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Perché si scrive insieme: la scrittura come professione

Conoscere il motivo per cui si scrive insieme è un altro interrogativo che si presenta nella scrittura a quattro mani e che si ritrova poi, in varie forme e in diversa intensità, nel più vasto campo della scrittura collettiva. Ancora una volta, si tratta di un interrogativo sfuggente – «Why does anyone write if it comes to that», direbbe forse Somerville – ma che, come il precedente, possiede un suo senso comprensibile se riferito alla scrittura collettiva. Così come appare chiaro che due o più persone debbano avere un

15 «It’s a sort of a conversational process; we just talk about it all the time». Ivi, p. 33. 16 F.M. Ford, Preface, in J. Conrad, & F. M. Ford, The Nature of a Crime, cit. p. 11.

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metodo per scrivere insieme, appare infatti anche chiaro che debbano avere un motivo per farlo. Alla base di una scrittura collettiva vi è cioè una decisione preliminare, consapevole e condivisa, che porta più persone a comporre un testo comune: una decisione che, resasi evidente, si desidera conoscere. Va da sé che motivazioni e intenzioni di scrittura sono sempre almeno in parte personali e dunque sia difficilmente conoscibili sia estremamente variabili. E tuttavia, proprio a partire da ciò che accade nella scrittura a quattro mani, un discorso di principio pare fattibile.

Al netto di resistenze e reticenze degli scrittori coinvolti, la scrittura a quattro mani inaugura, come detto, un’immagine della scrittura letteraria come tecnica più o meno razionale. E questo, dopo tutto, sembra trasparire dal lessico che adopera e richiede. Termini e concetti come processo, compromesso, metodo, divisione di compiti, ruoli, si ritrovano spesso nella scrittura a quattro mani e poi, con sempre maggiore frequenza, nel resto della scrittura collettiva. Ma sono anche, come evidente, termini e concetti tipici del mondo del lavoro e, d’altra parte, la distanza tra una tecnica razionale e una tecnica professionale non è poi molto grande. Non sarà, forse, che si scrive insieme per lavorare insieme?

Una certa concezione professionale della scrittura letteraria sembra in effetti costante nell’attività di molte coppie di scrittori di varie epoche e nazioni. Il primo romanzo americano a essere stato scritto appositamente per il sistema delle subscription sales fu proprio un romanzo a quattro mani, The Gilded Age di Mark Twain e Charles Dudley Warner: un libro «constructed specifically for farmers and rural folk to purchase from door-to-door book agents upon a promise of later delivery»17 e, soprattutto, un libro di quasi

seicento pagine che i due terminarono in poco più di quattro mesi. Twain e Warner non scrissero altro insieme ma la rapidità e la commerciabilità della scrittura di The Gilded Age sono tutt’altro che un unicum nella storia della scrittura a quattro mani. A far la conta dei libri scritti e venduti dalle più celebri coppie di scrittori si può restare facilmente impressionati. Besant & Rice pubblicarono dodici libri in dieci anni (1872-1881), Somerville & Ross sedici in venticinque (1889-1915), Ellery Queen (1929-1971) e Boileau- Narcejac (1951-1989) ne dettero alle stampe più di quaranta in circa quarant’anni di carriera, mentre, in maniera forse ineguagliabile, M. Delly ne pubblicò addirittura centootto, grosso modo nel medesimo arco di tempo (1903-1947). L’elenco potrebbe poi allungarsi e allargarsi comprendendo anche i diciotto romanzi in meno di venticinque anni di Sveva Casati Modignani (1981-2004), i dieci scritti nell’arco di un decennio da Per Fredrik Wahlöö e Maj Sjöwall (1965-1975), gli oltre sessanta libri – tra romanzi e

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raccolte di racconti – scritti da Erckmann-Chatrian durante la seconda metà dell’Ottocento.

Si tratta indubbiamente di collaborazioni e scritture assai prolifiche e, come accennato, anche particolarmente attente al mercato. Se Twain e Warner scrivono per un pubblico pagante, e quindi per un pubblico già noto, le altre e ben più longeve coppie di scrittori tendono invece a specializzarsi in un determinato genere di scrittura che, il più delle volte, è una scrittura di genere. Besant e Rice ottennero ad esempio un buon successo con storie di avventura e sentimento riconducibili all’allora molto in voga romance, un genere frequentato, sempre in quell’Inghilterra, da diverse altre coppie di scrittori: R. L. Stevenson e Lloyd Osborne, Andrew Lang e H. Rider Haggard e, come intravisto, Conrad e Ford. Dal canto loro, M. Delly e Sveva Casati Modignani scrivono romanzi rosa e sentimentali, Erckmann-Chatrian si muovono tra il romanzo storico e quello dell’orrore ma, con ogni probabilità, è l’ampio e sempre fruttuoso settore della letteratura poliziesca e del mistero a raccogliere i maggiori consensi: gialli e detective stories scrivono infatti Ellery Queen, Boileau-Narcejac, Fruttero & Lucentini, Per Fredrik Wahlöö e Maj Sjöwall e molti altri.

Unendo un’alta produttività a una specializzazione in generi popolari, questi scrittori si ritagliano e conservano, a volte per decenni, un posto ben preciso e riconoscibile all’interno del mercato editoriale. Brandon Matthews, già nel 1890, riconosceva – non senza qualche riluttanza – che la collaborazione letteraria potesse essere «a labor-saving device»18. Queste

collaborazioni sembrano però andare oltre: più che un dispositivo per risparmiare lavoro, si configurano come un vero e proprio lavoro.19 Questi

scrittori sembrano cioè scrivere insieme per scrivere di più, più velocemente, e avere successo. La forma di nomi come Somerville & Ross o Fruttero & Lucentini è dopo tutto emblematica: non due scrittori ma una “società” di due scrittori – «a firm» come dirà Somerville della sua scrittura con Ross – che garantisce un certo prodotto sia esso «the Ireland of Somerville & Ross» o

18 B. Matthews, “The Art and Mystery of Collaboration”, cit., p. 306.

19 Che tipo di lavoro? In una prospettiva di pura letterarietà, si potrebbe facilmente

rispondere: uno sporco lavoro. Nella prolifica e popolare scrittura di molte coppie di scrittori, non è infatti difficile scorgere – come fa Francesca Medaglia – una «fabbrica della letteratura» con tutto ciò che di negativo questo comporta: routine, standardizzazione, la proverbiale perdita dell’aurea. Parlare di «industrializzazione» della scrittura carica però quest’ultima di valenze aprioristicamente negative e le assegna un modello – la fabbrica, anzi la fabbrica fordista – radicato in un contesto economico oggi non più così attuale. Per queste ragioni, si preferisce qui parlare di professionalizzazione della scrittura. In tal modo, si salvaguarda l’eventuale qualità di questi testi e ci si svincola dalla contingenza del modello. Ma soprattutto, come vedremo, parlare di professionalizzazione sembra centrare un discorso più generale che investe la scrittura collettiva nel suo complesso.

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i gialli di Fruttero & Lucentini. Che molte delle coppie più prolifiche operino tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento non sembra allora casuale. È quello il periodo in cui il mercato editoriale assume dimensioni realmente di massa e in cui bisogna tener dietro ad una domanda del pubblico che si va intensificando e diversificando. Ridurre i tempi e aumentare la produzione diviene un obiettivo, se non una necessità, di molti scrittori e scrivere insieme lo facilita. A ben vedere, però, il discorso non è così semplice.

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