• Non ci sono risultati.

«Un buon libro» era l’obiettivo che ci si era prefissati quando la SIC stava ancora muovendo i primi passi tra il campo letterario e quello delle comunità virtuali. L’obiettivo espresso da Magini e Santoni era, tra le altre cose, giustificato da due principi che si attiverebbero nella SIC: il principio di ridondanza, secondo cui «più materiale viene prodotto, più grande sarà anche la quantità di materiale testuale di buona qualità» e il principio di sublimazione secondo cui il processo ricorsivo sul quale si basa la SIC renderebbe i partecipanti sempre «più consapevoli e accordati tra loro» con «ripercussioni positive sulla qualità finale».64 L’enfasi posta sulla qualità era

importante perché serviva a sottolineare come la SIC non dovesse essere un fine in sé ma un mezzo per raggiungere un risultato di un certo livello. In territorio nemico, uscito nel 2013 per minimum fax, doveva essere non solo un libro pubblicabile ma un libro di qualità, un «buon libro» per l’appunto. «Un buon libro», però, può significare cose diverse a seconda della prospettiva adottata.

Da un punto di vista logico e strutturale, per esempio, In territorio nemico è un romanzo solidamente concepito e realizzato. Racconta le vicende di tre personaggi principali alle prese con la caotica situazione in cui è sprofondata l’Italia dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943: Aldo, un ingegnere aeronavale che si nasconde tra le campagne del nord Italia per sfuggire alla leva coatta; Matteo, suo cognato, che diserta dalla marina e intraprende un pericoloso viaggio per l’Italia; e Adele, sorella di Matteo e moglie di Aldo, una casalinga che diventa prima operaia e poi partigiana. I tre sono sin dall’inizio divisi dalle peripezie della guerra e, per tutto il romanzo, la narrazione li segue separatamente attraverso la classica voce di un narratore impersonale e secondo una divisione che è anche formale: ciascun capitolo tratta la storia di un solo personaggio in un’alternanza alquanto ordinata che dura sino alla fine.

Confrontato con la rapsodica frammentazione di A Million Penguins o anche con la ben più strutturata ma pur sempre visibile pluralità compositiva di Invisible Seattle, In territorio nemico appare prima di tutto come «un libro» nel senso più tradizionale e immediato del termine. Ci sono dei protagonisti ben determinati, la voce narrante è stabile e coerente, e la storia si muove ordinatamente da un inizio sino a una fine: le vicende separate dei tre protagonisti scorrono in parallelo sino a ricongiungersi nell’ultimo capitolo in coincidenza con la conclusione del conflitto. Secondo parametri di

64 G. Magini, V. Santoni, “Affinità elettive. Scrittura collettiva e romanzo storico in epoca

163

coerenza, solidità, e leggibilità, In territorio nemico risulta allora davvero «un buon libro». Nel giudizio qualitativo di un romanzo, tuttavia, entrano in gioco anche altri parametri.

Il metodo S.I.C., come visto, prevede la divisione preliminare di un testo nei suoi elementi narrativi. Il che, combinato con l’idea dei cicli di scrittura e composizione, è funzionale all’intento per cui, nella sua comunità, tutti devono scrivere tutto. Tale procedimento implica però che gli elementi narrativi di un testo siano stabiliti prima del testo stesso. I personaggi di In territorio nemico – le cui schede furono le prime a essere compilate – vennero pensati e scritti prima delle azioni che avrebbero compiuto e delle vicende che avrebbero vissuto. Non è certo una novità. Si tratta di un procedimento di bricolage ampiamente adoperato nella narrativa popolare e che, d’altra parte, si è già incontrato nella stessa scrittura collettiva. In Caverns e in Keeping Mum, ad esempio, la scrittura procede per ideazione e combinazione di elementi narrativi, e a cominciare proprio dalla creazione preliminare dei personaggi. Tutto ciò, ovviamente, ben si concilia con la letteratura di genere e che In territorio nemico sia un romanzo storico non deve quindi passare inosservato. Tutto ciò, altrettanto ovviamente, non può però non avere degli effetti sulla caratterizzazione della storia e, dunque, sulla sua qualità.

A tale proposito, Tommaso Meozzi ha condotto un interessante studio di “filologia informatica”. Ha raccolto le schede-personaggio, sia individuali sia finali, dei primi due racconti scritti con il metodo SIC e le ha analizzate al fine di ricercare delle eventuali costanti. Ne è emerso che gli scrittori, nelle loro schede individuali scritte prima dello sviluppo della storia, tendevano a costruire i personaggi secondo «sistemi simbolici che riducono la complessità del reale». Il tratto comune era insomma «un determinismo piuttosto rigido» e, in questo, le schede finali non erano poi «significativamente diverse da quelle individuali».65 I personaggi dei racconti SIC si presentavano cioè come

delle tipologie umane piuttosto semplificate, alquanto piatte e rese in modo a volte didascalico. Per quanto manchi un analogo studio sulla costruzione dei personaggi del Grande Romanzo Aperto, il loro “aspetto” finale sembra confermare queste impressioni. Aldo, Matteo e Adele sono personaggi dotati di una fisionomia riconoscibile ma alquanto semplice. Non presentano complesse interiorità né significative crescite emotive. Costruiti prima della storia in cui sarebbero stati immersi, ne fanno sì parte ma in modo per così dire superficiale, coerente ma privo di particolari profondità.

Il medesimo discorso è forse ampliabile alla costruzione della storia nel suo complesso. Immaginando isolatamente gli elementi costituenti, gli scrittori erano stati forse spinti a produrre delle schede che fossero delle

65 T. Meozzi, “Informatica e autorialità multipla: a partire da SIC”, in A. Barbieri, E. Gregori

164

unità autosufficienti e quindi semplificate. Di conseguenza, la storia risultante scorre sì solida e senza intoppi ma lo fa rimanendo costantemente in superficie: né i personaggi, né le ambientazioni, né la voce narrante, né tanto meno lo stile offrono mai momenti di particolare intensità o intraprendono svolte improvvise. Non c’è nulla di veramente indimenticabile in In territorio nemico e, in tal senso, i principi di ridondanza e sublimazione poterono essere d’aiuto solo fino a un certo punto. Questi, più che massimizzare la qualità del testo finale, si limitarono più verosimilmente a garantirgli una certa qualità. Il lavoro di selezione e ricomposizione svolgeva difatti una media combinatoria tra i materiali più ricorrenti e idonei che probabilmente aumentava il livello delle singole schede ma che, allo stesso tempo, poteva raggiungere solo un certo livello. Per scrivere un romanzo pubblicabile e leggibile mettendo insieme decine di voci e idee diverse bisognava costituire e mantenere un livello accessibile a tutti, una sorta di aurea mediocritas della scrittura capace di produrre un testo pulito e sensato ma anche piuttosto dimenticabile: il migliore dei romanzi possibili scaturito dalla migliore media collettiva possibile. In territorio nemico è dunque contemporaneamente un buon libro e “solo” un buon libro e, in ogni caso, è l’unico libro prodotto dalla SIC.

Un metodo non convenzionale per un romanzo

Documenti correlati