Matteo Papantuono*, Claudette Portelli** * Psicologo-psicoterapeuta, dirige l’OCD Clinic di Ancona.
una ricerca norvegese2 sembra essere in connes-
sione con il rischio di contrarre una vera e pro- pria malattia cardiovascolare. La profezia lanciata dall’ipocondriaco si autoavvererebbe (Rosenthal, Jacobson, 1992). Lo studio, condotto in Norvegia e conclusosi nel 2009, dimostra che le persone con questo disturbo hanno avuto il 73% in più di possibilità di sviluppare malattie cardiache ri- spetto agli altri. Ciò dipenderebbe dall’eccessivo e dal continuo stato di stress causato dalla paura di avere o contrarre una malattia, che sembrerebbe predisporre le persone ad ammalarsi realmente di cuore.
In un successivo studio3 su 512 persone sane
è stato dimostrato che le ricerche sanitarie online influiscono sullo stato emotivo dell’individuo. Al termine della ricerca si è concluso che la Cyber- condria è l’equivalente in rete dell’ipocondria (Fergus, 2013). Nonostante i cambiamenti, nel presente come nel passato, in coloro che soffrono di questo disturbo restano inalterati aspetti quali le preoccupazioni per la propria salute, i timori e/o la convinzione basata sulla presenza di alcuni segni che interpretati diventano sintomi e prove di una grave malattia. Anche il “cybercondriaco”, come il suo avo, è afflitto dalla spaventosa convinzione ingiustificata di avere una malattia, perciò si ado- pera cercando conferme da cui si aspetta di esse- re tranquillizzato. A differenze del passato, però, oggi sono cambiate le modalità con cui si ricerca la rassicurazione: mentre prima il malato si reca- va da medici e specialisti per fare visite e porre domande, nell’era puntozero il cybercondriaco è più autonomo, compie da solo le sue indagini av- valendosi dei mezzi tecnologici dei quali, soprat- tutto quando è colto dall’irrefrenabile bisogno di rassicurazione, proprio non riesce a fare a meno (Storm, Stone, Benjamin, 2016). Il poter monito- rare costantemente i vari sintomi, il tentativo di
2 Progetto di ricerca portato avanti dal National He- alth Screening Service dell’Università di Bergen e dai servizi sanitari locali, che ha coinvolto 7052 persone al Norwegian Hordaland Health Study (HUSK). Si tratta di uno studio osservazionale che si limita a fotografare un fenomeno e non trova un nesso di causa ed effetto. Per approfondimenti: http://www.healthdesk.it/medici- na/paradosso-ipocondriaco-ansia-fa-ammalare-cuore
3 Condotto dal prof. Thomas A. Fergus del dipar- timento di Psichology and Neuroscience, della Baylor University , Waco, Texas.
ricevere immediate risposte alle preoccupazioni, l’aiuto che in un primo momento sembra salvi- fico, sono azioni che finiscono per far radicare sempre più il problema. Tuttavia, come al solito, la debolezza di qualcuno diventa vantaggio per coloro che se ne approfittano. Ecco, infatti, pronte tante app sulla salute, molte delle quali gratuite e facili da scaricare anche sul proprio smartphone e grazie ad esse si può evitare anche di andare dal medico. Questi strumenti non si limitano all’auto- diagnosi, esse propongono anche terapie, consi- gliano rimedi e farmaci. Diventano il “medico” che in questo modo è sempre reperibile, inoltre, danno la sensazione di poter essere sempre ag- giornati e di poterlo fare più velocemente e quan- do si vuole restando comodi da casa propria. Ma, l’apparente e subitaneo beneficio che riscontra il malato, in breve, innesca un circolo vizioso che complica il quadro diagnostico. L’accesso ai contenuti medici online si trasforma in una vera e propria ossessione a cui si reagisce con- trollando, strutturando così un disturbo (Carr, 2010), come quello fobico-ossessivo: la paura e la convinzione di essere affetti da qualche brut- ta malattia, stimola il bisogno di reperire infor- mazioni per sentirsi meglio. Così facendo aumen- tano i dubbi ossessivi che spingono a continuare con la ricerca compulsiva.
Il termine Cybercondria è stato utilizzato per la prima volta nel 2001. In un articolo del quo- tidiano britannico The Independent si parlava di come «l’uso eccessivo dei siti medici in In- ternet finisce ad alimentare l’ansia e le preoc- cupazioni degli utenti a riguardo della propria salute». Nel tempo, tanti e non solo i medici, hanno riconosciuto il pericolo di questa pra- tica. Walter Kirn (2003) nel suo articolo Let’s Not Overanalyze This - Mind / Body Viewpoint afferma che l’auto-diagnosi è un gioco folle. Ciononostante, negli USA otto persone su dieci si affidano alla rete quando sono preoccupati per il proprio stato di salute, mentre in Italia, nel 2012, il CENSIS4 ha rilevato che ben il 32%
della popolazione sceglie il web per interpre- tare sintomi e riconoscere patologie prima di rivolgersi al medico di base o ad uno specialista. Questo comportamento si radica ancor di più con
4 Centro Studi Investimenti Sociali è un istituto che opera a livello nazionale che si occupa di ricerca socio-economica.
l’ausilio della tecnologia, poiché si basa su au- toinganni5 disfunzionali, quali:
- avere controllo, ma compiendo continue ri- cerche su internet si finisce per affidare se stessi alla macchina da cui si arriva a dipendere;
- poter fare tutto all’istante senza indugio e con poca fatica (Nardone, 2013), talvolta pur co- noscendo l’alto prezzo da pagare;
- poter restare comodi. Facendo ricorso allo strumento tecnologico si può evitare di scomodar- si, si evitano quelle code e le lunghe attese che si è costretti a fare quando si va dai medici;
- si ha l’illusione di avere maggiore consape- volezza, che diventa bramosia di sapere, che piut- tosto di far crescere e dare piacere e libertà, finisce per bloccare;
- ci si sente sempre aggiornati anche sui rimedi più innovativi di cui ancora non si parla che po- trebbero essere di aiuto.
Sul web, però, l’attendibilità delle fonti non sempre è certa, quindi, una persona priva di co- noscenza medica e in preda all’ansia, con estre- ma facilità potrebbe fare interpretazioni errate ed essere tratta in inganno. Uno studio condotto dai ricercatori Microsoft (White, Horvitz, 2009), evidenzia che l’escalation di preoccupazioni non deriva solo dalla scarsa affidabilità dei risultati trovati in rete, ma anche dalle scarse conoscen- ze mediche dell’utente medio che ormai accede alla rete regolarmente. Basti pensare che in Italia, come nel resto del mondo, il numero di perso- ne che sembrano essersi connesse ad internet – sempre di più quelli che lo fanno usando uno smartphone - nel 2016 appare essere incremento del 4% rispetto all’anno precedente, arrivando a 39,21 milioni di persone6. Tra questi certamente
vi saranno una parte di quegli otto milioni che nel nostro paese sembrano soffrire di ipocondria (D’Aria, 2013).
Utilizzare internet per mettere a tacere l’ansia e i dubbi generati dalla paura di avere una qualche malattia è un’apparente soluzione. L’effetto benefi-
5 Gli autoinganni avvicinano il proprio modello consolidato di percezione e reazione della realtà alla stessa realtà (Mordazzi e Milanese, 2007). Watzlawick (1988) li descrive come artifici mentali che aiutano l’uomo a creare la propria realtà.
6 Per approfondimenti vedi: https://wearesocial. com/it/blog/2017/01/digital-in-2017-in-italia-e-nel- mondo
co però svanisce in brevissimo tempo, in più, l’uso reiterato della rete da parte di chi cerca di trovare risposte lascia una lunga e persistente scia di incer- tezze, dubbi e preoccupazioni (Nardone, Cagno- ni, 2002) che resistono anche di fronte alle no- tizie più confortanti. Infatti, l’incessante bisogno di certezze induce a perseverare nella ricerca di notizie che puntualmente negano e confermano la precedente. Si crea un circolo vizioso (Grif- fiths, 1997; Rogers Puryear, Root, 2013): il tenta- tivo di fare verifiche e trovare risposte, attraver- so il canale digitale, crea ulteriori dubbi e paure che, nel tempo e con la reiterazione, complicano la situazione poiché si aggiunge la dipendenza da internet e dal device utilizzato (Young, Pistner, O’Mara, Buchanan, 2000).
Il Cybercondriaco percepisce quello che sen- te o che vede come segnali di una malattia cro- nico-degenerativa: insorgenze tumorali, problemi cardiaci, di HIV o di qualcos’altro di molto grave. Egli in un primo momento rifiuta l’aiuto psicolo- gico, è convinto di avere una patologia, quindi, dal suo punto di vista è ragionevole cercare aiuto nelle scienze mediche. Ma, più la persona s’infor- ma guardando video, fotografie e articoli, e mag- giori sono i rischi che si interpretino male i propri sintomi e si abbiano conferme alla credenza di essere affetti da qualche grave malattia. Si entra in una sorta di spirale. Si pospone la cura poiché si pensa che con la ricerca successiva si riuscirà a trovare qualcosa, uno strumento diagnostico, del- le terapie mediche più precisi e più efficaci. A vol- te è possibile che la persona si renda conto dell’in- fondatezza del timore e dei suoi comportamenti eccessivi, tuttavia, resta incapace di controllarsi. Continua pertanto a rimuginare sull’idea di avere qualcosa e di essere malato, perciò nel tentativo di essere rassicurato continua a sottoporsi ad ac- certamenti medici rivolgendosi al medico di base, a specialisti e, ormai, sempre più spesso, anche al web. Purtroppo, in questi casi, ogni tentativo il più delle volte resta vano ed è insoddisfacente. È la paura che stimola a perpetrare con le tentate soluzioni fallimentari7 (Nardone, Portelli, 2015; Nardone, Balbi 2008). Quando il timore è quel-
7 Per Tentate Soluzioni Fallimentari si intendono tutti quegli sforzi messi in atto per risolvere un proble- ma senza produrre l’effetto desiderato, anzi, finiscono addirittura per mantenere e complicare la situazione presente fino e creare un problema nuovo.
lo delle malattie, alcune tra le più frequenti ten- tate soluzioni fallimentari, riscontrate nella casi- stica dei pazienti considerati, sono: la continua consultazione di siti medici e forum riguardanti la malattia immaginaria; la tendenza a parlare di continuo delle proprie preoccupazioni e dei ti- mori con familiari, amici, colleghi, ma anche nei social-network innescando reazioni compassione- voli e di comprensione che possono divenire van- taggi secondari; un’eccessiva attenzione ai sin- tomi, anche a quelli più lievi; la messa in atto di condotte compulsive- preventive per paura di peggiorare, oppure, di condotte compulsive- riparatorie che danno la sensazione che si sta facendo qualcosa per star meglio. Il paziente, in molti casi, comportandosi a tutti gli effetti come se fosse un invalido, rifiuta di assumersi responsabilità o, nei casi più gravi, finisce per compromettere sia il lavoro, sia le sue relazioni. Inoltre, la sua preoccupazione si riflette anche sui familiari, che a loro volta cercano in tutti i modi di aiutarlo e di rassicurarlo (diventano vit- time). Agendo in questo modo i risultati però sono nulli, i timori vengono alimentati ulteriormente.
Queste tentate soluzioni, infatti, finiscono per preoccupare di più e per aumentare l’ossessione e la credenza sottostante. Niente e nessuno, nean- che la fonte più accreditata, conforta pienamente e in maniera definitiva chi soffre di questo distur- bo (Nardone, Portelli, 2015). I contemporanei “cybercondriaci” così come i vecchi ipocondriaci nelle rassicurazioni trovano solamente un sollie- vo temporaneo, dopo un po’ ricadono nel loop ossessivo-compulsivo che si complica quando si ricorre eccessivamente ad internet e ai mezzi tec- nologici.
In questi casi il protocollo messo a punto dal team di ricercatori del Centro di Terapia Breve Strategica di Arezzo, in una prima fase, prevede l’interruzione del circolo vizioso della ricerca del- la certezza che alimenta l’incertezza. Il paziente, già in prima seduta, prenderà consapevolezza del meccanismo su cui si regge il problema, attraver- so il dialogo strategico8 (Nardone, Salvini, 2004)
8 È un colloquio mediante il quale l’interlocutore o il paziente finisce per cambiare le proprie convinzioni più radicate. La validità del dialogo strategico risie- de nel fatto che questo cambiamento non è avvertito come un’imposizione esterna, ma come il naturale scio- glimento del nodo che crea il disagio e il malessere.
riconosce che la ricerca in internet o/e le richieste che volge a parenti ed esperti (le tentate soluzio- ni) mantengono il problema che cerca di supera- re. Già in seduta, arriva la consapevolezza che si peggiora quando si affronta in maniera erronea, ovvero quando si persiste con le ricerche su in- ternet e/o su libri, quando si continua a chiedere a medici e a parenti, eccetera. Con l’eliminazione di queste risposte i pazienti presi in esame già dopo la prima seduta, esprimevano: «sento più liber- tà…, meno ansia…, sono meno assillato dall’os- sessione…». Sebbene sia opportuno da parte del terapeuta evitare di sottovalutare la preoccupazio- ne del paziente, è necessario, allo stesso tempo, fare attenzione alla trappola della rassicurazione e/o della razionalizzazione. È stato dimostrato che il dubbio patologico, seppur irrazionale, resiste a queste modalità di intervento. Anzi, esse in alcuni casi sortiscono addirittura l’effetto contrario, poi- ché il paziente nel cercare di spiegare quello che intende dire, quello che sente, quelle che sono le cause del suo malessere: a) si convince ancor più di quello che vive, aumenta la resistenza (Papan- tuono, 2007); b) si sente incompreso e per questo aumenta il rischio di drop-out e si riduce la fiducia in sé e nella psicoterapia; c) incrementa il suo bi- sogno di rassicurazione e le sue ricerche.
Dal punto di vista dei ricercatori clinici sopra menzionati il cambiamento avviene prima e me- glio con l’auto-persuasione. In questi casi risulta efficace la Prescrizione Del Sintomo9 (Watzala- wick, Beavinm Jackson, 1967), ovvero, si chie- de al paziente di trovare le risposte che cerca attraverso l’auto-osservazione. Ciò consente una conoscenza immediata ed effettiva di se stesso e del proprio corpo. L’auto-monitoraggio prescritto prevede un check-up da effettuare in cinque ap- puntamenti giornalieri, in cui si andrà alla ricer- ca dei sintomi. Il proprio corpo verrà ispezionato da cima a fondo ogni tre ore: alle ore 9:00, alle 12:00, alle 15:00, alle 18:00 e poi alle ore 21:00 (Nardone, Portelli, 2013). Oltre a questi controlli prescritti è molto importante che negli intervalli,
L’interlocutore stesso è indotto a considerare sotto una nuova prospettiva la sua situazione, pertanto, il cambia- mento diventa una scoperta guidata da chi chiede aiuto, e non dal terapeuta.
9 Si spinge il paziente a manifestare il comporta- mento sintomatico.
tra un appuntamento e l’altro, si evitino quei com- portamenti che mantengono il problema come ad esempio visitare website medici, recarsi da qual- siasi specialista, parlare con altri di ciò che si sta attraversando, ascoltarsi e controllarsi. Seguendo questa modalità, oltre a riprendere il controllo perso, il paziente impara a conoscere da vicino e per davvero il proprio corpo. Si interrompe il loop ossessione-compulsione. In una fase successiva, poi, si interviene anche a livello della credenza (Nardone, Balbi, 2008): i monitoraggi effettuati col check-up, che in un paziente sano fisicamente si mantengono stabili nel tempo, vengono utiliz- zati come base per la creazione del dubbio tera- peutico (Nardone, DeSantis, 2011). Sulla base delle prove fondate sui risultati conseguenti ai check-up si compiono delle riflessioni: potrebbe essere che il corpo a cui si imputava un malfun- zionamento, in realtà funzioni meglio di quanto si pensava? È opportuno ribadire che in questi casi nessun tentativo di persuasione da parte del tera- peuta risulterà più efficace e forte delle conferme che egli stesso potrà trovare da solo semplicemen- te continuando a monitorare il suo corpo. L’espe- rienza clinica insegna che questo è un tentativo di soluzione fallimentare messo in atto dal terapeuta, che incide negativamente sul processo di guari- gione. Mentre, continuando ad auto-visitarsi, au- tonomamente, il paziente, avrà modo di costruire una nuova percezione del corpo e un nuovo e più veritiero concetto di salute.
Bibliografia
American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, (5th Ed). Arlington, (VA): APA.
Carr, N. (2010). Internet ci rende stupidi?. Milano: Cortina.
Carretti, V. (2000). Psicodinamica dissociativa da vide- oterminale. In Cantelmi T. et al. (ED).“La mente in Internet”. Padova: Piccin.
D’Aria, I. (2013). Ipocondria. Tanto rumore per nulla.
DBenessere, la Repubblica. Disponibile in http://d. repubblica.it/benessere/2013/11/26/news/ipocon- dria_sintomi_psicologia-1904932/ [26/11/2013]
Davi, V. (2013). Intervista ad Allen Frances: Inflazio-
ne diagnostica e rischi del DSM5. State of Mind.
Il giornale delle scienze psicologiche, N. 37124. Disponibile in http://www.stateofmind.it/2013/11/ dsm5-intervista-allen-frances/ [25/11/2013]. Fergus, T. A. (2013). Cyberchondria and Intolerance
of Uncertainty: Examining When Individuals Ex- perience Health Anxiety in Response to Internet,
Searches for Medical Information. Cyberpsycho-
logy, Behavior, and Social Networking. 10/2013, 16(10), 735-739.
Griffiths, M. D. (1997). Glued to the screen: An investi-
gation into information addiction, In the UK and
worldwide. London: Reuters.
Kirn, W. (2003). Let’s Not Overanalyze This-Mind /
Body Viewpoint, Self-diagnosis is a fool’s game. In
NewYorkTime, Jan. 20, 2003.
Milanese, R., Mordazzi, P. (2007). Coaching strategi-
co. Milano: Ponte alle Grazie.
Moliére. (1673). Le Malade Imaginaire. In J. S. Powell (2000). Music and Theatre in France, 1600-1680. New York: Oxford University Press, 382-397. Nardone, G. (2013). Psicotrappole. Milano: Ponte alle
Grazie.
Nardone, G., & Cagnoni, F. (2002). Perversioni in rete. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G., & DeSantis G. (2011). Cogito Ergo Sof-
fro. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G., & Salvini, A. (2004). Il dialogo strategi-
co. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G., & Balbi, E. (2008). Solcare il mare all’in-
saputa del cielo. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone, G., & Portelli, C. (2013). Ossessioni, com-
pulsioni, manie: la terapia in tempi brevi. Milano:
Ponte alle Grazie.
Nardone, G., & Portelli, C. (2015). Cambiare per cono- scere. Milano: Tea.
Papantuono, M. (2007). Identifying & Exploiting Pa-
tients’ Resistance”. Journal of Brief Strategic & systemic Therapies vol.1. Ed. Chad Hybarger &
Dr Eric C. Frank. pp 17-26.
Rogers, P., Puryear, R., & Root, J. (2013). Infobesi-
ty The enemy of good decisions. Boston: Bain &
Company.
Rosenthal, R., & Jacobson, L. (1992). Pygmalion in the
classroom. New York: Irvington.
Storm, B. C, Stone, S., Benjamin, A. S. (2016). Using
the Internet to access information inflates future use of the Internet to access other information. In Memory, 2016.
Watwlawick, P. (1988). La realtà inventata. Milano: Feltrinelli.
Watzlawick, P., Beavin, J. H., & Jackson, D. D. (1967).
Pragmatica della comunicazione umana. Roma:
Astrolabio.
White, R.W., & Horvitz, E. (2009). Experiences with
Web Search on Medical Concerns and Self Dia- gnosis. AMIA Annu Symp Proc., National Center for Biotechnology Information, U.S. National Li- brary of Medicine. Rockville Pike, Bethesda, MD (696-700).
Young, K., Pistner, M., & O’Mara, J. (2000). Cyber- Disorders: The Mental Health Concern for the Mil- lennium, In CyberPsychology and Behavior, 3 (5), 475-479.
Noi siamo vicini alle Cose Lorenzo Calvi Davanti alle montagne di Serifos, quando si alza il sole, i fucili di tutte le teorie cosmiche s’inceppano Odisseas Elitis La psicologia che insegnano all’FBI è al livello del sussidiario della seconda elementare dei miei tempi: ‘Il sole splende e gli uccellini cinguettano’. Io invece sono della scuola del grande Tsitsa-
nis che cantava: ‘Domenica nuvolosa, sei come il mio cuore,
dove c’è sempre nuvolo’ Petros Markaris Paolo, tu leggi sempre cose che non dovresti
leggere! Antonio Nettuno Riassunto
Questo breve lavoro vuole descrivere le coordinate spazio-temporali e atmosferiche proprie dei reparti dia- gnosi e cura (SPDC) e dei servizi per acuti in generale. A partire da una breve nota metodologica, che prova in poche righe a dar conto della complessità dei piani di analisi, della purezza descrittiva e allo stesso tempo del rigore (adeguatezza alla cosa in esame) raggiungibile nella clinica attraverso il metodo fenomenologico de- rivato dal pensiero di Edmund Husserl (‘riassumibile’ nel motto Zu den Sachen selbst – alle cose stesse), l’au- tore descrive spazi e atmosfere di un luogo di ricovero frequentato durante la specializzazione in psicoterapia. L’esercizio di descrizione e quindi visione essenzia-
le (eidetica) messo in atto vuole fornire una chiave di
accesso atmosferica universale ai luoghi deputati alla cura dell’altro in situazione di acuzie o emergenza (PS, CIM, domicilio, la strada etc.), nella consapevolezza che l’incontro autentico (trascendentale) con l’altro, malato e non, può avvenire solo attraverso una visione scevra da eccessive sovrastrutture teoriche e quindi li- bera da pregiudizi.
Parole chiave: fenomenologia, psicopatologia, incontro, psicosi, SPDC, acuzie.