I test (attitudinali, di personalità-Big Five Que- stionnaire, analisi dei casi, esercitazioni tipo “in basket”, role playng, business game, ecc.) sono prove strutturate e standardizzate finalizzate alla misurazione di particolari abilità o capacità nello svolgere potenzialmente compiti definiti e circo- stanziati.
Bibliografia
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Errata corrige. Il presente contributo risulta accetta- to per la pubblicazione sul numero di Dicembre 2016 della Rivista e pubblicato sul numero di Giugno 2017 per mero errore tecnico.
Riassunto
Questo lavoro, che ha il profilo di una review di lettera- tura, si prefigge lo scopo di approfondire lo stalking, un fenomeno di difficile identificazione, ponendo soprat- tutto attenzione alla donna stalker. L’intento è quello di tratteggiare il profilo della donna stalker, delineare i comportamenti che connotano il female stalking, ana- lizzando anche dove le donne differiscono dalla loro controparte maschile nella psicopatologia, nelle moti- vazioni e nelle condotte.
Parole chiave: stalking, stalking al femmi- nile, delirio erotomanico, psicopatologia.
Introduzione
La difficoltà definitoria dello stalking sia in ambito giuridico che scientifico è legata al fat- to che attualmente tale fenomeno non indica un unico comportamento agito dal molestatore circo- scrivibile puntualmente ma si riferisce ad una se- rie di condotte reiterate che non sempre di per sé rappresentano la commissione di un reato come, ad esempio, la pratica del corteggiamento ( De Fazio, 2012). Importante è la definizione che ne danno Pathè e Mullen i quali affermano che lo stalking è caratterizzato da una costellazione di comportamenti messi in pratica da un individuo su di un altro basati su intrusioni e comunicazione ripetute ed indesiderate ( Phatè & Mullen, 1997). Dal canto loro Westrup e Fremouw notano un’as- senza di accordo in letteratura circa la definizione dello stalking. I due autori sono del parere che il termine “stalking” venga utilizzato per indicare indiscriminatamente una vasta gamma di com- portamenti (Westrup & Fremouw, 1998). Proprio per questo motivo, Westrup ritiene che la condotta dello stalking sia definita da uno o più comporta- menti che:
1. Sono diretti ripetutamente verso uno speci- fico individuo (il bersaglio);
2. Sono vissuti dal bersaglio come indesidera-
ti ed intrusivi
3. Sono utilizzati per innescare paura o preoc- cupazione nel soggetto assunto come bersa- glio (Westrup, 1998)
Una delle definizioni di particolare interesse per finalità psichiatrico forense è quella di Kram- mer e coll. secondo cui il fenomeno descrive “ un comportamento patologico che è caratterizzato da ripetute persecuzioni, molestie, minaccia di ag- gressione o aggressione agita verso una persona” (Krammer et all., 2007)
Prevedendo dunque lo stalking una vasta gam- ma di comportamenti complessi, Galezzi e Cur- ci hanno proposto una vera e propria concezione sindromica dello stalking, interpretato come pato- logia della relazione. In particolare la “sindrome delle molestie assillanti” è costituita da tre com- ponenti necessarie:
1. il molestatore che commette il reato di mo- lestie assillanti e viola la privacy della vit- tima;
2. una serie ripetuta di comportamenti e non un singolo evento poiché il fenomeno è connotato da ripetitività, insistenza e intru- sività;
3. la pressione psicologica sulla vittima ( Ga- leazzi & Curci, 2001).
Le condotte che definiscono lo stalking sono state tratteggiate in base alla definizione del reato di atti persecutori, introdotto nel Codice Penale italiano con l’ articolo 612-bis e punibile con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Il reato in questione è caratterizzato da tre elementi costitutivi:
1. la condotta del reo;
2. la reiterazione della condotta;
3. l’insorgere di un particolare stato d’animo nella vittima.
Tuttavia la stessa nozione di “reiterazione” costituisce un problema perché non ci sono in- dicazioni precise da parte del legislatore circa il numero di atti persecutori necessari affinchè si
Stalking al Femminile: Una review di letteratura
Anna Convertini*, Cosimo Damiano Traetta*, Antonella Rita Fanizza*, Ignazio Grattagliano* *Dipartimento di scienze della Formazione, Psicologia e Comunicazione, Università degli studi di Bari Aldo Moroconfiguri la fattispecie delittuosa. Il tribunale di Roma per mezzo di una sentenza emanata il 4 febbraio 2010 n° 3181 ha stabilito che affinchè si configuri la fattispecie non sono sufficienti solo due episodi di aggressione. Discordante è invece la valutazione dei giudici di legittimità poiché la Suprema Corte di Cassazione, per mezzo della sentenza del 21 gennaio 2010 n°6417, ha precisa- to che anche due sole condotte di minaccia o mo- lestia in quanto idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice, integrano il reato di atti persecutori ( Delpino, 2012). Un altro problema considerevole è rappresentato dalla di- mostrazione dell’esistenza di un nesso di causalità giuridicamente rilevante tra condotte persecutorie ed evidente peggioramento dello stato psico-fisico della vittima. Il riscontro di tale rapporto di cau- salità è ancor più ostico in psicopatologia forense poiché l’esordio, il decorso e gli esiti di numerosi disturbi psichici non sono sempre ben definiti op- pure hanno una genesi pluri-fattoriale ( Barbieri & Lugazzo, 2007).
Collins e Wilkas hanno descritto una vera e propria sindrome nella vittima di stalking, definita S.T.S. ovvero Stalking Trauma Syndrome e con- notata da aspetti simili ad altri profili psicopatolo- gici quali il Disturbo Post-Traumatico da Stress o la Sindrome del Rapimento (Rocca et all.,2010). Inoltre viene presentata una caratteristica sin- tomatologia HOPELESSNESS (mancanza di speranza futura), HELPLESSNESS (assenza di possibilità di aiuto) e WORTHLESSNESS (sen- so di inadeguatezza e auto-svalutazione), (Loret- tu et all.,2004). Nella quasi totalità delle vittime, le molestie assillanti determinano modifiche nel loro modo di gestire la vita quotidiana. Lo stato emotivo d’ansia, stress e paura può determinare un peggioramento delle prestazioni lavorative; il maggior senso di vulnerabilità e di insicurezza causato dalle ripetute intrusioni del molestatore possono creare la sensazione di vivere in un am- biente scarsamente protetto. In uno studio condot- to da Pathè e Mullen si è riportato che l’ 80% delle vittime di atti persecutori riscontrava un aumento del livello d’ansia e dello stato di allerta mentre nei casi accertati di Disturbo Post-Traumatico da Stress prevalevano ricordi spiacevoli e ricorrenti degli eventi vissuti, disturbi del sonno e sintomi di ipervigilanza. Il 25% delle vittime ha manifestato
idee suicidarie mentre in un quarto dei soggetti si è notato un aumento del consumo di sostanze alcoliche e spesso si sono manifestati quadri di sofferenza psicosomatica. In molti casi si è notata la permanenza di sintomi ansiosi e depressivi an- che per molto tempo dopo la fine delle condotte persecutorie soprattutto nei casi in cui questi sono state accompagnate da minacce di violenza fisica (Monzani, 2011).