Dopo aver portato a termine dei racconti brevi scritti da piccoli gruppi, nel febbraio del 2009, la comunità SIC dette inizio alla stesura di In territorio nemico, il Grande Romanzo Aperto che l’avrebbe tenuta impegnata per circa quindici mesi. A differenza di altri progetti di scrittura collettiva su larga scala, il Grande Romanzo Aperto della SIC partì immediatamente con un’idea ben precisa di cosa sarebbe stato il risultato finale: un romanzo storico ambientato in Italia durante la seconda guerra mondiale. «Abbiamo subito pensato al romanzo storico», sostengono Magini e Santoni. «La mole di documentazione storiografica che richiede, nonché la coralità della narrazione e la molteplicità dei punti di vista che ben gli si addicono, trovano certo più facile conseguimento in molti, piuttosto che individualmente».59 La
scelta del romanzo storico, inoltre, consentiva anche di risolvere il problema del soggetto. Avere un soggetto preliminare era per Magini e Santoni una condizione necessaria per evitare che il romanzo si perdesse in una confusione di strade diverse. La necessità di avere un soggetto di partenza non si conciliava però con la «volontà di rendere collettiva l’intera filiera produttiva del romanzo».60 In un certo qual modo, la raccolta di fonti su cui
si basa un romanzo storico permetteva di sfuggire a questa impasse collettivizzando anche la costruzione del soggetto. Dal sito della SIC fu lanciata una sorta di online call for papers che invitava chiunque a inviare storie e aneddoti personali e familiari avvenuti durante la seconda guerra mondiale in Italia. Dalla combinazione dei materiali ricevuti, Magini e Santoni ricavarono un soggetto da cui la comunità SIC, attraverso il metodo SIC, avrebbe dovuto scrivere il romanzo, e tanto la natura della comunità quanto quella del metodo erano ben riflesse nell’aggettivo “industriale” che compare nella loro denominazione.
Definire In territorio nemico come il prodotto di una fabbrica di scrittura non sarebbe infatti troppo azzardato o scorretto. Le centoquindici persone che parteciparono all’impresa operarono secondo una divisione di compiti e di lavoro che ricorda l’organizzazione dell’industria fordista. Allo stesso tempo, e come mostra la costruzione in crowdsourcing del soggetto, la fabbrica della S.I.C. abbracciava però anche l’apertura e la velocità tipiche dell’ambiente digitale. L’obiettivo dichiarato, del resto, era proprio conservare la solidità e l’efficacia produttiva dei processi di lavoro
59 G. Magini, V. Santoni, “Affinità elettive. Scrittura collettiva e romanzo storico in epoca
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tradizionali senza dover sottostare alla loro rigidità e pesantezza. Bisognava scrivere tutti ma con metodo, scrivere insieme ma produrre «un buon libro».
Come ogni fabbrica che si rispetti, anche la fabbrica virtuale della SIC aveva un “personale” ben determinato. La partecipazione era aperta a tutti ma era necessario candidarsi e prenotarsi sul sito entro un certo periodo di tempo. In tal modo, il gruppo di scrittori non avrebbe avuto limiti preliminari – si sarebbe sempre formato sulla base e in seguito all’idea – ma, prima di passare alla fase di scrittura, il gruppo sarebbe stato delimitato: la partecipazione era aperta a una folla di potenziali scrittori ma la scrittura vera e propria sarebbe stata portata avanti da una comunità.61
In questa comunità, i ruoli dei partecipanti furono distinti tra la figura dei direttori artistici (o compositori) e quella, assai più numerosa, degli scrittori. Questi ultimi, da definizione, si occupavano, individualmente e separatamente, della scrittura delle varie parti dell’opera; svolgevano – per conservare la metafora industriale – il grosso del lavoro alla catena di montaggio. I direttori artistici, invece, si occupavano di supervisionare l’attività di scrittura dei singoli scrittori e soprattutto di ricomporla: il direttore artistico non scriveva in prima persona ma combinava parti altrui per farle diventare di tutti. È però fondamentale sottolineare che le parti da combinarsi non erano sequenze o capitoli successivi del romanzo. La suddivisione della scrittura tra i singoli scrittori non avvenne cioè su base cronologica come nella scrittura a staffetta. «Il primo elemento chiave della SIC», si legge nella sua presentazione, «è la divisione in schede degli elementi narrativi (personaggi, locazioni, situazioni, simboli, stile etc.)».62 Le parti che
vennero distribuite ai singoli scrittori nella produzione di In territorio nemico furono dunque gli «elementi narrativi» di un romanzo che doveva essere ancora scritto e che, alla fine, fu effettivamente scritto da tutti. «Tutti scrivono tutto», recita il motto della SIC, e ciò avviene perché la sua catena di scrittura non è rigidamente unidirezionale come la corrispettiva industriale bensì fluida e ricorsiva come nella struttura dei network.
61 Ingressi successivi erano possibili ma sempre previa approvazione da parte del gruppo
ormai formato. Si legga questa risposta data a un aspirante scrittore che desiderava prendere parte al romanzo quando era già in corso: «partecipare entrando a lavori aperti è possibile […] anche se non è cosa banale. Per farlo, infatti, è necessario leggere - o meglio: studiare - tutta la documentazione prodotta finora dai partecipanti […] come puoi vedere, sono moltissime pagine, ma è indispensabile che vengano assimilate a fondo, poiché il romanzo sta per entrare in fase di stesura e tutti gli altri partecipanti conoscono le schede a menadito avendole scritte collettivamente. Solo conoscendo bene questi testi un nuovo scrittore potrebbe entrare e tenere il passo degli altri. Se te la senti, hai due settimane di tempo per studiare tutti i materiali; poi troveremo noi il modo di "valutarti" e poi inserirti».
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Ogni «elemento narrativo» del Grande Romanzo Aperto aveva a disposizione un certo numero di “schede” – per i personaggi, ad esempio, vi furono ventiquattro schede tante quanti i personaggi che appaiono nel romanzo – e ciascuna scheda poteva essere “prenotata” da quattro a otto scrittori a seconda della sua importanza e consistenza. Questi, come detto, lavoravano sì individualmente e separatamente ma a una medesima scheda, così che, al termine del tempo concesso, se ne avevano più versioni. A questo punto, i direttori artistici – ce ne furono otto – raccoglievano e leggevano le schede individuali dedicate al medesimo elemento e operavano una selezione e composizione delle parti migliori e più condivise, senza poter aggiungere materiali ex novo. Si avevano così delle nuove schede, le schede finali, non più riconducibili ad alcun singolo scrittore bensì alla loro somma impersonale.63 Le prime schede finali ottenute in tale maniera furono quelle
dei personaggi e delle locazioni che vennero subito ridistribuite agli scrittori per poter essere adoperate nelle fasi successive di scrittura.
Con lo stesso metodo di suddivisione e ricomposizione fu costruito il “trattamento”, ossia un’elaborazione generale della trama che descriveva tutte le scene di cui si sarebbe costituito il romanzo. Le schede delle varie scene vennero allora suddivise tra gli scrittori che produssero nuovamente varie versioni individuali, adesso però basate sulle precedenti schede finali dei personaggi e delle locazioni e quindi su materiali già collettivi. Il ciclo si ripeté ancora una volta, e per molteplici volte: queste schede individuali ma in un certo senso già collettive vennero inviate ai direttori artistici, composte in nuove schede finali, ridistribuite tra gli scrittori, e così via finché la bozza del romanzo non fu completata. Era un processo ibrido nel quale gli scrittori lavoravano sempre individualmente ma con materiali progressivamente sempre più collettivi. Ogni qual volta una scheda finale tornava nelle mani del singolo scrittore, questa risultava difatti sempre meno “sua” e sempre più, indistinguibilmente, della comunità. Le 308 pagine di cui si compone il romanzo finale sono allora il prodotto di così tanti cicli collettivi di scrittura, composizione, riscrittura e ricomposizione che risulta impossibile trovare una singola pagina che abbia un singolo autore. Programma rispettato, verrebbe dunque da dire. Tutti scrissero tutto. Ma cosa scrissero di preciso? Che romanzo è, in conclusione, In territorio nemico?
63 L’obiettivo era formare delle schede collettive che contenessero i migliori e i più frequenti
materiali provenienti dalle schede individuali. Per questo motivo, all’arbitrio dei direttori artistici si affiancava un criterio quantitativo: se una certa scelta ricorreva più o meno identica nella varie schede, i direttori artistici erano chiamati ad accettarla nella scheda finale.
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