CAPITOLO IV ROMA E CARTAGINE
4.8. La vittoria delle isole Egad
Il console Caio Lutazio Catulo, comandante della nuova forza navale romana, lasciò Roma all’inizio dell’estate (242), facendo vela per le acque della Sicilia occidentale con 300 navi da guerra (incluse le 200 nuove quinqueremi) e 700 onerarieTP
442
PT: giunto inatteso in quell’area, in
assenza della flotta cartaginese, si impadronì immediatamente del porto di Trapani e della
ante vittoria in mare: sottopose pertanto gli equipaggi ad esercitazioni giornaliere,
avi (250
inire dell’inverno (241), si portò subito all’isola di
ssendo stato prontamente informato dell’arrivo dei Cartaginesi e della consistenza della loro
o la fonda nelle
rada di Lilibeo. A quel punto egli pose l’assedio alla città di Trapani, mantenendo nel contempo una costante vigilanza sul mare, in considerazione del possibile repentino arrivo della flotta punica. Egli batte una prima volta i Cartaginesi che perdettero quasi tutta la flotta e cioè 117 navi affondate e 80 catturate oltre a un bottino immenso di oro ed argento. Lutazio stesso fu ferito. Il console volle comunque riservare la massima attenzione agli equipaggi navali, convinto che un risultato risolutivo avrebbe potuto essere conseguito solo attraverso una schiacci
assicurandosi ch’essi venissero adeguatamente addestrati al duro impegno che li attendeva. Egli dispose inoltre ch’essi fossero oggetto di ogni cura nel vitto, ma che la loro preparazione proseguisse senza interruzioni anche nel successivo inverno, dovendosi evitare di lasciarli in ozio.
I Cartaginesi, avuta notizia dell’arrivo della nuova flotta romana, diedero l’incarico di combatterla al loro ammiraglio Annone, che doveva recarsi nelle acque sicule al comando di una grossa spedizione navale intesa a fornire tutto il supporto logistico necessario per mantenere in piena efficienza le truppe dell’Erice. La flotta punica, costituita da 400 n
unità da guerra e le rimanenti onerarie), venne pertanto caricata con grandi quantità di rifornimenti e di armi per Amilcare.
Annone, salpato da Cartagine sul f
Marettimo, intenzionato a proseguire direttamente verso l’Erice, passando a nord di Levanzo ed approdando sul litorale a nord di TrapaniTP
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PT per non farsi sorprendere dai Romani, in modo
da liberarsi del carico ed imbarcare altri combattenti prima di affrontare la flotta nemica. La forza navale punica venne tuttavia immediatamente avvistata, già nelle acque di Marettimo: evidentemente i Romani non avevano trascurato di mantenere una continua sorveglianza dell’area delle Egadi, anche se non era ancora iniziata quella che veniva normalmente considerata la stagione della navigazione.
E
formazione navale, Lutazio Catulo intuì facilmente le intenzioni del nemicoTP
444
PT (tenuto conto
della presenza di un elevato numero di navi onerarie e delle evidenti esigenze logistiche delle forze cartaginesi assediate) e fece subito uscire la flotta romana, portand la al
acque dell’isola di Favignana. Il console volle prendere egli stesso il mare sebbene ancora sofferente per una ferita riportata durante i combattimenti che si erano svolti davanti a Trapani (una freccia gli aveva trapassato la coscia, ed egli era stato salvato a stento dai suoi mentre i nemici stavano per circondarlo). Il dolore dovrà poi costringerlo a dirigere le operazioni
TP
441
PT Polib., I, 59. TP
442
PT Diod., XXIV, 11; Eutr., II, 27; Oros., IV, 10, 5-7. TP
443
PT G. BALDACCHINI, La battaglia navale delle Egadi, in “Rivista Marittima”, Roma, Maggio 1998, p. 67 e
sgg.
TP
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rimanendo per lo più in lettiga ed esercitando le sue funzioni di comando per il tramite del suo legato, il pretore Quinto Valerio Faltone445 (che divenne poi console nel 239).
secondo il conteggio degli storici romani) le condizioni eteorologiche erano alquanto perturbate: si era alzato un vento teso da ponente ed il mare
emi (la sola usata in combattimento), in termini di elocità e di manovrabilità; i Cartaginesi avevano invece le navi appesantite dal carico
a nto fu di breve durata. Gli equipaggi romani, perfettamente addestrati, 448
centoventicinque affondate. Inoltre trentaduemila nemici vennero fatti prigionieri, tredicimila uccisi e un’immensa quantità d’oro, d’argento e d’altro bottino cadde nelle mani dei Romani. Della flotta romana dodici sole navi furono affondateTP
449
PT”.
TP PT
Le due flotte contrapposte rimasero ferme nei rispettivi ancoraggi per tutta la notte. All’alba del giorno seguente (10 marzo,
m
stava montando considerevolmente, con onda viva e frangenti. In tale situazione ad essa favorevole, la flotta punica era salpata da Marettimo, aveva sciolto tutte le vele e, approfittando del vento in poppa, aveva iniziato a trasferirsi ad alta velocità in direzione dell’Erice.
Lutazio Catulo assunse a quel punto una decisione coraggiosa: anche se la direzione del vento e del mare era tale da metterlo in condizioni nettamente sfavorevoli, volle portare subito la sua flotta contro quella nemica, per evitare che questa riuscisse a rifornire le truppe a terra, ed anche per non doverla poi affrontare alleggerita e ritemprata dall’imbarco di altri combattenti. Egli diede pertanto alla sua flotta l’ordine di salpare e, confidando nella buona tenuta al mare delle navi e nella sperimentata perizia degli equipaggi, la fece navigare con vento e mare in prora (al mascone sinistro), in modo da intercettare la rotta dei Cartaginesi. Poi, schierate le navi su di una linea di sbarramento, diede l’ordine di approntarsi al combattimento.
Annone, resosi conto che la flotta avversaria gli tagliava la strada, negandogli anche la possibilità di sottrarsi al combattimento, fece serrare le vele ed abbattere gli alberi, trovandosi subito dopo in posizione di ingaggio.
Lo schieramento tattico delle due flotte era, secondo Polibio, l’esatto contrario di quello registrato nella battaglia navale di Trapani. Ciò potrebbe lasciar supporre che parte delle navi puniche vennero a trovarsi pressate sottocosta, con scarsa libertà di manovra: in tal caso dovrebbe trattarsi delle coste dell’isola di Levanzo e forse anche di quella di Favignana. Secondo Diodoro SiculoTP
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PT, l’intera flotta assegnata al console Caio Lutazio Catulo
comprendeva 300 navi da guerra e 700 navi onerarie; i Cartaginesi avevano 250 navi da guerra ed un gran numero (non precisato) di navi da trasporto. I Romani
“avevano cambiato il metodo di costruzione delle navi e avevano eliminato ogni peso, tranne quello del materiale indispensabile alla battaglia navale: i marinai, esercitati ai movimenti concordi, prestavano un servizio eccellente, mentre i soldati imbarcati erano uomini sceltiTP
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PT“.
Le condizioni delle due flotte erano, anch’esse, a tutto vantaggio dei Romani: questi, infatti, avevano fatto uscire in mare le loro navi predisposte in modo ottimale alla battaglia navale, avendo, in particolare, sbarcato preventivamente ogni peso superfluo per consentire le migliori prestazioni della propulsione a r
v
trasportato, dalle scorte di bordo e da tutte le attrezzature ed altri materiali necessari per la navigazione d’altura a vela.
Il comb ttime
prestarono un servizio eccellenteTP PT
“e dettero prova di straordinario valore: delle navi Cartaginesi, infatti, sessantatré furono catturate e
TP
445
PT Val. Max., II, 8, 2. TP 446 PT Diod., XXIV, 11. TP 447 PT Polib., I, 61. TP 448 PT Polib., I, 61. TP 449 PT Eutr., II, 27.
I Cartaginesi vennero molto presto ridotti all’impotenza e privati della maggior parte delle loro unità. Annone, vistosi irrimediabilmente sconfitto, invertì la rotta e fu il primo a prendere la fuga, seguito poi da alcune altre unità scampate al disastro: avendo sciolto nuovamente le
oro fortuna - era nel frattempo girato.
utazio Catulo condusse invece la sua flotta, con tutte le navi catturate, nel porto di Lilibeo. Il
Poco dopo la vittoria navale di Lutazio Catulo, Amilcare Barca si rassegnò a richiedere la
ive isole minori, pagare un pesante indennizzo e restituire tutti i prigionieri senza riscattoTP PT. Per i
omani, come acutamente scrisse Floro,
fu così grande, che non si prese in considerazione di abbattere le mura dei nemici. Sembrò superfluo infierire contro la rocca e le mura, quando Cartagine era già stata distrutta sul mareTP
455
PT“.
Si concluse in tal modo, come diretta conseguenza della splendida vittoria navale delle Egadi, la prima guerra Punica, che i Romani ricorderanno come un periodo di ventiquattro anni di
battaglie navaliTP
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PT. In riconoscimento del determinante risultato acquisito da Caio Lutazio
Catulo - dominatore del mare (“possessor pelagi”)TP
457
PT - il Senato gli conferì l’onore del
trionfo navaleTP
458
PT.
L’argomento non potrebbe essere adeguatamente concluso senza citare il bilancio che ne trasse Polibio.
“La guerra sorta fra i Romani e i Cartaginesi per il possesso della Sicilia ebbe così termine […] dopo essere durata ventiquattro anni continui; fu, delle guerre delle quali abbiamo notizia, la più lunga, la più grave, la più continua. In essa, […] una volta i due contendenti misero in campo più di cinquecento quinqueremi, un’altra poco meno di settecento. In tale guerra i Romani perdettero quasi
vele, i fuggitivi si allontanarono in direzione di Marettimo, anche questa volta aiutati dal vento che - per l
L
bilancio complessivo della battaglia è riportato in modo completo e concorde dalle fonti romane, Eutropio ed OrosioTP
450
PT, che riportano i dati che dovevano comparire nel perduto libro
XIX di Tito Livio (mentre i dati di Polibio sono solo parzialiTP
451
PT e quelli di Diodoro Siculo -
su di un frammento incompleto - risultano incoerenti con la resa dei CartaginesiTP
452
PT): della
flotta punica, 125 navi vennero affondate e 63 catturate con i relativi equipaggi, 32 mila uomini furono fatti prigionieri e 13 o 14 mila perirono in battaglia; della flotta romana vennero affondate solo 12 unità. Dalle navi puniche catturate, inoltre, venne tratto un immenso bottino: oro, argento ed altri generi pregiati, tutti valori presumibilmente destinati dai Cartaginesi a sovvenzionare la prosecuzione della guerra in Sicilia, oltre al sostentamento della flotta.
pace, visto che i Romani erano divenuti padroni assoluti del mare e non avrebbero evidentemente più consentito a Cartagine di mantenere le proprie forze in SiciliaTP
453
PT. Il
comandante romano aderì alla richiesta, sottoponendo poi le clausole del trattato di pace all’approvazione del Senato: la commissione dei dieci senatori inviata da Roma sul posto (secondo la prassi che verrà seguita alla conclusione di tutte le guerre d’oltremare della Repubblica) confermò la validità del patto, aggravando tuttavia leggermente le condizioni imposte a Cartagine: questa doveva, in particolare, ritirarsi dalla Sicilia e dalle relat
454 R
“insomma, quella vittoria
TP
450
PT Oros., IV, 10, 7; Eutr., II, 27. TP
451
PT Polib., I, 61: 70 navi puniche catturate, 50 affondate, oltre 10 mila prigionieri. TP
452
PT Diod., XXIV, 11: 117 navi perdute dai Cartaginesi (di cui 20 con gli equipaggi) e 6000 (o 4040) prigionieri;
80 navi perdute dai Romani (30 completamente distrutte e 50 irrimediabilmente danneggiate).
TP
453
PT Corn. Nep., XXII, 1, 3; Val. Max., VI, 6, 2. TP
454
PT Polib., I, 62-63 e II, 27; App., Sic., 2. TP 455 PT Flor., I, 18. TP 456 PT Liv., IX, 19. TP 457 PT Sil., VI, 687. TP 458
settecento quinqueremi, comprese quelle distrutte nei naufragi, i Cartaginesi ne perdettero quasi cinquecento. […] Se si tien conto […] delle differenze fra le quinqueremi e le triremi delle quali si servirono i Persiani contro i Greci, […] si conclude che mai forze di tale entità discesero a combattere in mare. Da tutto questo risulta evidente […] che […] i Romani non per vicende casuali, […] ma assolutamente a buon diritto, dopo essere stati messi alla prova in tante vaste e pericolose imprese, audacemente concepirono il disegno di conseguire l’assoluta egemonia e attuarono il loro proposito”TP
459
PT.
Amilcare Barca chiese pace e l’ottenne nel 241 alle seguenti condizioni: “Sgombrino i
Cartaginesi tutta la Sicilia e non faccian guerra a Gerone, né muovano le armi contro i Siracusani, né contro i loro alleati. Restituiscano i Cartaginesi ai Romani tutti i prigionieri senza riscatto; paghino in 20 anni ai Romani 2200 talenti euboici di argento, i Cartaginesi non arruolino mercenari in Italia; l’indennità di guerra sia portata annualmente a Roma”TP
460
PT.
Il Senato non approvò il trattato. Vi aggiunse il pagamento immediato di una indennità di mille talenti e, molto più importante, l’evacuazione di tutte le isole minori di Sicilia.
TP 459 PT Polib., I, 63. TP 460 PT Polib., III, 27
A. V. VECCHJ (Jack La Bolina),
zione lessicale:
rsarie”TP PT.
tte
e felici ricadute in termini di immagine nelle relazioni fra Roma ed i Greci (Atene, Corinto, lega Achea e lega Etolica).
In quegli anni, il commercio marittimo romano doveva aver assunto delle dimensioni di tutto rispetto: a parte quello che si svolgeva nei mari d’Italia, vi è l’evidenza di consistenti traffici
“quando, invasa, calpestata […] e desolata da battaglie sanguinose, parve sul punto di giacere prostrata, l’indispensabile possesso del mare la sollevò e le fornì
l’occasione della riscossa vincitrice “.
Storia generale della Marina Militare