• Non ci sono risultati.

Il disturbo post-traumatico da stress: breve presentazione clinica

La diagnosi di Disturbo Post-traumatico da Stress è stata introdotta nel tentativo di inquadrare e definire quei casi di patologia psichica che, in seguito ad un evento stressante presentano carat- teristiche comuni. L’interesse originariamente era sia di natura scientifica, con lo scopo di studiare le caratteristiche di un disturbo che sembrava po- ter godere di una propria autonomia nosografica, e sia di natura sociale e politica, con l’obiettivo di indennizzare i soldati americani reduci dalla guer- ra del Vietnam. I primi lavori, dunque, facevano riferimento alle conseguenze psicologiche di sog- getti che avevano subìto traumi bellici e sulla stes- sa scia anche gli studi successivi continuarono ad associare all’insorgenza del disturbo l’esposizione a traumi inevitabilmente fuori dall’ordinario (Co- lombo e Mantua, 2001). Nel 1987 i criteri diagno- stici sono stati significativamente modificati nel DSM-III R e altri piccoli cambiamenti sono stati poi attuati nella stesura della quarta e della quinta edizione del manuale. Possiamo quindi affermare che solitamente dopo un evento traumatico, sin- golo o ripetuto, la persona viene turbata da stati di malessere che condizionano il suo essere. Questi possono durare poche ore, giorni, mesi e in alcuni casi anche anni. Una caratteristica fondamentale del DPTS è che perché venga diagnosticato è es- senziale che venga oggettivato un evento trauma- tico. Per il clinico, quindi, la diagnosi relativa al DPTS è tra le poche ad essere guidate dal ricono- scimento di un preciso agente causale, un evento, anche se deve essere incluso e valutato il ruolo della variabilità della reazione individuale, cioè il significato soggettivo dell’evento e i meccanismi di risposta psicologica a questo. Per fare diagno- si di DPTS è necessario tenere in considerazione, quindi, sia la portata traumatica dell’evento og- gettivo che la risposta soggettiva dell’individuo coinvolto. C’è uno spostamento della domanda da “che cosa non va in questa persona?” a “che cosa è accaduto a questa persona?” (Lingiardi, 2004). Attualmente il DPTS, inserito nel DSM-5, è de- scritto attraverso una serie di sintomi tipici quali: sintomi intrusivi (flaschback, ricordi e sogni ricor- renti, reazioni psicologiche o fisiologiche rispetto a fattori che assomigliano all’evento), sintomi di

evitamento (stimoli o situazioni che evocano l’e- vento), alterazioni negative di pensieri ed emo- zioni o numbness cognitivo (vergogna, senso di colpa, rabbia, ecc),alterazioni dell’arousal (ipervi- glianza, irritabilità, risposte di allarme e scatti di rabbia). Il disturbo sorge, in seguito all’esposizio- ne a eventi stressanti di gravità oggettiva estrema, con minaccia per l’integrità fisica propria o di altri o anche per la sola conoscenza di questi eventi. Rientrano in questa definizione non solo gli eventi bellici o le catastrofi naturali, ma anche un’am- pia gamma di esperienze quotidiane, sperimentate dalla popolazione civile con grande frequenza, che possono scatenare una sintomatologia inqua- drabile all’interno del DPTS (Balestrieri, 2016).

Il Disturbo post-traumatico da stress nel

paziente neoplastico

Le reazioni emozionali e psicologiche, che possono scaturire da un evento drammatico, come la comunicazione di una diagnosi di neoplasia, possono dar luogo a veri e propri quadri psico- patologici che toccano condizioni di sofferenza psichica legata ai disturbi d’ansia, depressivi, dell’adattamento e anche disturbi della sfera ses- suale (Torta e Mussa, 1997). La realtà clinica, in particolar modo quella oncologica, è caratterizza- ta da variegati quadri psicopatologici, mutevoli e sovrapposti, che soffocano la vita del paziente già annientata dalla malattia cancerosa. Ciò che do- mina il malato a partire dalle fasi iniziali e quindi già dalla comunicazione è l’ansia. I disturbi d’an- sia, sono molto frequenti e nella maggior parte dei casi accompagnano il paziente durante tutto il decorso della malattia (Caraceni et al., 2006). La ricerca riguardo la presenza di DPTS in pazienti con patologie mediche è cresciuta molto negli ul- timi anni (Buckley, et al., 2004; Tedstone, et al., 2003), visto che le diagnosi di malattia letale o un intervento chirurgico difficile possono essere vis- sute come eventi traumatici. In modo particolare però Jacobsen e collaboratori (1998) hanno evi- denziato come la gravità percepita da una persona di una cattiva notizia, come la comunicazione di una diagnosi infausta, possa esporre il paziente al rischio dello sviluppo di una sintomatologia da DPTS. Molti studi infatti hanno dimostrato che i pazienti provenienti da ambiti specifici di malattie

mediche, come l’oncologia e la cardiologia, pre- sentano una comorbidità con i sintomi di DPTS riportando una significativa riduzione della quali- tà della vita rispetto a pazienti senza comorbidità con DPTS (Wikman, et al., 2008; Shelby, et al., 2008). Negli ultimi anni molti studi si sono de- dicati alla comprensione delle possibili implica- zioni psicopatologiche delle malattie oncologiche in relazione proprio allo sviluppo del DPTS. In particolare le ricerche di McGrath (1999) e Hol- land (1997) evidenziano come spesso questi ma- lati evitino di parlare della loro condizione, non cerchino un sostegno psicologico e finiscano per “avvitarsi” in una “spirale” chiusa, in un isola- mento particolarmente penoso. Come abbiamo affermato precedentemente, un evento traumati- co da stress si configura come una situazione che comporta il pericolo di morte o di gravi lesioni o una minaccia per la propria integrità fisica e evoca una reazione di paura intensa, senso di impotenza, o di orrore. Prima della quarta edizione del DSM la diagnosi di malattia letale era esclusa come un fattore di stress (stressor) che poteva portare allo sviluppo del DPTS. Tuttavia la Task Force che ha provveduto alla stesura del DSM-IV ha ricono- sciuto come, la minaccia alla vita e all’integrità fi- sica provocate dalla comunicazione della diagnosi di cancro, possono suscitare un profondo senso di paura, di devastazione e perdita del controllo. Il cancro così si configura come un fattore determi- nante la diagnosi di DPTS e viene distinto da altri fattori di stress per diverse ragioni. Il cancro è un fattore di stress unico in quanto la minaccia che comporta la sua diagnosi attacca l’intera persona dal suo mondo interno ai segni corporei che di- ventano per il paziente un promemoria del trauma (Tab.2). Oltre la diagnosi, anche le attese dei vari risultati di test, gli interventi chirurgici, l’esposi- zione a trattamenti nocivi (come la chemioterapia) sono considerati stressor altrettanto traumatici. Il cancro porta con sé anche la costante minaccia di ricomparsa, in quanto la remissione può essere spesso interrotta da episodi acuti di recidiva. Nel corso del tempo, il fattore di stress traumatico si caratterizza non solo con ricordo della diagnosi iniziale, ma la preoccupazione principale si spo- sta sulla recidiva, sul progressivo deterioramento e sulla morte. I triggers ossia i fattori di innesco

dei sintomi del DPTS nel cancro sono anch’es- si unici in quanto possono presentarsi durante i trattamenti medici, le procedure di routine e gli appuntamenti di follow-up. Nonostante oggi vi sia una crescente consapevolezza rispetto all’im- patto psicologico che una diagnosi di cancro e i trattamenti a questa connessi comportano e della sofferenza del DPTS nei pazienti affetti da can- cro l’accesso alle cure rispetto alla salute men- tale sembra ancora limitato. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato come i tassi di cancro sono in crescita e potrebbero arrivare a 15 milioni di nuovi casi entro il 2020. Con l’aumento dei casi di cancro e della sopravvivenza, sembra estremamente importante integrare le cure me- diche con interventi mirati al sollievo dal dolore estremo che questi pazienti provano (Lindsay, et al., 2011). In aggiunta alla sofferenza fisica, infat- ti, i pazienti affetti da tumore spesso reagiscono a livello psicologico sviluppando sintomi psichia- trici determinati dalla situazione dolorosa, da un forte distress e si trovano cosi a combattere e ge- stire altre situazioni, (Holland, et al., 2001) che potrebbero evolvere in un vero e proprio disturbo post-traumatico da stress (Adler e Page, 2007). Se il DPTS non viene trattato oppure vi è una non aderenza al suo trattamento è possibile che il do- lore, la disabilità e il desiderio di morte crescano notevolmente (Kaden-Lottick, et al., 2005). La presenza di comorbidità di DPTS e altre malattie psichiatriche come il disturbo depressivo maggio- re e il disturbo d’ansia generalizzato nei pazienti neoplastici può portare a un peggioramento della prognosi della malattia cancerosa (Kangas, et al., 2002). Nonostante la conoscenza della prevalenza e dell’impatto del DPTS nel cancro, l’identifica- zione dei bisogni di salute mentale dei pazienti neoplastici sopravvissuti rimane limitata all’in- formazione e alla competenza che psichiatri e altri clinici possiedono per affrontare gli effetti che la diagnosi di cancro e i suoi trattamenti hanno sulla salute mentale del paziente (Adler e Page, 2007). Coerentemente con le attuali linee guida sembra dunque necessario stimolare e incrementare la consapevolezza, negli operatori del settore, che il riconoscimento e il trattamento del DPTS nel can- cro si profilano come dei potenziali per migliora- re la qualità della vita del malato (Einsle, et. al.,

2012). L’assunzione che l’ansia e la depressione sono normali reazioni alla iniziale comunicazione della diagnosi di cancro e che tendono a diminu- ire e scomparire nel tempo deve essere respinta in quanto la tendenza a sottovalutare la diagnosi psichiatrica in ambito oncologico non fa altro che aggiungere un ulteriore carico di sofferenza al pa- ziente e alla drammatica situazione che si trova ad affrontare.

Tab. 2 - Caratteristiche distintive del DPTS nel can- cro (tratto da Lindsay, et al., 2011)

Stressor

Natura complessa e prolungata del cancro Diagnosi, attesa dei risultati clinici, attesa per inter- venti chirurgici

Natura nociva dei trattamenti

Lesioni/perdite dell’integrità non sono immediate ma si presentano come costante minaccia

Il risultato si basa su quello che accadrà in futuro

Cronicità della minaccia

Risposta cumulativa a molte esperienze traumati- che

Triggers

Diagnosi Trattamenti

Testimonianza dell’esito negativo della malattia in altri pazienti

Routine di follow-up

Decorso di malattia imprevedibile

Remissione interrotta da episodi acuti di recidiva

Minaccia interiore

Percezione di impossibilità

Segni corporei come ricordi persistenti del trauma

Facendo riferimento al decorso del Disturbo post-traumatico da stress, date la sua unicità come trigger nel cancro, le sue comorbilità mediche e la costante necessità di controlli di routine, è chiaro come questo disturbo collegato alla malat-

tia cancerosa possa prendere un decorso cronico (Lindsay, et al., 2011). Una rassegna sul DPTS e sul cancro ha riferito che gli individui con scarsa salute fisica prima della diagnosi sono a grande ri- schio di sviluppare questo disturbo (Smith, et al., 1999). Pertanto, è importante esaminare l’impatto di malattie che possono portare all’evoluzione del DPTS, dato che quest’ultimo nei pazienti onco- logici ha una manifestazione altamente variabile (cioè totale o sottosoglia), per fornire interventi adeguati ai potenziali danni (Jeffrey, et al., 2012). Nonostante le poche ricerche in questo ambito i risultati presenti nella letteratura scientifica dimo- strano come i pazienti neoplastici hanno un ele- vato rischio di incontrare il DPTS e che questo disturbo a sua volta ha un impatto negativo sull’u- more sul funzionamento complessivo dell’indivi- duo e soprattutto sulla sua qualità della vita.

Conclusioni

Dalla letteratura esaminata sul Disturbo post- traumatico da stress come conseguenza alla co- municazione della diagnosi di cancro possiamo affermare quanto sia importante concettualizzare la malattia neoplastica come un qualcosa capace di paralizzare, di annientare l’identità, l’integri- tà, e l’equilibrio emotivo di una persona. E’ un fenomeno in grado di scatenare una catastrofe esistenziale, di stravolgere vite umane, non solo a livello fisico ma anche psicologico. Dopo una diagnosi di cancro tutto assume un nuovo signifi- cato: le relazioni familiari, sociali e professionali, il rapporto con il proprio corpo, i propri valori, i significati attribuiti alla sofferenza e alla morte. La popolazione oncologica è soggetta di fatto ad un alto rischio psicopatologico, dal momento che si trova ad affrontare situazioni altamente stres- santi. La comunicazione della diagnosi di cancro, di fatto, rappresenta un momento di crisi nella vita di una persona, una rottura degli equilibri vitali in cui il “dopo” non sarà mai più come il “prima”. Uno shock dunque esistenziale dove il paziente cerca di riafferrare la sua vita per tentare una risposta convincente al “perché” della malattia. Tutto ciò rappresenta una vera e propria frattura del senso di continuità del sé, caratterizzata da una profonda angoscia e da sentimenti di incredulità. Il paziente, può rispondere a tale realtà troppo

dolorosa, mettendo in atto meccanismi di difesa che, in qualche modo gli permettono di dilazio- nare il confronto diretto con una situazione che non è pronto ad accettare. E’quindi essenziale la presenza di un medico attento ed empatico, oltre che ricettivo dei bisogni del paziente, in quanto per quest’ultimo è una delle sue principali fonti di supporto psicologico (Molleman et.al., 1984). In questo lavoro si è dunque cercato di approfondire la comprensione di un possibile disturbo (DPTS) che, attivato dalla comunicazione di malattia in- fausta, può accompagnare il paziente durante tutto il decorso di malattia. La sua minaccia comporta l’attacco all’intera persona dal suo mondo interno ai segni corporei che diventano per il paziente un promemoria del trauma. Oltre la diagnosi, anche le attese dei vari risultati di test, gli interventi chi- rurgici, i trattamenti antitumorali sono considerati stressor altrettanto traumatici. Il cancro porta con sé anche la costante minaccia di ricomparsa, in quanto la remissione può essere spesso interrotta da episodi acuti di recidiva (Kadan-Lottick, et al., 2005). La presenza di comorbidità di DPTS e al- tre malattie psichiatriche può portare a un peggio- ramento della prognosi della malattia cancerosa (Kangas, et al., 2002). Per tale ragione sembra ne- cessario rimarcare sempre più l’importanza della valutazione del DPTS in riferimento alla diagnosi di cancro e ai suoi trattamenti, oltre alla necessità di una costante rivalutazione dei suoi sintomi nel tempo, in particolare quando i pazienti presentano un distress successivo alla diagnosi (Lindsay, et al., 2011). La psiconcologia è sempre più determi- nata ad assumere un ruolo rilevante nell’assistere i pazienti affetti da cancro. Un aiuto psicologico diviene importante per gestire gli eventi stressan- ti scaturiti dalla malattia, per contenere i fattori emozionali, le reazioni psicologiche del paziente che potrebbero influenzare negativamente il de- corso della malattia fisica stessa. La necessità di dialogo, di comprensione empatica, di chiarifica- zione, di analisi esistenziali di cui hanno bisogno questi pazienti non può essere soddisfatta dalla semplice terapia farmacologica. E’ dunque op- portuno pensare che solo una cultura terapeutica aperta all’integrazione tra chirurghi, oncologi, neuropsichiatri e psicologi potrà far sì che il pa- ziente possa usufruire di un approccio terapeutico

combinato che lo investa nella sua integrità di individuo con problemi psichici e somatici fra di loro interferenti, e che la qualità della vita sia la migliore possibile, durante tutto il decorso della malattia (Biondi et al., 1995). Le implica- zioni psicologiche del paziente oncologico sono notevoli e riguardano tutto il ciclo della malattia, dalla comparsa dei primi sintomi, alla diagnosi, alle cure mediche. La patologia tumorale, infatti, per il suo carattere di gravità e di cronicità, ha un effetto sconvolgente sulla vita del paziente e della sua famiglia. L’ottica multidimensionale è dunque fondamentale nell’incontro con il paziente onco- logico (Morril, et al., 2008). Concludendo possia- mo affermare che oggi possiamo essere certi che i clinici e i medici devono avere la capacità di rico- noscere e trattare il DPTS e eventuali problemi di tipo relazionale in questa popolazione di pazienti. Un’attenta valutazione psico-sociale e spiritua- le consente al medico di identificare quali sono i pazienti maggiormente a rischio di difficoltà, e di rafforzare le aree di debolezza di questi ulti- mi. Tutto questo permette al clinico di fornire un trattamento mirato senza lasciare che i problemi psicologici aumentino il carico di una situazione già difficile (Block, 2001). L’intervento psicologi- co in ambito oncologico, dunque, aiuta il paziente nell’adattamento all’evento-malattia e ha un ruolo fondamentale, per quanto possibile, nell’assistere il paziente e la famiglia nelle fasi terminali della malattia. Se la diagnosi di cancro costituisce l’e- vento traumatico che dà luogo ad un processo re- attivo, l’obiettivo della terapia psicologica in on- cologia è, quindi, quello di sviluppare programmi adeguati affinché il paziente e la sua famiglia possano adattarsi ai cambiamenti della vita con la minore sofferenza possibile. Bisogna ricostruire il senso di continuità della propria esistenza e collo- care in una cornice temporale l’evento malattia, contestualizzandolo, e puntando al mantenimento di relazioni affettive che possano fornire un ade- guato supporto sociale.

Bibliografia

Adler, N. E. & Page, A. E. K. (2007). Committee on Psychosocial Services to Cancer Patients/Families in a Community Setting. eds. Cancer care for the

whole patient: Meeting psychosocial health needs.

Washington, DC: The National Academies Press.

Andruccioli, J. & Raffaeli, W. (2005). La consapevo- lezza di malattia nel paziente oncologico, La rivi-

sta italiana di cure palliative, 3.

Balestrieri, M. (2016). Cinema e DSM-5 a confronto. Il

Disturbo da stress post-traumatico classico (parte I). Disponibile in: http://www.psychiatryonline.it/

node/6275.

Biondi, M., Costantino, A., Grassi, L. (1995). La Mente

e il Cancro. Insidie e risorse della psiche nelle pa- tolologie tumorali. Roma: Il Pensiero Scientifico.

- Block, S. D. (2001). Psychological considerations, growth, and transcendence at the end of life,

JAMA, 285, 2898-2905.

Bressi, C. (1993). Cancro: mitologia, emozioni e co-

municazione familiare. Il labirinto della somatiz- zazione. Pavia: La Goliardica Pavese.

Buckley, T. C., Green, B. L., Schnurr, P. P. (2004). Trau- ma, PTSD, and physical health: clinical issues. In Wilson, J. P., Keane, T. M., editors. Assessing psy-

chological trauma and PTSD. 2nd ed. New York:

Guildford Press, 441-65.

Buckman R. (1992). Breacking bad news: a guide for health-care professionals, Baltimore: Johns Hopkins University Press, Trad. it. (a cura di) E. Vegni. La comunicazione della diagnosi. Milano: Raffaello Cortina, 2003.

Caraceni, A., Sghirlanzoni, A., Simonetti, F. (2006). La

complicazioni neurologiche in oncologia, Springer

Verlag.

Colombo, P. P. & Mantua, V. (2001). Il Disturbo Post- traumatico da Stress nella vita quotidiana, Rivista

di psichiatria, 36(2), 55-68.

De Luca A. M. (1997). La psicoterapia in ambito istitu- zionale: interventi in oncologia ematologia. In C. Bressi, G. Invernizzi, Interventi psicoterapici in

oncologia, (19-30). Roma: CIC Edizioni Interna-

zionali.

Del Piccolo, L. (2007). La comunicazione della diagno- si di tumore al paziente e ai familiari: linee guida,

Recenti Progressi in Medicina, 98(5), 271-278.

Einsle, F., Kraft, D., Kollner, V. (2012). Post-traumatic stress disorder (PTSD) in cardiology and oncology – which diagnostic tools should be used?, Journal

of Psychosomatic Research, 72, 434-438.

Galimberti, U. (1983). Il corpo. Milano: Feltrinelli, 1996.

Grassi, L., Biondi, M., Costantini, A. (2003). Manua-

le Pratico di Psiconcologia. Roma: Il Pensiero

Scientifico Editore.

Guarino A., Ravenna A.R. (1992). Problematiche psi- cologiche nel malato oncologico: confronto tra

modelli di intervento psicologico.

Holland, J. (1997). Preliminary Guidelines for Tre- atment of Distress, Oncology, (11°-NCCN) pro- ceedings, 11, 109-14.

Holland, J. C., Andersen, B., Breitbart, W. S., et al. (2001). NCCN clinical practice guidelines in oncology distress management, National Com-

prehensive Cancer Network (aviable at www.nccn.

org/professionals/physician_gls/pdf/distress.pdf, acceassed June 22, 2011).

Holland, J. C. & Zittoun, R. (1990). Psychosocial Issue in Oncology: A Historical Perspective, in Holland, J. C., Zittoun, R. (eds), Psychosocial Aspects of

Oncology. Berlino: Springer-Verlag.

Jacobsen, P.B., Widows, M.R., Hann, D.M., Andykowski, M.A., Kronish, L.E. & Fields, K.K. (1998). Posttraumatic stress disorder symptoms af- ter bone marrow transplantation for breast concer,

Psychosomatic Medicine, 60, 366-371.

Jeffrey, I., Gold, Ph. D., Marilyn, M. K., et al. (2012). The Relationship Between Posttraumatic Stress Disorder, Mood States, Functional Status, and Quality of Life in Oncology Outpatients, Journal

of Pain and Symptom Management, 44, 520-531.

Kaden-Lottick N. S., Vanderwerker, L. C., Block, S. D., et al. (2005). Psychiatric disorders and mental he- alth service use in patients with advanced cancer,

Cancer, 104, 2872-81.

Kangas, M., Henry, J. L., Bryant, R. A. (2002). Po- sttraumatic stress disorder following cancer: A conceptual and empirical review, Clin Psychol Re-

view, 22, 499-524.

Kubler-Ross E. (1969). La morte e il morire. Assisi: Cittadella, 1979.

Lerman, C., et al. (1993). Communication between pa- tiens with breast cancer and health care providers,

Cancer, 72(9), 2612-20.

Lindsay, N., French-Rosas, M. D., Jennifer Moye, P. H. D., Aanand, D., Naik, M. D. (2011). Improving the Recognition and Treatment of Cancer-Related Posttraumatic Stress Disorder, Journal Psychiatric

Practice, 17, 270-276.

Lingiardi, V. (2004). La personalità e i suoi disturbi.

Lezioni di psicopatologia dinamica. Milano: Il

Saggiatore.

McGrath, P. (1999). Posttraumatic Stress and the Expe- rience of Cancer: A literature Review, Journal of

Rehabilitation, 17-23.

Menoni, E. & Ridolfi, A. (2008). Psicologia clinica e percorsi assistenziali. Distress, coping e qualità di vita nei pazienti con trapianto di midollo osseo, Ri-

vista di Psicologia Clinica, 2, 212-227.

Molleman, E., Krabbendam, P. J., Annyas, A. A., Ko- ops, H. S., Sleijfer, D. T., Vermey, A. (1984). The significance of the doctor-patient relationship in coping with cancer, Soc Sci Med, 18, 475-80. Morasso, G. (1993). L’informazione desiderata, Quad

Outline

Documenti correlati