Gli abitanti delle montagne e delle Alpi in particolare stanno affrontando un processo di rinnovamento: dal 1871 al 1951 le comunità alpine hanno conosciuto una grande varietà di evoluzioni demografiche in ambito regionale. Tali mutamenti sono da ricollegare a una serie di fattori (politico-istituzionali ma anche socio-culturali) che in generale hanno favorito un maggior radicamento nelle Alpi orientali, soprattutto nella regione di lingua tedesca. Verso il 1980 le Alpi francesi hanno iniziato a mostrare segnali di ripresa economica; al contrario le Alpi italiane stavano registrando una forte tendenza allo spopolamento. In realtà nel corso degli ultimi due decenni del XX secolo, gran parte dell’Arco Alpino (soprattutto nelle Alpi Bavaresi) ha mostrato un’inattesa tenacia economica che ha prodotto un’effettiva crescita in molti comuni delle Alpi francesi e svizzere. Oggi giorno è chiara un’inversione della tendenza demografica persino nelle Alpi italiane, dovuta soprattutto ai movimenti migratori in direzione degli altipiani.
Sono osservabili vari fenomeni sociali, economici e culturali legati a tali mutamenti. I fenomeni sociali, ad esempio, comprendono i cambiamenti nella composizione della popolazione residente: immigrati residenti nell’UE oppure al di fuori di essa, la percentuale di pensionati rispetto alle famiglie e le persone che lavorano nelle grandi città ma preferiscono uno stile di vita rurale. I fattori economici comprendono il revival di vecchie attività artigianali e
di vecchi prodotti tradizionali, nuove forme di turismo e altre innovative attività legate all’ambiente alpino. I cambiamenti culturali possono comprendere nuove associazioni, gruppi per il consumo sostenibile e l’utilizzo di Internet per le comunicazioni e il lavoro. I processi demografici ed economici che incidono sulle varie comunità alpine sono strettamente correlate con le caratteristiche sociali e culturali di un luogo (Viazzo, 2012). Pertanto è assolutamente necessario guardare al di là dei meri dati numerici ed esplorare le dinamiche sociali e culturali tramite indagini qualitative in grado di gettare luce sulla specificità di ciascun contesto. In particolare, un intenso approccio etnografico consente al ricercatore di indagare a fondo il contesto locale per comprendere la complessità delle dinamiche socioculturali della comunità e offrirne una “descrizione densa”. Questo tipo di analisi consente ai ricercatori di individuare fattori cruciali, quali le modalità di ingresso dei nuovi abitanti nella comunità e le ripercussioni di tale fenomeno sulla loro capacità di influire sulla vita politica e sui processi decisionali della comunità. Inoltre, è possibile individuare gli elementi che favoriscono (o disincentivano) la tenuta della comunità.
In una situazione talmente complessa e fluida appare legittimo domandarsi chi abbia titolo ad apprendere e trasmettere, quindi a promuovere e valorizzare
le risorse materiali e immateriali delle comunità alpine (Porcellana, Diémoz, 2014). Recenti indagini mostrano che, in passato, la trasmissione del sapere e degli elementi culturali procedeva verticalmente, dagli anziani ai giovani. Oggi, tale trasmissione è spesso extrafamigliare e avviene orizzontalmente o persino “obliquamente”, dagli anziani detentori dei saperi locali ai nuovi giovani residenti che aspirano a portare avanti tali tradizioni. Le stesse considerazioni valgono per le risorse materiali (proprietà fondiarie, immobili o intere borgate) e per la loro trasmissione e gestione.
Un’attenta osservazione delle dinamiche locali nelle varie aree alpine ci ha consentito di individuare diversi schemi di utilizzo e trasmissione delle risorse. I processi demografici concorrono a determinare questa matrice di schemi diversi che oscillano tra continuità e discontinuità. Come suggerisce Mauro Varotto, decremento demografico e spopolamento non sono la stessa cosa e non si verificano necessariamente contemporaneamente. Si possono registrare episodi di decremento demografico anche senza spopolamento o abbandono e, viceversa, l’abbandono può verificarsi senza calo demografico o percettibili movimenti della popolazione (Varotto, 2003, pag. 105).
La discontinuità non è sempre, o soltanto, dovuta a un mutamento delle risorse. Piuttosto, essa è attribuibile a diversi modelli di selezione delle risorse di cui la comunità si è avvalsa in momenti diversi. Questa selezione, unita allo spopolamento che svuota le comunità montane da decenni, lascia dietro di sé quelli che Cognard (2006) ha definito “spazi vuoti”, o spazi di intervento che possono essere riempiti da nuovi abitanti o da nuove generazioni. La continuità, al contrario, può essere vista come uno sfruttamento delle stesse risorse tramite una serie di cambiamenti e di innovazioni che consentono alla comunità di colmare eventuali “spazi vuoti” facendo prevalentemente affidamento sulle proprie risorse economiche, sociali e culturali. Due casi studiati adottando un approccio etnografico contribuiscono a mettere a fuoco due diversi schemi di utilizzo delle risorse materiali e immateriali collocati in punti diversi del continuum
tra discontinuità e continuità.
Il caso di Macugnaga, un comune piemontese di circa 600 abitanti situato sul versante orientale del Monte Rosa, quindi lungo il confine tra Italia e Svizzera, è particolarmente interessante, in quanto
mette in evidenza un fenomeno di discontinuità nella gestione delle risorse della comunità (Zanini, 2013). In diversi momenti della sua storia, Macugnaga è stato interessato da movimenti migratori che hanno mutato radicalmente la struttura della sua popolazione, iniziando dai primissimi insediamenti di popolazioni di lingua tedesca provenienti dalla Valle di Saas in Svizzera (Walser) nel corso del Medio Evo. Inoltre, Macugnaga ha un’intensa storia mineraria che risale al diciottesimo secolo e che è proseguita fino alla chiusura della miniera nel 1961. La nascita del turismo di massa ha offerto una via d’uscita dalla conseguente crisi economica e dagli anni ’60 in poi la comunità di Macugnaga si è dedicata quasi esclusivamente al turismo. Tuttavia, è possibile riscontrare elementi di discontinuità perfino nel corso di questa “fase turistica”. All’inizio la promozione turistica puntava prevalentemente sugli sport invernali. Negli anni ’80 la caratterizzazione Walser della comunità divenne uno strumento di valorizzazione turistica, specialmente con l’ausilio della Legge 482/99 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”. In Italia, questa legge ha aiutato i parlanti di lingue minoritarie a riprendersi la propria lingua e il proprio “senso di appartenenza”, contribuendo in tal modo all’attrattiva di alcune località di montagna.
Negli ultimi anni, a causa della crisi che sta attraversando il settore del turismo, la comunità di Macugnaga sta iniziando a mostrare segnali di un necessario ripensamento della propria offerta turistica. La comunità deve riflettere su come riconfezionare le risorse disponibili per restare competitiva sul mercato turistico. Gli “spazi vuoti” lasciati dalla contrazione del turismo di massa sono divenuti un’occasione per le giovani generazioni di immaginare nuovi modi di valorizzare e trasmettere i saperi e le tradizioni.
Al contrario, l’alta Valle Pellice nelle Alpi piemontesi occidentali, e in particolare le comunità di Bobbio e Villar Pellice, rappresentano un caso di continuità delle risorse locali. Oggi, come in passato, la pastorizia montana è uno dei tratti distintivi dell’economia e della cultura locali (Fassio, 2014). Tra gli anni ’60 e ’80, nel corso di un periodo di massiccio spopolamento delle montagne, questo settore ha conosciuto grandi difficoltà e trasformazioni. Tuttavia, la “resistenza” di alcuni allevatori e l’intervento dei comuni che hanno investito nei loro alpeggi hanno rivestito un ruolo determinante nel consentire la prosecuzione o la ripresa delle attività pastorali. Oggi, la maggior parte degli alpeggi della valle appartiene alle comunità
di Bobbio e di Villar Pellice, i cui residenti hanno una sorta di diritto di prelazione su di esse. Questo sistema ha favorito le famiglie pastorali che, benché colpite da importanti mutamenti socio-demografici, conservano ancora oggi un ruolo fondamentale nella gestione dell’economia agro-pastorale delle due comunità e nella conservazione delle tradizioni locali e familiari.
A partire dalle riflessioni pionieristiche sullo spopolamento e sul ripopolamento alpino avanzate da Fourny (1994) e successivamente da Varotto (2003) e Bätzing (2003), la letteratura scientifica dedicata ai mutamenti in corso sulle montagne europee si è rapidamente ampliata (Perlik, 2006; Borsdorf, 2009; Dematteis, 2011; Steinicke et al., 2011; Bender and Kanitscheider, 2012; Viazzo, 2012; Corrado, Dematteis, Di Gioia, 2014).
Riferimenti
• Bätzing W. (2003), Die Alpen. Geschichte und Zukunft einer europäischen Kultur- landschaft, München, Beck.
• Bender O., Kanitscheider S. (2012), New immigration into the European Alps: emerging research issues, in «Mountain Research and Development», 32, pp. 235- 241.
• Borsdorf A. (2009), Amenity migration in rural mountain areas, editorial to «Die Erde», 140, pp. 225-228.
• Cognard F. (2006), Le rôle des recompositions sociodémographiques dans les nou- velles dynamiques rurales: l’exemple du Diois, in «Méditerranée», 107, pp. 5-12. • Corrado F., Dematteis G., Di Gioia A. (eds.) (2014), Nuovi montanari. Abitare le Alpi
nel XXI secolo, Milano, FrancoAngeli.
• Dematteis G. (ed.) (2011), Montanari per scelta. Indizi di rinascita nella montagna piemontese, Milano, FrancoAngeli.
• Fassio G. (2014), Une plurilocalité verticale. Le cas des ménages agro-pastoraux dans la vallée du Pellice, in «Cahier de Démographie locale. Multilocalité et démog- raphie locale», forthcoming.
• Fourny M.C. (1994), Nouveaux habitants dans un pays de moyenne montagne, in «Études rurales», 134-135, pp. 83-95.
• Perlik M. (2006), The specifics of amenity migration in the European Alps, in Moss L.A.G. (ed.), The amenity migrants: seeking and sustaining mountains and their cultures, Wallingford, CAB Int., pp. 215-231.
• Porcellana V., Diémoz F. (eds.) (2014), Minoranze in mutamento. Etnicità, lingue e processi demografici nelle valli alpine italiane, Alessandria, Edizioni dell’Orso, forthcoming.
• Steinicke E. et alii (2011), Autochthonous linguistic minorities in the Italian Alps: new legislation – new identifications – new demographic processes, in «Revue de Géographie Alpine/Journal of Alpine Research», 99/2.
• Varotto M. (2003), Problemi di spopolamento nelle Alpi italiane: le tendenze recenti (1991-2001), in Varotto M., Psenner R. (eds.), Spopolamento montano: cause ed ef- fetti, Belluno-Innsbruck, Rete Montagna, Fondazione Giovanni Angelini e Universität Innsbruck, pp. 103-117.
• Viazzo P.P. (2012), Paradossi alpini, vecchi e nuovi: ripensare il rapporto tra demo- grafia e mutamento culturale, in Varotto M., Castiglioni B. (eds.), Whose Alps are these? Governance, ownerships and belongings in contemporary Alpine regions, Padova, Padova University Press, pp.184-194.
• Zanini R.C. (2013), Dinamiche della popolazione e dinamiche della memoria in una comunità alpina di confine, Journal of Alpine Research | Revue de géographie alpine» [En ligne], 101-3 | 2013. URL: http://rga.revues.org/2243.