Il tema dell’accesso alle risorse naturali è diventato di crescente attualità nel mondo contemporaneo. La discussione riguarda l’aspetto delle risorse naturali come fonti di energia, nonché come fonti di sostentamento e produttive. Questo è un argomento che riguarda, da un lato, la crescente attenzione rivolta alle forme di sfruttamento ecologicamente sostenibili. Dall’altro, riguarda anche le dimensioni socio-etico- politiche della gestione e della governance. Questi temi sono dibattuti anche dagli storici, i quali cercano di rispondere alle domande odierne esaminando il rapporto tra uomo e ambiente nel passato.
Per vari motivi, le Alpi sono un osservatorio e, per così dire, un laboratorio ideale per affrontare queste tematiche. Le risorse naturali sono state sempre il cuore della vita e dell’economia alpina, forse più qui che in altri ambienti dalle risorse meno limitate. In tutta la sua storia, l’ambiente alpino ha posto l’uomo e le sue attività dinnanzi a specifici problemi e sfide, plasmando un rapporto particolare tra loro. Particolari forme di governance delle risorse, soprattutto le forme collettive di gestione e sfruttamento delle risorse naturali, caratterizzano da sempre gli ambienti alpini. Sempre a differenza di altri ambienti, gran parte dei terreni alpini sono utilizzati collettivamente. Queste forme d’uso solitamente sono, e sono state, abbinate alla presenza, relativamente importante, di enti pubblici che hanno il compito di proteggere e tutelare le risorse naturali. In alcuni casi, questi enti
hanno anche avuto il compito (o hanno cercato) di conservare il monopolio di determinate risorse. Tra le risorse naturali di particolare importanza nell’area alpina si ricordano le foreste, i pascoli, l’acqua e i minerali metalliferi.
La foresta è una delle risorse naturali più importanti
dell’area alpina. Le foreste sono fonti di energia e di materie prime, di terra potenzialmente coltivabile, se disboscata, e un luogo adatto per cacciare e raccogliere risorse supplementari. Lo stato giuridico delle foreste nell’area alpina è passato dalla proprietà collettiva alla proprietà statale; di norma le foreste sono soggette ai diritti d’uso di svariati enti. Soprattutto nell’era preindustriale, le foreste attiravano numerosi interessi diversi che spesso sfociavano in conflitti tra le comunità rurali e le autorità statali, i signori feudali, le città vicine, i mercanti e/o imprenditori. Benché le foreste fossero, infatti, di frequente soggette a misure adottate dalle autorità pubbliche per la loro conservazione (normative forestali ecc.) erano costantemente sfruttate da una varietà di attori. I pascoli erano collegati a un’altra attività
fondamentale per l’economia alpina nell’era preindustriale, l’allevamento del bestiame bovino. Esso spesso comportava un complesso sistema di sfruttamento delle praterie, dei prati e degli alpeggi che continua a plasmare il paesaggio alpino fino ad oggi. Il pascolo rappresenta una delle principali
risorse alpine, in parte come fenomeno naturale e in parte come prodotto dell’attività umana, la cui importanza risale al passato remoto. Il pascolamento avveniva anche nelle foreste. I pascoli in generale costituivano buona parte dei terreni comunitari ed erano amministrati dalle comunità rurali. Così come le foreste, i pascoli erano soggetti a controversie che duravano anche decenni, soprattutto tra comunità rurali limitrofe.
L’acqua nell’economia alpina preindustriale era una
fonte di energia oltre che un fondamentale mezzo di produzione e di trasporto. Ciò era particolarmente vero per le industrie, in cui rappresentava un fattore di localizzazione. Inoltre, i laghi e i fiumi ospitano numerose specie vegetali e animali adatte al consumo umano. L’utilizzo di questi corpi idrici non riguarda soltanto gli utenti a monte, ma anche gli utenti delle pianure a valle e delle pianure in generale (inondazioni). L’accesso alle risorse idriche è stato disciplinato da diverse normative, a seconda della tipologia di sfruttamento.
Le risorse minerarie sono un esempio in qualche
modo particolare di risorse naturali del mondo alpino. Ancor più di altre risorse, i minerali sono distribuiti eterogeneamente su tutto il territorio alpino e la loro gestione e il loro sfruttamento rispondono più spesso a interessi privati che a quelli delle comunità locali. Tuttavia, lo sfruttamento delle risorse minerarie influisce anche su altre risorse naturali (foreste, acqua).
L’industrializzazione, la modernizzazione agricola e
la “rivoluzione” demografica hanno avuto un forte impatto sul sistema economico alpino e sull’equilibrio tra gli altipiani e le pianure. Molte aree alpine hanno subito un forte spopolamento a partire dal XIX secolo, quando la gente emigrava verso i centri industriali alla ricerca di nuove opportunità di lavoro. Mentre i tradizionali mestieri alpini diventavano meno perseguibili, le risorse naturali acquisirono nuovi significati e metodi di sfruttamento, come la produzione dell’energia elettrica dall’acqua, e lo sviluppo del turismo montano. Tuttavia, questi mutamenti non hanno avuto gli stessi esiti in tutta la regione alpina: mentre alcune aree hanno prosperato come mete turistiche o perfino centri industriali, ad esempio, altre non sono state in grado di adattarsi alla nuova realtà economica e continuano a spopolarsi ed ad essere abbandonate.
Gli storici affrontano tutti gli aspetti, i processi e le questioni sopra ricordate e anche altri. Una
delle più interessanti e specifiche questioni che gli storici possono aiutare a risolvere è quella della
sostenibilità storica e ambientale (nonché sociale)
dello sfruttamento delle risorse naturali nelle Alpi. È
particolarmente interessante studiare la sostenibilità dal punto di vista delle comunità e degli abitanti locali in passato perché tali analisi approfondite sono direttamente correlate alle attuali problematiche riguardanti l’accessibilità delle risorse naturali e le forme di sfruttamento sostenibile. In realtà essa affronta anche la questione della sostenibilità delle forme passate (“tradizionali”) di gestione. Se la risposta è negativa, perché? Le pratiche e le conoscenze tradizionali aiutano a conservare una risorsa, oppure non riescono ad impedirne l’impoverimento?
Ritengo che le risposte a queste domande debbano essere ricercate iniziando col comprendere che le comunità rurali alpine non sono mai state oasi isolate che vivevano in modo autosufficiente, in un rapporto idilliaco con il loro ambiente. In tutta la loro storia, hanno intessuto solide relazioni funzionali con le comunità della pianura, inoltre le loro economie erano ben lontane dall’essere fondate esclusivamente sull’agricoltura e sull’allevamento. Il sistema economico alpino è stato definito un’economia integrata perché le comunità montane e i montanari
integravano varie fonti di reddito (dai settori primario, secondario e terziario) per guadagnarsi da vivere. Inoltre ritengo che maggiore fosse la diversificazione delle fonti di reddito, meno insostenibili fossero le pressioni sulle risorse naturali. Benché l’“economia contadina integrata” si sia trovata ad affrontare formidabili sfide nel corso dell’industrializzazione e della modernizzazione, essa può ancora essere fondamentale per capire (e conseguire) uno sviluppo positivo nella regione alpina contemporanea.