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La valenza politica della scrittura collettiva è senza dubbio la questione generale che più è rimasta sotto traccia in tutto il discorso affrontato. Sin dal principio, non era sfuggita l’implicazione politica contenuta nell’aggettivo «collettiva» ma si è preferito “matematicizzare” il concetto e considerarlo indicativo di una pura compresenza di più individui nell’atto scrivente: una scrittura semplicemente plurale e non ideologicamente marcata. Una sua

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interpretazione politica avrebbe difatti richiesto un’analisi ben più ravvicinata dei singoli testi e del loro contesto storico-sociale di produzione e questo avrebbe ostacolato, o quanto meno rallentato, il percorso generale sui loro caratteri teorico-letterari. Proprio al termine di questo percorso, tuttavia, qualcosa sul rapporto tra politica e scrittura collettiva è possibile dirla. Del resto, un “noi” scrivente è un soggetto tutt’altro che indifferente dal punto di vista sociale. Il “noi” è il pronome delle proteste, delle rivendicazioni, delle fondazioni, dei manifesti. Non si può allora escludere che scrivere insieme possa essere un gesto politico anche in campo letterario.

Testi letterari collettivi provvisti di argomenti e di obiettivi politici non mancano. The Sturdy Oak, un romanzo americano del 1917, fu scritto da «fourteen leading American authors» a sostegno ideale ed economico del movimento delle suffragette: il romanzo racconta la “conversione” di un giovane marito alla causa femminile e tutti i proventi delle sue vendite furono destinati al suo supporto.2 I già citati The King’s Men, Lo Zar non è

morto, 2005 dopo Cristo sono tutti romanzi di fantapolitica che prendono le mosse dalla loro contemporanea, e reale, situazione sociale. Tutti i romanzi dei Wu Ming, dal canto loro, possiedono un significato ideologico-politico abbastanza marcato e nettamente schierato. Tracce di politica e di implicazioni politiche si possono poi riscontrare anche nei testi e progetti collettivi più contemporanei e sperimentali. Invisible Seattle è ad esempio anche una critica alla sfrenata speculazione edilizia e al liberismo degli anni Ottanta. In territorio nemico della SIC è un romanzo storico sulla Resistenza e questo, in Italia, ha sempre un suo peso e senso politico.

Se ci si sofferma sulla specifica “parte” politica di questi testi, i risultati possono variare parecchio. The Sturdy Oak è un romanzo apertamente e civilmente “progressista”. The King’s Men è un romanzo “conservatore”, scritto da quattro americani talmente preoccupati dai voti delle masse da immaginare una storia in cui i “buoni” sono quasi i monarchici. Lo zar non è morto è un romanzo dichiaratamente fascista e di celebrazione al Fascismo, cosa che non si può certo dire di In territorio nemico. 2005 dopo Cristo offre uno sguardo critico e surreale agli anni italiani del cosiddetto berlusconismo. I romanzi storici dei Wu Ming, pur variando epoche e ambientazioni, raccontano sempre una stessa storia – o forse meglio Storia – di sinistra, in

2 Il romanzo, il cui sottotitolo “A composite Novel of American Politics” mostra apertamente

la sua valenza politica, fu scritto, un capitolo ciascuno, da Samuel Mervin, Harry Leon Wilson, Fannie Hurst, Dorothy Canfield, Kathleen Norris, Henry Kitchell Webster, Anne O’Hagan, Mary Heoton Vorse, Alice Duer Miller, Ethel Watts Mumford, Marjorie Allen White, Mary Austin, Leroy Scott. I quattordici capitoli furono raccolti e very cautiously edited da Elizabeth Jordan, che dopo The Whole Family tornava dunque a dirigere un romanzo collettivo.

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cui lo scontro sociale e umano risulta dicotomizzato tra sfruttatori e sfruttati, tra il capitale (nelle sue diverse forme) e le sue vittime.

Dall’estrema destra alla sinistra radicale, i colori dello spettro politico ci sono dunque quasi tutti. Ad accomunare davvero questi testi è allora un’idea più universale di politica, un’idea per cui ogni discorso politico e sulla politica è quasi naturalmente un discorso di gruppo. E la scrittura collettiva è per l’appunto un mezzo fondato sull’azione e sulle opinioni di un gruppo di persone: in The Sturdy Oak l’appoggio a una causa civile è manifestato da un gruppo di scrittori progressisti; in The King’s Men le preoccupazioni sullo stato della democrazia sono espresse da un gruppo di scrittori conservatori; in Lo Zar non è morto i valori di un regime sono esaltati da un gruppo di scrittori patriottici; nei romanzi dei Wu Ming, ad avanzare critiche economiche e auspicare pratiche di dissenso sono un gruppo – e forse qui meglio collettivo – di scrittori anti-capitalisti.

La scrittura collettiva si rivela così anche un mezzo idealmente adatto a veicolare messaggi politici e sociali i quali, dopo tutto, sono per loro natura collettivi e risultano quindi tanto più forti e convincenti quanto più sono sostenuti da soggetti plurali. In qualità di mezzo, la scrittura collettiva non è poi né di destra né di sinistra ma, come tutti i mezzi, non si può nemmeno ignorare che abbia una storia non del tutto neutra. L’immagine di una collettività impegnata, di un’azione positiva e significativa di gruppo, è infatti tradizionalmente legata a una certa visione e tradizione di sinistra. Non a caso, un invito alla scrittura letteraria collettiva, e con intenti politici, lo si ritrova addirittura nel Primo Congresso degli scrittori sovietici del 1934, nella proposta di Maksim Gorkij di scrivere un libro collettivo che racconti «l’essenza del mondo borghese descrivendone una giornata».3 La proposta di

Gorkij fu in seguito anche realizzata4 e, in generale, l’uso della scrittura

collettiva per e con idee collocabili nel pensiero di sinistra pare essere quantitativamente maggiore ma, come osservato, non per nulla esclusivo. Lungi dall’essere una scrittura politicamente marcata, la scrittura collettiva è difatti piuttosto una scrittura politicamente marcabile. È la presenza stessa

3 Il discorso di Gorkij si può leggere in G. Kraiski (ed.), Rivoluzione e letteratura. Il dibattito al I

Congresso degli scrittori sovietici, Laterza, Bari, 1967.

4 Un anno dopo il congresso, nel 1935, tra le pagine di una rivista spagnola filocomunista

apparve Historia de una día de la vida española, un romanzo scritto da un gruppo di ventiquattro scrittori che si firmarono con il nome di escritores revolucionarios. Sulla scorta delle parole di Gorkij, il testo voleva essere per l’appunto il racconto collettivo, e anonimo, di una giornata qualunque, ventiquattro scrittori per ventiquattro ore. Su Historia de una día de

la vida española cfr. D. Siviero, “Il romanzo collettivo in Spagna tra Otto e Novecento”, in A.

Barbieri, E. Gregori (eds.), L’autorialità plurima. Scritture collettive, testi a più mani, opere a firma

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