Nella vita quotidiana di chiunque, a volte ben più della Storia, è la città a costituire un territorio realmente comune e condiviso e quindi potenzialmente adatto a una sua narrazione collettiva. Lo si è visto chiaramente con Invisible Seattle ma non è l’unico esempio possibile. Nel 2007, un altro romanzo collettivo, Reena Spaulings, tentò di raccontare un’altra città americana. Centocinquanta scrittori, riuniti sotto il nome di Bernadette Corporation, decisero di scrivere un romanzo dedicato a New York nell’esplicita convinzione che il racconto di una città «has to be informed,
72 https://www.1418now.org.uk/letter/lesley-morrison/ 73 https://www.1418now.org.uk/letter/david-cameron/ 74 https://www.1418now.org.uk/letter/archie-harris/
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imagined, by many people at a time».75 Invisible Seattle e Reena Spaulings sono
poi romanzi diversissimi per stile, trama, composizione, ma sono entrambi romanzi ed entrambi libri. La loro storia e i loro personaggi, pur scritti da molte persone, sono dunque limitati e singolari: sono ritratti e sintesi collettive dell’ambiente urbano. Uscendo dai confini del romanzo e del libro, il racconto collettivo di una città può invece intraprendere ben altre strategie e assumere ben altri aspetti.
È il caso di Mr. Beller’s Neighborhood, un sito aperto da Thomas Beller nel maggio del 2000, nel bel mezzo del boom della new economy. Il suo obiettivo non era però raggiungere la quotazione in borsa bensì raccontare la città di New York e le «many different consciousness that thrive and wilt and rage and reminisce here».76 Dal maggio del 2000 sono passati più di quindici
anni – la bolla della new economy è esplosa e New York è stata amputata delle Twin Towers – ma Mr. Beller’s Neighborhood è ancora attivo e online. Il successo e la longevità del progetto sono probabilmente dovuti alla semplicità della sua idea e del suo funzionamento: «The site combines a magazine with a map. It uses the external, familiar landscape of New York City as a way of organizing the wildly internal, often unfamiliar emotional landscapes of the city dweller».77 Il sito invita, in altri termini, chiunque a
inviare storie di e su New York e a localizzarle fisicamente sulla mappa della città a seconda del luogo in cui sono ambientate. Da quel momento in poi, le storie vengono visualizzate sulla stessa mappa sotto forma di puntini rossi, cliccando sui quali è possibile leggerne un’anteprima e poi, se lo si desidera, il testo completo.78
Viste dall’alto, le storie appaiono così sparse per tutta la città, rade nelle periferie e concentrate a Manhattan, dando direttamente quell’impressione che romanzi come Invisible Seattle o Reena Spaulings tentano di veicolare tramite sintesi collettiva. Mr. Beller’s Neighborhood mostra New York come uno spazio realmente «filled with people and their voices» senza cercare di costruire una voce della città e creare dei personaggi che possano contenere e simboleggiare i suoi abitanti. Muovendosi tra le strade e i quartieri di New York, ci si imbatte allora in centinaia di voci e personaggi diversi che raccontano la città in modi, prospettive e anni diversi. In uno stesso quartiere
75 Bernadette Corporation, Reena Spaulings, Pasadena, SEMIOTEXT(E), 2004, p. vii. 76 http://mrbellersneighborhood.com/what
77 http://mrbellersneighborhood.com/what
78 Si coglie qui occasione per ricordare un altro progetto che raccoglie le voci degli abitanti di
New York combinando l’elemento verbale con quello iconico, in questo caso delle fotografie. Si tratta del famoso Humans of New York. Nel 2010 il fotografo Brandon Stanton ha iniziato a ritrarre gli abitanti della città chiedendo poi loro di raccontare una storia, un ricordo, un sogno. Stanton pubblica poi le loro parole e le loro rispettive foto sul sito ma soprattutto sulla pagina Facebook dove hanno ottenuto, e ottengono, un successo notevolissimo.
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si possono leggere storie ambientate nel 2001, nel 2016, ma anche storie di decenni precedenti, di modo che, sulla mappa, varie epoche della città convivono in maniera assai simile a quanto accade nella città vera e propria. Così come Letter to an Unknown Soldier era una sorta di epistolario collettivo sulla guerra che mescola ricordi, esperienze e opinioni personali, Mr. Beller’s Neighborhood si presenta dunque come una mappa collettiva di storie personali di New York. Ma che tipo di storie?
Stando alle presentazioni iniziali, le storie di Mr. Beller’s Neighborhood sono «by and large» vere: «We publish reportage, personal essays, urban sketches - any piece of writing that might illuminate a corner of life in the city. By and large everything you read on the site is true». E ancora: «Mr Beller's Neighborhood is looking for non-fiction stories set in New York. A story should be reasonably short, vivid, specific, and true». Se in Invisible Seattle si doveva giurare di dire «molto più della verità», in Mr. Beller’s Neighborhood, meno romanzescamente, «a story should be true to the facts».79
A prima vista, si tratta di una limitazione importante, tanto più se si considera che le storie non vengono direttamente caricate sul sito da chi le scrive ma vengono prima lette, e giudicate, dai suoi moderatori. Leggendo però poi le centinaia di storie pubblicate, la richiesta di “verità” non sembra essere così stringente o castrante. Anche solo scorrendo rapidamente i loro titoli – An Unsentimental Education, My Damn Love Affair, Sad Song Scenario… – ci si accorge infatti di come l’esigenza di verità conviva sempre con un’esigenza di letterarietà. Non è allora un caso che, alle descrizioni iniziali piuttosto asettiche, nel dicembre 2015 Thomas Beller abbia affiancato una presentazione assai più calda e personale che pare spostare il sito nel campo letterario:
I imagined a website that would be warm like the glow of old lampshades, a fusty, cozy place like an old, beloved study. Or an old city. Like each of these - study and city - the site would be dense with stories. It would be a maze filled with nooks and crannies in which atmosphere pools. Less esoterically, it would be filled with people and their voices. But it would be literary not purely documentary.80
Ciò che prima era semplicemente la “combinazione” di un «mappa» e di un «magazine», è adesso, metaforicamente, una stanza ricca di storie e un labirinto pieno di nicchie e fessure. La nuova presentazione del sito sembra rendere giustizia al modo in cui gli utenti lo hanno effettivamente adoperato
79 http://mrbellersneighborhood.com/what 80 http://mrbellersneighborhood.com/what
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nel corso del tempo e lo adoperano tuttora: non come un contenitore di «reportage» ma di «storie», un sito «literary» e non «purely documentary».
Se il tempo ha reso quindi Mr. Beller’s Neighborhood un particolare esempio di scrittura collettiva narrativa applicata allo spazio collettivo per eccellenza, ha però anche ridotto progressivamente l’importanza dello spazio stesso. Quando il sito aprì si basava su una serie di foto satellitari della città unite digitalmente tra loro e utilizzate come mappa su cui visualizzare le storie: «a new concept at the time». Ma oggi su ogni sito e su quasi ogni cellulare vi è già una mappa digitale con decine di “puntini rossi”, siano essi alberghi, ristoranti, stazioni, musei o, appunto, storie: «Now an interactive map is so common in modern life as to be banal. It's become a minor part of the site».81 Così, benché dal 2005 si sia spostato sulle mappe di Google Maps,
Mr. Beller’s Neighborhood offre adesso vari modi di esplorare la sua città ricca di storie: un elenco per quartieri, uno per ordine cronologico, e altri, più piccoli, organizzati per argomenti e tematiche (“Top Crime Stories”, “Top Food Stories”, Top Sex Stories…”). Si tratta di porte d’ingresso diverse per chiunque voglia accedere alla New York di Mr. Beller’s Neighborhood e che possono riflettere le varie prospettive con cui un visitatore e un abitante camminano per la New York reale. A differenza di quest’ultima, la New York di Mr. Beller’s Neigborhood ha però una data di scadenza. Il sito, salvo imprevisti o prolungamenti, dovrebbe infatti proseguire la sua costruzione di una mappa letteraria di New York sino al 2020. In quel momento, vent’anni dopo il suo inizio, il corale lavoro di «pubblicare New York» verrà chiuso. Ma, dopo due decenni di attività, a rimanere sarà comunque un formidabile spaccato di una città intenta a raccontare se stessa. «And when it stops publishing new work, all the old work will still be there, on the map».82