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Ricominciare da cinque: la folle deriva del romanzo

Sette segrete, uomini fatti a pezzi e ricuciti, donne folli e combattive, vecchi amori e nuove vendette. Il quinto capitolo de Las vírgenes locas fa di colpo piazza pulita di tutto quanto era stato scritto dai quattro scrittori precedenti e lo fa in modo tale da assestare il romanzo entro i binari della metaletterarietà più manifesta:

Aquello no tenía pies ni cabeza. El pobre Octavio leía una y cien veces el rimero de cuartillas que tenía sobre la mesa, y no reconocía su obra de la noche anterior. Una noche de fiebre creadora, de excitación nerviosa que tocaba en la locura, […] había tenido por resultado aquel cúmulo de despropósitos.54

Flügel riconduce la storia costruita sino a quel momento allo statuto di “storia nella storia”. Las vírgenes locas è il frutto assai poco convincente di una notte di lavoro di uno scrittore il cui nome, Octavio Ortega y Carrión, non è altro che la combinazione dei nomi degli scrittori dei primi tre capitoli e il cui paese di provenienza, Rocaberti, è un calco del nome dello scrittore del quarto. Flügel gioca a carte quasi scoperte e per mezzo di questo “autore composito” sembra voler denunciare il livello di imbroglio e di inverosimiglianza a cui si era pervenuti. Il giudizio di Octavio su quello che ha scritto – e dunque su quello che i lettori hanno letto – pare infatti senza appello: «un cúmulo de despropósitos», «una rapsodia descosida», «panos que ni aun estaban pegaso unos a otros». E il gioco metaletterario di Flügel non si esaurisce qui.

Nel corso del capitolo si viene a scoprire che Octavio ha scritto per conto di un certo Salustio Durante, proprietario di una famosa rivista letteraria, che gli aveva commissionato un romanzo intitolato per l’appunto Las vírgenes locas. In questo modo Flügel chiama in causa l’intero progetto editoriale del romanzo e a Salustio Durante, evidente trasposizione di Sinesio Delgado, mette in bocca una sorta di bizzarro mea culpa. L’errore principale, dice difatti Durante, è stato quello di stabilire un titolo apparentemente

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assurdo che ha spinto a scrivere «strane avventure» e a complicarle sino a renderle «de imposible solución». La sua analisi sembra coincidere perfettamente con quella dello stesso Flügel il quale, trovandosi di fronte a una storia impossibile da proseguire, decise di ricominciarla da zero. I capitoli e gli scrittori precedenti non contano più e Las vírgenes locas iniziano con la fine del quinto capitolo quando Durante si appresta a far conoscere le “vere” Vergini Folli, ossia le sue figlie.

Se, come sembra, dietro Flügel si cela Leopoldo Alas, il sesto capitolo si configura come una deroga al romanzo e alla scrittura a staffetta dal momento che Alas stesso avrebbe scritto due capitoli di seguito. In effetti, la storia non conosce sterzate né narrative né stilistiche e, nonostante i giudizi metaletterari del quinto capitolo, continua ad apparire come una farsa divertente e divertita. Le figlie di Durante, Elena e Carmela, sono entrambe vergini ed entrambe comicamente folli: la prima è convinta di essere l’incarnazione della dea dell’amore ideale, la seconda è convinta di essere destinata a Gesù. Colpito dall’incredibile bellezza di Elena, Octavio si propone come suo sposo e, in un parossismo di barocco sentimentale, il matrimonio viene celebrato con la promessa di non esser mai consumato.

Nei cinque capitoli successivi, gli scrittori rinunciano progressivamente a qualsiasi tentativo di costruire un intreccio e di scioglierlo positivamente e si abbandonano piuttosto al piacere del paradosso e della parodia. Nel settimo capitolo, subito dopo il matrimonio, Pedro Bofill mette in scena una conversazione surreale in cui Octavio, travestito da greco antico, si concede una sigaretta insieme a Durante, travestito da Gesù Cristo, e vengono poste domande sulla natura vera o fittizia della storia che stanno vivendo. Nell’ottavo capitolo, Vital Aza fa comparire un nuovo personaggio, un buffo omino con degli occhiali verdi, che si appresta a raccontare a Octavio una «historia terrible» che viene poi rivelata da José Estremera nel nono capitolo. Nel più classico spirito del feuilleton e delle più moderne telenovele, si assiste a un disvelamento dei ruoli: Salustio Durante è in realtà un impostore di nome Quintana che si è impadronito delle ricchezze e delle figlie del vero Durante. E il vero Durante si rivela essere lo stesso omino con gli occhiali verdi che, però, nel frattempo si è anche rivelato pazzo. Di fatto, il tema della follia è ormai diventato il centro della narrazione, una sorta di deus ex machina in grado di aprire e chiudere svolte e personaggi. Nel decimo capitolo, Eduardo de Palacio racconta la “sua” visita – sua perché scritta in prima persona e in qualità di alter ego di se stesso – al manicomio di Saint Feliu de Llobregat dove tra i pazienti incontra un certo don Felipe de la Cuna. Quest’ultimo gli racconta di esser stato un letterato che aveva sempre sognato di scrivere un capolavoro che potesse superare il Chisciotte e di esservi finalmente riuscito:

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- Las Vírgenes Locas! - Que dice usted?

- Ésa, ésa es la joya de nuestros días; ésa es mi creación. - Luego todo cuanto yo he visto y he leído?...

- Todo, todo está aquí.

Y diciendo esto, se golpeaba en la frente con el puno derecho hasta el extremo de levantarse un chichón que parecía la raíz de un cuerno. Y «ce por be», come dice la gente, me relató cuanto ustede habrán leído en Madrid Cómico.55

In maniera non troppo diversa da quanto accaduto nel quinto capitolo, anche il decimo riconduce tutto ciò che precede al rango di “storia nella storia”, e si dovrebbe aggiungere un ulteriore “nella storia”. Las vírgenes locas non è altro che il parto della mente di un folle che vive confinato in un manicomio. Il romanzo potrebbe concludersi così ma, nell’epilogo, Luis Taboada s’impadronisce della tecnica di de Palacio e gliela rivolge contro. Anche Taboada scrive in prima persona e, imbastendo un dialogo con Sinesio Delgado, racconta come le cose siano andate diversamente:

Las Vírgenes Locas […] es una terrible, pero verídica, relación de hechos que se desarrollan a nuestro alrededor. Eduardo debía descubrir el misterio en el capítulo encomendado a su bien cortada pluma, pero Quintana supo evitarlo, extraviando la razón de nuestro pobre amigo y obligándole a decir que Las Vírgenes Locas es la obra de un demente.56

Las vírgenes locas non è l’opera di un pazzo ma il decimo capitolo de Las vírgenes locas, sì. È stato Quintana, il falso Salustio Durante così come si è appreso nel nono capitolo, a far impazzire de Palacio somministrandogli uno strano farmaco per impedirgli di scrivere la verità. E la verità è che tutto quanto si è letto – almeno da un certo punto in poi – è realmente accaduto: Quintana si è impadronito delle ricchezze e delle figlie di Durante il quale però è tornato e, con l’aiuto di Octavio, intende riprendersi ciò che gli spetta. Ma nessuno otterrà nulla dal momento che, alla fine, impazziscono tutti. I personaggi – Elena, Carmela, Octavio, don Salustio, Quintana, – finiscono o al manicomio o a vagare, da folli, per le strade della città. E il loro destino è condiviso anche da chi ne ha narrato le vicende. Impazzisce prima Sinesio Delgado nel racconto di Luis Taboada:

55 Ivi, pp.131-132. 56 Ivi, p.136.

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Sinesio al terminar su relación me miró fijamente; después se quitó las zapatillas, arrojó por el balcón el cuello postizo y lanzo una carcajada. Estaba loco!

E infine lo stesso Luis Taboada nella nota di redazione a piè di pagina che conclude il romanzo:

En esto momento se acaba de volver loco el senor Taboada.57

Un fallimento divertente:

la distruzione della totalità

All’inizio del romanzo, Delgado – il vero Delgado – aveva espresso la curiosità per quel che sarebbe potuto venir fuori da un progetto simile. Anche al termine del romanzo risulta però difficile stabilirlo. A leggere la sequenza dei suoi undici capitoli, di cosa parli esattamente Las vírgenes locas rimane in effetti poco chiaro. Il romanzo nella sua interezza si compone di eventi piuttosto indipendenti tra loro e presenta personaggi assai instabili. Non c’è una storia in quanto tale ma piuttosto bizzarri frammenti di una storia o, forse più correttamente, di più storie: trame, personaggi e generi diversi si accumulano nello scorrere dei contributi in una successione e trattazione parossistica e, in fin dei conti, parodica.

Appare dunque evidente che ne Las vírgenes locas, la “cecità” del gruppo di scrittori è considerata più come un divertimento che come un impedimento. Il gruppo non ha alcuna intenzione di tentare la costruzione di un romanzo come “cosa complessa” ma trova piuttosto il suo senso e il suo piacere nella continua distruzione di ogni complessità. La coerenza e la totalità del percorso narrativo risultano costantemente sotto attacco dalle scelte dei singoli scrittori sempre pronti a trascurare o sconfessare ciò che è stato detto prima facendo ricorso alla follia del tutto o, in maniera ancor più esagerata, alla fictionality del tutto.

Del resto, in quel che era stato presentato come un «torneo dell’ingegno» che doveva proseguire di «sorpresa in sorpresa» è abbastanza comprensibile che il principio di cooperazione venga spesso e volentieri ignorato e tradito. Come insegna la pragmatica linguistica, un discorso privo di cooperazione tra i suoi partecipanti è incline al fallimento ma, come insegna l’esperienza quotidiana di chiunque, il fallimento comunicativo può avere effetti comici e divertenti. Se però un gruppo che scrive a staffetta non intende dar vita a un testo “solo” divertente e se il suo scopo è invece un

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romanzo “serio” – una “cosa complessa” – la scanzonata ed estemporanea composizione de Las vírgenes locas deve lasciare spazio a qualcosa di molto diverso.

III

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