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tra illusione e dipendenza Giulia Miglietta

siero e le preoccupazioni circa il gioco diventano persistenti, configurandosi come ossessioni; tende a nascondere la situazione che vive alle persone a lui vicine, minimizzando e mentendo. La vita relazionale del giocatore patologico subisce delle sostanziali trasformazioni, compromettendo rela- zioni significative, rischiando di perdere il lavoro o la progettualità nello studio. Su quali siano le motivazioni che spingono un soggetto ad avvici- narsi al gioco d’azzardo ci sono diverse ipotesi. Parlare di cattive abitudini, di forme di svago, ge- stione della noia e tentativi di far fortuna facile, lascia il tempo che trova; sono sicu-

ramente spiegazioni vere in sé, che dicono tutto e nulla. Una vera com- prensione del caso passa attraverso la contestualizzazione all’interno della sua storia, del suo contesto e dunque del suo sistema di significati. Mai nessuna generalizzazione potrà cogliere l’ idiosincrasia del fenome- no nella vita del singolo. Potrebbe risultare invece utile, come vedremo, avanzare riflessioni di carattere più generale, e non generalizzanti, sulla questione.

Molte persone, ovviamente, gio- cano senza sviluppare un problema di dipendenza rispetto a quest’attivi-

tà, ma, quando ciò accade, non è facile riconoscer- lo e ancora più difficile è compiere il passaggio successivo della richiesta di aiuto, in quanto, una serie di resistenze possono portare il soggetto a restare in silenzio: la vergogna, il senso di colpa o la speranza (illusoria) di riuscire a farcela da soli. Al contempo, tale problema può sollecitare lo sviluppo di altri disturbi, quali ansia, depres- sione, problemi del sonno o disfunzioni relative a condizioni mediche generali. Spesso il Gioco d’ Azzardo appare correlato ad un uso/abuso di al- col o droghe che ne complicano inevitabilmente il quadro.

Ma quando il gioco non è più solo un gioco? Il passaggio è subdolo e graduale, poiché il giocato- re interpreta i suoi fallimenti come un segnale che la prossima puntata sarà quella giusta o, almeno, più favorevole della precedente (“D’altronde, non si può sempre perdere!”). La perdita è il luogo della giocata, della prossima giocata! Ed è a par-

tire da questo momento che il giocatore non gioca più per piacere, né per vincere, ma per recuperare ciò che ha perso; questo è il primo passo verso il pericoloso circolo della dipendenza, in cui l’os- sessione per il gioco inizia a diventare totalizzante per il soggetto, l’ organizzatore della sua vita.

In letteratura, il processo di sviluppo di tale dipendenza viene descritto e suddiviso in tre stadi: il primo stadio - “stadio delle vincite”- è l’esperienza iniziale, un momento di eccitazione ed euforia, caratterizzato in genere da una o più vincite importanti, parte delle quali viene

reinvestita nel gioco; il secondo stadio - “stadio delle perdite” - è caratterizzato invece da una serie di perdite, attribuite a fattori estemporanei, che si possono sicuramente (ed illusoriamente) recuperare tornando a giocare regolarmente, nel frattempo, però, si iniziano a collezionare impor- tanti problemi finanziari; durante il terzo stadio - “stadio della disperazione”- il giocatore fa un ul- timo tentativo per rifarsi, per recuperare il denaro perso, per saldare eventuali debiti, ed è in questo momento, solo dopo aver perso tutto e avendo sviluppato al contempo altre problematiche lega- te alla salute psicofisica, decide di abbandonare il gioco e di chiedere, eventualmente, aiuto.

La Dipendenza da Gioco d’Azzardo dunque è multiproblematica, non riguarda solo il soggetto giocatore, ma diventa inesorabilmente un proble- ma di tutta la sua famiglia. Uno degli aspetti più evidenti è il grave danno economico che procura l’ingente sperpero di denaro; spesso, a seconda

della tipologia di gioco prescelto, anni di risparmi vengono prosciugati in pochi mesi, a volte anche solo in pochi giorni o addirittura ore, se non istan- ti. Si maturano debiti dovuti a prestiti richiesti a persone vicine o, peggio, ad usurai, finendo in cir- cuiti malavitosi. Si attiva così una serie a catena di problemi, un effetto domino, che, se non impat- tato, può danneggiare la vita di ogni componente della famiglia, in ogni sua dimensione.

Diversa è la fenomenologia del Gioco d’ Az- zardo: dalle lotterie al bingo, dai giochi on-line al black jack, dalla roulette alle corse dei cavalli, fino all’ apoteosi dei casinò, oggi riprodotti e dis- seminati sul territorio nella nota forma delle sale da gioco. Fattore comune nei diversi tipi di gioco è il ruolo del caso, unica variabile determinante e del tutto imprevedibile. Il giocatore molto spesso è vittima della percezione illusoria di conoscere le “leggi del caso” e alcuni giochi inducono più di altri a sviluppare l’ erronea convinzione di po- ter esercitare un’ influenza sul caso attraverso lo sviluppo di abilità e strategie. Il potenziale attrat- tivo del gioco varia a seconda delle sue specifiche caratteristiche, risultando più seduttivi quei gio- chi dove l’impressione che il giocatore abbia più potere di controllo, come il video poker ad esem- pio. Particolarmente pericolosi risultano, poi, quei giochi in cui il tempo tra puntata e risultato (vin- cita/perdita) è breve, a volte frazioni di secondo.

Non potendo prescindere dal fatto che, come dice J. Huizinga, l’uomo prima di essere home faber, è prima homo ludens, in quanto in età evo- lutiva si impara “a fare” attraverso il gioco - da qui la potente funzione dell’attività ludica - il pun- to è che tale attività non va demonizzata, non va dunque proibita tout a court ma va bensì regolata, gestita nella sua espressione. In questo sarebbe necessario un intervento su diversi fronti e da par- te di diverse professionalità; una direzione impor- tante su cui investire è sicuramente quella della prevenzione psicologica. È fondamentale, infatti, prevenire i comportamenti di dipendenza da gioco d’azzardo, specie negli adolescenti, promuovendo uno stile di gioco “sano/sicuro”, sollecitando la riflessione sui pensieri, sulle emozioni e sui vissu- ti legati alla dimensione ludica, più comunemente chiamata “divertimento”, responsabilizzandoli anche sulla gestione del denaro che iniziano, or- mai, ad amministrare molto presto.

Una riflessione a più ampio raggio è d’obbligo. Il fenomeno del Gioco d’ Azzardo e il suo prolife- rare è noto a tutti, tuttavia, spesso, si tende a sotto- valutarlo nella sua forma patologica. Sottolinear- ne la sua pericolosità è compito dei professionisti che operano nel settore della salute mentale, ma, iniziare a riconoscerlo e cercare di comprenderlo è compito dell’ intera comunità. Misconoscerlo o scotomizzarlo non fa che legittimarne la sua pra- tica, precludendo la possibilità di pensarlo come un significativo fenomeno sociale, piuttosto che un problema del singolo. Potrebbe essere utile interrogarsi, sollecitando una riflessione, su cosa stia accadendo, sul perché sempre più persone scelgono questo tipo di attività, senza distinzioni di genere o età (giocano in egual misura uomini e donne, adulti e giovani), né di status socio-econo- mico. A tal proposito, scomoderei lo psicanalista francese Lacan, prendendo in prestito l’ immagine del paterno nella “Legge de Padre” per leggere la dinamica tra singolo e Istituzione, dove la forte ambivalenza espressa nella regola,dapprima sta- bilita, crea le condizioni di un eventuale sviluppo di una sua trasgressione, che diventa poi patologi- ca, in quanto disobbedienza. Lo Stato, portatore dell’ istanza regolatoria paterna, emanando la re- gola crea le condizioni di possibilità della sua tra- sgressione e quindi dello sviluppo di un compor- tamento socialmente sbagliato (disobbediente), quindi patologico; dove patologico è tutto ciò che devia dalla norma, dalla regola. Siamo dunque “una società senza padre”? O abbiamo bisogno di demonizzare un padre (Stato) per rimandare altro- ve le spiegazioni del nostro bisogno di trasgredire/ sbagliare? Non è forse nell’ambivalenza dell’ al- tro che si esprime la condizione di esercizio della libertà del soggetto? Per interrogarsi e rispondersi a queste domande è necessario un cambio di pro- spettiva, che sospenda la tendenza giudicante e inquisitoria volta alla ricerca di un “colpevole”, di un capro espiatorio, contenitore delle nostre ten- denze distruttive e autodistruttive.

Si rimanda ai lettori il tentativo di sviluppare un “pensiero su” una potenziale risposta.

Bibliografia

Ladouceur, R., Sylvain, C., Boutin, C., Doucet, C. (2003). Il gioco d’azzardo eccessivo. Vincere il

Riassunto

Il presente articolo pone l’accento sulla relazione tra fratelli non solo come elemento che genera gelosia o contrasto, ma soprattutto come strumento che promuo- ve sostegno e confronto. Tale sottosistema va preso in considerazione sia all’interno della famiglia, che all’in- terno della terapia relazionale. Sono infine mostrati de- gli esempi di convocazione di fratelli in sedute terapeu- tiche e gli sforzi che la ricerca deve effettuare per poter approfondire tale relazione e utilizzarla come elemento

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