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Un metodo non convenzionale per un romanzo convenzionale

La pubblicazione del Grande Romanzo Aperto aveva realizzato uno degli obiettivi programmatici della SIC – scrivere «un libro collettivo da centinaia di utenti» – ma, come accennato, a questo obiettivo ne era affiancato un altro, più generale e persino più ambizioso: far diventare la scrittura collettiva, fosse anche di piccoli gruppi, «una prassi letteraria». Per Magini e Santoni si trattava di una questione di spirito dei tempi: «oggi tutto ciò che concerne la cosiddetta “produzione di contenuto” va nella direzione della condivisione e del lavoro collettivo. La nostra sensazione era dunque che anche la letteratura dovesse provarci».66 E la SIC ci aveva realmente

provato e, con il progetto del romanzo, vi era anche riuscita. Eppure, dopo In territorio nemico, non si hanno notizie né di altri libri né, tanto meno, di altri progetti da parte della SIC. Il sito è ancora online ma nessuna novità appare tra le sue pagine e, nel forum, il luogo in cui si dovrebbe svolgere la vita vera della sua comunità, non si leggono più proposte, opinioni e discussioni ma

66 G. Magini, V. Santoni, http://www.bibliocartina.it/dal-metodo-sic-scrittura-industriale-

collettiva-nasce-il-romanzo-con-piu-autori-al-mondo-la-facciamo-finita-con-lo-stereotipo- del-grande-scrittore/

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solo spam automatizzato di prestiti truffaldini e pillole senza bisogno di prescrizione. Che è successo?

Sfogliando le pagine conclusive di In territorio nemico, subito dopo la fine del romanzo, ci si imbatte in tre pagine nelle quali sono elencati tutti i partecipanti all’impresa. La struttura dell’elenco ricorda molto il modello dei crediti cinematografici, lo stesso a cui gli Invisibili avevano inizialmente pensato una trentina d’anni prima. Gregorio Magini e Vanni Santoni occupano il primo posto sotto la categoria di “ideazione e coordinamento”. Poi vi sono i nomi dei Direttori Artistici, raccolti sotto la categoria di “composizione” e, a seguire, tutti gli altri: i settantotto scrittori (“scrittura”), i tredici revisori (“revisione”), i quattro consulenti storici (“consulenza storica”), i quattordici consulenti dialettali (“consulenza dialetti”) e, a chiusura di questi titoli di coda, i nominativi di chi fornì i materiali storici per la costruzione del soggetto. Questi nomi, disposti in tale maniera, rappresentano splendidamente tutta la sostanza e il fascino teorico della SIC. Un metodo e una comunità che mettono insieme, razionalmente e ordinatamente, forze e competenze differenti per produrre un’opera letteraria o, meglio, un’opera letteraria tradizionale. Gregorio Magini:

Con la SIC ci siamo "accontentati" di imitare la forma del romanzo tradizionale con un sistema nuovo, se non altro perché sentivamo che era necessario, per poter innovare e sperimentare dal punto di vista del metodo di scrittura, attenersi alla tradizione, se non addirittura al tradizionale, dal punto di vista del genere e dello stile.67

Scrittore meticcio, autore liquido, autore Frankenstein: sono diversi i modi in cui Magini e Santoni descrissero ciò che rappresentavano quelle tre pagine fitte di nomi in chiusura del romanzo. In comune a queste definizioni vi era un’idea di pluralità e apertura che avrebbe dovuto adeguare la letteratura alla temperie culturale del ventunesimo secolo. E tuttavia, pur proponendo una nuova tipologia di scrittura e di autore letterario, la SIC non propose nulla di nuovo sotto il profilo dell’opera letteraria. «Attenersi alla tradizione se non addirittura al tradizionale», afferma Magini. E In territorio nemico è in effetti un romanzo tradizionale, forse persino convenzionale, non troppo diverso da tanti romanzi scritti da molte meno mani che affollano gli scaffali di librerie e biblioteche. Questa non è certo un’accusa di scarso coraggio ma, forse, è un modo per spiegare il motivo per cui la SIC, alla fine, non ha reso la scrittura collettiva una prassi letteraria e tanto il suo metodo quanto la sua comunità risultano oggi, come dice Magini, «in pausa».

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Il gruppo di centoquindici persone che collaborò alla produzione di In territorio nemico era venuto a formarsi intorno al progetto stesso. Una volta portato a termine e confermata così l’efficacia del metodo, questa fabbrica virtuale avrebbe avuto bisogno di un’altra “commessa” per non chiudere i battenti o per riformarsi, nel più puro spirito liquido del web, in altra composizione. Ma avrebbe avuto senso rimettere in moto questo grande e faticoso processo per scrivere un altro «buon libro», differente dal primo, ma non dai romanzi «tradizionali»? Sarebbe riuscita la SIC ad attirare e formare una nuova comunità che, tutto sommato, avrebbe dovuto replicare un esperimento già riuscito? E il tutto avrebbe riottenuto l’attenzione di stampa, editoria e pubblico? Beninteso, non si tratta di domande retoriche. Una risposta affermativa era ed è possibile e, d’altra parte, un nuovo libro SIC può sempre essere scritto. Tuttavia sono domande che devono aver attraversato la mente della comunità e dei suoi ideatori dal momento che l’idea che la SIC potesse generare «contenuti di tipologia completamente nuova»68 era contemplata nello stesso periodo di stesura del Grande

Romanzo Aperto. In seguito, come mostra lo stato del suo sito, la ricerca e la discussione sulla SIC si sono però interrotte e gli eventuali sviluppi della scrittura collettiva di tipo “industriale” sono rimasti nel regno della pura immaginazione. Ma la cultura del network, dalla cui fascinazione erano partiti Magini e Santoni, non ammette tempi morti. E se ci si allontana dalle pagine ormai un po’ malinconicamente disabitate del sito della SIC, in pochi secondi si approda in altri siti, in altri progetti ed esperimenti in cui la scrittura collettiva mostra nuovi scenari, nuove storie e forse, a volte, persino «contenuti di tipologia completamente nuova».

V

Un memoriale storico collettivo:

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