Dal momento che la quantità, e qualità, dei componenti cambia di caso in caso, si può ben dire che ogni gruppo di scrittori che decide di scrivere insieme possiede un suo metodo per farlo. In linea di massima, si può però anche riscontrare una generale e comprensibile correlazione tra l’ampiezza del gruppo e il grado di organizzazione della sua scrittura: quante più persone sono coinvolte nella composizione di un testo, tanto più sono necessarie regole ben definite per farle collaborare.
10 S. Delves, J. Jauncey, J. Simmons, “Afterword”, in The Dark Angels Collective, Keeping
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Comprendendo “solo” quattro persone, la scrittura di The King’s Men poté ad esempio basarsi su un metodo ancora piuttosto informale. A quanto sembra, infatti, Grant, Wheelright, O’Reilly e Stimson s’incontravano settimanalmente per discutere del romanzo. Stabilivano quel che si doveva scrivere, si dividevano le parti, e leggevano l’un l’altro quel che avevano prodotto nei giorni precedenti. I quattro si conoscevano personalmente – erano uomini di lettere relativamente famosi nella Boston di fine Ottocento – e frequentavano il medesimo club. Nella loro scrittura collettiva, elementi quali la convivialità, l’amicizia e l’oralità giocano dunque ancora un certo ruolo, e difficilmente quantificabile. In Six of One by Half a Dozen of the Other, la scrittura collettiva si mostra invece già provvista di un’organizzazione più regolamentata. Edward E. Hale, che era il direttore della rivista su cui il romanzo sarebbe apparso, sottopose una bozza della trama agli altri scrittori e, dopo modifiche e correzioni, si ottenne una stesura definitiva sulla base della quale ci si divise la scrittura. La pianificazione dovette rilevarsi efficace poiché i sei scrissero le loro parti per lo più a distanza incontrandosi dal vivo solo due volte.
È tuttavia in Caverns e in Keeping Mum che si può assistere alla presenza di metodi ben più formalizzati di scrittura. D’altronde, in questi casi si trattava di mettere insieme le mani di ben quattordici e quindici individui e, cosa non trascurabile, all’interno di corsi di scrittura. Ciò significa che i partecipanti non si conoscevano precedentemente e, per scrivere insieme, non potevano quindi basarsi su preesistenti rapporti personali. Regole e norme di composizione ben definite erano allora necessarie e oltretutto coerenti con l’ambiente didattico di svolgimento.
Kesey, nella sua introduzione, è prodigo di informazioni sul percorso di scrittura del gruppo che si sarebbe poi dato il nome di O. U. Levon: partendo dalla creazione individuale dei personaggi per arrivare alla segmentazione della trama in sezioni da scrivere contemporaneamente, la composizione di Caverns appare un processo sì divertente ma anche altamente organizzato. Giudicando dal racconto della sua postfazione, Keeping Mum non fu poi da meno. Delves, Jauncey e Simmons, fondatori del The Dark Angels Collective, stilarono una trama iniziale a cui, su una lavagna, vennero progressivamente aggiunti elementi e cambiamenti. Si ottenne così un piano dettagliato di scrittura che stabiliva momento per momento ciò che andava fatto e chi l’avrebbe dovuto fare. «The process», si legge a conclusione della postfazione, «was probably closer to that of developing a play or film script than a traditional novel».11
11 S. Delves, J. Jauncey, J. Simmons, “Afterword”, in The Dark Angels Collective, Keeping
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Come ovvio, processi di scrittura di tale genere non possono prescindere dall’esistenza di gerarchie più o meno affermate all’interno dei rispettivi gruppi. La presenza di regole richiede sempre qualcuno che le abbia stabilite e soprattutto qualcuno che le faccia rispettare. Nella scrittura di Caverns, dice Kesey, il suo voto valeva quanto quello dell’intera metà del gruppo. «In a critical dispute», spiega infatti, «I wanted to be able to call gee or haw and keep plowing».12 I quattordici componenti di O. U. Levon
avevano dunque un loro leader riconosciuto il quale, del resto, era anche il loro insegnante. Il che si può dire anche per i quindici componenti del The Dark Angels Collective. Delves, Jauncey e Simmons, in quanto fondatori del gruppo e insegnanti del corso, avevano sicuramente un potere maggiore rispetto agli altri dodici partecipanti e che la trama del romanzo sia stata proposta da loro e che loro abbiano scritto poi la sua postfazione non fa che dimostrarlo.
Il discorso in sé prescinde dal grado di organizzazione della scrittura collettiva. Certo, in processi di scrittura come quelli di Caverns o Keeping Mum, la gerarchia del gruppo può essere più formalizzata e quindi più evidente, ma ciò non toglie che in qualsiasi scrittura collettiva si possano rilevare delle differenti posizioni di potere tra i partecipanti. Nella scrittura di The King’s Men, pur con la sua impostazione più informale, si può ad esempio attribuire a O’Reilly il ruolo di forza trainante del gruppo e, probabilmente, anche quello di responsabile dell’idea originaria del romanzo. Dal canto suo, Six of One by Half a Dozen of the Other partì dall’iniziativa di Edward E. Hale, il direttore di Old and New, che coinvolse via via gli altri scrittori. E sarebbe poi difficile ignorare la posizione di leadership che Filippo Tommaso Marinetti possedeva all’interno de I Dieci: Marinetti era il fondatore del Futurismo, Marinetti aveva rapporti diretti con Mussolini, Marinetti – non a caso – scrisse la prefazione del romanzo del gruppo. Di fatto, la scrittura collettiva di questi gruppi è sì plurale ma mai perfettamente democratica. Si forma sempre una struttura gerarchica che, più o meno esplicitata, tiene insieme le diverse mani alle prese con la stesura del testo ma che, a ben vedere, non dura molto a lungo.