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Centro Camuno di Studi Preistorici Capo di Ponte, Italia

Emergenza paesaggio fra rinselvaticamento e consumo del territorio

Annibale Salsa

Il paesaggio è una costruzione sociale e culturale. Quindi ogni paesaggio rappresenta la cultura e la società che lo ha modellato e vissuto. Il paesaggio delle Alpi, pur con alcune differenze territoriali ha molti elementi di somiglianza dovute a popoli che hanno vissuto fasi economiche e sociali molto simili tra di loro. Sbagliato sarebbe paragonare il paesaggio alpino con altri paesaggi. Quando parliamo di wildness ci riferiamo ad un paesaggio ben definito che è quello americano che è un paesaggio esclusivamente naturale senza cultura a differenza di quello alpino che ha una storia importante. Mantenere l’identità di un popolo è una forma di tutela attiva anche per il paesaggio. La vera sfida per combattere sia l’inselvatichimento, che negli ultimi 10 anni è aumentato del 20%, che l’eccesso di consumo del territorio è saper “governare il territorio”. La presenza nelle vallate e nei territori alpini in genere di “città di montagna” ovvero di nuclei abitati forti ed aggregatori, ovvero ancora, di “capoluoghi di valle” è, in base ad evidenti osservazioni, un fattore positivo per la vita della vallata stessa e in genere del territorio di riferimento.

Il paesaggio della montagna: come conservarne il valore strategico per lo sviluppo

Luigi Zanzi

Una delle risorse di grande rilievo della montagna è certamente il paesaggio: tuttavia, a mio parere, ricorre comunemente un fraintendimento grave su che cosa debba intendersi col termine “paesaggio”. Per lo più si ritiene che il paesaggio abbia una valenza esclusivamente culturale (più in particolare estetica). Io, per parte mia, ritengo invece che il concetto di “paesaggio” abbia una radice culturale che prescinde dalla capacità di sguardo o di configurazione propria dell’uomo. Ritengo fondamentale una concezione oggettiva e non soggettiva del paesaggio. Intendo, con ciò, considerare in un luogo l’emergenza in esso di una forma che metta in tensione e in legame tra loro molteplici fattori vitali che intervengono e si intrecciano nella vita di tale luogo.

Nella storia del luogo (ogni luogo di natura va inteso come un esito di sviluppo fattuale di varie vicende morfologiche, e non già come un assetto immutabile di terreno) viene man mano ad emergere, con varietà da luogo a luogo, un nesso di “eco-storia” che concorre a definire la morfologia del luogo stesso. Com’è venuto emergendo sempre di più nella teoria della cd. landscape ecology, vi sono tratti costitutivi

di legame formale di un luogo che ne definiscono in chiave ecologica non solo l’ampiezza, ma anche

le modalità di sviluppo con riguardo primariamente alle differenti forme di vita (principalmente, ma non solo, animale e vegetale) che s’impongono come dominanti nel luogo stesso. Di tali “eco-paesaggi” la montagna è ricchissima: di qui proviene la risorsa di bio-diversità propria della montagna. Per ragioni connesse con la sua costituzione geo-morfologica, la montagna costituisce così uno scrigno di differenti paesaggi che, nel loro isolamento progressivo dal mondo della pianura (man mano che ci s’innalza di altitudine) riescono a mantenersi intatti. Tale risorsa paesaggistica è fondamentale per lo sviluppo della montagna intesa come sede di valori ambientali di grande rilievo. Il paesaggio così inteso in chiave “eco-storica”, ovviamente non sempre coincide con il paesaggio inteso come valore culturale (principalmente estetico) proprio dell’uomo. In questa sua valenza soggettiva, relativa all’intervento dell’uomo nella varietà delle sue modalità, il paesaggio della montagna può costituire senz’altro una risorsa ma comporta anche gravi ambiguità nella misura in cui tale valenza viene strutturata a fini di godimento. Il rischio è che la struttura della fruizione del paesaggio così inteso venga a prevalere sull’integrità del paesaggio stesso. È certamente, questa, una delle radici dei più gravi guai che il valore paesaggistico ha provocato in alcuni luoghi di montagna. Lo sfruttamento della montagna da parte del mondo urbanocentrico ha comportato anche questa grave sciagura del guasto del paesaggio montano proprio attraverso interventi che miravano a fruire del valore soggettivo del paesaggio, senza porre alcuna attenzione alla tutela dei suoi valori oggettivi.

Tralascio di considerare tali aspetti problematici e mi limito a concludere col richiamo di un paradigma “eco-storico” che io ritengo di grande rilievo per un’appropriata interazione di sviluppo con il paesaggio montano inteso in tutte le sue valenze oggettive (cioè come “eco-paesaggio”). Torna di grande rilievo nella storia della montagna l’avvento della civiltà rurale: in passato gli uomini sono stati capaci di inventare una ruralità attenta ad interagire con l’“eco-paesaggio” in maniera tale da far sì che l’agricoltura stessa divenisse una cura attenta di tali valenze “eco-paesaggistiche”. Credo che, ancora oggi, il rilancio di appropriate iniziative di una nuova ruralità montana torni di grandissima importanza sia per difendere il paesaggio dai gravissimi rischi dell’inselvaticamento, sia per difenderlo radicalmente dallo sfruttamento dissennato del mondo urbano.

I paesaggi della guerra in Lombardia: le strade storiche della Grande Guerra, la loro storia e la necessità di tutela

John Ceruti

Il relatore illustra alcuni esempi di recupero e valorizzazione dei molti reperti presenti lungo l’arco alpino della guerra del 15-18. Tra questi vengono citati le trincee del Montozzo e i cannoni Skoda. La presenza sull’arco alpino di questi segni è imponente: duecento chilometri di trincee. E poi forti e postazioni di artiglieria disseminati sull’arco alpino lombardo, da Colico all’Adamello. Sono i teatri di battaglia dove si è scritta la storia. Quella della Grande Guerra, un «patrimonio diffuso»: mulattiere, camminamenti, passerelle, ponti e siti bellici, spesso recuperati e visitabili grazie all’impegno di volontari. Viabilità e architettura militare che si snodano lungo i 170 chilometri di quello che fu il fronte in alta quota (oltre i 2 mila metri d’altezza), dal Passo dello Stelvio al lago di Garda, una linea di fuoco lungo la quale si scontrarono soldati italiani e austriaci dal 1915 al 1918. Ceruti chiede che vadano recuperati solo luoghi bellici che siano raggiungibili e visitabili. Concentrarsi sulla salvaguardia delle eccellenze: non ha senso ricostruire una piccola trincea se poi non si riesce a farne la manutenzione. Questa è una grande risorsa per il futuro di queste vallate alpine già ora battute da numerosi visitatori che potenzialmente potranno diventare molti di più con un intelligente recupero e valorizzazione.

Modernità montana. L’architettura delle centrali idroelettriche

Giorgio Azzoni

La ’trasformazione energetica del paesaggio’ che investì le Alpi con l’aprirsi del Novecento è una vicenda emblematica della mobilitazione tecnico- produttiva che interessò le alte quote, determinando trasformazioni epocali. La montagna, divenuta decisiva all’interno della nuova geografia delle risorse, si trovò interessata da nuove concezioni estetiche oscillanti tra l’atteggiamento funzionalista espresso dagli impianti idroelettrici e l’esigenza di trasfigurare, attraverso il decoro delle centrali, lo sfruttamento dei sistemi idrici naturali. Oggi, attraverso la lettura critica degli interventi edilizi, è possibile ricostruire il senso di un patrimonio culturale leggibile come modernità montana, emblema del progresso tecnologico e del valore simbolico attribuito all’architettura.

La moda nelle valli alpine negli affreschi del 1500 l’arte di ricreare vestiario

Miretta Tovini

La professoressa Tovini presenta al Forum alcuni abiti nati dalla sua ricerca all’Accademia di Brera e frutto di tesi di laurea di sue allieve. Gli abiti sono presi dopo accurate ricerche sia nelle tecniche sartoriali che nel tipo di tessuti, da dipinti del XV secolo presenti in alcune chiese della valle Camonica. Molti hanno potuto, durante i giorni del Forum, ammirare i vestiti maschili e femminili oltre che toccare tipi di campioni tessili, manufatti e modalità di lavorazione accompagnati dalle importanti spiegazioni della professoressa. Il progetto oltre che al recupero delle tecnologie relative ai lavori femminili nelle vallate alpine e delle risorse dei materiali (lana, canapa, seta e piante tintorie) in un felice incontro tra artigianato e arte, si pone anche come ricerca per interessanti sviluppi nella occupazione giovanile ove si parte dalla conoscenza di antichi saperi per proiettare il tutto verso la valorizzazione delle potenzialità e delle opportunità dell’economia di montagna.

Workshop 1-5

Alimentare le Alpi: il patrimonio immateriale, un

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