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Ricerca-azione

La nostra ricerca-azione è stata condotta all’in- terno del Servizio di Riabilitazione della Asl. Obiettivi

Gli obiettivi principali sono stati:

• Educare i partecipanti ad esprimere sé stessi senza occupare lo spazio altrui;

siderati;

• Sviluppare l’autoregolazione;

• Insegnare direttamente i comportamenti che rendono possibili interazioni gratificanti; • Generalizzare gli apprendimenti ai diversi

contesti di vita. Azioni e procedura

La prima fase ha coinvolto famiglie e operatori e ha previsto una formazione teorica sul metodo utilizzato nel training e sulle sue finalità. La strut- tura delle fasi dell’intervento riabilitativo è stata A-B-A-B’-A’. La baseline è stata effettuata attra- verso la somministrazione della scala WISC-R1

(Wechsler Intelligence Scale for Children-Revi- sed) per identificare il funzionamento intellettivo, e della scala VABS (Vineland Adaptive Behaviour Scale)2 per identificare il funzionamento adattivo

e le abilità sociali potenziabili e generalizzabili. La prima fase del training riabilitativo ha pre- visto due incontri alla settimana per la durata di sei mesi. Le abilità individuate e potenziate sono state:

• abilità di base: guardare negli occhi, ascol- tare (vd. Fig.1), chiedere aiuto;

• abilità per fare o mantenere amicizie: pre- sentarsi agli altri, avviare una conversazio-

1 Il test WISC-R è una versione della Scala di Intelli- genza di Wechsler per bambini dai 6 ai 16 anni, pubbli- cata in Italia nel 1984. Nel 2006 è stata pubblicata una nuova versione del test, WISC III seguita dall’ultima versione nel 2012, WISC IV. L’utilizzo di un test, come la WISC-R, ormai “vetusto”, è giustificata dagli scarsi fondi della ASL/BA destinati al Servizio di Riabilita- zione.

2 Le Vineland Adaptive Behavior Scales, revisio- ne della nota Vineland Social Maturity Scale costruita da Doll intorno alla metà degli anni Trenta, valutano l’autonomia personale e la responsabilità sociale degli individui dalla nascita fino all’età adulta. Esse sono applicabili sia a normodotati sia a soggetti con disa- bilità cognitiva e permettono la programmazione di interventi individuali educativi o riabilitativi. Le scale non richiedono la diretta somministrazione delle pro- ve al soggetto in esame, ma la compilazione dei ma- teriali da parte dell’intervistatore e di una persona che conosca in modo approfondito il soggetto da valutare. L’edizione italiana riguarda la versione Intervista - For- ma completa.

ne, concludere una conversazione;

• abilità di gestione delle emozioni: conosce- re le proprie emozioni e comunicare le pro- prie emozioni.

Fig.1 Passi comportamentali scelti per illustrare l’abilità ascoltare

Dopo aver effettuato il training per sei mesi, si è proceduto ad una nuova somministrazione della scala VABS, al fine di verificare l’efficacia dello stesso.

Il trattamento sulle abilità individuate è prose- guito per ulteriori sei mesi, due volte alla settima- na, al fine di tenere in considerazione le seguenti abilità da potenziare:

• abilità di gestione delle emozioni, quali ri- conoscere e capire le emozioni altrui; • abilità per controllare l’aggressività, quali

la moderazione della rabbia e la reazione alle provocazioni;

• abilità per gestire lo stress, quali affrontare la noia, rilassarsi.

Dopo sei mesi di training, è stata effettuata ancora una volta la somministrazione della scala Vineland con la quale si è potuto constatare l’e-

ventuale aumento di padronanza delle abilità dei soggetti.

Soggetti

Al momento dell’accesso al Servizio, D. ave- va dieci anni e una diagnosi mono specialistica di “Ritardo psicomotorio in tetraparesi spastica me- dia in Mielo Meningocefalocele, con idrocefalo derivato, con gravi turbe del comportamento”. Il suo quoziente intellettivo, di valenza 41, indicava la presenza di un ritardo intellettivo medio-grave. Prima dell’ intervento non era stata attivata una presa in carico globale; l’unico trattamento riabi- litativo assegnato alla minore era quello di psico- motricità che effettuava due volte alla settimana. Il contesto familiare di D. si è mostrato da su- bito complesso: la madre, caregiver principale, era molto diffidente nei confronti dell’efficacia del training e resistente nell’accettare l’esigenza dell’assistenza di un educatore domiciliare (servi- zio ADE). Non coinvolgeva il resto della famiglia in questa esperienza, e assumeva atteggiamenti squalificanti e aggressivi nei confronti della fi- glia. Il padre, con esiti di danni neurologici in se- guito ad un grave incidente stradale, risultava una figura assente. I due fratelli gemelli di D., ave- vano sviluppato un rapporto conflittuale con lei marginalizzandola, modalità rinforzata anche dal- la errata guida materna. La zia materna, caregiver in assenza della madre, era il principale obiettivo dell’aggressività verbale e fisica agita da D. Infi- ne, i nonni materni si presentavano come figure accondiscendenti, al fine di evitare le manifesta- zioni di oppositività della nipote.

La varietà dei comportamenti problema di D., all’ingresso, è riassunta nella seguente tabella:

Alla prima somministrazione della Vineland l’età mentale della bambina risultava essere di tre anni e due mesi, con particolare compromissione della ricezione tra le abilità comunicative, delle abilità quotidiane, e del rispetto delle regole so- ciali tra le abilità di socializzazione.

Dopo la frequenza del training due volte alla settimana per sei mesi, si sono ottenute influen- ze dirette sul comportamento di D.: la bambina è apparsa più collaborativa e ha sviluppato un com- portamento maggiormente adeguato al contesto; inoltre, ha assunto un ruolo di supporto e moti- vazione per la compagna di training, ha ridotto i comportamenti etero-aggressivi nei contesti familiari, ha mostrato un maggiore rispetto delle regole sociali, ha imparato a prendere coscienza degli errori compiuti e a scusarsi con l’altro, ha generalizzato alcune abilità ai contesti di vita ed ha ridotto negativismo e oppositività. Indiretta- mente il training ha anche influito sul contesto familiare, dal momento che la madre ha mostrato maggiore collaborazione aiutando D. a eseguire a casa le esercitazioni assegnate; inoltre, ha accet- tato la figura dell’educatore come supporto presso il domicilio, non vivendola più come figura in- trusiva.

Infine, anche i fratelli, la zia e la nonna di D. sono stati coinvolti nel training per favorire la ge- neralizzazione e diminuire le discrepanze di com- portamento nei contesti abituali.

Confrontando i risultati della baseline della Vabs con quelli della somministrazione post- training dopo sei mesi, si evince che le abilità potenziate maggiormente sono state quelle della ricezione tra le abilità comunicative, delle abilità quotidiane, e del rispetto delle regole sociali tra le abilità di socializzazione (vd. Fig.2).

Oppositività e negativismo Ambivalenza Resistenza alla collaborazione Non coscienza del pericolo

Forme egocentriche e regressive di autoaffermazione

Mancanza di regole definite a casa, a scuola,

e negli altri contesti frequentati

Comportamenti etero- aggressivi agiti su oggetti, familiari, compagni di scuola

Atteggiamenti intimidatori e di sfida verso compagni

di scuola o amici dell’associazione Impulsività Tendenza all’autosvalutazione persecutori-paranoideiAtteggiamenti Cattivo rapporto con la maestra di sostegno

Dopo la frequenza di ulteriori sei mesi di trai- ning, si sono osservati ulteriori progressi. In par- ticolare, D. ha rafforzato gli aspetti relazionali ed ha creato anche un legame affettivo con gli opera- tori del Servizio, il quale per lei ha assunto il va- lore di un premio da ottenere in seguito all’emis- sione di un comportamento prosociale. Inoltre, ha migliorato la collaborazione con la compagna di training, ha ridotto ulteriormente l’impulsività durante le sedute riabilitative, ha mostrato mag- gior rispetto delle regole sociali, ha generalizzato altre abilità ai contesti di vita attraverso l’aiuto dell’educatore domiciliare. Per quanto riguarda il contesto familiare, la madre ha acquisito progres- siva fiducia negli specialisti del gruppo di lavoro, facendosi coadiuvare nel suo ruolo dall’educato- re, riuscendo, in questo modo, a ritagliarsi degli spazi personali e a trovare sollievo. Il lavoro ha avuto, quindi, anche funzione di respite-care3,

ovvero un supporto e un aiuto alle sue “doppie” funzioni di caregiver.

L’educatore è diventato un ponte tra il Servi- zio e la famiglia, impegnandosi giornalmente nei contatti con gli operatori e nella generalizzazione

3 Con questo termine (in italiano letteralmente “rico- vero di sollievo”) si intende la necessità di recupero psi- co-fisico da parte dei familiari del malato cronico. Que- sta modalità è giustificata dal considerare la famiglia come parte integrante della situazione di crisi provocata dallo status psichico del soggetto interessato, ritenendo fondamentale l’equilibrio familiare per migliorare la qualità di vita del paziente, in particolare quando egli è assistito a domicilio.

alla vita quotidiana delle competenze acquisite durante il training.

Confrontando i risultati ottenuti dalla baseli- ne della Vineland con quelli ottenuti dalla som- ministrazione effettuata a distanza di sei mesi di training, e con quelli ottenuti dalla somministra- zione effettuata dopo ulteriori sei mesi di training (follow-up a dodici mesi), notiamo che le abilità potenziate maggiormente, tra le abilità di socializ- zazione, sono state quelle del rispetto delle regole sociali (vd. Fig.3).

Il secondo soggetto inserito nel trattamento è G.. Al momento dell’avvio dell’intervento ave- va quattordici anni e una diagnosi mono specia- listica di “Disabilità intellettiva grave, turbe del comportamento reattive e deficit di linguaggio in cerebropatia fissa da malformazione cromosomi- ca”. Il suo quoziente intellettivo, inferiore a 40, indicava un profilo cognitivo compatibile con un ritardo mentale grave.

G. era stata sottoposta in passato a trattamen- ti psico-educativi ottenendo lievi modificazioni comportamentali, poi non mantenute. Prima del nostro intervento, la presa in carico del caso non era mai stata globale.

Il contesto familiare di G. era costituito dalla madre, caregiver principale, la quale tendeva ad adottare un ruolo esclusivo e protettivo nei con- fronti della figlia, rispondendo specularmente all’ansia e alla rabbia di G. La sua richiesta era quella di sostegno e aiuto per gestire il carico emotivo e la complessità della situazione. Il pa-

Fig.2 Grafico di con- fronto tra la sommini- strazione baseline e il follow-up a sei mesi della Vineland Adaptive Behaviour Scale

dre, figura più marginale, non era coinvolto at- tivamente nelle decisioni e nell’educazione della figlia e necessitava di sollecitazioni per avviare processi di affiancamento alla moglie. L’unico fratello di G. risiedeva in un’altra regione e non intraprendeva frequenti contatti con lei.

La varietà dei comportamenti-problema della ragazzina, quando giunse al Servizio, è riassunta nella seguente tabella 2.

Alla somministrazione della baseline della Vi- neland, la sua età mentale risultava essere quella di tre anni e sette mesi, con particolare compro- missione delle abilità sulla persona tra le abilità quotidiane, della scrittura tra le abilità comunica- tive, e del rispetto delle regole sociali tra le abilità di socializzazione.

Dopo sei mesi dall’inizio del training sulle abilità sociali, si sono osservate influenze dirette sul comportamento di G.: le crisi isteriche e di pianto sono apparse ridotte e più contenute; le

stereotipie del comportamento sono diminuite in frequenza e durata; la ragazzina ha mostrato minore inibizione e chiusura e più autonomia nella cura personale. Infine, si è osservata mag- giore partecipazione attiva alle abilità proposte, collaborazione con la compagna di training e ge- neralizzazione ai contesti di vita di alcune abilità apprese al Servizio. Il training ha avuto benefici anche sul contesto familiare: la madre, sentendo- si supportata, ha ridotto la risposta speculare agli stati emotivi della figlia, proseguendo il lavoro di training a casa e generalizzandolo ad altre abilità. C’è stato anche un coinvolgimento più attivo del fratello e del padre, attraverso un lavoro di mo- dificazione della percezione della disabilità di G. Confrontando i risultati della somministrazio- ne della baseline della Vineland con quelli della somministrazione post-training effettuata dopo sei mesi, si evince che le abilità potenziate mag- giormente sono state quelle dell’espressione tra le

Fig.3: Grafico di confronto tra la somministrazione baseline, il follow-up a sei mesi e quello a dodici mesi della Vineland Adaptive Behaviour Scale

Crisi isteriche e di pianto in seguito al mancato soddisfacimento delle sue

volontà

Stereotipie comportamentali e fissità ideative (usare i servizi igienici all’arrivo in

ogni luogo..etc.)

Alternanza tra fasi di eccitazione e fasi di tono

dell’umore depresso

Goffaggine, lentezza psicomotoria

Turpiloquio Ecolalia Espressioni di inibizione e chiusura Dipendenza e ambivalenza dalla figura materna

Facile irritabilità Parlare spesso in terza persona Carenza di linguaggio spontaneo Mancanza di contatto di sguardo

abilità comunicative, della comunità tra le abilità quotidiane e del rispetto delle regole sociali e del- le relazioni interpersonali tra le abilità di socializ- zazione (vd. Fig. 4).

Dopo la frequenza di ulteriori sei mesi di training, si sono osservati ulteriori progressi nel comportamento di G.: una progressiva riduzione dell’inibizione e lo sviluppo di una capacità co- municativa più articolata, una maggiore collabo- razione sia con la compagna di training sia con gli operatori, una riduzione della frequenza delle crisi nel contesto familiare (con permanenza di alcune problematiche a scuola) e la generalizzazione di altre abilità prosociali ai contesti di vita attraverso

il prompt della madre. Inoltre, si è creata una col- laborazione continuativa e diretta tra il Servizio e casa, rendendo meno gravoso il ruolo della madre come caregiver.

Confrontando i risultati ottenuti dalla som- ministrazione della baseline della Vineland con quelli ottenuti dalla somministrazione effettuata dopo sei mesi di training, e con quelli ottenuti dalla somministrazione eseguita dopo ulteriori sei mesi di training (follow-up a dodici mesi), notia- mo che le abilità potenziate maggiormente sono state quelle del rispetto delle regole sociali, delle relazioni interpersonali, e del gioco e tempo libe- ro, tutti aspetti complementari alla socializzazio- ne (vd. Fig. 5).

Fig.4: Grafico di confronto tra la somministrazione baseline e il follow- up a sei mesi della Vineland Adaptive Behaviour Scale Fig. 5: Grafico di confronto tra la somministrazione baseline, il follow-up a sei mesi e quello a dodici mesi della Vineland Adaptive Behaviour Scale

2.4 Discussione generale

In sintesi, il training ha favorito un processo maturativo nei soggetti inseriti nel programma, integrando diversi aspetti:

• la riduzione dei comportamenti disfunzio- nali;

• l’apprendimento di relazioni positive e gra- tificanti e la reciprocità nelle relazioni; • lo sviluppo delle capacità di interazione con

i pari;

• lo sviluppo (anche se minime e basilari) di capacità metacognitive e di problem-sol- ving;

• una modificata percezione del problema da parte del contesto di vita.

Il limite, invece, più evidente del pro- gramma è rappresentato dal fenomeno della “generalizzazione” dei comportamenti appresi che, si è constatato, non si verifica automatica- mente in conseguenza della riduzione della mani- festazione dei comportamenti problema nel con- testo riabilitativo.

Bisogna sottolineare, comunque, che l’atten- zione riservata al processo di generalizzazione da molti teorici dell›apprendimento è stata tra- dizionalmente assai limitata; questo in relazione al fatto che la generalizzazione non veniva con- siderata come un obiettivo da raggiungere con un›accurata ed intenzionale programmazione, ma come una sorta di risultato naturale di ogni trai- ning educativo. Tale aspettativa si è dimostrata poco fondata, in particolare per quanto riguarda la situazione dei soggetti affetti da autismo, ma anche nella disabilità intellettiva.

Si è maturata, quindi, la consapevolezza di do- ver pianificare attivamente la generalizzazione at- traverso l’impiego di specifiche strategie da parte dell’operatore (Baer, Wolf & Risley, 1968).

Stokes e Baer (1977) hanno fatto il punto sulla letteratura esistente in tema di generalizzazione nell’apprendimento, prendendo in considerazio- ne ben 270 lavori scientifici. Gli autori hanno inizialmente appurato che in quasi la metà degli studi esaminati non vengono presentati program- mi specifici per favorire la generalizzazione, an- che se la stessa risulta in molti casi documentata come risultato spontaneo. Oltre questo atteggia- mento di attesa (denominato appunto “insegna e spera”), Stokes e Baer illustrano una serie di

specifiche tecniche adottate da vari Autori, le più significative delle quali appaiono le seguenti:

• estensione dell’intervento ad altre condizio- ni;

• insegnamento attraverso l’utilizzo di stimo- li e/o rinforzi simili a quelli che si ritrovano naturalmente nell’ambiente;

• uso di contingenze di rinforzamento diffi- cilmente identificabili.

Questa modalità di intervento prevede che, in presenza di un deficit di generalizzazione di un’a- bilità in contesti differenti da quelli originari, si strutturi un training più ampio che investa quelle situazioni in cui la generalizzazione non si è an- cora verificata.

La stessa cosa avviene se il deficit di genera- lizzazione è riferito a persone, materiali ecc. Si tratta, chiaramente, di una procedura analitica as- sai costosa in termini di tempo, ma che si adatta bene nelle situazioni in cui sono associate gravi forme di ritardo mentale. La generalizzazione si realizza con maggiore facilità quando si verifica un’espansione del controllo che dagli stimoli ori- ginari vada sul comportamento positivo.

È evidente che, se il training riabilitativo viene condotto utilizzando stimoli il più possibile simi- li a quelli che il soggetto incontra nell’ambiente naturale, il processo di generalizzazione risulterà favorito in modo rilevante.

Conclusioni

In conclusione, tale ricerca-azione dimostra che il training sulle abilità sociali, associato al parent training e supportato da un lavoro di rete tra scuola, contesto riabilitativo e famiglia, ha fa- vorito un processo di cambiamento e adattamento nei soggetti e nelle loro famiglie. Più specificata- mente tale training ha promosso l’apprendimento di relazioni positive e gratificanti, lo sviluppo di relazioni interpersonali, una più adeguata intera- zione con i pari, una modificata percezione del familiare da parte del contesto di vita, nonchè una maggiore integrazione dal punto di vista familia- re, sociale e scolastico.

Il training ha avuto anche una funzione se- condaria di respite-care (vd. Nota 3), ovvero di supporto e di aiuto alle funzioni genitoriali di ca- regiver: infatti, sia nel caso di D., sia nel caso di

G., le madri hanno descritto in prima persona i benefici tratti da quest’esperienza, considerandola una vera opportunità di supporto e sollievo, non- ché un’occasione di sperimentare una rinnovata relazionalità a livello familiare.

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