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Dalla Sicilia alla Spagna: la presa di Cartagena

Nel documento Maritima : Roma sul mare (pagine 113-117)

LA SECONDA GUERRA PUNICA

5.4. Dalla Sicilia alla Spagna: la presa di Cartagena

nseguì il risultato di controllare le mosse del re

alerio Levino (già lustratosi al comando della guerra Macedonica nel quadriennio 214-211), con una flotta di

ta di

icuro il mare per la cacciata delle navi dei nemici, furono mandati a Roma grandi

a, a cui abbiamo già accennato, va ripetuto ch’essa aveva in quel

no continuo, reciproco supporto484“.

0 fanti e mille cavalieri, che si andarono ad

In quegli stessi anni, una flotta romana di 50 navi venne inviata nelle acque dello Ionio e dell’Egeo per contrastare Filippo V, re di Macedonia, che si era alleato con Annibale: si trattò della prima guerra Macedonica (214-204 a.C.), che impegnò i Romani nel bel mezzo della II guerra Punica. La presenza navale romana co

macedone, contenerne le mire espansive in Grecia e dissuaderlo da qualsiasi velleità di invio di forze o di altre risorse in Italia in sostegno ad Annibale.

Nelle acque fra le isole maggiori e la costa africana operò la flotta romana basata a Lilibeo, posta prima sotto il comando di Tito Otacilio Crasso (dal 217 al 210 a.C.) e poi di Marco Valerio Levino (dal 210 al 207).

Il primo sconfisse una flotta cartaginese nel canale di Sardegna (nel 215), catturandone 7 navi; poi, nei giorni dell’assalto a Siracusa (212) effettuò una fruttuosa incursione navale sulla costa africana, nei pressi di Utica, e ne tornò con 130 navi onerarie cariche di bottino e di frumento, che venne subito inviato a Siracusa per sfamare vincitori e vinti. Marco V

il

100 navi effettuò un’incursione nei pressi della città di Clupea (estate 208), e vinse poi per mare una flotta punica di 83 navi, catturandone 18; nell’anno successivo, dopo un’analoga incursione condotta sulla costa vicino ad Utica, ingaggiò battaglia navale contro una flot 70 navi da guerra cartaginesi, affondandone quattro, catturandone 17 e disperdendo le altre.

“Così divenuto s carichi di granoTP

483

PT“.

Lo stesso Marco Valerio Levino era peraltro riuscito a liberare la Sicilia da tutti i presidi cartaginesi.

Circa la penisola iberic

conflitto un’importanza strategica primaria:

“per abbattere Roma […] i Cartaginesi avevano bisogno di una solida base operative a di una sicura linea di comunicazioni. La prima fu stabilita in Spagna dal genio della famiglia Barca; la seconda non fu mai ottenuta. C’erano due possibili vie di comunicazione: una diretta, via mare, l’altra indiretta, attraverso la Gallia. La prima fu bloccata dal potere navale romano, la seconda fu resa pericolosa e, infine, interrotta con l’occupazione dalla Spagna settentrionale da parte dell’esercito romano. L’occupazione fu resa possibile dal controllo del mare, che i Cartaginesi non misero mai in pericolo. In tal modo, rispetto ad Annibale e alle sue basi, Roma occupava due posizioni centrali: Roma stessa e la Spagna settentrionale, unite da una facile linea interna di comunicazioni, il mare, attraverso il quale le due posizioni si dava TP PT

Nel 211 a.C., il giovane Publio Cornelio Scipione (24 anni) ottenne il comando delle operazioni in Spagna, che avevano subito una battuta d’arresto l’anno prima, dopo la tragica morte dei due Scipioni (il padre e lo zio del giovane Publio), caduti in battaglie terrestri. Il nuovo proconsole partì per la Spagna con 10.00

aggiungere al disastrato esercito di stanza nella penisola iberica, per un totale di 28.000 fanti e 3000 cavalieri. TP 483 PT Liv., XXVIII, 4. TP 484

Il nuovo comandante, giunto in Spagna con 30 quinqueremi, prese base a Terragona e trascorse l’inverno a risollevare il morale delle truppe e a ricreare una rete di alleanze con le tribù celtibere. Quindi delineò la sua strategia: non curarsi dei tre eserciti cartaginesi che

tare il principale luogotenente del condottiero, Caio Lelio.

osi in sette

ale iberica, d’importanza fondamentale per i collegamenti con l’Africa e

ortandosi anch’egli con la flotta

i una sola città, ma in na sola città avverrà la presa di tutta la Spagna ” .

ci o in città non più di 500 effettivi, appostati sulla

assalto alle mura lungo l’istmo con il grosso dell’esercito.

Impegnati a fronteggiare l’attacco da oriente, i difensori, spostatisi in forze lungo l’istmo, si accorsero troppo tardi degli uomini che, valendosi della bassa marea, percorrevano la laguna approfittando del suo momentaneo prosciugamento. Racconta Polibio:

scorrazzavano per la penisola e colpire il nemiconella sua base principale, che in spagna era la città di CartagenaTP

485

PT.

Polibio è informatissimo per quanto concerne le imprese di Scipione, dal momento che lo storico greco ebbe modo di intervis

Il console iniziò ad operare nella primavera del 210 a.C., decidendo di assediare la città (allora chiamata Nuova Cartagine) immediatamente con un’azione congiunta navale e terrestre, per scongiurare l’intervento dei tre eserciti nemici, l’uno comandato dal fratello minore di annibale, magone, stanziato presso lo stretto di Gibilterra, l’altro dal fratello maggiore, Asdrubale, nei pressi dell’attuale Madrid, e un altro ancora al comando di Asdrubale, figlio di Giscone, presso la foce del fiume Tago; il più vicino era a dieci giorni di marcia e Scipione, che condusse con se 25.000 fanti e 2.500 cavalieri portand

giorni davanti le mura di Cartagena.

Aveva assegnato il comando della flotta al suo grande amico Caio Lelio, che mantenne l’incarico per tutta la durata della sua missione in Spagna ed anche per la successiva spedizione in Africa. Con la presa di Cartagena, Scipione avrebbe privato il nemico della sua principale base nav

per la logistica delle forze cartaginesi in Spagna.

Lelio seguì dal mare passo passo la marcia delle legioni p davanti la città per isolarne i rifornimenti via mare.

Consapevole del fatto che la presa di Cartagena avrebbe significato la fine della talassocrazia cartaginese, Scipione disse ai suoi soldati: “darete l’assalto alle mura d

486

u TP PT

Cartagena era situata su un sottile sperone roccioso che s’incuneava in una laguna a ovest,

mentre ad est era collegata alla terraferma mediante un istmo della lunghezza di 400m. Scipione pose il proprio campo proprio davanti all’istmo, cominciando da subito a bersagliare la città dalle navi con le catapulte.

Magone, il comandante della roccaforte non disponeva di molti uomini: quando vide un paio di migliaia di romani varcare l’istmo con le scale per assalire le mura, verso le 8 del mattino,

andò contro altrettanti uomini, las and m

rocca e altrettanti dalla parte opposta, proprio sulle mura dell’istmo. Il corpo a corpo si andò prolungando nei pressi dell’accampamento romano perché Scipione aveva dato ordine ai suoi di retrocedere man mano, in modo da attirare i nemici e far confluire allo stesso tempo forze

487 fresche nello scontro e privarli della possibilità immediata di ricevere rinforziTP PT.

Il comandante romano svariava su tutto il fronte d’attacco, controllando i movimenti delle truppe, e incoraggiando più volte la scalata delle mura (nonostante l’alta marea e l’intralcio che i legionari ne subissero) con lo scopo di abbattere il morale dei difensori e scongiurare la possibilità di sortite, in attesa della bassa marea che avrebbe permesso a tutto l’esercito di guadare la laguna.

tal fine, Scipione predispose 500 uomini con scale dalla partew della laguna, mentre dava A l’ TP 485 PT Polib., X, 8. TP 486 PT Liv., XXVI, 43. TP 487 PT Liv., XXVI, 44.

“[…] nel vivo dell’attacco portato con le scale cominciò il riflusso delle acque; l’acqua, a poco a poco, si ritrasse dall’astremità della palude e, attraverso la corrente, si dirigeva nel mare vicino tutta insieme e copiosamente, cosicché quanto stava accadendo sarebbe sembrato incredibile a chi, ignaro, vesse assistito ad esso. Publio, che aveva le sue guide pronte, ordinò a quelli che erano stati

ipione non si fece sfuggire l’occasione di una

a

preparati per questa missione di entrare nella palude e dimostrare coraggio […]. Allora, poiché essi obbedironoi e fecero a gara a entrare nel pantano, tutto l’esercito credeva che quanto avveniva stesse accadendo secondo il disegno di un DioTP

488

PT“.

Il contingente ebbe facile gioco dei pochi uomini rimasti sugli spalti dalla parte della laguna; quindi i romani si riversarono nella città e, presi alle spalle i difensori assorbiti dalla lotta contro glia ltri assalitori, aprirono le porte ai commilitoni, dando inizio al massacro.

La conquista di Cartagena rappresentava il conseguimento di un obiettivo ben più importante di quanto avrebbe potuto concepire la fantasia di qualsiasi altro comandante romano nelle prime settimane di permanenza in Spagna; eppure c’erano ancora da sconfiggere tre eserciti nemici e da temere l’ostilità dei celtiberiTP

489

PT.

In vista pertanto, di battaglie campali che non avrebbero tardato ad arrivare, Scipione concesse un giorno di riposo e ben quattro di addestramento al suo esercito e ai suoi marinai:

“[…] lo stresso Scipione si interessava alla produttività degli artigiani, che col loro lavoro fornivano quanto necessario per l’esercito, mentre in mare i marinai facevano pratica ai remi simulando scontri navaliTP

490

PT“.

Ricevuti durante l’inverno gli omaggi di almeno tre dei più importanti capi tribali celtiberi, Scipione, memore della lezione militare del divide et impera attaccò nel 208 l’esercito di Asdrubale BarcaTP

491

PT prima che esso si potesse congiungere con gli altri due; fece tirare in

secco le navi e visto che le coste ispaniche erano libere da flotte puniche, egli fece sbarcare i

militi navali, facendoli partecipare alle successive operazioni terrestri (per quasi quattro anni),

incrementando in questo modo l’esercito oltre all’apporto che gli fornirono due capi celtiberi, Indibile e Mandonio, ai quali aveva restituito le figlie catturate a Cartagena. Asdrubale si trovava presso la città di Becula, lungo la riva settentrionale del Guadalquivir e all’approssimarsi dei Romani si spostò su un’altura terrazzata, sulla cui sommità dispose il campo, mentre più in basso schierò la cavalleria numida e i frombolieri delle Baleari. La vittoria risultò per Scipione più facile del previstoTP

492

PT.

Caddero 8.000 cartaginesi mentre 12.000 furono fatti prigionieri, nonostante Asdrubale riuscì a sfuggire alla manovra a tenaglia del proconsole, al di là dei Pirenei.

Con l’ausilio dei luogotenenti Marco Giulio Silano e il fratello del proconsole Lucio, i Romani si sbarazzarono dell’esercito punico di Magone e Annone e di quello di Asdrubale di Giscone, le cui basi operative erano presso Orongis, sull’alto Guadalquivir, senza tuttavia riuscire a catturare i rispettivi comandanti.

Nel 206 Cartagine decise una nuova offensiva: raccolto un esercito di 70.000 effettiv, sotto il comando dei due generali ‘sconfitti’ Magone e Asdrubale Giscone, i punici avanzarono alla volta di Ilipa, presso l’odierna Siviglia. Sc

battaglia campale e mosse anche lui verso Ilipa con 45.000 fanti e 3.000 cavalieri.

TP

488

PT Polib., X, 14.

489 “Sc one

TP PT ipi ritenne pertanto opportuno mostrare clemenza: fermò il massacro non appena Magone si arrese,

liberò tutti gli Iberi e li fece ritornare nelle loro sedi, ingaggiò i prigionieri più aitanti come marinai, concesse la libertà a tutti i cittadini di Cartagena e dichiarò gli artigiani proprietà di roma, affinché la servissero con le loro capacità, per godere poi della libertà”. A. FREDIANI, I Grandi generali di Roma Antica, I volti della storia, cit., p. 78.

TP

490

PT A. FREDIANI, I Grandi generali di Roma Antica, I volti della storia, cit., p. 78. TP

491

PT La cui testa, due anni dopo, sarebbe stata mostrata ad Annibale dal console Tiberio Claudio Nerone. TP

492

Pur essendo inferiore per numero la strategia del proconsole ebbe la meglio493 e stavolta

adice.

ro trattare col de

anfibia, facendo partire una piccola flotta e elle truppe leggere in grado, pertanto, di coprire in breve tempo la distanza di 400 miglia che parava Cartagena da Cadice. L’impresa fu però bloccata da una malattia che colpì il

n difficilissimo momento in cui oltre ai Celtiberi vi tagena e Terragona, lungo lo JucarTP

496

PT.

497

i romani). In ò da Gade diretto a Cartagine con otto triremi, precedute da

ombattimento fosse sensibilmente influenzato dal gioco delle correnti, la quinquereme di

TP PT

Scipione non rinunciò a lanciare la cavalleria contro i nemici in fuga. Fit magna caedes avrebbe detto Cesare dalla quale trovarono scampo solo 6.000 uomini e lo stesso Asdrubale, il quale riuscì a fuggire con Magone alla volta di C

Ormai la Spagna apparteneva a Roma e, dal momento che la strategia aveva avuto successo, Scipione pensò di poterla attuare anche in Africa stessa. Egli stesso si recò in Africa cercando un’alleanza con Siface, allora il più potente re numida, la cui cavalleria era da sempre stata l’arma in più dello schieramento punico, e poco mancò che la flotta su cui si trovava lo stesso Asdrubale, appena sconfitto, non lo intercettasse, prima che entrambi potesse

sovrano numida. Fu comunque Scipione a battere nuovamente Asdrubale anche in se diplomatica tanto che lo stesso cartaginese, a parere di Livio, riconobbe “apertamente che

quell’uomo aveva destato la sua ammirazione piuù durante quell’incontro diretto che per le sue imprese militariTP

494

PT“.

Seguirono poi in Spagna altre azioni militari contro contro le città di Iliturgi e Castulone, lungo la riva sinistra del Guadalquivir, che a tradimento avevano causato la morte del padre e dello zio del console.

“contro di loro bisognava mettere in campo un accanimento anche maggiore che contro i Cartaginesi, perché con questi si combatteva, quasi senza motivo di resentimento, per l’egemonia e la gloria, mentre a quelli si doveva far pagare il fio del loro tradimento, della loro crudeltà, del loro delittoTP

495

PT

in quel momento, dopo la presa delle due città, giunsero a Cartagena, divenuta la base operativa di Scipione, alcuni disertori pronienti da Cadice, l’unica roccaforte in Spagna rimasta in mano cartaginese.

cipione allestì immediatamente un’operazione S

d se

condottiero piuttosto seriamente. Seguì u u la rivolta delle truppe di stanza tra Car f

Maximis itineribus, Scipione mosse prima contro gli Ispanici per poi giungere a CadiceTP PT.

La città ospitava l’ultimo consistente presidio dei Cartaginesi in Spagna; questi si erano infatti ormai ridotti nell’estremo lembo meridionale della penisola iberica, sotto il comando di Aderbale e di Magone, il terzo fratello di Annibale (Asdrubale, recatosi in Italia attraverso la

nnibale, era stato sconfitto ed ucciso dai consol Gallia per portare rinforzi ad A

uella situazione, Aderbale salp q

una quinquereme; una flottiglia comandata da Lelio (una quinquereme e sette triremi), salpata da Carteia (porto situato nel golfo compreso fra le odierne città di Algeciras e Gibilterra), intercettò la formazione punica dando vita ad una battaglia navale nello Stretto. Sebbene il c

Lelio riuscì ad affondare due triremi cartaginesi ed a immobilizzarne una terza. Dopo la vittoria navale romana, Aderbale si disimpegnò con le navi superstiti verso Cartagine. Poco dopo, Magone, avendo perso ogni speranza di poter ottenere qualche utile risultato in Spagna, abbandonò Gade, che venne così occupata dai Romani. Dopo aver portato a buon fine la propria missione in Spagna, Scipione consegnò quella provincia al nuovo pretore e salpò con la sua flotta per rientrare a Roma (206 a.C.).

TP

493

PT A. FREDIANI, I Grandi generali di Roma Antica, I volti della storia, cit., p. 80. TP 494 PT Liv., XXVIII, 18. TP 495 PT Liv., XXVIII, 19. TP 496

PT Liv., XXVIII, 27; Polib., XI, 29. TP

497

Nel documento Maritima : Roma sul mare (pagine 113-117)