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ALPES società cooperativa Trento, Italia

“Tradizione è continuo e vivente fluire di nuove forme in dipendenza del divenire irripetibile di un rapporto tra causa ed effetto, è fiume armonioso e differente in ogni ansa e non acqua stagnante o ritorno”. (Carlo Mollino)

“L’architettura moderna non aspetta il tempo, lo sfida, chi vincerà?” (Gio Ponti)

L’intento del lavoro presentato al Forum Alpinum di Boario, ed anche più in generale l’impegno di Alpes, riguarda sostanzialmente una precisa filosofia riguardante le Alpi per come sono e non già per come vorremmo che fossero.

La premessa è necessaria e indica molto chiaramente la strada che abbiamo intrapreso quando abbiamo fondato la cooperativa Alpes nel 2012, indicando da subito il pay-off coincidente con un preciso concept di fondo: identità, promozione e sviluppo, tre termini che indicano la nostra volontà di rielaborare i temi ed i valori delle comunità alpine con cui collaboriamo, partendo proprio dall’accettazione delle caratteristiche dei luoghi in cui vivono, sottolineando i caratteri principali a fronte di un consolidamento delle matrici identitarie.

Rivalutazione e non riscoperta, questa la linea da seguire per sottolineare il valore culturale delle popolazioni alpine e del loro paesaggio.

Percorrendo un qualsiasi sentiero di montagna ed imbattendosi in una dimora abbandonata, in una solitaria centralina elettrica apparentemente non funzionante, in una vasca di pietra che fu un tempo una fontana o fermandosi a guardare il paesaggio seduti su un tronco intagliato apposta per far posto all’escursionista, si tende a fondere e a confondere in una sola sintesi le due entità presenti in quel momento, l’uomo, inteso come soggetto di passaggio e la natura che lo circonda o, miglior definizione, il paesaggio in cui è immerso.

In realtà il paesaggio alpino e non solo questo è il luogo in cui viviamo la nostra vita di abitanti, viverlo e vederlo è già modificarlo: averne cura ha a che vedere con aver attenzione verso il nostro spazio di vita. E proprio per questo il paesaggio non è un “bel panorama” né un semplice diorama che funge da fondale alle nostre giornate in montagna ma, piuttosto, è la somma delle nostre esperienze di abitanti e di fruitori dell’esperienza. A uomini diversi corrispondono paesaggi differenti, gli abitanti residenti delle vallate montane lo vivono in altro modo rispetto a come lo può osservare, studiare e comprendere un abitante della pianura. Un contadino o un maestro di sci lo percepiscono con modalità dissimili da quelle di un architetto che opera nelle vallate: ma tutti lo riconoscono come una replica del loro vissuto. Tale osservazione mira a precisare l’importanza del paesaggio con tutti i

caratteri che contiene: identitari, sociali, storici e soprattutto naturali. Il vissuto degli abitanti di un luogo e quindi di un paesaggio costituisce l’essenza della tradizione che è materia in divenire, un rio che scorre e non uno specchio di acqua stagnante, come ricordato dall’architetto Mollino. Lo stesso modo di vivere e di percepire la montagna di un abitante della pianura è opposto a quella del residente che la vive ogni giorno. La percezione delle Alpi da parte di chi non ci vive pesa sull’immagine che viene prodotta correntemente, ancora legata alla semplicistica bellezza dei monti e delle valli contrapposta allo squallore delle periferie urbane ed alle ciminiere delle fabbriche (oggi scomparse!).

Tutto ciò rivela eloquentemente quanto la tradizione, intesa come sfogo culturale e non come visione proiettabile nel quotidiano, pesi sulla nostra comprensione della montagna. Ma, attenzione, la tradizione non è un linguaggio. Solitamente si crede che sia difficile se non impossibile trovare un’affinità tra la montagna e il futuro; per molti la montagna rappresenta ancora il passato, la memoria, il rifugio inteso come angolo di paradiso dove il tempo si è fermato e lo spazio è rimasto immutato. La montagna viene vissuta più come un’immagine che come luogo. Un fotogramma mentale che ancora viene replicato come unica entità memorizzabile, immutata, immutabile e non modificabile.

La montagna che conosciamo, ricordiamo e frequentiamo non è più quella di un tempo e quindi non è più descrivibile con una banale boule de neige che presenta/rappresenta una riproduzione

mentale delle Alpi non più attuale. Nonostante i numerosi tentativi immobiliari di “chalettizzare” le vallate alpine, reiterando case e casette-giocattolo immerse in panorami (non in paesaggi…) sempre più finti, innevati ed eterei dove nel bel mezzo del

nulla campeggiano miniature di dimore in legno uguali a quelle che si trovano nelle palle di neve, la sostanza della montagna ha incontrato il futuro e la “rete” è arrivata sulle Alpi prima che in altri luoghi. Impossibile non tenerne conto.

Per questo per costruire il futuro si deve lavorare sul passato e quindi sul consolidamento della tradizione, di tutte le tradizioni che però devono essere superate con nuovi spunti di miglioramento. “Tradizione irripetibile, modernità possibile” perché, come richiama la presentazione del nostro intervento, attraverso la rilettura del passato e la proposizione di azioni ed iniziative collettive sul territorio, è possibile realizzare concretamente un diverso approccio alle risorse territoriali, aprire nuove proposte culturali e riscoprire ricchezze dimenticate a beneficio sia dei frequentatori che degli abitanti. In modo particolare ci premeva dimostrare concretamente che è possibile realizzare eventi che portino ad un circolo virtuoso e non vizioso sul modo di vedere ed intrepretare le risorse territoriali alpine e quindi rivalutarle. Un circolo virtuoso che vede la tradizione e l’identità alpina uscire dall’enclave che in modo più o meno volontario si è creata nel corso del tempo, traendo ossigeno e nuova vita dallo scambio creativo con la pianura e la città, le cui storie e vicende sono in ogni caso inevitabilmente legate dalla nascita della villeggiatura alpina in poi.

Il fruitore della cultura alpina, anzi l’abitante delle Alpi, sarà tale quindi non per nascita ma per vocazione, per consapevolezza, conoscenza e confronto con altre culture, che potrà reinterpretare sul proprio territorio (che vive o che visita), per arrivare ad una sempre maggior padronanza di sé e dei suoi luoghi. Dal passato al presente, dalla pianura alle Alpi, senza aver timore di valorizzare tutte le differenze, anche le bellezze meno evidenti e più difficili, perché vengono considerate comunque parte

abitato, paesaggio, spazio inteso come luogo di vita, area naturale o costruita, tutti termini che riportano all’importanza dell’habitat che costruisce ogni giorno la sua storia in un alternarsi di accadimenti quotidiani, di comportamenti e di azioni sociali che vanno a formare un paesaggio culturale in tutti i sensi.

Questo è il luogo del nostro lavoro. Partendo da questi fondamentali delle comunità locali, Alpes ha elaborato alcune iniziative culturali in diversi luoghi delle Alpi, portando al Forum le esperienze più significative, le proprie “bellezze difficili”, per comprovare come, al di là di ogni linea di pensiero e di ideologia, sia concretamente possibile far partire e mantenere quel circolo virtuoso sul territorio e con quali ricadute, introducendo la definizione di “redditività della memoria” ovvero la capacità di far tesoro delle proprie testimonianze del passato, intendendo la cultura come capacità di creare valori anche economici. Alpes quindi progetta le iniziative estrapolando e sottolineando le realtà culturali di un luogo.

Tra i progetti presentati quelli che hanno suscitato maggiore interesse sono, senza dubbio, quanto realizzato a Cervinia e in Val Martello. Nello scorso agosto abbiamo realizzato a Cervinia la seconda edizione del format “Paesaggi straordinari” in occasione del sessantesimo anno di costruzione della sua architettura moderna più nota, la Casa del Sole dell’architetto torinese Carlo Mollino; l’iniziativa era inquadrata nel recupero dell’identità dell’architettura moderna realizzata nell’arco alpino e a Cervinia in particolare, da qui il nome dato all’intera iniziativa, “Mollino, Architettura & more” scelto insieme all’amministrazione comunale e al consorzio turistico locale.

integrante di quel luogo e della sua storia, testimoni di uno scorrere del tempo e di vicende che hanno generato il paesaggio e il momento contemporaneo ed attuale. Come nella citazione di Carlo Mollino più volte richiamata: “un rapporto di causa ed effetto, un fiume che fluisce armonioso e non acqua stagnante”.

Questa è la filosofia generale che attraversa il nostro lavoro sul territorio e tutte le iniziative correlate. Arriviamo ai nostri progetti ed iniziative cultuali, pianificate e realizzate insieme alle comunità con cui operiamo, alcune delle quali oggetto del nostro workshop. La stessa forma giuridica scelta per Alpes, la forma cooperativa, è la dimostrazione di quanto tutti noi crediamo nella multidisciplinarietà delle proposte.

Abbiamo creato una rete di soci, collaboratori e professionisti che ci forniscono diversificate riletture dello stesso paesaggio e questo permette di muoverci in diverse direzioni, sperimentando quello scambio creativo sopra richiamato. Naturalmente le riletture si riferiscono alla più ampia condivisione, realizzando proposte di elevata qualità culturale ma al di fuori dei consueti schemi, privilegiando un linguaggio semplice ed immediato e pertanto estremamente accessibile e riconoscibile. Alla base di tutto ciò, sussiste sempre e comunque un grande lavoro, quasi una passione irrefrenabile, nella ricerca dei luoghi, delle persone, della storia e delle risorse. E qui torniamo all’importanza del luogo ed alle sue tante accezioni naturali e sociali: territorio, suolo

L’importanza dell’architettura nella società, spesso sottovaluta, seppur “arte di vivere nei luoghi” ci ha portato all’estremo opposto dell’arco alpino, la Val Martello, teatro dove giace solitario ed abbandonato l’albergo Sporthotel progettato dal grande architetto Gio Ponti, che è stato oggetto di una iniziativa legata al potenziale recupero a fini culturali di questa importante struttura turistica, svoltasi nel luglio 2013. In entrambi i casi ci siamo trovati immersi in un territorio in cui l’indiscussa bellezza del paesaggio naturale, con il Cervino nel primo luogo e il Cevedale nel secondo, conviveva apparentemente senza dialogo, con le apparentemente discusse (o discutibili) architetture moderne del Breuil e la rovina dello Sporthotel realizzato dal grande architetto milanese.

A conclusione del nostro intervento, ci premeva dare prova di come sia possibile, percorrere concretamente una “nuova azione” nell’approccio e nella divulgazione della cultura ed identità alpine, che unisca, con moderazione e cognizione di causa ed a beneficio sia degli abitanti che dei frequentatori, entrambe le spinte sia quella “modernista” che però spesso vede le Alpi solo come un immenso parco giochi, sia quella “tradizionalista”, anch’essa spesso volta ad un esclusivo beneficio turistico, diretta a vedere l’ambiente alpino solo come la ripetuta proposta di riti e costumi del passato non priva di evidenti forzature per favorire pro loco e aziende di soggiorno. Il futuro, ne siamo convinti, sarà invece fatto di apertura e scambio tra diverse forme di cultura e di visioni, un fiume armonioso e differente.

Sessione 3

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