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Quanto meno dalla pubblicazione del celebre The Work of the Nations, l’economista americano Robert Reich s’interessa ai motivi per cui il reddito delle classi medie dei paesi occidentali è in costante riduzione e sofferenza. In estrema sintesi, Reich vede nell’apertura dei mercati globali e nella tecnologia informatica una combinazione che ha reso la maggior parte di noi meno competitiva. «The tasks we used to do», sintetizza in apertura del suo ultimo libro, «can now be done more cheaply by lower-paid workers abroad or by computer-driven machines».97

Una simile combinazione tra apertura globale e tecnologia informatica la si ritrova in quasi tutti i progetti di scrittura collettiva su larga scala. Il parallelismo può apparire certo bizzarro – nella scrittura collettiva non si può parlare di redditi, stipendi e tassi di occupazioni – eppure non si può

97 R. Reich, Saving Capitalism. For the many not the few, New York, Alfred. A. Knopf, 2015, p.

XII. In questo libro, Reich aggiunge però un ulteriore fattore: una scorretta – corrotta – regolamentazione legislativa che favorisce pochi attori della scena economica.

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nemmeno ignorare che le centinaia di persone coinvolte in queste scritture collettive sono pur sempre impegnate in un compito, in un certo senso stanno svolgendo un lavoro e, nella stragrande maggioranza dei casi, lo stanno facendo gratuitamente. Tiziana Terranova:

Free labor is a desire of labor immanent to late capitalism, and late capitalism is the field that both sustains free labor and exhausts it. […] Late capitalism does not appropriate anything: it nurtures, exploits, and exhausts its labor force and its cultural and affective production. In this sense, it is technically impossible to separate neatly the digital economy of the Net from the larger network economy of late capitalism. Especially since 1994, the Internet is always and simultaneously a gift economy and an advanced capitalist economy.98

In questi grandi e aperti gruppi di scrittori, ci si troverebbe di fronte a un perfetto esempio di gift economy: i partecipanti impiegherebbero tempo e competenze per puro interesse culturale e curiosità intellettuale senza pretendere né desiderare un ritorno simbolico e materiale. Non è però raro che questi processi di scrittura collettiva producano, al termine o durante la loro esistenza, dei libri che, in quanto tali, vengono regolarmente venduti e non regalati. Invisible Seattle dette vita a un romanzo pubblicato, la fabbrica della SIC si formò proprio per pubblicare un romanzo, Letter to an Unknown Soldier raccolse una selezione delle sue lettere in un volume e da Mr. Beller’s Neighborhood, nel corso del suoi quasi vent’anni di attività, sono stati ricavati diverse raccolte editoriali. Da un lavoro spontaneo e gratuito a un prodotto con un’etichetta del prezzo: gift economy ed economia capitalista si fondono e confondono come affermato da Terranova. Ma chi beneficia realmente di questa situazione?

Benché non ci siano grandi cifre in ballo, il discorso ha una sua importanza di principio e oltretutto non limitata al puro ricavo economico. In presenza di un libro pubblicato e venduto, il grande e indistinto gruppo di persone che lo ha scritto – o ha contribuito a scriverlo – ha sostanzialmente due possibilità: o rinuncia ai suoi diritti d’autore, destinandoli magari a qualche attività o associazione benefica e culturale, o provvede a suddividerseli, il che come intuibile può essere un’impresa alquanto complessa. In ogni caso, non ne trae un grande guadagno né materiale né simbolico: i possibili introiti sono minimi se distribuiti tra decine e centinaia di persone e i loro nomi restano il più delle volte invisibili e sconosciuti. A ricavarne davvero qualcosa sono invece proprio quegli individui i cui nomi

98 T. Terranova, “Free Labor: Producing Culture for the Digital Economy”, Social Text, 63

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svettano dall’effetto di anonimato collettivo e rimangono in qualche modo sulla scena: gli ideatori dei vari progetti e coordinatori dei relativi processi. Questi non solo, e non tanto, ottengono la maggior parte dei diritti delle vendite di un’eventuale pubblicazione ma soprattutto, con o senza di questa, sono in grado di costruirsi una posizione – e quindi un nome – nel campo artistico, letterario, accademico. Il risultato, dunque, è che poche persone finiscono per godere materialmente e simbolicamente dei frutti dell’insieme del lavoro delle mani di tante persone. Un insieme che senza di loro non sarebbe esistito ma un lavoro che, senza quelle mani, non sarebbe stato possibile. Di fatto, però, quelle mani sono ora diventate assai meno importanti. Ancora dal libro Collaborative Futures:

This is the freedom of not being tied down, though the downside is that we’re on our own. It’s an open relationship, after all. We are freer […] but also replaceable. The crowd can take over; the crowd is cheaper, more efficient, less demanding.99

La scrittura collettiva dei gruppi aperti, lo si è già detto, comporta una disponibilità pratica e concettuale verso tutti. Ciò significa che chiunque è libero di scrivere con chiunque ma anche che chiunque può essere sostituito da chiunque. È questo l’effetto ambiguo della sua sensazione di anonimato. I partecipanti sono al contempo fondamentali perché, nel complesso, formano quei gruppi e quei processi che costituiscono il reale valore del progetto ma anche inutili perché, singolarmente, potrebbero essere rimpiazzati senza grandi conseguenze.

In The Work of the Nations, Robert Reich ipotizzò un mondo del lavoro in cui solo il 25% avrebbe realmente contato qualcosa – i cosiddetti “analisti simbolici” – mentre il restante 75% sarebbe stato costituito da una folla non specializzata e rimpiazzabile. In questi gruppi di scrittura, sembra verificarsi una situazione simile. Una ristretta minoranza di partecipanti conta qualcosa perché mette a punto il progetto e ne sovrintende il processo ricavandone benefici materiali e simbolici. Gregorio Magini e Vanni Santoni, in seguito all’ideazione e supervisione della SIC, sono oggi impegnati in delle più tradizionali carriere soliste, Thomas Beller ha pubblicato vari libri dopo la fondazione di Mr. Beller’s Neighborhood e c’è tutto un settore accademico di cui fanno parte Kate Pullinger, Anders Sundnes Løvlie, Rob Wittig, Mark C. Marino, etc., che organizza e lancia progetti di scrittura collettiva sul web per poi analizzarli nei loro corsi di studio e in pubblicazioni scientifiche dedicate.

99 Anonymous, Collaborative Futures. The Future of Collaboration, Written Collaboratively, San

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La maggioranza dei partecipanti, invece, i cui nomi restano sconosciuti, presta spontaneamente il proprio lavoro, ne gode e ne beneficia intellettualmente ma non esercita né ricava un reale potere materiale o simbolico. Ma allora – ci si potrebbe infine domandare – perché lo fa? Ha senso scomparire completamente?

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