.
TP
203
stessa Cartagine, il limite, o meglio la ‘zona proibita’ doveva trovarsi ad ovest e non ad est della città punica, altrimenti quest’ultima sarebbe dovuta rientrare nella zona proibita. Capo Bello dseve essere stato, dunque, Capo Farina, il cui nome latino era in effetti Promunturium
PulchriTP
204
PT.
Per di più, un confronto fra le clausole poste a salvaguardia degli interessi cartaginesi nei due trattati suggerisce che il periodo di tempo intercorso fra di essi deve essere stato assai lungo. Le restrizioni alle attività dei Romani nella sfera cartaginese erano state rese senz’altro più
ola ibericaTP PT,
e nel primo trattato non si fa menzione né della penisolaTP PT, né di alcun limite più
ntano della zona proibita, il cui confine più vicino a Cartagine è segnato da Capo Bello208.
n
Romani con le epicrazie cartaginesi di Sardegna, Libia, Sicilia e mai con quella spagnola. È chiaro dunque che la formula “a sud del promontorio Bello o di Mastia Tarseion” stabiliva il confine nord della ‘zona proibita’ cartaginese. Ma questa precisazione a Mastia, non presente nel primo trattato, fu possibile solo quando fu deciso il conflitto coi Massalioti.
rigide nel secondo trattato rispetto a quelle che figurano nel primo. Per esempio, nel secondo trattato si proibisce incondizionatamente ai Romani di commerciare o fondare insediamenti in Sardegna e in tutta l’Africa nord-occidentale, a parte la possibilità di commerciare nella stessa Cartagine, mentre il primo trattato consente loro di commerciare in Sardegna e nell’Africa nord-occidentale al di fuori della zona proibita sotto il controllo delle pubbliche autorità cartaginesi (con la garanzia ufficiale di un equo trattamento per i mercanti romani nel commercio che essi svolgevano, sotto il controllo statatle con i sudditi di CartagineTP
205
PT.
Inoltre la zona proibita, qual è definita nel secondo trattato, si estende, come si è detto a nord- ovest di Cartagine, fino a un certo punto della costa mediterranea della penis 206
207 mentr
lo TP PT
La prima clausola del primo trattato dice: “non navighino i Romani né i loro alleati a sud del Promontorio Bello”; la prima clausola del secondo trattato dice: “i Romani non facciano bottino né commercino né fondino città a sud del promontorio Bello o di Mastia Tarseion (zona di Cartage a)”.
Questa omissione fa pensare che, al tempo in cui venne concluso il primo trattato, i negoziatori Cartaginesi non ritenevano utile cercar di definire il limite di quella zona lungo la costa spagnolaTP
209
PT, o che forse, non l’avessero ancora conquistata.
Che questa clausola del secondo trattato sia modellata su una formula generica, che i Cartaginesi hanno usato in tutti i trattati di questo genere (ad esempio con gli Etruschi e con MarsigliaTP
210
PT) sembra abbastanza evidenteTP
211
PT; ai Romani non sarebbe mai occorso di compiere
navigazioni o commerci o addirittura fondazioni di città nella Spagna meridionale; e soprattutto bisogna tener presente che il resto del trattato presuppone eventuali rapporti dei
TP
204
PT Liv., XXIX, 27. Il Capo Bello di Polibio viene identificato con capo Farina da Walbank, (A Historical Commentary on Polybius, cit., pp. 341-342) e da Werner, (Der Beginn der romischen Republik, cit., p. 313); A.J.
TOYNBEE, L’eredità di Annibale, cit., p. 668. Filologicamente si potrebbe ricostruire (nonostante la cosa sia una
mera supposizione) il passaggio dal termine greco Kalòs a quello latino di Pulchrum e infine all’attuale Farina. Probabilmente il termine che lega tutti e tre i nomi è il ‘bianco’ simbolo tanto in Grecia quanto a Roma di ‘bellezza’ (kalòs e pulchrum) nonché riscontrabile anche nel colore della ‘bianca farina’ con cui si produce il pane.
TP
205
PT Nel riassunto polibiano dei termini del primo trattato, così come è pervenuto, il testo sembra indicare che
questa clausola relativa al commercio controllato e garantito si riferiva alla zona proibita. Ciò non è possibile e Polibio stesso, nel commento al primo trattato, sostiene che l’area in cui si autorizzava il commercio controllato era quella esterna a quella proibita. Si ha l’impressione che, nel riassunto del trattato, siano accidentalmente cadute alcune parole che introducevano questa precisazione
TP
206
PT R.WERNER, Der Beginn der romischen Republik, cit., pp. 343 e 353-355. TP
207
PT R.WERNER, Der Beginn der romischen Republik, cit., p. 316. TP
208
PT R.WERNER, Der Beginn der romischen Republik, cit., p. 316 n. 1. TP
209
PT R. WERNER, Der Beginn der romischen Republik, cit., p. 317, S. MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, cit., p. 108.
TP
210
PT Aristot., Pol., III, 9, 1280 TP
211
Ora
“nella battaglia dell’Artemision si decise il conflitto cartaginese-massaliota, e si posero le fondamenta al trattato che stabiliva il confine tra le epicrazie così definite; e abbiamo potuto datare questa battaglia
intorno al 490 a.C. una conclusione s’impone: dunque il 490 è il terminus ante quem per il primo trattato polibianoTP
212
PT”.
Se pertanto il primo trattato romano-cartaginese fu stipulato prima del 500 ca. a.C.TP
213
PT,
quando, poi, Cartagine conquistò il regno di Tartesso in Andalusia prendendone il postoTP
214
PT,
la situazione era radicalmente cambiata.
Nel 348 a.C., data della conclusione del secondo trattato romano-punico, quello che un tempo era stato il regno di Tartesso faceva parte ormai da 150 anni dei domini cartaginesi, e Cartagine aveva effettivamente occupato la costa sud orientale della penisola iberica sino al porto di Mastia, già appartenuto al regno di Tartesso e posto a breve distanza, come detto, da
215
Capo PalosTP PT. Un tale mutamento a favore di Cartagine in quest’area spiega perché nel 348
a.C. fosse sembrato opportuno ai Cartaginesi, rinegoziando il trattato con Roma, fissare un limite alla navigazione romana verso occidente non solo lungo la costa africana, ma anche lungo quella europea del Mediterraneo occidentale.
Così, la presenza nel secondo trattato, a differenza che nel primo di un limite della zona proibita cartaginese su lato spagnolo costituisce un elemento che permette di fissare un
terminus ante quem per la datazione del primo trattato. Esso fu forse concluso prima della
TP
212
PT S.MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, cit., p. 109.
213
TP PT Cfr. A.SCHULTEN, The Carthaginians in Spain, in “CAH”, VII, 1928, pp. 774-776; PIERSON DIXON, The Iberians of Spain, London 1940, pp. 66-70; cfr. R.WERNER, Der Beginn der romischen Republik, cit., pp. 328 n. 2e 329, ritiene che la conquista cartaginese della Spagna meridionale non abbia avuto inizio prima del 450 ca a.C.
TP
214
PT Finchè Tartesso continuò ad esistere come potenza indipendente, fu sempre in cattivi rapporti con Cartagine
e in buone relazioni con i Greci; in queste condizioni Cartagine non aveva certo il potere di limitare l’altrui libertà di svolgere traffici marittimi sui due lati dello stretto di Gibilterra. Prima di conquistare Tartesso, Cartagine non possedeva, sul versante spagnolo dello Stretto, che quattro piccoli insediamenti Fenici, Gades sull’Atlantico, Sexi, Malaca e Abdera sul Mediterraneo. Inoltre, su quest’ultimo tratto della costa meridionale spagnola, sorgeva un insediamento commerciale dei Focei, Menace, situata 27km circa ad Est di Malaga (PIERSON DIXON, The Iberians of Spain, cit., p. 30 identifica Menace con Penon de Velez). Così qualunque
potenza marittima mediterranea che intrattenesse buone relazioni con Tartesso avrà avuto la possibilità di svolgere i suoi affari nell’interno della penisola iberica, forse anche del Marocco; e cartagine non doveva essere in grado di impedirlo. La città greca amica di Tartesso più vicina e potente era Marsiglia; Roma era forse in rapporti amichevoli con Marsiglia ancor prima della conclusione di un trattato romano-massaliota nel 386 (Giust., XLIII, 5). Di conseguenza, prima della conquista di Tartesso (500 ca a.C.), cartagine non sarebbe stata in grado di far rispettare un accordo che delimitasse sul lato spagnolo la zona cartaginese, cui non dovevano accedere i naviganti romani (A questa conclusione giunge E.MEYER, Kleine Schriften, II, Halle 1924, p. 296.
TP
215
PT Forse Cartagine aveva effettivamente occupato la costa mediterranea della Spagna, spingendosi verso nord-
est fino a Mastia, al tempo della conquista di Tartasso; infatti, in precedenza, l’impero tartessio si estendeva in questa direzione non solo fino a Mastia, ma oltre capo Palos fino a Capo Nao. Secondo Schulten (The
Carthaginians in Spain, cit., p. 777), dopo la distruzione dell’impero tartessio da parte di cartagine, Capo Palos
divenne il confine tra Cartagine e Marsiglia. Una volta abbattuta Tartesso Cartagine esercitò il monopolio del commercio marittimo tra il Mediterraneo e l’Atlantico (A.SCHULTEN, The Carthaginians in Spain, cit., pp. 775-
776). Il viaggio di esplorazione di Annone verso sud, lungo la costa atlantica dell’Africa, e quello di Imilcone verso nord lungo la costa atlantica d’Europa, seguirono immediatamente questo evento. Secondo Timeo, i Cartaginesi si opposero al progetto dei loro alleati Etruschi di conolizzare <un’isola nell’Atlantico (forse Madeira). D’altra parte la città greca rivale di Cartagine, Marsiglia, rispose alla recente apertura da parte cartaginese di una rotta marittima verso l’Europa nord-occidentale inaugurando a sua volta una più breve via continentale che andava dalla costa mediterranea a quella atlantica della Gallia (PIERSON DIXON, The Iberians of
Spain, cit., pp. 44-45); l’acquisizione di un nuovo entroterra commerciale compensò Marsiglia del fatto che
Cartagine, dopo la distruzione dell’impero tartessio, le avesse impedito l’accesso alla Spagna sud-occidentale (IB., pp. 31 e 37-38). A questo atto Marsiglia replicò dirtettamente impedendo ai Cartaginesi di accedere alla sua
area commerciale situata a nord-est di Capo Palos (G.C.CHARLES-PICARD, Le monde de Carthage, Paris 1956, p. 181).
conquista cartaginese di Tartesso e visto che gli studiosi sono d’accordo a differenza di Werner nel datare questo avvenimento intorno al 500 a.C.TP
216
PT le prove intrinseche, che
consistono in questa particolare differenza fra i termini dei due trattati, confermano la
reca nel editerraneo occidentale avevano raggiunto l’apice.
ò avrebbe reso ancora una volta la città tiria
datazione polibiana del primo trattatoTP
217
PT.
Essa concorda, del resto, con una considerazione di carattere generale: alla fine del VI sec. a.C. gli sforzi combinati dei Cartaginesi e degli Etruschi per arrestare l’espansione g
M
Nel primo decennio del IV sec. a.C. Cartagine si trovò di nuovo impegnata con tutte le sue forze in una lotta disperata con i Greci di Sicilia, le cui forze si erano a quel tempo coalizzate contro di essa, sotto il comando di Dionisio I. Ci
impaziente di procurarsi alleati non Greci nel Mediterraneo occidentale e Roma, per parte sua, avrebbe potuto essere ben lieta dell’aiuto Cartaginese contro un’eventuale minaccia da parte di Dionisio I. Infatti, dopo la conclusione di una pace con Cartagine nel 392 a.C, Dionisio si volse verso settentrione non solo contro le città-stato della Magna Grecia, ma anche contro Cere, il cui porto principale, Pyrgi, fu saccheggiato da una squadra navale siracusana ne 84l 3 - 383.
BelochTP
218
PT, infatti, asserisce che la possibile datazione del primo trattato romano-punico al 509
a.C. fosse legata alla plurisecolare lotta tra Cartagine e Siracusa per il possesso della Sicilia.
TP
216
PT Werner abbassa la data di questo avvenimento al 450 a.C. ca e sostiene (Der Beginn der romischen Repub , lik
cit., p. 700, n. 54) che solo allora i cartaginesi furono in grado di chiudere lo Stretto di Gibilterra alle navi straniere. Werner fa notare (p. 318) che Annone e Imilcone erano figli di Amilcare, il generale Cartaginese morto nel 480 a.C. nella battaglia di Imera e tuttavia lo stesso Werner nota (p. 318) che i due esploratori erano già adulti al tempo della morte del padre; essi possono dunque aver compiuto i loro viaggi in una data anteriore al 480 a.C.
TP
217
PT l’osservazione è di Meyer (Kleine Schriften, cit., p. 296). Tale datazione viene accettata da G. C. Charles-
Picard, (Le monde de Carthage, cit., p. 180), Warmington, (Carthage, London 1960, p. 58); Ehrenberg (Karthago.Ein Versuch weltgeschichtlicher Einordnung, Leipizig 1928, p. 5).
TP
218
PT Cfr. K.J.BELOCH, Romische Geschichte bis zum Beginn der punischen Kriege, cit., pp. 309-310: l’autore
trova un argomento a favore di tale datazione del primo trattato polibiano nell’espressione Sikelìan es
Karkedonioi eparkousin, che ricorre nella parafrasi polibiana del testo altino originale. Egli la considera una
perifrasi del termine epikrateia che era la denominazione ufficiale, in greco, di quella che aveva finito col diventare la provincia cartaginese della Sicilia occidentale. Beloch asserisce che Cartagine ottenne per la prima volta questa provincia a seguito della pace stipulata nel 392 a.C. con Dionisio (G.DE SANCTIS, Storia dei
Romani, Torino 1916, II, p. 187, esprime la medesima opinione su questo punto). Anteriormente a quella data i
possedimenti di Cartagine si limitavano ai suoi tre insediamenti di Panormo, Solunto e Lilibeo (che prese il posto di Motia dopo la distruzione nel 398 a.C. ad opera di Dionisio, di questo isolotto-fortezza cartaginese). La pace del 392 a.C. costituirebbe dunque, secondo Beloch, il terminus post quem per la datazione del primo trattato romano-cartaginese menzionato da Polibio. Si tratta tuttavia di un argomento privo di fondamento (A.J. TOYNBEE, L’eredità di Annibale, cit., p. 671). Anzitutto, fu in realtà il secondo non il primo trattato di pace con
Dionisio ad assicurare a Cartagine l’Epicrateia siciliana: solo allora lasua frontiera in Sicilia si spostò verso sud- est fino alla linea del fiume Alico. Questa nuova frontiera le diede un sia pur minuscolo impero nella Sicilia occidentale, che comprendeva tutto il territorio della città greca di Selinunte e la parte occidentale di quello di Agrigento. Il nuovo dominio cartaginese in Sicilia si estendeva ad Oriente della foce dell’Alico, fino a comprendere la città-fortezza di Eraclea Minoa. Il trattato di pace del 392 a.C. aveva riconosciuto a Cartagine, oltre al possesso dei suoi tre avamposti originari, solo il protettorato sugli Elimi, i quali erano peraltro piuù che sudditi, alleati di cartagine. Ma il secondo trattato di pace con Dionisio non fu concluso che nel 378 ca. a.C., quando Roma era in preda alla crisi seguita alla sconfitta dell’Allia. Il primo trattao romano-cartaginese deve essere strato concluso al massimo immediatamente prima della disfatta; il frasario utilizzato da Polibio per descrivere i domini cartaginesi in Sicilia non si adatta del resto alla situazione del 392 a.C. meglio che a quella del 508 a.C., sempre che si tratti effettivamente di una perifrasi pere il termine Epikrateia. Inoltre, anche ammettendo che Polibio abbia davvero introdotto in modo anacronistico questo termine ufficiale, l’uso di una tale espressione può essere spiegato in maniera molto semplice. Per circa 115 anni, a partire dalla data del secondo trattato di pace tra Cartagine e Dionisio, e fino allo scoppio della prima guerra romano cartaginese, l’Epicrateia cartaginese in Sicilia (costantemente menzionata in documenti e opere storiche) aveva certo costituito una realtà familiare. Non sarebbe quindi sorprendente se questo termine, ben noto e di uso comune per il passato, avesse colorito il linguaggio di Polibio nel momento in cui egli traduceva alla lettera un’espressione latina che descriveva in modo generico i meno vasti possediementi cartaginesi esistenti in Sicilia nel VI sec. a.C.
A questo punto, se la storia punica fornisce elementi abbastanza convincenti sulla datazione del primo trattato polibiano, le conoscenze riguardo alla storia romana arcaica sono, invece, di
a, cui si erano sostituiti.
ropri domini sull’area che Roma rivendicava come sua nel primo dei trattati
TP PT
minore aiuto.
Se il trattato venne realmente concluso nel primo anno del regime repubblicano qualunque sia la data cui esso corrisponde è probabile che i fondatori della Repubblica romana abbiano avanzato pretese su tutto il territorio ereditato dalla monarchi
“Inoltre, secondo la tradizione romana Lucio Tarquinio, l’ultimo re di Roma, era riuscito prima della caduta, ad estendere i p
romano-cartaginesi di PolibioTP
219
PT”.
Sarebbe stato, infatti, naturale per Roma e Cartagine rinnovare un trattato subito dopo un cambiamento di regime in uno dei due stati contraenti. Ma ciò implicherebbe che il trattato coevo all’avvento del regime repubblicano a Roma non fosse il primo della serie, ma il rinnovo di un trattato precedente, stipulato da Cartagine con uno dei re etruschi di RomaTP
220
PT.
Lo stesso primo trattato di Polibio potrebbe essere in realtà di epoca pre-repubblicanaTP
221
PT ma
qualora si ritenga che Roma sotto un regime monarchico etrusco fosse uno degli alleati di Cartagine nel VI sec. a.C., si resta nel campo delle mere ipotesi.
La tradizione rivendicava alla Repubblica appena fondata l’onore di aver consacrato il tempio di Giove CapitolinoTP
222
PT, ma datava questo avvenimento al primo anno della repubblicaTP
223
PT
ammettendo, tuttavia, che la maggior parte dei lavori più gravosi fossero già stati compiuti dal secondo dei Tarquini prima della sua cacciataTP
224
PT.
Riguardo poi alla datazione di qualsiasi trattato romano-cartaginese anteriore a quello del 348 a.C., le vaghe conoscenze circa la storia romana arcaica dicono che tutt’al più vi furono periodi in cui appare inverosimile che sia stato concluso un tale trattato, in quanto si tratta di fasi in cui la potenza di Roma era in temporaneo declino225.
Pertanto La documentazione relativa alla storia romana sembra dunque lasciarci solo due periodi durante i quali potrebbe essere stato stipulato un trattato romano-cartaginese anteriore a quello del 348 a.C.
Una di queste due possibili date alternative è quella polibiana, o comunque una ad essa vicina, cioè immediatamente posteriore (o anteriore) alla scomparsa della monarchia a RomaTP