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Pompeo contro Mitridate

Nel documento Maritima : Roma sul mare (pagine 150-152)

ROMA DOPO LA DISTRUZIONE DI CARTAGINE: GUERRE MITRIDATICHE, SILLA; LUCULLO, POMPEO

7.6. Pompeo contro Mitridate

Quando fu annunciato a Roma che la guerra contro i piratiTP

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PT era terminata e che Pompeo, libero da

impegni passava il tempo a visitare le città, uno dei tribuni della plebe, un certo MallioTP

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PT, presentò

una proposta di legge, in base alla quale Pompeo, prendendo sotto la sua giurisdizione tutto il territorio e le forze militari di cui Lucullo aveva il comando e aggiungendovi la bitinia che era in mano a Glabrione, doveva muover guerra ai re Mitridate e Tigrane, con la flotta e il dominio del mare secondo le condizioni alle quali le aveva inizialmente ricevute. Questo significava, insomma, che l’Impero Romano era in mano ad un solo uomo: infatti sembrava che le sole province che non gli erano state assegnate con la legge precedente, Frigia, licaonia, Galazia, Cappadocia, Cilicia, Alta Colchide, Armenia, gli venivano ora consegnate con i campi e le truppe, con cui Lucullo aveva combattuto Mitridate e TigraneTP

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PT.

Per ottenere il comando, Pompeo aveva bisogno di sostegno politico e sopratutto del solito intervento di un tribuno della plebe. Non solo, per evitare di essere accusato di attentare alla Repubblica, il generale doveva evitare di essere coinvolto direttamente in questa operazione politica, continuando a simulare quell’atteggiamento di disinteresse che aveva già messo in mostra quando era stato incaricato di combattere i pirati.

Il tribuno della plebe questa volta era Manilio, il quale propose di estendere il comando assegnato a Pompeo dalla legge del tribuno Aulo Gabinio, anche alle due province orientali: Asia-Cilicia e Bitinia-Ponto. Tra le prerogative concesse a Pompeo in quest’ambito quella di pacificare la zona e quindi di chiudere definitivamente il conto con Mitridate e Tigrane. Se questa legge fosse passata, sarebbero stati implicitamente esautorati i due attuali governatori, Marcio Re e Acilio Glabrione, e soprattutto Lucio Licinio Lucullo.

nemiche esposte al circo Flaminio, la sfilata dei cavalieri catafratti e dei carri falcati, le centodieci navi dal rostro di bronzo, una statua colossale di Mitridate con uno scudo tempestato di petre preziose. […] in seguito solo brindisi, banchetti, baldorie e fiaccolate di ogni sorta”. Cfr. A. FREDIANI, I Grandi generali di Roma Antica, I volti della storia, cit., p. 210.

TP 618 PT App., Mitr., 91. TP 619 PT Plut., Luc., 28. TP 620

PT Dio Cass., XXXVI, 16. TP

621

PT Cfr. capitolo successivo. TP

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PT il nome di questo tribuno oscilla nella tradizione tra la forma plutarchea Mallios e di Zonata (accolta da

Ziegler e Perrin) e Manilios per la quale cfr. Plutarco, Cicer., 9, 4-7, e Cicerone, De imp. Cn. Pompei, 22, 69. La forma Mallios è quella usata anche da Dione Cassio, XXXVI, 42. in Broughton, II, p. 153 è registrato come C. Manilio Crispo, tribuno della plebe nel 66, quando propose la cosiddetta rogatio Manilia, sostenuta da Cesare e Cicerone, che in quell’occasione pronunciò appunto l’orazione sopra citata.

TP

623

A favore della legge si schierarono Caio Giulio Cesare, che usava Pompeo per scardinare il potere aristocratico, e stavolta anche Marco Tullio Cicerone, che dedicò al tema una grande orazione che elogiava le caratteristiche di Pompeo. In questa orazione Cicerone cercava di

re immenso

i Manilio che venne quindi trasformata in legge, nel Gennaio dell’anno 66 a.C..

o sorveglianza il mare tra la Fenicia e il Bosforo e poi egli

, il comandante aristocratico aveva incontrato i due monarchi asiatici al massimo

godeva ormai di un prestigio tale per cui i suoi nemici al solo sentirne parlare

’amicizia

fuga e la morte di Mitridate è da notare invece come nell’anno 64 a.C., oi Pompeo mandò il suo legato, Lucio Afranio, ad occupare la Siria, completando il processo i Romanizzazione del Mediterraneo, dal quale rimaneva escluso solo l’Egitto che restava un

egno indipendente.

tranquillizzare coloro che erano preoccupati per il futuro della Repubblica, ricordando che non era la prima volta che di fronte a gravi problemi la Repubblica ricorreva a grandi uomini: Mario e Scipione Emiliano erano due esempi recenti.

Contro la legge, si schierarono i soliti Ortensio e Catulo, i quali tentarono di opporsi con decisione ad un provvedimento che consegnava a Pompeo, un cavaliere, un pote

che a loro giudizio, il generale, avrebbe rivolto prima o poi contro la stessa Roma.

La loro opposizione cadde nel vuoto, tutte e 35 le tribù votarono all’unanimità per la proposta d

Non ci furono affatto in questa fase delle guerre mitridatiche azioni navali di rilievo a parte questa notizia di Plutarco:

“Pompeo con tutta la flotta mise sott

stesso marciò contro Mitridate, che aveva trentamila fanti e duemila cavalieri nel suo schieramento ma non aveva iul coraggio di attaccare battagliaTP

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PT”.

Pompeo quindi diede il via alla sua campagna d’oriente a capo di 12 legioni (60.000 fanti) e 4000 cavalieri; una situazione ben diversa da quella con cui si era dovuto confrontare Lucullo. Non solo

delle loro potenzialità militari, ora Pompeo li trovava fortemente indeboliti e a capo di eserciti improvvisati, ricostruiti sulle ceneri dei precedenti, quelli sconfitti a più riprese dallo stesso Lucullo.

Inoltre, egli

perdevano il loro coraggio e la loro determinazione, mentre i suoi soldati, anche quelli che avevano sfiduciato Lucullo, erano pronti a seguirlo in capo al modo, convinti di essere invincibili.

“Il Grande” si dimostrò inoltre un abile politico, giocando sulle divisioni che si stavano generando nella regione. Il figlio di Tigrane mostrava segni di insofferenza e ribellione rispetto al padre, dopo che si era imparentato con il Re dei Parti, Frate III Theos, di cui aveva sposato una figlia. Questo matrimonio doveva servire a consolidare il rapporto tra Tigrane padre e il Re dei Re, ma la voglia di indipendenza del giovane suggeriva a Pompeo una grande opportunità. Infatti il comandante Romano incontrò il Re dei Parti, gli ribadì l

del popolo Romano e lo convinse a schierarsi con suo genero nella sua disputa contro il padre. Tigrane a sua volta, preoccupato dall’evolversi del situazione e del nuovo fronte che si andava aprendo, rifiutava di sostenere Mitridate nel suo eventuale conflitto contro Pompeo.

Tralasciando adesso la p d R TP 624 PT Plut., Pomp., 32.

“Q

sicchè esso divenne impraticabile

Questo soprattutto fece decidere i Romani, angustiati dal problema degli approvvigionamenti e che temevano una grave

a inviare Pompeo per liberare il m

Plutarco

Dicono che egli[Sesto Pompeo], gonfiato da questi avvenimenti, abbia mutato il paludamento solito dei comandanti in capo da purpureo in azzurro, proprio per indicare d’esser

Appiano di Alessandria

(Guerre Civili V, 118)

LA PIRATERIA NEL MEDITERRANEO: POMPEO E

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