Nel capitolo iniziale, Howells mette in scena una conversazione tra il “suo” personaggio, Cyrus Talbert, il padre della grande famiglia, e Ned Temple, il suo vicino di casa. Attraverso il loro dialogo, Howells ha modo di introdurre la trama generale e di mostrare dei rapidi ritratti dei protagonisti – e narratori – a venire. Va detto che Howells non si aspettava che gli altri scrittori si conformassero del tutto alle sue indicazioni. «They must be left in entire freedom», aveva scritto alla Jordan, auspicando persino l’instaurazione di un «kindly criticism, reciprocal, among all the characters».62 Ma già dal
secondo capitolo, ci si rese conto dei rischi insiti in quella totale libertà. Mary Wilkins Freeman, a cui era stato assegnato il personaggio della Old Maid-Aunt, scrisse un capitolo che nelle parole della Jordan fu come «the explosion of a bomb-shell on our literary hearthstone».63 Howells aveva
descritto il personaggio della Freeman come una donna di una certa età, un po’ vanesia e con una grande delusione amorosa alle spalle, offrendo così un’immagine coerente all’etichetta della Old-Maid Aunt. La Freeman si ribellò alla canonicità di questo ritratto e lo fece in maniera talmente esplicita da chiamare in causa non solo la scrittura di Howells del capitolo precedente ma anche le sue idee e, verrebbe da dire, la sua veneranda età:
None of my brother’s family […] have the right point of view with regard to the present […] They do not know that today an old-maid aunt
62 W. D. Howells, lettera a Elizabeth Jordan. Citata in J. Howard, Publishing the Family, cit.,
pp.13-14.
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is much of an anomaly as a spinning wheel, that she has ceased to exist, that she is prehistoric, that even grandmothers have almost disappeared from off the face of the earth. In short, they do not know that I am an old-maid aunt except under this blessed mansard-roof.64
I personaggi abbozzati da Howells sono dei simboli di anacronismo: le vecchie zie zitelle che si vestono sempre di nero e piangono un amore perduto anni prima e le nonne ansiose per il benessere dei più giovani appartengono a un’altra era. Di più: sono personaggi di storie di un’altra era. Lily Talbert – e non Aunt Elizabeth come viene chiamata in famiglia – è invece una donna al passo con i tempi, ancora giovane e ancora in grado di esercitare un grande fascino sul sesso maschile. Ha avuto una storia con Ned Temple, il vicino di casa Talbert, ma soprattutto ha avuto una storia con Harry Goward, il fidanzato di sua nipote, che si rivela essere ancora innamorato di lei.
Di fronte a una tale svolta e al modo in cui fu impressa, Howells parve dimenticarsi della massima libertà garantita ai suoi colleghi e in una lettera che «almost scorched the paper it was written on»65 chiese alla Jordan di non
pubblicare il capitolo della Freeman. La Jordan tuttavia resistette e la storia di The Whole Family divenne sin da subito la sede di un conflitto ben più acceso e meno civile di quanto avesse auspicato il suo promotore. Scrivendo dal punto di vista del proprio personaggio, ciascun partecipante finì infatti per farlo – sintetizza efficacemente June Howard – «as an advocate for the virtues and views of that individual».66 E questo, come mostra il caso della
Freeman, significava spesso dover smentire e accusare i personaggi precedenti e dunque i loro rispettivi scrittori.
Nei capitoli successivi, lo stesso personaggio della Old-Maid Aunt venne continuamente modificato e contraddetto per smorzare o assecondare la scelta della Freeman. Di scrittore in scrittore, Elizabeth Talbert appare allora una vittima dei tempi moderni, una esibizionista, una persona complessa, una donna delusa, una tentatrice, una bambina troppo cresciuta. Il suo è il caso sicuramente più evidente ma il medesimo discorso sarebbe replicabile per quasi tutti gli altri personaggi di The Whole Family. Per gran parte del romanzo, la giovane Peggy è ad esempio una ragazzina in balia degli eventi e con il fazzoletto sempre a portata di mano ma nel suo capitolo, Alice Brown la descrive come una persona matura, non più interessata a quel che gli altri dicono o fanno per lei. Charles Edward, il personaggio di Henry James, si presenta nel suo capitolo come la coscienza artistica della famiglia ma già nel
64 The Whole Family,, Teddington, The Echo Library, 2007, p. 17. 65 E. Jordan, Three Rousing Cheers, cit., p. 264
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capitolo successivo, Elizabeth Stuart Phelps ne ridimensiona la statura mentre difende il proprio personaggio, Maria, dall’immagine dispotica che ne era stata data in precedenza. Le parole con cui quest’ultima apre il suo capitolo sono poi indicative del clima generale che si era venuto a creare nel romanzo: «We start in life with the most preposterous of all human claims – that one should be understood. We get bravely over that after a while».67 In
un certo senso, The Whole Family è proprio una successione di personaggi che si sentono incompresi dal resto della famiglia e che sono impazienti di dare la loro versione – la vera versione – di se stessi e della storia che scorre parallela. E se di quest’ultima, pur con qualche forzatura, è possibile dare una sintesi soddisfacente, dei suoi personaggi questo appare assai più difficoltoso. Chi siano realmente i dodici membri della grande famiglia è impossibile stabilirlo: i partecipanti li riscrivono di continuo e in polemica sia rispetto a quanto detto prima dagli altri sia rispetto al modo in cui l’hanno fatto.