Da sempre, l’ambiente alpino rappresenta il luogo di un confronto complesso e delicato tra l’uomo e la natura con le sue “costrizioni” climatiche, morfologiche e altimetriche. Esso però ha anche fornito all’uomo numerose opportunità connesse alla presenza di un’ampia gamma di risorse naturali (acqua, boschi, pascoli, minerali, …) la cui valorizzazione gli ha permesso di sottrarsi dalla cosiddetta “egemonia del grano” e dalla trappola malthusiana a cui erano esposte molte economie a vocazione monoculturale. D’altronde, le risorse naturali sono sempre state – e forse più che in altri contesti geografici – al centro delle economie alpine. Per questo motivo, le Alpi rappresentano un osservatorio ideale per affrontare il tema del rapporto tra le risorse e la sostenibilità nelle sue varie accezioni (ambientale, economica, sociale, politica, …).
Chinandosi su questo tema, il workshop Risorse naturali nelle Alpi. Sostenibilità sociale e ambientale delle comunità del passato ha sottolineato come tale rapporto vada colto all’interno delle realtà storiche entro cui si esplica. In altre parole, la profondità storica di tale rapporto risulta essere un’importante chiave di lettura per dare corpo al composito (e spesse volte astratto) significato della sostenibilità e delle sue diverse sfaccettature che rinviano alla dimensione ambientale, economica, sociale, e politico-istituzionale.
Il workshop è il frutto di una serie di studi storici condotti in diverse zone dell’arco alpino e confluite in un numero monografico di “Histoire des Alpes – Storia delle Alpi – Geschichte der Alpen”, la rivista dell’Associazione Internazionale per la Storia delle Alpi. Concepito come un’occasione di approfondimento e di sintesi, il workshop ha permesso di portare alla luce e di sottolineare una serie di questioni e di temi che definiscono alcune coordinate centrali per un programma di indagine di più ampio respiro riguardante la lettura storica della sostenibilità dell’uso delle risorse nelle comunità e le società alpine, del passato (ma anche del presente). Tre questioni di particolare rilievo sono emerse dai vari interventi proposti durante il workshop.
Risorse, sostenibilità e rapporto con il mercato
Le risorse naturali e le loro forme d’uso, sono storicamente definite in funzione della domanda che la società esprime verso determinati beni. In altre parole senza la domanda, le risorse sono un patrimonio sterile. Dunque non soltanto gli spazi e le colture che contengono, ma anche i tempi vanno considerati per stabilire quando una risorsa diventa tale. L’estensione degli alpeggi (che in molte aree, a partire dall’epoca moderna, hanno progressivamente sostituito le superfici coltivate) è infatti il risultato della crescente domanda di
prodotti lattieri (formaggio, burro), di carne e di lana espressa dalle economie urbane. Analogamente, lo sfruttamento delle superfici boschive dell’arco alpino è andato di pari passo con la crescente integrazione delle regioni montane e di valle nell’economia di mercato. E anche la corsa alle risorse idriche dei fiumi e dei laghi alpini ha subito un’accelerazione con la crescita della domanda energetica delle economie industriali e lo sviluppo dei moderni sistemi tecnici di produzione idroelettrica. Queste tendenze non sono però state prive di problemi. Nelle aree in cui lo sfruttamento boschivo è stato particolarmente forte e dove l’estensione delle superfici a pascolo è avvenuto a scapito del bosco, a più riprese si sono manifestati dei problemi idrologici all’origine di fenomeni calamitosi di varia intensità (inondazioni, alluvioni, frane, valanghe, …). Ma problemi analoghi si sono manifestati anche quando la pastorizia alpina e prealpina ha iniziato il suo declino. L’abbandono di molti alpeggi è stato all’origine di problemi derivanti dalla mancata manutenzione del territorio. Analogamente, il progressivo abbandono delle attività di gestione dei boschi (anche a causa della scarsa concorrenzialità dell’industria forestale alpina) ha favorito l’insorgere di nuovi problemi idrologici, connessi ai cambiamenti climatici. E anche la diminuzione dei lavori di manutenzione del corso dei torrenti ha generato considerevoli problemi al territorio. In tal senso, i problemi della sostenibilità ambientale possono scaturire sia da modelli di uso delle risorse ad “alta intensità”, sia da modelli di uso a “bassa intensità”, intrecciandosi con i problemi della sostenibilità economica e sociale delle comunità locali.
Infine, va rilevato che nei contesti alpini del passato il grado di pressione su una risorsa era data dall’accesso ad altre risorse (esterne) attraverso l’economia di mercato. Se in molte occasioni l’economia di mercato è quindi stata all’origine di un’eccessiva pressione sulle risorse naturali, in altri casi essa ha permesso di attenuare tale pressione, attraverso la diversificazione delle strategie di sussistenza e l’accesso a risorse esterne o di tipo immateriale quali, ad esempio le competenze professionali messe a frutto attraverso l’emigrazione.
Risorse, sostenibilità e usi integrati
Le analisi storiche degli ultimi anni hanno più volte sottolineato il carattere composito dei sistemi economici alpini e delle strategie di sopravvivenza dei gruppi domestici, sovente basate su forme di pluriattività che facevano capo a molteplici risorse
(materiali e immateriali). Proprio il carattere composito delle economie alpine e lo sviluppo di sistemi economici “integrati” suggerisce di affrontare attraverso nuove prospettive il problema della sostenibilità delle forme d’uso delle risorse. Una di queste riguarda le interazioni che legano l’uso di varie risorse naturali. Basti pensare allo stretto rapporto tra sfruttamento delle risorse minerarie e l’uso dei boschi che fornivano il legname necessario per la costruzione dei cunicoli e per alimentare i forni e le fucine destinate alla lavorazione dei metalli estratti. Altrettanto vale per il rapporto tra i pascoli e l’acqua in quanto senza poter attingere all’acqua o approvvigionarvisi attraverso condutture o acquedotti era pressoché impossibile sfruttare i pascoli. Nell’insieme, appare vieppiù chiaramente come nelle società alpine del passato l’uso sostenibile di una determinata risorsa era legato al rapporto della stessa con altre risorse all’interno del sistema economico locale o regionale. Per tale motivo, appare necessario superare gli approcci che prendono in esame in modo selettivo le singole risorse. Si tratta piuttosto di promuovere delle analisi che sappiano cogliere il carattere integrato dell’uso delle risorse. Nello specifico, si tratta soprattutto di capire in quale misura queste relazioni di dipendenza abbiano condizionato le forme d’uso e i livelli di sostenibilità (ambientale, ma anche economica e politica) che ne derivavano.
In un’ottica inversa, va ricordato che nell’arco alpino le varie risorse erano sovente oggetto di diversi usi. Si pensi ai boschi – utilizzati, per il pascolo, per la produzione di legname (da costruzione o per il riscaldamento) e per i suoi prodotti (selvaggina, frutti, prodotti naturali, …) – oppure ai corsi d’acqua – utilizzati per l’irrigazione, per la produzione di energia idraulica, per la pesca, ecc. –. Alla luce di tutto ciò, la sostenibilità può essere vista anche come il prodotto dell’elaborazione di strategie di
convivenza tra usi diversi di una stessa risorsa; strategie che generalmente si rifacevano a logiche politiche e a rapporti di potere che le ricerche storiche hanno iniziato solo da pochi anni a sondare. Infine, la prospettiva diacronica ci ricorda che in epoca industriale la tecnologia ha determinato livelli di sfruttamento delle risorse scarsamente compatibili con i principi della sostenibilità ambientale. Basti pensare allo sfruttamento idroelettrico che ha prosciugato innumerevoli corsi d’acqua e alterato gli equilibri idrologici di numerose valli alpine. Nel contempo, tuttavia, tale tecnologia ha consentito un drastico calo della pressione sui boschi, in precedenza fonte energetica primaria per molte realtà urbane e di pianura. I sistemi tecnici costituiscono quindi una componente importante nell’evoluzione del rapporto tra risorse e sostenibilità.
Risorse, sostenibilità e forme di appropriazione/uso
Negli ultimi anni la ricerca storica ha posto uno sguardo vieppiù attento alle forme di appropriazione delle risorse e all’articolazione tra diritti di proprietà e diritti d’uso. Più che in altre aree europee, lo spazio alpino ha a lungo conservato (e mantiene tutt’ora) una significativa presenza di forme di proprietà collettive o comuni che richiamano la questione su chi ha realmente accesso alle
risorse e al loro uso. Il tema è stato ampiamente affrontato dalla comunità scientifica internazionale, grazie soprattutto al premio Nobel per l’economia conferito a E. Ostrom nel 2009. In antitesi alle tesi di G. Hardin, si è più volte dimostrato che i processi di privatizzazione delle risorse collettive non hanno sempre coinciso con un loro sovra-sfruttamento. Le analisi storiche sottolineano tuttavia la necessità di evitare la trappola del “mito comunitario” che spesse volte individua nelle proprietà collettive le forme di appropriazione maggiormente compatibili con le logiche della sostenibilità. Il workshop ha mostrato che non sempre la gestione da parte delle collettività locali era garanzia di un uso sostenibile, vuoi per un’eccessiva pressione sulle risorse stesse, vuoi per un’inadeguata manutenzione dei sistemi che ne regolavano l’uso, innescando, ad esempio, problemi di ordine ecologico. Di converso, gli usi promossi dall’esterno non sempre sfociavano in forme di sfruttamento a bassa sostenibilità. In altre parole, una corretta valutazione delle connessioni tra forme di proprietà e di uso delle risorse da una parte, e sostenibilità dall’altra, deve portare a interrogarsi su chi traeva dalle risorse i maggiori vantaggi e sui rapporti tra interessi endogeni (locali) e logiche esogene.