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VI Biennale Internazionale di Arte di São Paulo –

Questa edizione, chiamata da Lourival Gomes Machado “megaesposizione” 599 dato il numero di opere

esibite – 5 mila lavori da 53 Paesi –, sarebbe stata l’ultima ad esser organizzata insieme al Museo di Arte Moderna di São Paulo in quanto, come si vedrà nel prossimo capitolo, verrà creata una Fondazione per l’organizzazione dell’evento. Scegliendo per l’esposizione un carattere fortemente museografico (ragione per la quale il nuovo direttore artistico della mostra, Mário Pedrosa, deluse molti critici e uomini influenti legati alle arti plastiche600) la VI Biennale sembrava cospirare contro la vena avanguardista e moderna che

essa stessa proclamava dall’inizio601. Questo perché l’edizione presentava varie manifestazioni artistiche

legate ad un passato remoto: “il barrocco gesuita paraguaiano con sculture realizzate tra il 1610 e il 1667602; una retrospettiva sulla calligrafia sino-giapponese dal secolo VIII agli astrattisti contemporanei

del Giappone; gli aborigeni australiani con la loro pittura con cortecce di alberi, uno dei momenti antropologici ed estetici più significativi del mondo contemporaneo”603. Inoltre vi era una collezione di

copie di affreschi medievali di genere bizantino provenienti dalla Iugoslavia e riproduzioni di affreschi e fotografie del santuario rupestre di Ajanta – caverne utilizzate dai buddisti tra il II a.C. secolo e il VII d.C.

596 Ivi, pp. 207-208-210-211-212-217-219-230. 597 Ivi, p. 214.

598 M. PEDROSA, A Bienal de... cit., pp. 274-282, cit. in F. ALAMBERT e P. CANHÊTE, As Bienais... cit., pp. 125-126. 599 Lourival Gomes Machado cit. in Ivi, p. 86.

600 A. FARIAS (a cura di), Bienal... cit., p. 113.

601 F. ALAMBERT e P. CANHÊTE, As Bienais... cit., p. 87. 602 Ivi, p. 84.

– che rafforzarono ancora di più l’aspetto museologico di questa Biennale604. Perciò, secondo Amarante,

Pedrosa sembrava aver assunto una posizione più conservatrice, didattica e “museicizzante”605, dato che

“nonostante la maggior parte delle sale fossero interessanti, esposizioni di questa natura non si giustificavano in biennali che volevano focalizzarsi su ciò che succedeva nell’arte contemporanea”606.

Farias contesta questa condanna, spiegando che Pedrosa difese non solo la produzione artistica contemporanea, ma anche le espressioni realizzate ai margini della grande arte occidentale: questa universalità estrapolava la contemporaneità artistica per raggiungere le forme artistiche rappresentative dei più diversi gradi di civiltà, di culture primitive e complesse, vive o già estinte607.

Sulla mostra in generale, il catalogo riportava che: “Tutte le tendenze che presentano l’arte contemporanea vengono qui rappresentate: dai primi e figurativi fino alle ultime manifestazioni astratte dei geometrici, concretisti, neoconretisti, tachisti, informali e ‘segnografici’, perfino neofiguratisti e i neodadaisti”608. Rispetto ai contemporanei, per la prima volta sarebbero stati ospitati alla Biennale di São

Paulo paesi come l’Unione Sovietica, Romania, Ungheria, Bulgaria, senza che con questo si possa definire la mostra del 1961 politica609. È importante far risaltare qui, tuttavia, che questa centralità dei

Paesi comunisti fu al centro dell’attenzione dei dibattiti610 dato che il clima della Guerra Fredda che

dominava nel mondo occidentale.

Riguardo alle Sale speciali, si ricorda quella del tedesco Kurt Schwitters, con dipinti dal 1917 al 1947611,

artista che, secondo Pedrosa, rappresentava il contrappunto e il complemento dialettico alla parte “primitivista” dell’esposizione, dato che era “il maestro dadaista pioniere dei collage moderni, delle appropriazioni polimateriali e degli assemblaggi attuali”612. Vi era quella dei dipinti di Julius Bissier,

legato all’astrattismo lirico, con una sala allestita dal curatore tedesco Werner Schmalenbach, e le sale con le tele dei pittori francesi Jacques Villon (Gaston Emile Duchamp), che faceva parte dell’eterogenea delegazione presentata dalla Francia che riuscì ad aggiudicarsi il Gran Premio con l’opera d’astrattismo

604 L. AMARANTE, As Bienais... cit., p. 109.

605 F. ALAMBERT e P. CANHÊTE, As Bienais... cit., p. 87.

Se secondo Amarante, “lo spazio dedicato ad opere di carattere storico e museologico fu eccessivo”, infatti al critico conosciuto per il suo radicalismo mancava la sfrontatezza (L. AMARANTE, As Bienais... cit., p. 108), secondo Alambert e Canhete mentre le Biennali precedenti si concentravano nel realizzare una raccolta dettagliata delle origini e delle correnti brasiliane e internazionali del modernismo, in questo evento Pedrosa si focalizzò sul mostrare “le origini delle origini”, dimostrando così come funziona la creazione artistica in sé, nei suoi primordi, con le sue forme originarie che non passavano per la tradizione aculta europea e che non erano state determinate dalla dinamica del capitalismo o dalla società liberale (F. ALAMBERT e P. CANHÊTE, As Bienais... cit., p. 87).

606 L. AMARANTE, As Bienais... cit., p. 108.

607 Màrio Pedrosa cit. in A. FARIAS (a cura di), Bienal... cit., p. 113.

608 Mario Pedrosa, Introduçao, in W. SVEVO (a cura di) VI Bienal do Museu de Arte Moderna de São Paulo, catalogo della mostra (São Paulo, MAM, 1961), Massao Ohno, São Paulo, 1951, p. 31.

609 L. AMARANTE, As Bienais... cit., p. 107.

Nonostante fossero stati rilevati casi come quello del critico tedesco residente in Svizzera, Gert Schiff, il quale condannò la premiazione del disegnatore polacco Tadeusz Kulisiewicz come meramente politica. F. ALAMBERT e P. CANHÊTE, As Bienais... cit., p. 86.

610 Ibidem.

611 Màrio Pedrosa cit in L. AMARANTE, As Bienais... cit., p. 111.

lirico della pittrice portoghese Maria Melena Vieira, appartenente alla Scuola di Parigi dal 1928613. La

delegazione americana, con sale speciali dedicate a tre discepoli della Scuola di New York – il pittore Robert Motherwell, l’incisore Leonard Baskin e lo scultore Reuben Nakian – si sarebbe distinta solo per le incisioni di quest’ultimo che, grazie ad un grafismo segnato da figure deformate e con interpretazioni di tipo psicanalitico, ricevette il premio per l’arte incisoria614. Allo stesso modo, la presenza del pittore

Renato Guttuso, in risalto dalla Biennale di Venezia del 1948, non assicurò un significativo successo alla delegazione italiana, anch’essa eterogenea615.

Commemorando i suoi dieci anni e avendo come tema principale l’espressione grafica, questa Biennale decise di creare sale speciali per il Brasile, le quali ospitavano delle retrospettive di artisti brasiliani premiati nelle edizioni precedenti e curate da personalità importanti della scena artistica brasiliana: la sala di Lívio Abramo - curatore della mostra sull’arte barocca paraguaiana del periodo gesuita - venne curata da Lourival Gomes Machado; Ferreira Gullar presentava Oswaldo Goeldi, scomparso quell’anno; Marcello Grassmann veniva presentato da Roberto Teixeira Leite; Wolfgang Pfeiffer curava una mostra sui disegni di Carybé e, infine, Mario Schenberg si dedicò all’italiano ormai adottato da São Paolo, Alfredo Volpi616, oltre alle sale dedicate alle opere di Ademir Martins, Willys de Castro e Danilo Di Prete.

Degli artisti premiati appartenenti alla grandissima delegazione brasiliana – un totale di 243 – si mette in risalto nuovamente Iberé Camargo, che vedeva riconosciuto il suo figurativismo espressionista sui

generis, il quale avrebbe influenzato gli artisti che negli anni Ottanta avrebbero ripreso la pittura617.

Segnando una rottura con i canoni tradizionali dell'arte moderna, il Grande Premio Nazionale venne assegnato alla scultura neoconcretista Bichos di Lygia Clark – “costruzione con piani articolati nello spazio da dei cardini, che si armano e si combinano grazie all’azione dello spettatore”618 – opera che

consacrò l’inizio del neoconcretismo, un gruppo coeso di idee e procedure estetiche che, secondo Alambert e Canhete, avrebbe forse prodotto il raggruppamento più significativo dell’arte brasiliana della seconda metà del secolo619. Tra le grandi novità si segnala infine Omaggio al Documentario Brasiliano,

evento cinematografico della VI Biennale che, anche se poco ricordato, fu di fondamentale importanza per la cultura cinematografica brasiliana. Secondo il grande cineasta brasiliano Glauber Rocha “questo evento ebbe per il cinema brasiliano la stessa importanza della Settimana di Arte Moderna nel 1922 per

613 F. ALAMBERT e P. CANHÊTE, As Bienais... cit., pp. 85-86. 614 L. AMARANTE, As Bienais... cit., p. 114.

615 F. ALAMBERT e P. CANHÊTE, As Bienais... cit., p. 86. 616 A. FARIAS (a cura di), Bienal... cit., pp. 114-115. 617 F. ALAMBERT e P. CANHÊTE, As Bienais... cit., p. 88.

618 M. PEDROSA, A Bienal de... cit., cit. in A. FARIAS (a cura di), Bienal... cit., p. 115.

619 Alambert e Canhete raccontano che Lygia Clark “portava nell’arte brasiliana la questione della partecipazione attiva dell’ ‘ex’- osservatore, negando la ‘distanzia psichica’, rompendo il tabù del ‘non toccare’, del non interferire, insomma, della contemplazione passiva, essenziale per l’esistenza del soggetto contemplativo e statico richiesto dal soggettivismo informale del

tachisme. La sua arte apparteneva ‘all’arte ambientale’ sviluppata da Hélio Oiticica, e da allora fino ad oggi i due sarebbero

diventati gli artisti più influenti del Brasile nel dibattito sulle conseguenze dell’arte moderna, che certi preferiscono definire ‘post-moderna’”. F. ALAMBERT e P. CANHÊTE, As Bienais... cit., p. 88.

l’arte brasiliana” 620 , sancendo la realizzabilità del “Cinema Novo” (Cinema Nuovo), l’avanguardia

brasiliana più coerente in ambito cinematografico621.

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