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XV Biennale Internazionale di Arte di São Paulo –

Questa Biennale fu realizzata in un contesto di confronto sociale in Brasile, in un periodo di apertura politica lenta e graduale, segnando l’inizio di una nuova fase dell’evento. In questa edizione fu destituito il CAC, che nell’organizzazione precedente aveva avuto un ruolo fondamentale definendo i criteri di selezione degli artisti e dei gruppi tematici ed espositivi. Per la prima volta non vi furono premiazioni: esse furono abolite801 come era già avvenuto alle Biennali di Venezia e Parigi802. La realizzazione della

mostra fu affidata all’Associazione dei Critici d’Arte, che proposero un’edizione molto piatta e senza intenzioni provocatorie. Ricordata come la “Biennale delle Biennali”, invece di riuscire a promuovere un ricco dibattito sull’arte contemporanea e sui vari linguaggi che la componevano, essa si limitò molto, proponendo di ripercorrere con una retrospettiva i suoi ventotto anni. L’intento era quello di proporre le opere degli artisti che erano stati premiati nelle quattordici edizioni precedenti, ma dei 108 artisti stranieri e 58 artisti brasiliani premiati, solo 66 stranieri inviarono le loro opere, mentre tra i brasiliani giunsero invece le opere di 43 autori803. Amarante racconta che molti degli artisti brasiliani e stranieri preferivano

ancora mantenere le distanze, mentre altri non poterono inviare le loro opere perché facevano già parte delle collezioni dei musei o delle collezioni private o anche perché non esistevano più, come accadeva con le installazioni realizzate con materiali deperibili. Inoltre, l’autrice accentua il fatto che, senza premi e con le avanguardie già assimilate dal mercato, fu difficile riunire ciò che di migliore era stato presentato alle Biennali precedenti804. L'assenza di tanti grandi nomi contribuì a non convincere il pubblico e la

critica. La Biennale così ri-presentò poco più della metà degli artisti stranieri premiati, tra i quali gli americani Jasper Johns, Adolph Gottlieb e Ben Shahn; gli inglesi Henry Moore e Barbara Hepworth; gli italiani Alberto Burri, Alberto Magnelli, Arnaldo Pomodoro, Giorgio Morandi, Giuseppe Capogrossi e Michelangelo Pistoletto; i francesi Germaine Richier, Alfred Manessier, Edouard Pignon, Roger Castel, Henri Laurens, Fernand Léger, François Morellet e la franco-portoghese Maria Helena Viera da Silva; lo svizzero Herbert Distel, Alfred Hofkunst e Carl Bucher – mentre le attese opere di Max Bill non vennero inviate –; il tedesco Julius Bissier; la iugoslava Jagoda Buic; la polacca Magdalena Abakanowick; i messicani José Luiz Cuevas, Rufino Tamayo, Manoel Figueiras; il gruppo argentino Grupo dos Treze; i colombiani Eduardo Ramirez Villamizar, Omar Rayo, Carlos Rojas; il venezuelano Cruz-Diez e l’uruguaiano Francisco Matto. Tra i vari, il Brasile presentava Aldemir Martins, Arthur Luiz Piza, Ibere Camargo, Alfredo Volpi, Siron Franco e Arnaldo Pedroso d’Horta805. Anche se, secondo Amarante, la sala

dei premiati risultò smorta, alcuni critici come il francese Jacques Laissaigne videro in questa proposta un’opportunità di confronto tra le produzioni di “molti nomi che contribuirono alla riformulazione dell’arte contemporanea”. Con questa opinione è in disaccordo la critica brasiliana Sheila Leirner, che sostiene che non era possibile né un confronto cronologico, né una comparazione con i contemporanei

801 F. ALAMBERT e P. CANHÊTE, As Bienais... cit., pp. 155-156. 802 L. AMARANTE, As Bienais... cit., p. 262.

803 A. FARIAS (a cura di), Bienal... cit., p. 186. 804 L. AMARANTE, As Bienais... cit., pp. 265-274. 805 F. ALAMBERT e P. CANHÊTE, As Bienais... cit., p. 156.

presenti alla manifestazione806. Oltre agli omaggi resi per mezzo delle retrospettive, vennero invitati 135

artisti stranieri e 12 brasiliani. Questa edizione poté contare su una discreta, e inattesa, presentazione di Joseph Beuys il quale, secondo Amarante, avrebbe dato le sue opere alla mostra brasiliana solo perché credeva nel processo di democratizzazione del Paese. Beuys esibì solo tre disegni: Hobe, Breite e Tiefe i quali rivelarono un aspetto più intimista della sua produzione, anche se non avevano la stessa presa delle sue rinomate performance o dei suoi interventi urbani, strumenti che lo resero uno dei nomi più rilevanti del panorama artistico internazionale. La curatrice francese Marie-Odile Briot, direttrice del Museo d’Arte Moderna di Parigi, portò varie opere tra cui quelle innovatrici ed irriverenti delle performer Léa Lublin e Gina Pane. Secondo Amarante, l’insieme delle rappresentanze straniere non fu molto entusiasmante, dato che alcuni Paesi che ricominciarono a partecipare all’evento dopo anni di adesione al boicottaggio si limitarono ad inviare film, come fecero l’Angola, l’Algeria, la Bulgaria, la Cina, la Romania e l’Unione Sovietica, oppure opere su carta. L’arte incisoria riuscì ad avere uno spazio mai avuto prima di allora, dato che le opere erano facilmente trasportabili ed esigevano un’assicurazione di molto inferiore a quella delle altre categorie, come la scultura e la pittura. Risaltavano così le opere di cinque giovani incisori statunitensi: Susan Hamilton, Herb Jackson, Martin Levine, Minna Resnick e James Torlakson, curati da Gene Caro del Museo di Brooklyn, New York.

Secondo Amarante, oltre a non riuscire a completare quella retrospettiva che aveva promesso, l’aspetto contemporaneo della XV Biennale lasciò a desiderare e, ancora una volta, il suo assemblaggio fu fatto senza criteri ben definiti, perdendo l’opportunità di trasmettere ciò che si faceva in Brasile alla fine degli anni Settanta, dali primitivismo fino alla videoarte. Non furono presentate le proposte delle ultime avanguardie, le opere esposte erano in maggioranza bidimensionali e non richiedevano la partecipazione del pubblico. Sprovvista di un curatore, la rappresentanza del Brasile non fu soddisfacente, portando così la critica a sottolineare la mancanza di coesione nella scelta dei dodici artisti selezionati: Amílcar de Castro, Arlindo Daibert, Ascánio MMM, Berenice Rodrigues, Haroldo Barroso, Glauco Pinto de Moraes, Ivald Granato, José Camara Filho, José Tarcisio Ramos, Luiz Gregorio Correa, Roberto Magalhães, Rubens Gerchman807. Di questo gruppo, Amílcar de Castro – uno dei primi scultori non figurativi del

Brasile, legato al movimento neoconcretista degli anni Cinquanta – cercò in questa mostra di fare una sintesi delle sue esperienze con vari strumenti, con degli studi sulla forma e sulla geometria808,

emergendo con la scultura minimalista in acciaio Il Passo. Oltre a Castro, Rubens Gerchman – artista che divideva la sua produzione tra politica e cronaca urbana, da dieci anni non presente alla Biennale809 –, si

fece notare per la sua opera Nello studio con luce e la mia ombra810. Rilevante anche l’iperrealismo di

Luiz Gregório e la videoarte di Gina Pane, artista che in seguito sarebbe stata associata alla disgusting

806 L. AMARANTE, As Bienais... cit., p. 267. 807 Ivi, pp. 262-267.

808 Ivi, p. 267. 809 Ibidem.

art811. Il disegnatore e incisore autodidatta carioca Roberto Magalhães, premiato alla Biennale di Parigi e

operativo negli anni Sessanta, si distinse con il suo curioso oggetto Microscopio per vedere il Generale. Lo scultore portoghese radicato a Rio de Janeiro, Ascánio MMM (Maria Martins Monteiro) montò un’immensa scultura legata alla minimal art. Gluaco Pinto de Moraes presentò, per la prima volta alla Biennale, parte della sua famosa serie Locomotive, immagini miste di erotismo e sensualità che contrastavano con il rigore duro e freddo delle macchine. L’eclettico artista Ivald Granato presentò i suoi quadri colorati con tratti rapidi e vigorosi su tele di grandi dimensioni. Anche il giovane pittore Gregório Correa attirò l’attenzione con le sue tele che mostravano scene quotidiane di São Paulo, realizzate grazie a delle fotografie del centro della città812. Infine, con la commemorazione dei 25 anni del Parco

Ibirapuera, affiorò l’omaggio inedito al creatore del padiglione della Biennale: l’architetto carioca Oscar Niemeyer, con una sala speciale in cui veniva rappresentato il meglio della sua produzione con plastici, progetti, mobili e proiezioni. In questa edizione, senza il suo fondatore, la Biennale chiudeva un periodo di crisi. Gli anni Ottanta avrebbero portato una nuova generazione di pittori e nuovi atteggiamenti estetici, oltre ad una nuova figura di potere nel circuito artistico: il curatore813.

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