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Università degli Studi di Milano, Italia

ovvero le opportunità di carriera e d’impiego dei nostri diplomati. La ricerca su questo tema ha consentito di migliorare l’organizzazione dei corsi al fine di adattarli meglio alle esigenze delle comunità montane. Sul totale di 247 diplomati, il 76% ha attualmente un impiego (di questi, il 64% lavora in montagna), il 13% sta frequentando un master e il restante 11% comprende i diplomati che sono senza un impiego (4%) e quelli che non hanno risposto. I settori di lavoro riflettono il profilo d’impiego nelle aree montane, con numerose opportunità nel settore primario. C’è spazio in particolare per le attività agricole imprenditoriali finalizzate a una produzione multifunzionale di qualità. Altre professioni combinano tradizione e innovazione e riguardano la gestione di rifugi, consulenze, l’educazione ambientale e il lavoro tecnico relativo alla gestione del territorio.

Purtroppo il desiderio dei giovani di lavorare in montagna è spesso frustrato da ostacoli strutturali, burocratici e fiscali che inibiscono la formazione di nuove imprese. È pertanto fondamentale che le istituzioni realizzino politiche agricole e di sviluppo rurale serie per affrontare i vari aspetti connessi con la creazione di nuove imprese: aiuti ai giovani agricoltori, misure di formazione e assistenza tecnica, agevolazioni per gli investimenti, promozione e commercializzazione dei prodotti, agevolazioni per l’acquisizione di terreni, azioni volte a facilitare l’incontro tra domanda e offerta di terreni e beni fondiari. L’attivazione di simili misure potrebbe colmare un vuoto nella politica agricola e favorire la costituzione di nuove imprese, favorendo così il ricambio generazionale e facendo in modo che un numero crescente di giovani qualificati possa considerare il contesto agro-ambientale montano come un luogo in cui possono esprimersi professionalmente. Soltanto disponendo di capitali fondiari accessibili nel medio e lungo periodo sarà possibile pianificare gli investimenti e le attività di rischio caratteristiche dell’agricoltura montana. investire in formazione e tecnologie. Il bisogno di

esperti qualificati si scontra spesso con una realtà caratterizzata dalla progressiva estinzione di servizi e opportunità che scoraggia le persone, e soprattutto i giovani, dal rimanere in montagna e li spinge a cercare condizioni più favorevoli altrove.

È incoraggiante osservare che negli ultimi anni c’è stato un aumento di interesse verso le aree montane. Sempre più giovani intraprendono percorsi formativi e professionali che sono indice di una forte propensione a restare in montagna o addirittura a trasferirsi nelle comunità montane. Tra le iniziative che incoraggiano questa tendenza si annovera senz’altro il progetto del Centro Universitario di Edolo. Inaugurato nell’anno accademico 1996-97 in collaborazione con l’Università di Milano, il Centro Universitario di Edolo è un campus universitario dedicato alle montagne. Il Centro propone un corso di laurea in “Valorizzazione e tutela dell’ambiente e del territorio montano” e costituisce un esempio positivo di formazione universitaria decentrata che è unico nel suo genere in Italia. La “Università della Montagna” è diventata un’istituzione conosciuta e frequentata (attualmente conta 215 studenti iscritti) che affianca alla formazione teorica l’esperienza lavorativa pratica, giornate di studio e seminari che trattano espressamente il tema dello sviluppo e della gestione dei territori montani. Nel 2006, il Centro Universitario di Edolo si è ingrandito grazie alla costituzione del “Centro di Studi Applicati per la Gestione sostenibile e la Difesa della Montagna GeSDiMont” che si prefigge di promuovere, coordinare e sviluppare la ricerca scientifica e applicata in ambito agro-forestale e ambientale.

Il quadro che emerge dall’analisi dei dati relativi al luogo di origine degli studenti conferma l’opportunità di questa esperienza che attira ormai giovani da un ampio bacino. Nell’anno accademico 2007/2008, il 59% degli studenti proveniva dalla provincia di Brescia in cui è sito anche il comune di Edolo. In questo anno accademico, gli studenti di Brescia sono solo un terzo; il 53% degli iscritti proviene da altre province della Lombardia e il restante 13% da fuori regione. Questi dati dimostrano che un numero significativo di giovani considera la montagna un ambiente in cui è possibile costruirsi una carriera professionale. Questa tendenza dovrebbe essere riconosciuta e valorizzata nella discussione sullo sviluppo sostenibile della montagna.

Durante il monitoraggio della situazione di Edolo è stato preso in esame un aspetto fondamentale,

Il tema del futuro (o dei futuri) viene trattato nelle discussioni sulla ricerca e sull’amministrazione delle risorse alpine, ma di rado tali discussioni sono incentrate su finestre temporali o scenari espliciti, e ancor più di rado sulla preparazione a futuri auspicabili (o indesiderati ma possibili). Abbiamo proposto di individuare in collaborazione priorità e problematiche emergenti riguardanti il futuro delle risorse alpine tramite un workshop (Esercizio di Previsione) che coinvolga i partecipanti in una discussione aperta strutturata, ispirata alla metodologia World Cafè. Il risultato atteso è stata una definizione condivisa di 30 domande che, se avessero risposta, avrebbero un grandissimo impatto sulla futura resilienza dei sistemi socio-ecologici alpini. Le domande sono state definite immaginando le possibili conseguenze di due scenari demografici e climatici plausibili, ma contrapposti. Ai partecipanti è stato presentato un quadro teorico generale di previsione considerato utile per tali esercizi. Lo scopo di tali scenari non era tanto quello di verificarne la probabilità, quanto di aiutare i partecipanti a immaginare molteplici futuri possibili, non solo gli scenari più convenzionali o consueti. Due brevi interventi riguardo a due diverse iniziative dell’UNESCO hanno fornito ulteriori spunti di riflessione e discussione. Il workshop ha lavorato sotto il patrocinio della “Cattedra UNESCO sui Sistemi Anticipanti” e di “Dolomiti Patrimonio Mondiale UNESCO”.

Introduzione

Durante il suo intervento, Alessandro Gretter ha richiamato l’attenzione sulle due dimensioni rilevanti per le Alpi e le loro risorse: lo spazio e il tempo. Le Alpi si trovano di fronte a sfide di dimensioni comprese tra quelle delle comunità locali e quelle del mercato mondiale. Analogamente, le sfide trascendono i confini temporali, dalle eredità del passato, alle esigenze del presente, alle visioni del futuro. L’amministrazione delle risorse e dei processi naturali è fortemente influenzata dalle azioni passate, oltre che dalle aspettative future. Queste problematiche devono essere individuate e studiate perché sono importanti per stimolare eventuali (re)azioni.

Beatrice Marelli ha presentato succintamente l’evoluzione della teoria sociale nel corso degli ultimi decenni perché riguarda l’emancipazione delle comunità locali alpine. Dalla “Tragedia dei beni comuni” di Hardin (1968) e dall’invito all’azione collettiva di Olson (1971) al concetto dei beni comuni di Ostrom (1990), alla riscoperta del design istituzionale di North (1990), i ricercatori dell’ultimo cinquantennio hanno formulato un nuovo quadro interpretativo della complessità che circonda le comunità locali. Infatti, le definizioni di capitale sociale di Ostrom (2014) e il concetto di sistemi socio-ecologici di Folke (Folke et al, 2005) sono particolarmente pertinenti.

Workshop 4-1

Le 30 domande più importanti riguardanti il futuro

delle risorse alpine

Alessandro Gretter, Leopold-Franzes Universität Innsbruck,

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